Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7372 del 25/03/2013


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Civile Sent. Sez. U Num. 7372 Anno 2013
Presidente: PREDEN ROBERTO
Relatore: AMOROSO GIOVANNI

Data pubblicazione: 25/03/2013

SENTENZA

sul ricorso 5701-2012 proposto da:
LANZA VINCENZO, elettivamente domiciliato in ROMA, LARGO
2012

ARENULA 34, presso lo studio dell’avvocato TERRACCIANO

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GENNARO, che lo rappresenta e difende unitamente agli
avvocati NARDONE ANTONIO, NAPOLITANO LUIGI, per delega a
margine del ricorso;
– ricorrente –

contro

INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE,
quale successore ex lege dell’INPDAP, in persona del
legale rappresentante pro-tempore, elettivamente
domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso lo

rappresenta e difende, per delega a margine del
controricorso;
– controricorrente nonchè contro

SECONDA UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI NAPOLI;
– intimata –

avverso la sentenza n. 569/2011 della CORTE dei CONTI I SEZIONE GIURISDIZIONALE CENTRALE – ROMA, depositata il
21/12/2011;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 04/12/2012 dal Consigliere Dott. GIOVANNI
AMOROSO;
uditi gli avvocati Gennaro TERRACCIANO,

Filippo

MANGIAPANE;
udito il P.M. in persona dell’Avvocato Generale Dott.
UMBERTO APICE, che ha concluso per l’inammissibilità del
ricorso.

studio dell’avvocato MANGIAPANE FILIPPO, che lo

OGGETTO: pensioni
pubbliche

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1. Il dr. Vincenzo Lanza, già dipendente della Seconda Università degli Studi di
Napoli dal 01/07/1975, veniva nominato primo dirigente con D.M. del 17106/1993 e,

Amministrativo della predetta Amministrazione. Per lo svolgimento di tali funzioni
esercitate fino al 30/09/1997, all’interessato veniva corrisposta la retribuzione spettante
all’area dirigenza del Comparto Università prevista dai vari C.C.N.L, con il
riconoscimento dell’indennità spettante per l’espletamento delle funzioni di Direttore
Amministrativo.
In data 30 settembre 1997, in ossequio all’art. 17, co. 110, della legge 15 maggio
1997, n. 127, in virtù della quale il rapporto dei direttori amministrativi delle Università
fu trasformato in “contratto di lavoro ” a tempo determinato di durata non superiore a
cinque anni, rinnovabile”, il dr. Lanza fu collocato in aspettativa quale dirigente (a
partire dal I ottobre 1997).
Successivamente a seguito del collocamento in aspettativa quale dirigente di
ruolo, il dr. Lanza stipulava un contratto di lavoro a tempo determinato per la durata di
4 anni. L’incarico di Direttore Amministrativo veniva reiterato dal 1 agosto 2001 epoi
dal 1 agosto 2005 di quadriennio in quadriennio.
In data 5 ottobre 2006, la Seconda Università degli Studi di Napoli, con decreto
rettoriale n. 2763, accoglieva l’istanza di dimissioni dal servizio avanzate dal ricorrente
in qualità di Dirigente di ruolo a tempo indeterminato, con diritto ad usufruire del
trattamento pensionistico di anzianità e dei benefici di cui all’art. 44 della legge n. 289
del 27.12.2002 (relativo al cumulo tra trattamento di quiescenza e servizio). Nel
contempo l’Ateneo trasmetteva all’1NPDAP, con nota rettoriale n. 33 del 28 ottobre
2006 la documentazione prevista per la liquidazione della pensione comprensiva dello
stato di servizio in cui veniva riportata, con il numero d’ordine progressivo di
annotazione, la conferma dell’incarico di Direttore Amministrativo fino al 31.7.2009.
Subito dopo le dimissioni quale dirigente (e Direttore Amministrativo) di ruolo,
il dr. Lanza riceveva, senza soluzione di continuità, nuovamente l’incarico di Direttore
Amministrativo; questa volta però, avendo rassegnato le dimissioni, riceveva l’incarico

