Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7371 del 26/03/2010

Cassazione civile sez. lav., 26/03/2010, (ud. 27/01/2010, dep. 26/03/2010), n.7371

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. RAVAGNANI Erminio – Presidente –

Dott. DE RENZIS Alessandro – Consigliere –

Dott. DI NUBILA Vincenzo – Consigliere –

Dott. STILE Paolo – rel. Consigliere –

Dott. CURZIO Pietro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

B.M., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CARLO

POMA 2, presso lo studio dell’avvocato MONETA FABIO, rappresentato e

difeso dall’avvocato LIMA MICHELE, giusta delega a margine del

ricorso;

– ricorrente –

contro

I.N.A.I.L. – ISTITUTO NAZIONALE PER L’ASSICURAZIONE CONTRO GLI

INFORTUNI SUL LAVORO, in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA IV NOVEMBRE N. 144,

presso lo studio degli avvocati LA PECCERELLA LUIGI, RASPANTI RITA, e

EMILIA FAVATA, che lo rappresentano e difendono giusta procura

speciale atto Notar CARLO FEDERICO TUCCARI di ROMA del 03/04/2007

rep. n. 73197;

– controricorrente –

e contro

POSTE ITALIANE S.P.A.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 2637/2006 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 27/06/2006 R.G.N. 2055/03;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

27/01/2010 dal Consigliere Dott. PAOLO STILE;

udito l’Avvocato FAVATA EMILIA;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

VELARDI Maurizio, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con ricorso depositato li 24 settembre 2003 la S.p.A. Poste italiane proponeva appello avverso la sentenza con la quale il Tribunale di Avellino, in funzione di e Giudice del lavoro, aveva accolto la domanda proposta da B.M. con ricorso depositato l’8 giugno 1998 e, dichiarata la dipendenza da causa di servizio della patologia denunziata, aveva condannato essa appellante al pagamento dell’equo indennizzo, dichiarando il difetto di legittimazione passiva dell’INAIL. Deduceva che con L. n. 419 del 1997, si era previsto che i dipendenti dell’allora Ente Poste fossero assicurati preso l’INAIL con decorrenza dall’1 gennaio 1999 e che la gestione delle rendite relative ad infortuni occorsi anteriormente a detta data era stata ugualmente trasferita al detto Istituto.

Essa appellante, dunque, era carente di legittimazione passiva D.P.R. n. 1124 del 1965, ex artt. 10 e 11, nè poteva ritenersi obbligata alla erogazione dell’equo indennizzo, atteso che l’art. 25 del c.c.n.l. stabiliva soltanto la definizione delle istanze presentate prima della sottoscrizione del contratto medesimo; poichè tale situazione non ricorreva nel caso in questione, in cui la domanda era stata proposta nel dicembre 1995, essa società non poteva ritenersi tenuta alla erogazione della prestazione.

Nel merito sottolineava che la L. n. 427 del 1987, prescriveva, per la concessione dell’equo indennizzo, l’acquisizione del parere obbligatorio del Comitato per le Pensioni Privilegiate Ordinarie che, nel caso di specie, non era stato formulato. La domanda dell’appellato doveva, perciò, ritenersi improcedibile o doveva essere rigettata, mancando il nesso causale tra la malattia e l’attività lavorativa espletata.

Concludeva, pertanto, chiedendo la riforma della sentenza impugnata.

Ricostituitosi il contraddittorio, il B. evidenziava come l’INAIL potesse considerarsi legittimato soltanto con riferimento alle fattispecie verificatesi dopo il I gennaio 1999, come, peraltro, risultava evidente dalla mancata partecipazione dell’Istituto alla fase amministrativa.

Nel merito ed in relazione alla mancata acquisizione del parere del Comitato per le pensioni privilegiate, osservava che, a seguito della privatizzazione del rapporto di lavoro dei dipendenti delle Poste Italiane, non potevano più configurarsi posizioni di soggezione a poteri pubblici del datore di lavoro. La sussistenza, poi, delle condizioni che legittimavano l’attribuzione dell’equo indennizzo era stata accertata da una consulenza immune da censure.

Concludeva, pertanto, per il rigetto dell’appello.

