Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7372 del 07/03/2022

Cassazione civile sez. I, 07/03/2022, (ud. 21/10/2021, dep. 07/03/2022), n.7372

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VALITUTTI Antonio – Presidente –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

Dott. ARIOLLI Giovanni – rel. Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –

Dott. REGGIANI Eleonora – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 19448/2020 proposto da:

D.I., rappresentato e difeso dall’avv. Doretta Bracci, del

foro di Perugia, (doretta.bracci.avvocatiperugiapec.it) che lo

rappresenta e difende;

– ricorrente –

MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro pro tempore;

– intimato –

avverso il decreto n. 399/2020 del Tribunale di Torino;

udita la relazione della causa svolta all’udienza camerale del

21/10/2021 dal consigliere relatore Dott. Giovanni Ariolli.

 

Fatto

FATTO E DIRITTO

1. D.I., cittadino della (OMISSIS), ricorre per cassazione avverso il Decreto n. 399 del 2020, del Tribunale di Perugia, con cui è stato rigettato il ricorso avverso la decisione con la quale la commissione territoriale di Firenze Sezione distaccata di Perugia, aveva rigettato la sua domanda di protezione internazionale (status di rifugiato e sussidiaria) ed umanitaria.

2. Svolgendo tre motivi chiede l’annullamento del decreto impugnato.

2.1. Con il primo motivo deduce il vizio di omesso esame e di motivazione inesistente, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, nonché violazione di legge ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in relazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 2, 3 e art. 5, comma 6, e D.Lgs. n. 25 del 2008, artt. 3,8 e 32, D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, per non avere valutato la credibilità del ricorrente sulla base dei parametri di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5, il cui diniego era stato corredato da una motivazione solo apparente o inesistente. Si lamenta che il Tribunale non ha proceduto all’esame del ricorrente e non ha fatto corretta applicazione dei criteri legali volti a stabilire, in sede di giudizio, la credibilità.

2.2. Con il secondo motivo lamenta la violazione e falsa applicazione, ex art. 360 c.p.c., n. 3, D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 2, 3, 5, 6 e 14 e, in particolare del D.Lgs. n. 25 del 2008, artt. 8 e 25 e degli artt. 2,3,4,5 e 9 Convenzione EDU. La censura attiene all’omessa valutazione dei presupposti, affermati come esistenti, per il riconoscimento della protezione sussidiaria, derivante dalla violenza indiscriminata in situazione di conflitto armato ed internazionale.

2.3. Con il terzo motivo (rubricato nel ricorso al numero 4) deduce la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 2, 3 e 5, D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6 e art. 19, comma 1 e del D.P.R. n. 394 del 1999, art. 28, comma 11, nonché l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti ex art. 360 c.p.c., n. 5. La doglianza attiene ai presupposti per il riconoscimento della protezione umanitaria, alla luce della particolare situazione del ricorrente ed al livello di integrazione da questi raggiunto in Italia.

3. Il Ministero dell’Interno, non essendosi costituito nei termini con controricorso, ha depositato nota al fine della partecipazione all’eventuale udienza di discussione della causa ex art. 370 c.p.c., comma 1.

4. Tanto premesso, ritiene il Collegio che il ricorso sia inammissibile.

4.1. Il primo motivo nella parte in cui si censura il giudizio espresso in ordine

alla credibilità del ricorrente è inammissibile, poiché del tutto aspecifico e generico.

Il Tribunale, infatti, è pervenuto all’esclusione della speciale forma di protezione richiesta non sulla scorta di una ritenuta non veridicità del racconto, bensì in ragione dell’assenza dei presupposti di fatto da cui può originare il diritto soggettivo fatto al riguardo valere, dovendosi l’allontanamento dal Paese di origine a cagione della commissione, da parte del ricorrente, di un delitto comune e in assenza del pericolo concreto del richiedente di essere sottoposto, per tale ragione, a trattamenti inumani o degradanti.