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con decreto rettoriale n. 1574 del 08/09/1993, assumeva le funzioni di Direttore

a titolo di esperto esterno.
L’INPDAP, con determinazione n. CE0120062415 del 10/11/2006, liquidava la
pensione diretta di anzianità con decorrenza 1 aprile 2007, per un importo annuo lordo
pari ad euro 128.723,53; il calcolo della pensione veniva effettuato su un servizio utile
di 37 anni, (comprensivo, dunque di un periodo di servizio pari a 9 anni e sei mesi
prestati in forza del rapporto di lavoro a tempo determinato) e in base all’ultima

Direttore Amministrativo. Sulla stessa veniva calcolata la maggiorazione del 18 %
prevista dall’art. 15 della I. 177/1976.
Trasferita, per competenza territoriale alla sede INPDAP di Napoli, la partita di
pensione de qua veniva riliquidata con decreto n. NA012007002065 del 18107/2007,
escludendo ai sensi della circolare INPDAP n.23 del 31/03/2004, la predetta
maggiorazione del 18% dal calcolo della pensione.
Il Sig. Lanza, proponeva quindi un ricorso alla Corte dei Conti, Sezione
giurisdizionale per Regione Campania, per chiedere il ripristino della suddetta
maggiorazione; giudizio che si concludeva con la sentenza di accoglimento
n.4104/2007.
2. Con ricorso notificato il 17 aprile 2008 e depositato in segreteria il 9 maggio
2008, l’INPDAP proponeva appello presso la Sezione centrale per impugnare la
sentenza n. 4104/2007 della Sezione Giurisdizionale per la regione Campania (appello
tuttora pendente, non essendo fissata l’udienza di discussione).
3. Con determinazione dirigenziale n.332 del 8 agosto 2008, l’INPDAP revocava
il trattamento pensionistico intestato al dott. Lanza Vincenzo sostenendo che “che alla
data di collocamento in aspettativa (1/10/97) il Dr. Vincenzo Lanza non aveva maturato
i requisiti anagrafici e di anzianità contributiva per acquisire il diritto a pensione”, ed
avviava il conseguente accertamento del reddito. Sostanzialmente l’INPDAP revocava il
trattamento pensionistico alla luce di una autonoma e diversa lettura delle norme che
disciplinavano le c.d. finestre di uscita. Secondo l’Ente il requisito contributivo non era
sussistente in quanto la norma in base alla quale il dr. Lanza, ai sensi dell’art. 17,
comma 110, della L. 127/97, aveva iniziato a svolgere le funzioni di Direttore
Amministrativo con i benefici previdenziali di cui all’art. 3 comma 8 del d.lgs 502/92,
era stata abrogata. Tale abrogazione avrebbe impedito la prosecuzione contributiva della

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retribuzione percepita in forza del rapporto di lavoro a tempo determinato come

prestazione lavorativa e gli anni successivi a tale abrogazione non sarebbero coperti da
contributi nella gestione INPDAP.
4. Con tre ricorsi ( n. 586587-59092 e 59174 ) proposti alla Corte dei conti sez.
giurisdizionale per la Regione Campania, contro l’INPDAP e la seconda Università di
Napoli, il sig. Lanza, ex dirigente dell’università di Napoli, cessato dal servizio per
dimissioni in data 1 aprile 2007, impugnava i provvedimenti del agosto-dicembre 2008,

