Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7372 del 16/03/2021

Cassazione civile sez. I, 16/03/2021, (ud. 02/02/2021, dep. 16/03/2021), n.7372

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAMPANILE Pietro – Presidente –

Dott. MELONI Marina – rel. Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. CAIAZZO Rosario – Consigliere –

Dott. SOLAINI Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 2381/2016 proposto da:

C.G., C.A.: quale amministrazione di

sostegno di B.E., C.B., tutti quali eredi di

C.T., domiciliati in Roma, Piazza Cavour, presso la

Cancelleria Civile della Corte di Cassazione, rappresentati e difesi

dall’avvocato Romiti Angelo, giusta procura in calce al ricorso e

procura speciale per Notaio Dott. P.P. di (OMISSIS);

– ricorrenti –

contro

Amministrazione Provinciale dell’Aquila, in persona del Presidente

pro tempore, domiciliata in Roma, Piazza Cavour, presso la

Cancelleria Civile della Corte di Cassazione, rappresentata e difesa

dagli avvocati De Nicola Pierfranco, Tempesta Francesca, giusta

procura in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1300/2014 della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA,

pubblicata il 15/12/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

02/02/2021 dal cons. Dott. MELONI MARINA.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

L’Amministrazione provinciale dell’Aquila occupò in via d’urgenza un’area sita nel Comune di (OMISSIS) da sottoporre a procedura di espropriazione per lavori di costruzione della strada a scorrimento veloce (OMISSIS) e terminò i lavori previsti con conseguente trasformazione irreversibile del suolo prima dell’emissione del decreto di esproprio avvenuta il 21/12/1990. C.T. convenne in giudizio con atto notificato il 2/2/1988 davanti al Tribunale di Avezzano l’Amministrazione provinciale dell’Aquila per sentirla condannare al pagamento di indennità per legittima ed illegittima occupazione nonchè del valore venale del terreno e di ogni altro danno arrecato a parte attrice.

Il Tribunale di Avezzano con sentenza in composizione collegiale del 16/11/2011 respinse la domanda per non avere parte attrice provato adeguatamente la titolarità del diritto di proprietà sul terreno che risultava intestato a terzi. La Corte di Appello di L’Aquila confermò la sentenza di primo grado impugnata dagli eredi di C.T..

Avverso la sentenza della Corte di Appello di L’Aquila hanno proposto ricorso per cassazione gli eredi di C.T. affidato a due motivi e memoria. L’Amministrazione Provinciale dell’Aquila resiste con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo di ricorso i ricorrenti denunciano la violazione e falsa applicazione degli artt. 50 bis e 50 ter, 174 bis c.p.c., art. 48 Ordinamento Giudiziario in riferimento alla L. 22 luglio 1997, n. 276, art. 12 ed in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, in quanto la Corte di Appello di L’Aquila ha ritenuto che correttamente la sentenza di primo grado era stata emessa dal Tribunale di Avezzano in composizione collegiale mentre, al contrario, la sentenza era nulla in quanto doveva essere emessa dal giudice monocratico. Infatti la causa era stata già trattata dal giudice monocratico e pertanto non era ammissibile un mutamento di composizione dell’organo giudicante in corso di causa.

Con il secondo motivo di ricorso la ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 244 e 245 c.p.c. in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. perchè, il Tribunale di Avezzano ha ritenuto non “provato il diritto di proprietà del C. sul terreno oggetto di occupazione e la Corte di Appello di L’Aquila ha confermato la sentenza e ritenuto inammissibile la prova testimoniale articolata sul punto in quanto generica e valutativa.

Il ricorso è infondato e deve essere respinto.

In ordine al primo motivo, l’atto di citazione è stato notificato il 2 febbraio 1988 e a quella data l’art. 48 dell’Ordinamento Giudiziario prevedeva sempre la composizione collegiale del Tribunale.

Successivamente con la riforma di cui alla L. n. 353 del 1990 il giudizio davanti al Tribunale è divenuto monocratico (ad eccezione di alcuni casi previsti), ma solo per i giudizi introdotti dopo il 30 aprile 1995, mentre per i giudizi pendenti alla data del 30 aprile 1995 il Tribunale giudica con il numero invariabile di tre votanti (D.Lgs. n. 51 del 1998, art. 135, comma 1, lett. b)).

Il richiamo dei ricorrenti al principio affermato da questa Corte con la decisione n. 14903 del 2006 non appare pertinente, riguardando la stessa la diversa fattispecie di una decisione emessa da giudice monocratico in relazione a un giudizio introdotto successivamente all’anno 1995. Giova per altro rilevare che, a seguito delle modifiche introdotte dalla L. 2 ottobre 1997, n. 333 alla L. n. 276 del 1997, artt. 12 e 13 l’istituzione delle cc.dd. sezioni stralcio non ha comportato il venire meno della potestas iudicandi del Tribunale in composizione ordinaria in relazione al c.d. “arretrato civile”: sotto tale profilo deve osservarsi, da un lato, che non è ipotizzabile alcun vizio di costituzione del giudice (cfr. Cass., 20 agosto 2003, n. 12207, in motivazione), e, dall’altro, che la norma di cui al D.Lgs. n. 51 del 1998, art. 135 quanto alla composizione collegiale dell’organo giudicante, risulta anche sotto tale profilo correttamente applicata.

In ordine al secondo motivo di ricorso relativo alla censura sulla mancata ammissione della prova testimoniale, deve in primo luogo richiamarsi il principio, costantemente affermato da questa Corte e negletto dai ricorrenti, secondo cui la censura contenuta nel ricorso per cassazione relativa alla mancata ammissione della prova testimoniale è inammissibile se il ricorrente non provveda a trascrivere i capitoli di prova e ad indicare i testi e le ragioni per le quali gli stessi sarebbero qualificati a testimoniare, trattandosi di elementi necessari a valutare la decisività del mezzo istruttorio richiesto (Cass., 10 agosto 2017, n. 19985; Cass., 9 novembre 2011, n. 23348; Cass., 19 marzo 2007, n. 6440).

Occorre in ogni caso considerare che la sentenza impugnata ha ampiamente motivato in ordine alla mancata ammissione della prova testimoniale e che la mancata ammissione può essere denunciata per cassazione solo nel caso in cui essa abbia determinato l’omissione di motivazione su un punto decisivo della controversia e, quindi, ove la prova non ammessa ovvero non esaminata in concreto sarebbe stata idonea a dimostrare circostanze tali da invalidare, con un giudizio di certezza e non di mera probabilità, l’efficacia delle altre risultanze istruttorie che hanno determinato il convincimento del giudice di merito, di modo che la “ratio decidendi” venga a trovarsi priva di fondamento. Nella specie, la Corte d’Appello ha rilevato la genericità della prova e quindi la sua inidoneità a dimostrare il diritto di proprietà acquisito per usucapione sul terreno, decidendo quindi di non ammetterla per la sua ininfluenza sulla decisione.

Il ricorso va quindi rigettato. Le spese, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

PQM

Rigetta il ricorso proposto e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese del giudizio di legittimità a favore della controricorrente che si liquidano in Euro 6.000,00 per compensi oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale dell’ulteriore importo a titolò di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sezione prima della Corte di Cassazione, il 2 febbraio 2021.

Depositato in Cancelleria il 16 marzo 2021

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