Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7374 del 28/03/2014


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Civile Sent. Sez. L Num. 7374 Anno 2014
Presidente: ROSELLI FEDERICO
Relatore: MAISANO GIULIO

SENTENZA

sul ricorso 23401-2008 proposto da:
POSTE ITALIANE S.P.A. C.F. 97103880585, in persona
del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente

domiciliata in ROMA, VIALE MAZZINI 134, presso lo
studio dell’avvocato FIORILLO LUIGI, rappresentata e
difesa dall’avvocato TOSI PAOLO, giusta delega in
2014

atti;
– ricorrente –

91

contro

CORSI

MARIA

FEDERICA

C.F.

crsmfd70p48g143s,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE G. MAZZINI

Data pubblicazione: 28/03/2014

’ 134, presso lo studio dell’avvocato SADURNY CLAUDIO,
che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato
ARPESELLA ALBERTO, giusta delega in atti;
– controricorrente

avverso la sentenza n. 981/2007 della CORTE D’APPELLO

udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 09/01/2014 dal Consigliere Dott. GIULIO
MAISANO;
udito l’Avvocato MICELI MARIO per delega TOSI PAOLO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. ENNIO ATTILIO SEPE 2 che ha concluso per
il rigetto del ricorso, in subordine accoglimento per
quanto di ragione.

di GENOVA, depositata il 04/10/2007 R.G.N. 1174/2006;

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza del 4 ottobre 2007 la Corte d’appello di Genova ha
confermato la sentenza del Tribunale della Spezia del 10 luglio 2005 con la
quale è stata dichiarata la nullità del contratto a termine intercorso tra Corsi
Maria Federica e Poste Italiane s.p.a. dal 18 maggio 2002 al 30 giugno

subordinato a tempo indeterminato tra le parti a far data dal 18 maggio
2002 e con la condanna di Poste Italiane al pagamento delle retribuzioni in
favore della Corsi a decorrere dal 4 giugno 2004,data della ricezione della
raccomandata costituente messa in mora. La Corte territoriale ha motivato
tale pronuncia considerando che, anche dopo il d.lgs. 368 del 2001, il
contratto di lavoro a termine deve ritenersi eccezionale e possibile solo in
presenza delle condizioni indicate dall’art. 1 di tale d.lgs., condizioni che
devono essere provate dal datore di lavoro. Nel caso in esame il contratto,
stipulato ai sensi dell’art. 25 del CCNL dell’ l l gennaio 2001, attuativo
dell’art. 23 della legge n. 56 del 1987, non era più in vigore all’epoca della
stipulazione del contratto in questione.
Poste Italiane propone ricorso per cassazione avverso tale sentenza affidato
a quattro motivi.
La ricorrente ha presentato memoria.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo la ricorrente lamenta violazione degli artt. 1 d.lgs. n.
368 del 2001 e 1362 cod. civ., per avere la Corte d’appello ritenuta nulla
per genericità della ragione giustificativa la clausola contrattuale di
apposizione del termine al rapporto di lavoro, ed in particolare per omessa
indicazione del collegamento tra asserito processo di riorganizzazione
aziendale e assunzione temporale della lavoratrice. La ricorrente aggiunge

./(

2002, con la dichiarazione della sussistenza di un rapporto di lavoro

che detta genericità sarebbe esclusa dall’espresso riferimento ad accordi
collettivi del 2001 e 2002.
Con il secondo motivo la ricorrente deduce la violazione degli artt. 2697
cod. civ., 1 d.lgs. n. 368 del 2001, 1362 cod. civ. in relazione agli accordi
collettivi suddetti, 244, 421, 437 cod. proc. civ., sempre per erroneo

particolare per non ammissione della prova testimoniale in ordine alla
necessità di assumere temporaneamente un lavoratore in attesa di
assegnazione alla filiale di La Spezia di “risorse rivenienti da processi di
mobilità”.
I due motivi possono essere trattati congiuntamente riferendosi entrambi al
giudizio sulla sussistenza dei presupposti legittimanti il ricorso al contratto
a termine ed indicati dall’art. 1 d.lgs. 368 del 2001.
Essi sono infondati. Come ripetutamente affermato da questa Corte (per
tutte Cass.26 gennaio 2010 n. 1577) in tema di assunzione a termine di
lavoratori subordinati per ragioni di carattere sostitutivo, alla luce della
sentenza della Corte costituzionale n. 214 del 2009, con cui è stata
dichiarata infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 1,
comma 2, del d.lgs. n. 368 del 2001, l’onere di specificazione delle predette
ragioni è correlato alla finalità di assicurare la trasparenza e la veridicità
della causa dell’apposizione del termine e l’immodificabilità della stessa nel
corso del rapporto. Pertanto, nelle situazioni aziendali complesse, in cui la
sostituzione non è riferita ad una singola persona, ma ad una funzione
produttiva specifica, occasionalmente scoperta, l’apposizione del termine
deve considerarsi legittima se l’enunciazione dell’esigenza di sostituire
lavoratori assenti – da sola insufficiente ad assolvere l’onere di
specificazione delle ragioni stesse – risulti integrata dall’indicazione di
elementi ulteriori (quali l’ambito territoriale di riferimento, il luogo della