conferimento di pensione diretta ed aveva disposto il recupero dei ratei pensionistici
corrisposti tra la data del collocamento a riposo e l’annullamento medesimo. A sostegno
delle domande il ricorrente affermava di avere pieno diritto al trattamento pensionistico
in regime di cumulo tra il trattamento percepito quale dirigente di ruolo e quello di
Direttore Amministrativo (di ruolo) dell’Università. Ed infatti lo stesso provvedimento
che abrogava il comma 8 dell’art. 3 del d.lgs 502/92, contestualmente inseriva l’art. 3-bis
che disciplinava più compiutamente la figura del Direttore Amministrativo (e stabiliva
che “il periodo di aspettativa è utile ai fini del trattamento di quiescenza e di
previdenza”).
Si costituiva in giudizio l’INPDAP contestando la fondatezza della domanda del
ricorrente.
Si costituiva anche la Seconda Università di Napoli per affermare la legittimità
dei propri provvedimenti ed aderire alle tesi difensive del ricorrente.
5. Con la sentenza n. 228/2010 la Corte regionale, previa riunione dei ricorsi per
connessione e previa sospensione del provvedimento di recupero impugnato, accoglieva
le domande del ricorrente dichiarando il diritto del Sig. Lanza al ripristino del
trattamento pensionistico già concesso con effetto 1 aprile 2007 con conseguente
annullamento dei provvedimenti di recupero medio-tempore adottati e la restituzione
delle somme eventualmente trattenute oltre interessi legali e rivalutazione monetaria, ex
art. 429 c.p.c. e 150 disp. att. c.p.c., dalla maturazione del diritto al soddisfo.
6. Avverso tale sentenza n. 228/2010 l’INPDAP proponeva appello alle Sezioni
Giurisdizionali Centrali.
Si costituivano il dr. Lanza e la Seconda università di Napoli. Il dott. Lanza, in
particolare, continuava a ritenere illegittimo il provvedimento di revoca del trattamento
pensionistico.

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con i quali la sede territoriale INPDAP di Napoli aveva annullato, in via di autotutela, il

7. La Corte dei conti, prima sezione giurisdizionale centrale, con sentenza n. 569
del 21 dicembre 2011 accoglieva l’appello e per l’effetto dichiarava il diritto del Dott.
Lanza a percepire alla data del 10 aprile 2007, a seguito di cessazione del rapporto di
servizio principale, un trattamento pensionistico commisurato all’anzianità contributiva
maturata anche durante il periodo di aspettativa e alla retribuzione spettante quale
dirigente di ruolo, e cioè quella afferente al rapporto di servizio che veniva a cessare.

Lanza, disposta con determinazione dirigenziale n. 332 dell’8 agosto 2008 e successivo
provvedimento di recupero degli arretrati, con conseguente diritto dell’Inpdap di ripetere
quanto eventualmente versato nelle more del gravarne, in considerazione dell’efficacia
provvisoria della sentenza impugnata. Condannava poi l’appellante al pagamento delle
spese processuali.
8. Avverso questa pronuncia il dott. Lanza ricorre per cassazione ai sensi dell’art.
362 c.p.c..
Resiste con controricorso l’INPS, succeduto all’INPDAP.
Non ha svolto difesa alcuna l’intimata Università.
MOTIVI DELLA DECISIONE
I. Con il ricorso, articolato in più profili, il ricorrente sostiene il difetto di
giurisdizione e il superamento dei limiti esterni della giurisdizione della torte dei conti,
nonché eccesso di potere giurisdizionale.
Deduce che in tema di decisioni della Corte dei Conti, l’eccesso di potere
giurisdizionale va inteso come l’esplicazione di una potestà riservata dalla legge ad un
diverso organo, sia esso legislativo o amministrativo, e cioè come una usurpazione o
indebita assunzione di potestà giurisdizionale. Ciò è quanto si è verificato nel caso di
specie nella impugnata sentenza n. 569/11 della Corte dei Conti, La quale ha ritenuto
che il rapporto di lavoro quale dirigente protrattosi sino al 1997, e quello di Direttore
Amministrativo, sono da considerarsi due rapporti autonomi e distinti quando invece
l’Università ha considerato il rapporto lavorativo di dirigente e Direttore Amministrativo
svolti sino al 2007 (data delle dimissioni) un unico rapporto (anche ai fini pensionistici).
Si tratta – secondo il ricorrente – di affermazioni di principio che non sarebbero spettate
alla Corte dei Conti, ma semmai, al Giudice del Lavoro. Infatti sussiste la giurisdizione
della Corte dei Conti con riferimento a tutti i provvedimenti inerenti al diritto, alla

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ud. 4 dicembre 2012

Dichiarava inoltre la legittimità della revoca del trattamento pensionistico del Dott.

