Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7375 del 26/03/2010

Cassazione civile sez. lav., 26/03/2010, (ud. 28/01/2010, dep. 26/03/2010), n.7375

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE LUCA Michele – Presidente –

Dott. AMOROSO Giovanni – Consigliere –

Dott. BANDINI Gianfranco – Consigliere –

Dott. NOBILE Vittorio – rel. Consigliere –

Dott. ZAPPIA Pietro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

B.N., elettivamente domiciliato in ROMA, CORSO D’ITALIA

106, presso lo studio degli avvocati IZZO CARLO, IZZO STEFANO, ANITA

GERARDI, che lo rappresentano e difendono, giusta mandato in calce al

ricorso;

– ricorrente –

contro

ENEA – ENTE NAZIONALE PER LE NUOVE TECNOLOGIE, L’ENERGIA E

L’AMBIENTE, in persona del rappresentante legale in carica,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope

legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 855/2008 della CORTE D’APPELLO di POTENZA,

depositata il 27/08/2008 r.g.n. 903/07;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

28/01/2010 dal Consigliere Dott. VITTORIO NOBILE;

udito l’Avvocato IZZO CARLO;

udito l’Avvocato GERARDIO Cristina;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FUZIO Riccardo, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con ricorso depositato in data 29-4-2005 B.N. conveniva in giudizio l’ENEA esponendo: che era stato dipendente del convenuto da epoca anteriore al 1975; che l’ente, in virtù di una convenzione con l’INA, aveva costituito in favore dei propri dipendenti un trattamento di previdenza mediante una polizza collettiva alimentata tramite il versamento di somme pari al 20% delle retribuzioni corrisposte a ciascun dipendente; che, in virtù di tale pattuizione, al termine del rapporto, spettava a ciascun lavoratore una somma corrispondente al contributo così versato maggiorato dell’interesse;

che, dall’anno 1982, l’ente aveva ritenuto di continuare a corrispondere il contributo non accantonando annualmente il 20% della retribuzione annua lorda per quattordici mensilità, ma il valore maturato nell’ultimo mese di vigenza; che pertanto le somme di fatto corrisposte al termine del servizio erano state inferiori a quelle in realtà dovute.

Tanto premesso e dedotto che la disciplina della L. n. 70 del 1975 e del successivo D.P.R. n. 411 del 1976, pur avendo escluso la possibilità di stipulare nuove polizze integrative per i lavoratori assunti dopo il 1975, aveva mantenuto inalterata la disciplina dei fondi integrativi per il personale già in servizio, il ricorrente chiedeva che fosse dichiarato il suo diritto al computo della retribuzione annua lorda nella misura concordata all’inizio del rapporto di lavoro sin dal momento della illegittima decurtazione con condanna dell’ente convenuto alla ricostituzione dell’indennità integrativa spettante.

L’ENEA si costituiva eccependo il difetto di giurisdizione del giudice ordinario e la prescrizione quinquennale di ogni pretesa e opponendosi comunque alla domanda di controparte deducendone la infondatezza.

Il Giudice del lavoro del Tribunale di Matera, con sentenza n. 353/2007, rigettava nel merito la domanda, richiamando quanto stabilito dalla L. n. 84 del 1982, art. 8 e dall’art. 54, comma 4, del CCNL ENEA del 31-12-1982.

Avverso la detta sentenza il B. proponeva appello, evidenziando in particolare la violazione delle norme di diritto invocate ed eccependo la nullità dell’art. 52, comma 4, del CCNL citato.

L’ente appellato si costituiva resistendo al gravame e proponendo appello incidentale per la riforma della sentenza di primo grado sul punto in cui aveva ritenuto sussistente la giurisdizione del giudice ordinario, in quanto la erogazione in oggetto aveva natura retributiva ed il rapporto di lavoro era cessato in epoca anteriore al 30-6-1998, per cui sussisteva la giurisdizione del giudice amministrativo.

La Corte d’Appello di Potenza, con sentenza depositata il 27-8-2008, in accoglimento dell’appello incidentale dichiarava il proprio difetto di giurisdizione in favore del giudice amministrativo e compensava le spese del doppio grado.