ravvisamento della genericità della clausola appositiva del termine, e in

prestazione lavorativa, le mansioni dei lavoratori da sostituire, il diritto
degli stessi alla conservazione del posto di lavoro) che consentano di
determinare il numero dei lavoratori da sostituire, ancorché non identificati
nominativamente, ferma restando, in ogni caso, la verificabilità della
sussistenza effettiva del prospettato presupposto di legittimità. Nel caso in

che ha rilevato come il datore di lavoro abbia usato una formula generica e
di stile che non consente la verifica delle effettive ragioni poste a sostegno
dell’assunzione. Tale giudizio appare logico e compiuto e sfugge ad ogni
censura di legittimità. In particolare la Corte d’appello ha esattamente
osservato come il generico rinvio ad una serie di accordi collettivi del 2001
e del 2002 non consentisse di comprendere la concreta ragione di
assunzione temporale di lavoratori in una determinata sede. Anche il
capitolo di prova non ammesso non conteneva i necessari riferimenti
relativi alla posizione occupata dalla lavoratrice, alle sue mansioni ed al
luogo di destinazione.
Con il terzo motivo si assume omessa, insufficiente e contraddittoria
motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio ex art. 360,
n. 5 cod. proc. civ.; violazione e falsa applicazione degli artt. 12 disp. legge
in generale, 1419 cod. civ., 1 d.lgs. 368 del 2001 e 115 cod. proc. civ. ex
art. 360 n. 5 cod. proc. civ. In particolare si assume che erroneamente
sarebbe stata fatta conseguire all’illegittimità del termine, la conseguenza
della conversione del rapporto a tempo indeterminato non prevista dalla
legge a differenza di quanto previsto dall’art. 1 comma 1 della legge n. 230
del 1962.
Il motivo è inammissibile per inosservanza dell’art. 366, n. 3 cod. proc. civ.,
nella parte in cui non indica il fatto decisivo asseritamente trascurato.

‘-)

esame tale valutazione è stata correttamente operata dalla Corte territoriale

Quanto alle conseguenze dell’illegittima apposizione del termine, va
considerato che la sanzione dell’inefficacia del termine è prevista dal medesimo
art. 1, per cui, una volta dichiarata l’inefficacia della relativa clausola, il
contratto di lavoro non perde per intero la sua efficacia, ma solo il suo termine
finale e si converte in contratto a tempo indeterminato; né la norma stessa,

contratto. In definitiva vale il principio di conservazione del negozio giuridico,
secondo ad. utile per inutile non vitiatur.
Con il quarto motivo la ricorrente lamenta il mancato contenimento
dell’ammontare del risarcimento del danno entro i limiti di sei mensilità di
retribuzione.
Il motivo è ammissibile per la corretta formulazione del quesito, ed è altresì
fondato.
L’ammontare del danno deve essere limitato non ai sensi dell’art. 4 bis d.lgs.
22 agosto 2001 n. 368, dichiarato costituzionalmente illegittimo dalla Corte
Costituzionale con sentenza n. 214 del 2009, sopra citata, bensì a norma dell’art.
32, comma 5i della legge 4 novembre 2010, n. 183 sopravvenuta.
Pertanto la sentenza impugnata va cassata in relazione al motivo accolto, con
rinvio, anche per la liquidazione delle spese del presente giudizio, alla Corte
d’appello di Torino che provvederà alla liquidazione del risarcimento del
lavoratore nei limiti previsti dalla normativa citata.
P.Q.M.
La Corte accoglie il quarto motivo di ricorso e rigetta gli altri;

Cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia, anche per
le spese, alla Corte d’appello di Torino.
Così deciso in Roma il

ragionando a contrario, prevede la conseguenza della nullità dell’intero

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