Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7373 del 07/03/2022

Cassazione civile sez. I, 07/03/2022, (ud. 21/10/2021, dep. 07/03/2022), n.7373

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VALITUTTI Antonio – Presidente –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

Dott. ARIOLLI Giovanni – Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –

Dott. REGGIANI Eleonora – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 17384/2020 promosso da:

C.B., elettivamente domiciliato in Ferrara, via Borgo dei

Leoni 132, presso lo studio dell’avv. Federico Carlini, che lo

rappresenta e difende, in virtù di procura speciale in calce al

ricorso per cassazione;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro pro tempore;

– resistente –

avverso la sentenza n. 2747/2019 della Corte d’appello di Bologna,

depositata il 03/10/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

21/10/2021 dal Consigliere ELEONORA REGGIANI;

letti gli atti del procedimento in epigrafe.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza n. 2747/2019, depositata il 03/10/2019, la Corte d’appello di Bologna ha confermato, all’esito dell’impugnazione del richiedente asilo, la decisione del giudice di primo grado che aveva respinto la domanda di protezione internazionale e umanitaria.

Avverso la sentenza ha proposto ricorso per cassazione C.B., affidato a un unico motivo complesso.

Il Ministero dell’interno, che non si è difeso con controricorso, ha depositato un atto di costituzione al solo fine dell’eventuale partecipazione all’udienza pubblica di discussione.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo e unico motivo di ricorso è dedotta la violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. b), e del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, per avere la Corte d’appello negato il riconoscimento della protezione sussidiaria, ritenendo meramente ipotetico e astratto il pericolo di morte, ovvero di subire un trattamento inumano o degradante, in caso di rientro del ricorrente nel proprio Paese di origine, mentre invece avrebbe dovuto considerare che la fonte di tale pericolo può derivare anche da soggetti non statuali, se lo Stato non è in grado di fornire adeguata tutela. Il ricorrente ha spiegato di aver lasciato il Mali a seguito di una diatriba familiare, sorta a causa della decisione di sposare una ragazza cristiana, aggiungendo che gli zii paterni lo avevano aggredito violentemente, per aver tradito il dettame della religione musulmana, e che era riuscito a sottrarsi all’aggressione e a fuggire dal proprio Paese perché, in Mali, era preponderante una interpretazione di tipo estremista del Corano e della legge islamica, che vietava i matrimoni misti. A fronte di tale allegazione, il giudice avrebbe dovuto accertare anche d’ufficio tale situazione mentre, invece, la Corte di merito non si era attivata per verificare la reale situazione, accontentandosi di guardare le fonti normative.

2. Il ricorso è inammissibile, non sussistendo i requisiti richiesti dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 3).

Come di recente chiarito da questa Corte, per soddisfare quanto disposto dalla norma appena richiamata, il ricorso per cassazione deve indicare, in modo chiaro ed esauriente, sia pure non analitico e particolareggiato, i fatti di causa da cui devono risultare le pretese delle parti con i presupposti di fatto e le ragioni di diritto che le giustificano, in modo da consentire al giudice di legittimità di avere la completa cognizione della controversia e del suo oggetto, di cogliere il significato e la portata delle censure rivolte alle specifiche argomentazioni della sentenza impugnata, senza la necessità di accedere ad altre fonti ed atti del processo, compresa la sentenza stessa (Cass., Sez. 1, n. 24432 del 03/11/2020; v. anche Cass., Sez. 1, n. 21750 del 27/10/2016 e Cass., Sez. 6-3, n. 1926 del 03/02/2015).

Nel caso di specie, parte ricorrente ha descritto solo il procedimento di appello, riportando la cronologia degli atti e il dispositivo della sentenza impugnata, e poi è subito passata alla illustrazione dei motivi di ricorso per cassazione.

Le censure alla decisione della Corte d’appello è stata effettuata senza che fosse prima riportato il contenuto della domanda introduttiva del giudizio, le difese della controparte, le ragioni della decisione di primo grado, i motivi di appello e gli argomenti posti a fondamento della sentenza impugnata.

Manca, in sintesi, una esposizione dei fatti di causa che, sia pure sommariamente, consenta di apprezzare i motivi proposti in relazione alla materia del contendere, in violazione dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 3), (per un precedente specifico, v, Cass., Sez. 3, n. 20284 del 15/07/2021).

3. D’altronde, con riferimento al mancato riconoscimento della protezione sussidiaria, le stesse scarne allegazioni riportate nel ricorso per cassazione, per i motivi appena illustrati, non consentono di ritenere che il richiedente asilo abbia dedotto compiutamente i fatti costitutivi del diritto vantato (Cass., Sez. 1, n. 28780 del 16/12/2020; Cass., Sez. 2, n. 17185 del 14/08/2020.

Non emerge, infatti, la prospettazione, in concreto, di un rischio di danno grave alla persona per il caso di rientro nel Paese di origine, avendo la parte semplicemente affermato che gli zii paterni lo avrebbero aggredito “violentemente”, avendo intenzione di punirlo per il fatto che aveva deciso di sposare una ragazza cristiana (p. 3 del ricorso per cassazione).

Si tratta di una deduzione estremamente generica che, in sé, non è riconducibile alle condotte menzionate nel D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. b).

4. In conclusione, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.

5. La costituzione dell’amministrazione intimata al di fuori dei termini previsti dall’art. 370 c.p.c., e al solo fine dell’eventuale partecipazione all’udienza di discussione, non celebrata, esime il collegio dal provvedere alla regolazione delle spese di lite.

6. In applicazione del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si deve dare atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per l’impugnazione proposta, se dovuto.

L’attualità o meno dell’ammissione al patrocinio a spese dello Stato non rileva, infatti, ai fini della pronuncia sui presupposti per il raddoppio del contributo unificato, atteso che tale pronuncia lascia impregiudicata la questione della debenza originaria del contributo in esame, con la conseguenza che il suo raddoppio non sarà comunque consentito, qualora venga accertato, nelle sedi competenti, che fin dall’inizio ne era escluso anche il pagamento (v. da ultimo Cass., Sez. 3, n. 11116 del 10/06/2020).

P.Q.M.

La Corte

dichiara inammissibile il ricorso;

dà atto, in applicazione del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per l’impugnazione proposta, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima Civile della Corte Suprema di Cassazione, mediante collegamento “da remoto”, il 21 ottobre 2021.

Depositato in Cancelleria il 7 marzo 2022

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