misura e alla decorrenza del trattamento pensionistico. Ma ogni altra questione attiene
al giudice amministrativo o al giudice ordinario (legittimità degli atti posti in essere
dall’Amministrazione, corretta qualificazione del rapporto di lavoro ecc.).
Vi è stato quindi superamento dei limiti esterni alla giurisdizione della Corte dei
Conti con riferimento all’affermazione secondo la quale si sarebbero configurati due
diversi rapporti di lavoro in capo allo stesso soggetto ciascuno autonomo e distinto. In

che gli incarichi svolti dal dr. Lanza quale dirigente e quale Direttore Amministrativo
costituivano rapporti di lavoro autonomi e distinti perché, semmai, competente ad una
simile pronuncia sarebbe stato il Giudice del lavoro.
Inoltre il ricorrente ha denunciato il superamento dei limiti esterni alla propria
giurisdizione della Corte dei Conti anche con riferimento all’affermazione secondo la
quale il trattamento pensionistico non doveva essere calcolato sulla base della
retribuzione percepita dall’interessato quale Direttore Amministrativo ma sulla base
dell’anzianità contributiva maturata quale dirigente di ruolo.
2. Il ricorso è inammissibile.
La questione controversa esaminata dalla Corte dei conti in grado d’appello
consiste nell’esatta determinazione della base di calcolo della retribuzione pensionabile
alla fine della liquidazione della pensione di anzianità.
La Corte dei conti ha ritenuto la autonomia dei due rapporti di lavoro intrattenuti
dal Dott. Lanza con l’università: quello a tempo indeterminato che dopo il settembre
1997 è Proseguito in regime di aspettativa senza assegni e quello a tempo determinato
più volte reiterato e proseguito anche dopo la cessazione del primo rapporto.
Da ciò la Corte dei conti ha tratto la conseguenza che il trattamento pensionistico
per anzianità in ragione della cessazione del primo rapporto non poteva che tener conto
della sola retribuzione percepita dal dirigente (o percepibile nel periodo di aspettativa
senza assegni) in riferimento al primo rapporto di impiego e non già le retribuzioni
percepite nel secondo rapporto.
È questa una tipica questione pensionistica che è rimasta nel perimetro della
giurisdizione della Corte dei conti. In proposito questa Corte (Cass., Sez. Un., 7 agosto
2009, n. 18076) ha affermato che la Corte dei conti, in sede di giurisdizione esclusiva
sui provvedimenti inerenti al diritto, alla misura ed alla decorrenza della pensione dei

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definitiva, quindi, non poteva la Corte dei Conti Centrale affermare, nel caso di specie,

pubblici dipendenti (nonché degli altri assegni che ne costituiscono parte integrante), ha
il p otere-dovere di dejibare gli a tti a mministrativi int ervenuti ne i p regresso r apporto
d’impiego, inerenti allo “status” del dipendente ed al suo trattamento economico, al fine
di stabilirne la rilevanza sul trattamento di quiescenza,a meno che non si tratti di atti
divenuti definitivi in conseguenza di mancata impugnazione (o di giudicato).
Nella specie nessuna preclusione del genere si è verificata trattandosi solo di

escludersi il travalicamento dei limiti esterni della giurisdizione da parte della sentenza
impugnata con conseguente inammissibilità del ricorso proposto ai sensi dell’art. 362
c.p.c..
Alla soccombenza consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese
processuali di questo giudizio di cassazione nella misura liquidata in dispositivo in
favore della parte costituita (l’Istituto previdenziale) . Non occorre provvedere sulle
spese per la parte intimata che non ha svolto difesa alcuna (l’Università).
PER QUESTI MOTIVI
La Corte, a Sezioni Unite, dichiara inammissibile il ricorso; condanna il
ricorrente al pagamento delle spese di questo giudizio di cassazione in favore
dell’Istituto previdenziale resistente, liquidate in euro 200,00 (duecento) per esborsi ed
in euro 3.000,00 (tremila) per compensi d’avvocato ed oltre accessori di legge. Nulla
sulle spese per la parte non costituita.
Così deciso in Roma il 4 dicembre 2012
Il Consigliere estensore

Il Presidente

accertare il rilievo, ai fini pensionistici, di due rapporti di lavoro paralleli; sicché deve

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