In tema di protezione internazionale, invero, ai fini dell’affermazione della sussistenza della causa ostativa, del D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 10, comma 2, lett. b) e art. 16, comma 1, lett. b), alla protezione sussidiaria (o umanitaria) rappresentata dalla commissione da parte del richiedente di un delitto comune, il giudice del merito deve fra l’altro tenere conto anche del tipo di trattamento sanzionatorio previsto nel Paese di origine per il reato commesso dal richiedente – anche previo utilizzo dei poteri di accertamento ufficiosi di cui al D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, – in quanto il rischio di sottoposizione alla pena di morte nel Paese di provenienza o anche il rischio di subire torture o trattamenti inumani o degradanti nelle carceri del proprio Paese può avere rilevanza per l’eventuale riconoscimento sia della protezione sussidiaria, in base al combinato disposto del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 2, lett. g), con l’art. 14, lett. a) e b) dello stesso D.Lgs., sia, in subordine, della protezione umanitaria, in base all’art. 3 CEDU e al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6 (Cass. 1033/2020). Nella specie, il provvedimento impugnato si è fatto motivatamente carico di escludere tali pericula, svolgendo accertamenti specifici circa le sanzioni applicabili nel Paese di origine ai vari delitti che l’istante dice di avere commesso, nonché evidenziando anche l’esistenza di benefici penitenziari, di pene congrue e della previsione di procedimenti che tengano anche conto dell’età dell’imputato ed, altresì, che non risulti sia applicata la pena di morte, o la tortura, o trattamenti inumani o degradanti.

4.2. Il secondo motivo di ricorso è parimenti inammissibile. Quanto all’art. 14, lett. c), il decreto impugnato si è fatto carico di indicare le fonti internazionali consultate (pag. 13), a fronte delle quali le censure del ricorrente, volte anche a lamentare una mancata integrazione documentali delle fonti, risultano del tutto generiche. Peraltro, va ribadito il principio a mente del quale, chi intenda denunciare la violazione da parte del giudice di merito del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, per avere rigettato la domanda senza indicare le fonti di informazione da cui ha tratto le conclusioni, ha – per vero – l’onere di allegare che esistono COI (Country of Origin Informations) aggiornate e attendibili dimostrative dell’esistenza, nella regione di provenienza, di una situazione di violenza indiscriminata derivante da conflitto armato, di indicarne gli estremi e di riassumerne (o trascriverne) il contenuto, al fine di evidenziare che, se il giudice ne avesse tenuto conto, l’esito della lite sarebbe stato diverso, non potendo altrimenti la Corte apprezzare l’astratta rilevanza del vizio dedotto e, conseguentemente, valutare l’interesse all’impugnazione ex art. 100 c.p.c. (Cass., 09/10/2020, n. 21932; Cass., 20/10/2020, n. 22769). Nulla di tutto questo è stato fatto dal ricorrente, le cui allegazioni – sul punto – si appalesano del tutto generiche ed astratte, a fronte, invece, della consultazione ed indicazione di precise fonti informative.

4.3. Il terzo motivo è inammissibile. Il Tribunale ha accertato che mancavano agli atti sufficienti allegazioni e verosimili ricostruzioni dei fatti sulla particolare vulnerabilità del ricorrente. Ne’ a tale fine risulta decisivo il generico richiama, privo di specifiche allegazioni, alle condizioni di salute del ricorrente. Infine, il tema della pandemia, che non consentirebbe all’istante di ottenere la carta sanitaria per curarsi adeguatamente in Italia in caso di covid risulta del tutto estraneo alla materia della protezione internazionale, volta ad attribuire agli extracomunitari o agli apolidi la “qualifica di beneficiario di protezione internazionale” (D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 1), attraverso le tre forme di protezione (status, protezione sussidiaria ed umanitaria).

5. In conclusione, va dichiarato inammissibile il ricorso. Nulla per le spese stante la mancata costituzione del Ministero intimato.

6. Per quanto dovuto a titolo di doppio contributo, si ritiene di aderire all’orientamento espresso da questa Corte con la sentenza n. 9660/2019.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Nulla per le spese. Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il 21 ottobre 2021.

Depositato in Cancelleria il 7 marzo 2022

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