In sintesi la Corte territoriale, premesso che la prestazione integrativa de qua trovava il suo fondamento esclusivo nel rapporto di lavoro e costituiva parte integrante del complessivo trattamento economico assicurato ai dipendenti, poichè il rapporto di lavoro in questione era cessato prima del trasferimento della giurisdizione sul pubblico impiego al giudice ordinario, affermava che non poteva che dichiararsi la persistenza della giurisdizione del giudice amministrativo.

Per la cassazione di tale sentenza il B. ha proposto ricorso con quattro motivi.

L’ENEA ha resistito con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo del ricorso viene denunciata violazione di legge (art. 38 Cost.), deducendo che erroneamente la Corte territoriale aveva ritenuto che il trattamento di previdenza integrativa de quo avesse natura retributiva e non previdenziale; a diverse conclusioni doveva invece pervenirsi tenendo conto che:

– al momento della cessazione del rapporto il lavoratore aveva la possibilità di vedersi riconoscere una rendita vitalizia integrativa della pensione;

– sia il contratto individuale di lavoro, che la contrattazione collettiva, non ponevano dubbi sulla funzione previdenziale della contribuzione;

– gli accantonamenti non erano stati trattenuti dall’Ente datore di lavoro, ma versati ad un ente terzo, con conseguente svincolo dal pregresso rapporto di impiego.

Con il secondo motivo viene denunciata violazione di legge (art. 1419 c.c., comma 2, in relazione alla L. n. 70 del 1975, art. 14, comma 2, e all’art. 38 Cost.), deducendo che considerare legittimo il “congelamento” della base di calcolo del premio assicurativo disposto dall’art. 52 del CCNL significa “svuotare” l’istituto della previdenza della sua naturale funzione.

Con il terzo motivo viene denunciata violazione di legge (R.D. n. 262 del 1942, art. 1 – Disposizioni sulla legge in generale), deducendo che l’art. 52 del CCNL viola la disposizione della fonte normativa previdenziale di rango superiore (L. n. 70 del 1975), che aveva inteso mantenere non solo il fondo di previdenza, ma anche il meccanismo di contribuzione.

Con il quarto motivo infine viene denunciata violazione di legge (art. 38 Cost.; art. 1419 c.c., comma 2), deducendo che il principio del favor prestatoris non poteva subire attenuazione in relazione alle disposizioni di previdenza integrativa poste a tutela del personale più anziano, che aveva fatto affidamento sulla tutela previdenziale prevista nel contratto individuale e che, sul piano fattuale, aveva patito un vulnus a detta tutela senza alcuna contropartita o beneficio compensativo, non potendo quindi essere condiviso l’avviso della Corte territoriale secondo cui con il CCNL sarebbe stato ottenuto un risultato equilibrato meglio rispondente alle esigenze del personale dipendente.

I motivi risultano non attinenti al decisum della sentenza impugnata, che è incentrata soltanto sulla declaratoria di difetto di giurisdizione del giudice ordinario in favore del giudice amministrativo, in considerazione della circostanza che il B. era stato collocato a riposo ben prima del 30-6-1998 (decisione che, quindi, è rimasta non censurata).

Come questa Corte ha più volte affermato “la proposizione, con il ricorso per cassazione, di censure prive di specifiche attinenze al decisum della sentenza impugnata è assimilabile alla mancata enunciazione dei motivi richiesti dall’art. 366 cod. proc. civ., n. 4, con conseguente inammissibilità del ricorso, rilevabile anche d’ufficio” (v. Cass. 7-11-2005 n. 21490, Cass. 23-5-2001 n. 7046, Cass. 9-10-1998 n. 9995).

Peraltro, come pure è stato affermato, la mancanza di conferenza dei quesiti di diritto rispetto al decisum è assimilabile all’ipotesi di mancanza dei quesiti stessi a norma dell’art. 366 bis c.p.c. (v.

Cass. S.U. 21-6-2007 n. 14385, Cass. S.U. 29-10-2007).

Il ricorso va pertanto dichiarato inammissibile e il ricorrente va condannato al pagamento delle spese in favore dell’ENEA.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente alla rifusione delle spese, che liquida in Euro 10,00, oltre Euro 3.000,00 (tremila) per onorari ed eventuali spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, il 28 gennaio 2010.

Depositato in Cancelleria il 26 marzo 2010

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