Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7372 del 22/03/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 22/03/2017, (ud. 01/02/2017, dep.22/03/2017),  n. 7372

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCHIRO’ Stefano – Presidente –

Dott. CIRILLO Ettore – rel. Consigliere –

Dott. MANZON Enrico – Consigliere –

Dott. NAPOLITANO Lucio – Consigliere –

Dott. VELLA Paola – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 2928/2016 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, C.F. (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– ricorrente –

contro

L.F., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DI VILLA

SACCHETTI 9, presso lo studio dell’avvocato GIUSEPPE MARINI, che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato LORIS TOSI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1179/7/2015 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE di VENEZIA – MESTRE, depositata l’08/07/2015;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non

partecipata dell’ 01/02/2017 dal Consigliere Dott. ETTORE CIRILLO.

Fatto

RAGIONI DELLA DECISIONE

La Corte, costituito il contraddittorio ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c. (come modificato dal D.L. 31 agosto 2016, n. 168, convertito con modificazioni dalla L. 25 ottobre 2016, n. 197), osserva con motivazione semplificata:

L’assunto del fisco, nell’impugnare per violazione di legge (D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 38; D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446 , art. 2; art. 50 T.U.I.R.) la sentenza della CTR – Veneto che ha riconosciuto al commercialista Dott. L.F. il rimborso dell’IRAP versata per l’attività di consigliere d’amministrazione e sindaco di società, si pone, quanto al secondo motivo, in discontinuità con i principi regolativi della materia compendiati da Cass. 3/3/2016, n. 4246 e Cass. 2/11/2016, n. 22138:

A) L’attività del commercialista, infatti, non è soggetta a IRAP se manchi l’autonoma organizzazione, che sussiste solo se il professionista adopera beni strumentali eccedenti il minimo indispensabile ovvero ricorre in modo non occasionale al lavoro di terzi; il che accade perchè la capacità produttiva aggiuntiva rispetto a quella personale del professionista sconta l’imposizione per il surplus di quanto ottenuto mercè una struttura organizzativa che sia servente rispetto all’opera intellettuale svolta con le proprie conoscenze e gli strumenti minimi indispensabili.

B) Il commercialista, dunque, che sia anche amministratore, revisore e/o sindaco di società non è soggetto a IRAP per il reddito netto di tali attività perchè è soggetto a imposizione fiscale unicamente l’eccedenza dei compensi rispetto alla produttività auto-organizzata dell’opera individuale; il che si verifica in quanto per la soggezione a IRAP non è sufficiente che il commercialista operi presso uno studio professionale, atteso che tale presupposto non integra di per se stesso il requisito dell’autonoma organizzazione.

C) Già con Cass. 9/5/2007, n. 10594 (conf. Cass. 19/7/2011, n. 15803; Cass. 5/3/2012, n.3434) si era chiarito – con riferimento a fattispecie nella quale si discuteva di redditi realizzati dal libero professionista nell’esercizio di attività sindaco, amministratore di società, consulente tecnico – che non fosse soggetto a imposizione quel segmento di ricavo netto consequenziale a quell’attività specifica purchè risultasse possibile, in concreto, lo scorporo delle diverse categorie di compensi conseguiti e verificare l’esistenza dei presupposti impositivi per ciascuno dei settori interessati (v. anche Cass. 11/11/2016, n. 23104).

D) Tale accertamento spetta al giudice di merito ed è insindacabile in sede di legittimità, se congruamente motivato. Il che non risulta, nella specie, censurato in punto di fatto neppure ai sensi del riformulato art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), avendo il giudice d’appello appurato che trattasi di attività “esterna” rispetto a quella di dottore commercialista, riguardo a “prestazioni rese presso strutture organizzative riferibili ad altrui responsabilità ed interesse”. Dunque, il secondo motivo deve essere rigettato.

E) La conclusione va, però, correlata alla censura di decadenza contenuta nel primo motivo con riferimento agli importi versati prima del 23 dicembre 2006 con riferimento al decorso del termine di cui al D.P.R. n. 602 del 1973, art. 38, che coglie, dunque, i sei versamenti materialmente effettuati dal 20 luglio al 30 novembre 2006. La circostanza, invocata a pag. 3 del ricorso e eccepita sin dalle controdeduzioni fatte in appello il 16 settembre 2014, non è contestata in punto di fatto nel controricorso e può dirsi ivi ammessa (pag. 9-10). La decadenza, rilevabile d’ufficio in ogni stato e grado del giudizio, è rilevabile nel giudizio di legittimità laddove, essendo pacifiche le date di riferimento, sicchè non sono richiesti nuovi accertamenti o apprezzamenti di fatto o l’esame di documenti, preclusi alla Corte (Cass. 21/3/2012, n. 4491).

Conseguentemente il ricorso può essere deciso in camera di consiglio ai sensi dell’art. 375 c.p.c., comma 1, con ordinanza che, accogliendo il primo motivo e rigettando il secondo, cassi in relazione la sentenza d’appello e rigetti la domanda introduttiva limitatamente agli importi versati prima del 23 dicembre 2006. Il parziale accoglimento della domanda e il recente consolidamento della giurisprudenza in tema di IRAP dei professionisti giustifica la compensazione integrale di tutte le spese di lite.

PQM

La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, rigetta il secondo, cassa la sentenza d’appello in relazione al motivo accolto e, decidendo nel merito, rigetta parzialmente domanda di rimborso per i soli importi versati prima del 23 dicembre 2006 e la accoglie nel resto. Compensa tutte le spese di lite.

Così deciso in Roma, il 1 febbraio 2017.

Depositato in Cancelleria il 22 marzo 2017

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