Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7375 del 17/03/2020

Cassazione civile sez. trib., 17/03/2020, (ud. 18/12/2019, dep. 17/03/2020), n.7375

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CRUCITTI Roberta – Presidente –

Dott. GIUDICEPIETRO Andreina – rel. Consigliere –

Dott. GUIDA Riccardo – Consigliere –

Dott. FEDERICI Francesco – Consigliere –

Dott. FRACANZANI Marcello Maria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 2221/2012 R.G. proposto da:

Agenzia delle entrate, in persona del direttore p.t., rappresentata e

difesa dall’Avvocatura generale dello Stato, presso i cui uffici in

Roma, in via dei Portoghesi, n. 12 è domiciliata;

– ricorrente –

contro

Meti S.r.l. in liquidazione, in persona del L.R.p.t;

– parte intimata –

avverso la sentenza n. 102/49/11 della Commissione tributaria

regionale della Lombardia, depositata il 30/06/2011 e non

notificata.

Udita la relazione svolta nella Camera di Consiglio del 18 dicembre

2019 dal consigliere Giudicepietro Andreina.

Fatto

RILEVATO

Che:

L’Agenzia delle entrate ricorre con quattro motivi per la cassazione della sentenza n. 102/49/11 della Commissione tributaria regionale della Lombardia, depositata il 30 giugno 2011 e non notificata che, in controversia relativa all’impugnazione dell’avviso di accertamento n. R1U030300955, emesso dalla stessa ricorrente nei confronti della parte intimata per maggiori imposte relative all’anno 2004, rigettava l’appello dell’Agenzia delle entrate e confermava la sentenza di primo grado;

la C.t.r. della Lombardia, con la sentenza impugnata, affermava che: la determinazione delle maggiori imposte operata dall’Ufficio violava il D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 39, comma 2, in quanto l’utilizzo del metodo induttivo per l’accertamento dei ricavi non era consentito in presenza delle regolari scritture contabili, comprensive del libro inventari, prodotto dalla contribuente; alla Società Meti S.r.l. era stata contesta la tardività della dichiarazione, quindi il ricorso al metodo induttivo non era giustificato; era stata applicata dall’Amministrazione Finanziaria una media di settore senza motivazione; la Società aveva dimostrato che le percentuali dei due anni precedenti (2002 e 2003), non contestate dall’Ufficio, erano pari allo 0,6% ed al 2,15% dei ricavi; a seguito del ricorso, la Società è rimasta intimata; il ricorso è stato fissato per la Camera di Consiglio del 18 dicembre 2019, ai sensi degli artt. 375 c.p.c., u.c., e art. 380-bis1 c.p.c., il primo come modificato ed il secondo introdotto dal D.L. 31 agosto 2016, n. 168, conv. in L. 25 ottobre 2016, n. 197.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

1.1. con il primo motivo di ricorso, l’Agenzia delle Entrate censura la violazione e la falsa applicazione del D.P.R. n. 322 del 1998, art. 2 del e del D.P.R. n. 600 del 1973, artt. 41 e 39, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3;

secondo la ricorrente, la C.t.r. erroneamente affermava che il metodo di accertamento adottato dall’Ufficio fosse ingiustificato perchè la violazione contestata riguardava la tardività della dichiarazione;

infatti, l’Agenzia delle Entrate sostiene che la dichiarazione della società dovesse considerarsi omessa, ai sensi del D.P.R. n. 322 del 1998, art. 2, perchè presentata oltre i 90 giorni;

quindi, in caso di omessa dichiarazione, l’Ufficio era legittimato a servirsi di qualsiasi elemento probatorio ai fini dell’accertamento del reddito ed a determinarlo con metodo induttivo, anche utilizzando, presunzioni semplici, prive dei requisiti di gravità, precisione e concordanza, di cui al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 3;

con il secondo motivo di ricorso, la ricorrente censura la violazione falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, artt. 39 e 42, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3;

secondo l’Agenzia delle entrate i giudici di appello erroneamente avevano escluso che il metodo di accertamento induttivo potesse essere utilizzato nel caso di scritture contabili regolari;

con il terzo motivo di ricorso, la ricorrente censura la violazione e la falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, artt. 39 e 41, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3;

secondo l’Agenzia delle entrate, la C.T.R. erroneamente aveva ritenuto illegittima l’applicazione da parte dell’amministrazione finanziaria di una media di settore senza motivare ed argomentare tale dato statistico, utilizzabile ai fini della determinazione del reddito in caso di omessa dichiarazione e conseguente accertamento d’ufficio;

con il quarto motivo di ricorso, la ricorrente contesta l’omessa motivazione circa un punto decisivo della controversia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5);

secondo la ricorrente, la C.t.r. con la sentenza impugnata disattendeva l’esito dell’accertamento, senza motivare in alcun modo sulle circostanze e gli elementi di superamento del dato presuntivo offerto dall’Ufficio in termini di ricavi medi del settore nel bacino di utenza territoriale del contribuente;

in punto di motivazione, infatti, i Giudici di secondo grado si sarebbero limitati alla mera constatazione delle percentuali di ricarico degli anni precedenti, senza chiarire in che termini e per quale ragione tali percentuali valgano a dimostrare l’inattendibilità dell’accertamento e a sostenerne l’annullamento;

inoltre, la sentenza della C.T.R. mancherebbe di argomentare sull’eventuale sussistenza di elementi concreti che possano valere a confutare e sovvertire l’accertamento presuntivo;

1.2. preliminarmente deve rilevarsi che il ricorso è inammissibile perchè non risulta notificato alla contribuente;

1.3. invero, l’unica notifica documentata, inoltrata dalla ricorrente l’ultimo giorno utile (1 ottobre 2012, lunedì) a mezzo posta ed indirizzata alla società contribuente presso il difensore domiciliatario, non risulta andata a buon fine ed è stata restituita al mittente con l’indicazione che, in data 2 ottobre 2012, il destinatario risultava sconosciuto presso l’ultimo domicilio professionale;

come è stato detto, “in caso di notifica di atti processuali non andata a buon fine per ragioni non imputabili al notificante, questi, appreso dell’esito negativo, per conservare gli effetti collegati alla richiesta originaria, deve riattivare il processo notificatorio con immediatezza e svolgere con tempestività gli atti necessari al suo completamento, ossia senza superare il limite di tempo pari alla metà dei termini indicati dall’art. 325 c.p.c., salvo circostanze eccezionali di cui sia data prova rigorosa” (Sez. U, Sentenza n. 14594 del 15/07/2016);

nel caso in esame, pur risultando la ripresa del processo notificatorio in data 2/11/2012, con l’invio di un’ulteriore notifica a mezzo posta, ai sensi dell’art. 149 c.p.c., presso lo stesso indirizzo (l’ultimo domicilio professionale del difensore, come attestato dall’Ordine degli avvocati di Milano si richiesta dell’Agenzia delle entrate), la ricorrente non ha depositato alcuna documentazione attestante l’esito della seconda notifica e le modalità della sua effettuazione;

pertanto il ricorso deve ritenersi inammissibile, non essendovi la prova dell’effettiva e valida costituzione del contraddittorio;

nulla deve disporsi in ordine alle spese del giudizio di legittimità, poichè la contribuente, non essendo stata raggiunta da un’idonea notifica del ricorso, è rimasta intimata.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Così deciso in Roma, il 18 dicembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 17 marzo 2020

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