Si costituiva, altresì, l’INAIL, sostenendo con articolate argomentazioni, la propria carenza di legittimazione passiva, posto che l’infortunio si era verificato anteriormente al gennaio 1999 ed anche la domanda amministrativa risaliva ad epoca precedente la detta data. Concludeva, quindi, perchè fosse confermata la insussistenza della propria legittimazione passiva.

Con sentenza del 19 aprile-27 giugno 2006, l’adita Corte di Appello di Napoli accoglieva il gravame, rigettando la domanda proposta dal B. con il ricorso introduttivo.

A sostegno della decisione osservava che, ai sensi della L. n. 71 del 1994, art. 6, ai dipendenti dell’ente continuavano ad applicarsi i trattamenti vigenti alla data di entrata in vigore del D.L. n. 487 del 1993 – e quindi anche quello di natura pubblicistica concernente il diritto all’equo indennizzo – sino alla stipulazione del nuovo contratto collettivo intervenuta in data 26 novembre 1994. Nella specie, essendo stata la domanda amministrativa proposta, successivamente, nel gennaio 1995, la società non poteva ritenersi tenuta alla erogazione della prestazione.

Per la cassazione di tale pronuncia ricorre B.M. con un unico motivo.

Resiste l’INAIL con controricorso, mentre la Poste Italiane S.p.A. non si è costituita.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con l’unico motivo di ricorso il B., denunciando violazione e falsa applicazione di norme di diritto e dei contratti e accordi collettivi nazionali di lavoro, con riguardo all’applicazione della L. 27 dicembre 1997, n. 449 art. 53, commi 6, 7 ed 8, (Misure per la stabilizzazione della finanza pubblica) in relazione all’art. 25, comma 1, del CCNL dei dipendenti delle Poste Italiane S.p.A. del 26.11.1994, lamenta che la Corte territoriale, erroneamente interpretando la normativa di riferimento, abbia ritenuto che la disciplina dell’equo indennizzo non fosse più applicabile agli impiegati delle Poste Italiane S.p.A. alla data del 4 gennaio 1995 (data dell’infortunio), in conseguenza dell’entrata in vigore del CCNL del 26 novembre 1994 e secondo la previsione della L. n. 71 del 1994, art. 6.

Il motivo è infondato.

Giova preliminarmente puntualizzare che oggetto della controversia è l’accertamento del diritto del B., dipendente delle “Poste” a percepire l’equo indennizzo in relazione alla patologia “cardiopatia ischemica; esiti di pregresso infarto miocardio in territorio inferiore” ritenuta dipendente da causa di servizio.

Orbene, la causa di servizio è istituto tipico del pubblico impiego previsto in via generale per i pubblici dipendenti dal D.P.R. n. 3 del 1957, art. 68, ed esteso ai dipendenti postali dal generale richiamo di cui al D.P.R. n. 1417 del 1967, art. 146.

Proprio per la sua peculiare natura, l’istituto non può, dunque, essere esteso puramente e semplicemente ai rapporti di lavoro privatizzati occorrendo una esplicita previsione di legge o del contratto collettivo.

In particolare, la L. n. 71 del 1994, art. 6, stabilisce che ai dipendenti dell’ente continuano ad applicarsi i trattamenti vigenti alla data di entrata in vigore del D.L. n. 487 del 1993, fino alla stipulazione di un nuovo contratto.

Pertanto, il termine ultimo di ultrattività della disciplina pubblicistica è costituito dalla stipula del contratto collettivo, intervenuta – come è noto – in data 26 novembre 1994.

Per potersi, dunque, ipotizzare che anche per epoca successiva al novembre 1994 i dipendenti dell’allora Ente Poste avessero conservato il diritto a percepire un emolumento che, come già detto, è tipico soltanto del rapporto di pubblico impiego, dovrebbe potersi individuare nel contratto collettivo una volontà della parti sociali espressamente orientata in tal senso.

