Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7375 del 07/03/2022

Cassazione civile sez. I, 07/03/2022, (ud. 21/10/2021, dep. 07/03/2022), n.7375

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VALITUTTI Antonio – Presidente –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

Dott. ARIOLLI Giovanni – Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –

Dott. REGGIANI Eleonora – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:

H.F., elettivamente domiciliato in Prato, via Q. Baldinucci

71, presso lo studio dell’avv. Massimo Goti, che lo rappresenta e

difende in virtù di procura speciale in calce al ricorso per

cassazione;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro pro tempore;

– resistente –

avverso la sentenza n. 118/2020 della Corte d’appello di

Caltanissetta, depositata il 20/02/2020;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

21/10/2021 dal Consigliere ELEONORA REGGIANI;

letti gli atti del procedimento in epigrafe.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza n. 118/2020, depositata il 20/02/2020, la Corte d’appello di Caltanissetta ha confermato, all’esito dell’impugnazione del richiedente asilo, la decisione del giudice di primo grado che aveva respinto la domanda di protezione sussidiaria e umanitaria.

Avverso la sentenza ha proposto ricorso per cassazione H. Faqueer, affidato a un solo motivo.

Il Ministero dell’interno, che non si è difeso con controricorso, ha depositato atto di costituzione al solo fine dell’eventuale partecipazione all’udienza pubblica di discussione.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo e unico motivo di ricorso è dedotta la violazione o falsa applicazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, e art. 14, lett. b) e c), nonché l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, in relazione alla mancata valutazione della situazione esistente in Pakistan in violazione del dovere di cooperazione istruttoria, al fine di valutare la sussistenza dei presupposti per il riconoscimento della protezione sussidiaria.

2. Risultano formulate due diverse censure (violazione di legge e omesso esame di un fatto decisivo), riferite entrambe al ritenuto mancato adempimento del dovere di cooperazione istruttoria, che attraverso il reperimento ufficioso di fonti attendibili e aggiornate, secondo parte ricorrente, avrebbe consentito al giudice di conoscere la situazione esistente nel Paese di origine del richiedente asilo e accertare i presupposti dell’invocata protezione.

3. Il motivo è inammissibile per mancanza del requisito di specificità, sancito dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 4), con riferimento ad entrambe le censure formulate.

3.1. Come più volte affermato da questa Corte, in materia di protezione internazionale, il dovere di cooperazione istruttoria del giudice richiede l’assolvimento dell’onere di allegazione da parte del richiedente asilo, che deve rappresentare fatti riconducibili all’una o all’altra forma di protezione. L’attenuazione del principio dispositivo, in cui la cooperazione istruttoria consiste, si colloca, infatti, non sul versante dell’allegazione ma esclusivamente su quello della prova. Ne consegue che solo quando il richiedente abbia adempiuto all’onere di allegazione sorge il potere-dovere del giudice di cooperazione istruttoria, che tuttavia è circoscritto alla verifica della situazione oggettiva del paese di origine e non alle individuali condizioni del soggetto richiedente (v. da ultimo, Cass., Sez. 2, n. 17185 del 14/708/2020).

Nel caso di specie parte ricorrente non ha indicato il contenuto della domanda sul punto, né le ragioni che in proposito ha dedotto in appello, né ha spiegato al giudice di legittimità quali siano state le vicende in concreto accadute che potessero fondare la richiesta del riconoscimento di alcuna delle ipotesi previste dal D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14.

La parte si è limitata a riferire che in sede di audizione davanti alla Commissione territoriale “ha confermato che nel 2013 durante le elezioni in Pakistan, la casta, cui il richiedente appartiene sosteneva il partito PTI, mentre in passato appoggiava il partito (OMISSIS) e tale cambiamento non è stato accetto dagli appartenenti al partito (OMISSIS), sostenuto dalle caste (OMISSIS) e (OMISSIS) e da tale situazione soggettiva si sono prodotti a catena altri accadimenti che hanno messo in pericolo la vita del ricorrente”.

Ma tale riferimento, oltre a non essere indicato tra i fatti dedotti negli atti di nessuno dei due gradi di merito, si rivela, in sé, estremamente generico, non essendo indicata la casta a cui il richiedente ha riferito di appartenere, né gli accadimenti che avrebbero messo in pericolo il richiedente, non consentendo al giudice di ricondurre tali allegazioni alle condizioni descritte dal D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14.

3.2. Per gli stessi motivi, la censura di omesso esame di un fatto decisivo non è ammissibile.

Com’e’ noto, le Sezioni Unite di questa Corte, hanno affermato che, nel censurare ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5) una decisione, la parte deve indicare il “fatto storico”, il cui esame sia stato omesso, il “dato” testuale o extratestuale da cui esso risulti esistente, il “come” e il “quando” tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua “decisività”, fermo restando che l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sé, il vizio in esame, se non comporta la mancata considerazione di un fatto storico che può incidere sull’esito della vertenza (Sez. U, n. 8053 del 07/04/2014).

Nel caso di specie, invece, la parte non ha indicato, nel ricorso per cassazione, quale fatto storico decisivo acquisito al processo non sia stato esaminato dal giudice di merito, lamentando solo, e genericamente, la mancata attivazione ufficiosa del giudice nella sua ricerca.

4. In conclusione, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.

5. Nessuna statuizione sulle spese deve essere adottata, non essendosi l’intimato difeso con controricorso.

6. In applicazione dell’art. 13, comma 1 quater, D.P.R. n. 115 del 2002, si deve dare atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per l’impugnazione proposta, se dovuto.

L’attualità o meno dell’ammissione al patrocinio a spese dello Stato non rileva direttamente ai fini della pronuncia sui presupposti per il c.d. raddoppio del contributo unificato, atteso che tale pronuncia lascia impregiudicata la questione della debenza originaria del contributo in esame, con la conseguenza che il suo raddoppio non sarà consentito qualora venga accertato, nelle sedi competenti, che fin dall’inizio ne era escluso anche il pagamento (v. da ultimo Cass., Sez. 3, n. 11116 del 10/06/2020).

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso;

dà atto, in applicazione del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per l’impugnazione proposta, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sezione Prima Civile della Corte Suprema di Cassazione mediante collegamento “da remoto”, il 21 ottobre 2021.

Depositato in Cancelleria il 7 marzo 2022

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