Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7376 del 07/03/2022

Cassazione civile sez. I, 07/03/2022, (ud. 21/10/2021, dep. 07/03/2022), n.7376

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VALITUTTI Antonio – Presidente –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

Dott. ARIOLLI Giovanni – Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –

Dott. REGGIANI Eleonora – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:

N.S.E., elettivamente domiciliato in Roma, viale

Angelico 38, presso lo studio dell’avv. Marco Lanzilao, che lo

rappresenta e difende in virtù di procura speciale in calce al

ricorso per cassazione;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro pro tempore;

– resistente –

avverso la sentenza n. 495/2020 della Corte d’appello di Venezia,

depositata l’11/02/2020;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

21/10/2021 dal Consigliere ELEONORA REGGIANI;

letti gli atti del procedimento in epigrafe.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza n. 495/2020, depositata l’11/02/2020, la Corte d’appello di Venezia, ha confermato, all’esito dell’impugnazione del richiedente asilo, la decisione del giudice di primo grado che aveva respinto la domanda di protezione internazionale e umanitaria.

Avverso la sentenza ha proposto ricorso per cassazione N.S.E., affidato a tre motivi.

Il Ministero dell’interno, che non si è difeso con controricorso, ha depositato un atto di costituzione al solo fine dell’eventuale partecipazione all’udienza pubblica di discussione.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo di ricorso è dedotta la violazione o falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), nella statuizione relativa alla valutazione di credibilità del richiedente asilo.

Con il secondo motivo è dedotta la violazione o falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 2, 4, 5,6 e 14, e del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), ed anche il difetto di motivazione e il travisamento dei fatti, per avere la Corte d’appello respinto la richiesta di protezione umanitaria senza compiere alcun bilanciamento tra la situazione del ricorrente nel Paese di accoglienza e quella nel Paese di origine.

Con il terzo motivo è dedotta, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3) e 5), l’omesso riconoscimento della protezione umanitaria in presenza di seri motivi di carattere umanitario e comunque del rischio che il ricorrente sia perseguitato o corra gravi rischi nel Paese di origine, come previsto dal D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 19, oltre all’omessa applicazione dell’art. 10 Cost., l’omessa valutazione di fonti informative sulla situazione economica e sociale del Paese d’origine, l’omesso esame delle condizioni personali per l’applicabilità della protezione umanitaria e della necessaria comparazione tra la condizione raggiunta in Italia e quella del paese di origine.

2. Il ricorso è inammissibile.

Come di recente chiarito da questa Corte, per soddisfare i requisiti previsti a pena d’inammissibilità dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 3), il ricorso per cassazione deve indicare, in modo chiaro ed esauriente, sia pure non analitico e particolareggiato, i fatti di causa da cui devono risultare le pretese delle parti con i presupposti di fatto e le ragioni di diritto che le giustificano, in modo da consentire al giudice di legittimità di avere la completa cognizione della controversia e del suo oggetto, di cogliere il significato e la portata delle censure rivolte alle specifiche argomentazioni della sentenza impugnata, senza la necessità di accedere ad altre fonti ed atti del processo, compresa la sentenza stessa (Cass., Sez. 1, n. 24432 del 03/11/2020; v. anche Cass., Sez. 1, n. 21750 del 27/10/2016 e Cass., Sez. 6-3, n. 1926 del 03/02/2015).

Nel caso di specie parte ricorrente non ha descritto il contenuto della sua domanda formulata nell’atto introduttivo del giudizio ed ha riportato in modo generico i motivi di appello (p. 1-3 del ricorso per cassazione).

In particolare, con riferimento alla propria vicenda personale, il richiedente asilo solo a p. 3 del ricorso per cassazione ha genericamente dedotto di avere lasciato la Nigeria a causa di minacce subite da parte di una setta di nome (OMISSIS) per un debito non saldato, aggiungendo di avere intrapreso la fuga con la fidanzata, poi morta per le conseguenze di uno stupro, di cui era stata vittima a un controllo al confine con la Libia.

E’ evidente che si tratta di una narrazione che indica in modo estremamente vago le ragioni della partenza dal Paese di origine, in relazione alle quali non sono comunque specificati i tempi e i modi di deduzione nelle fasi di merito, con la conseguenza che i giudici di legittimità non sono adeguatamente informati in ordine ai fatti concreti posti a fondamento della pretesa avanzata e della concreta materia del contendere sviluppatasi nel corso del processo.

3. Tale carenza, già causa di inammissibilità del ricorso, rende del tutto generico il primo motivo di ricorso, in violazione dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 4), essendo contestata la valutazione di credibilità, senza che siano descritte allegazioni specifiche che siano state oggetto di tale valutazione.

4. Anche il secondo motivo è inammissibile per difetto di specificità, tenuto conto che con esso è censurato il ritenuto mancato bilanciamento tra situazione attuale e situazione esistente nel paese di origine ai fini della valutazione dei presupposti per il riconoscimento della protezione umanitaria, senza che risulti illustrato quanto concretamente posto a fondamento della richiesta di tale forma di protezione.

5. Il terzo motivo, anch’esso inammissibile, risulta, poi, costituire una generica contestazione della valutazione operata dal giudice di merito, insindacabile in cassazione, senza che siano allegate specifiche ragioni dedotte già nella fase di merito per ottenere la protezione umanitaria.

In particolare, a p. 20 del ricorso per cassazione sono prospettati elementi di giudizio estremamente vaghi (permanenza in Italia per cinque anni con lo svolgimento di attività lavorative/sociali non meglio individuate e reperimento di una dimora), di cui non è neppure dedotta la tempestiva originaria deduzione al momento della iniziale presentazione della domanda.

4. In conclusione, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.

5. La costituzione dell’amministrazione intimata al di fuori dei termini previsti dall’art. 370 c.p.c., e al solo fine dell’eventuale partecipazione all’udienza di discussione, non celebrata, esime il collegio dal provvedere alla regolazione delle spese di lite.

6. In applicazione del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si deve dare atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per l’impugnazione proposta, se dovuto.

L’attualità o meno dell’ammissione al patrocinio a spese dello Stato non rileva, infatti, ai fini della pronuncia sui presupposti per il raddoppio del contributo unificato, atteso che tale pronuncia lascia impregiudicata la questione della debenza originaria del contributo in esame, con la conseguenza che il suo raddoppio non sarà consentito qualora venga accertato, nelle sedi competenti, che fin dall’inizio ne era escluso anche il pagamento (v. da ultimo Cass., Sez. 3, n. 11116 del 10/06/2020).

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso;

dà atto, in applicazione del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per l’impugnazione proposta, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sezione Prima Civile della Corte Suprema di Cassazione mediante collegamento “da remoto”, il 21 ottobre 2021.

Depositato in Cancelleria il 7 marzo 2022

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