Per contro, l’art. 25 del contratto collettivo del novembre 1994 prescrive soltanto che l’Ente provvederà a definire tutte le procedure relative alle istanze presentate prima della stipulazione del contratto medesimo; ciò significa – come correttamente ritenuto dal Giudice a quo – che il sistema di indennizzo previsto per i pubblici dipendenti non viene esteso al rapporto privatizzato limitandosi le parti a disciplinare gli effetti della proposizione di una domanda amministrativa in epoca in cui ancora era applicabile il regime pubblicistico, con esclusione, quindi, degli effetti delle domanda proposte – come nella specie – in epoca successiva (28 gennaio 1995), Sostiene, tuttavia, la difesa del ricorrente che l’interpretazione adottata dal Giudice di appello, priverebbe i dipendenti postali della tutela previdenziale fino al gennaio 1999, fino alla data, cioè, in cui, per effetto del disposto della L. n. 449 del 1997, art. 53, comma 7, i dipendenti delle Poste Italiane sono stati assicurati presso l’INAIL. La tesi – come esattamente osservato nella impugnata sentenza – non può essere condivisa sotto un duplice profilo.

Pure per epoca precedente alla privatizzazione, infatti (cfr. tra le altre Cass. 4198/2002), a norma del D.P.R. n. 1124 del 1965, art. 190, le disposizioni di cui al titolo I dello stesso decreto – quelle, cioè, concernenti gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali -, si applicavano anche ai dipendenti dello Stato e delle Aziende autonome di Stato, nonostante i dipendenti, ex art. 127 n. 1, non fossero assicurati presso l’INAIL. Pertanto, anche ai dipendenti postali era assicurata la tutela contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, sebbene con rendite a carico dello stesso datore di lavoro e non dell’ente assicuratore.

E’ appena, poi, il caso di precisare – atteso che nel giudizio per cui è causa è stato chiamato anche l’INAiL -, che, nella interpretazione ormai costante di questa Corte (ex plurimis, Cass. 29 agosto 2003 n. 12689), la norma dell’art. 53 cit. radica la legittimazione passiva in capo all’INAIL per tutte le controversie nelle quali l’evento dannoso, ancorchè verificatosi prima del gennaio 1999, non sia stato ancora definito dalla S.p.A. senza che possa operarsi alcuna distinzione tra ratei maturati precedentemente e successivamente alla predetta data.

Dunque, deve escludersi che, per epoca precedente al gennaio 1999, i dipendenti delle Poste Italiane fossero privi di copertura previdenziale e che, pertanto, l’istituto della causa di servizio potesse valere ad integrare la tutela antinfortunistica.

Sotto altro profilo, va rammentato che questa Corte ha costantemente ribadito che l’equo indennizzo e la rendita per malattia professionale sono istituti giuridici autonomi retti da regolamentazioni processuali e sostanziali distinte (Cass., 26 agosto 2005, n. 17353; 19 agosto 2005, n. 17053; 25 febbraio 2005, n. 4005;

20 agosto 2004, n. 16392).

Più in particolare, è stato precisato che la concessione dell’equo indennizzo, a differenza della rendita da malattia professionale, non è preordinata alla protezione dell’integrità fisica bensì alla tutela della peculiare condizione fisica venuta a determinarsi nel contesto del rapporto di lavoro, sicchè il beneficio, inserendosi nell’ambito del rapporto sinallagmatico tra prestazioni e controprestazioni, ha natura retributiva (in tal senso, Cass., Sez. Un., 17 giugno 2004, n. 11353; 7 marzo 2003, n. 3438).

Il ricorrente, tuttavia, lamenta, ulteriormente, che la Corte napoletana non avrebbe valutato il disposto di cui alla L. cit., art. 53, comma 8, che, facendo “salvi i diritti, gli effetti di leggi speciali e quelli rinvenienti dall’originaria natura pubblica dell’ente di appartenenza ” sino al 31.12.1998, renderebbe evidente che, anche dopo la privatizzazione del rapporto di lavoro e sino a tale data, per i dipendenti dell’ente pubblico Poste italiane continuavano a trovare applicazione le disposizioni sul riconoscimento della causa di servizio e sul conseguente beneficio dell’equo indennizzo, rinveniente nella originaria natura pubblica del rapporto di lavoro.

L’argomento non è condivisibile.

Già il quesito formulato, in proposito, dal ricorrente ne dimostra l’infondatezza perchè appare generico, non enunciando il principio che dovrebbe farlo accogliere e cioè il nesso tra sopravvivenza degli istituti degli enti pubblici in genere e quella dell’equo indennizzo; ed è impreciso perchè solo nella motivazione del ricorso si fa riferimento ad una data di scadenza di detta applicabilità riferendola al passaggio dell’assicurazione e malattia dal datore di lavoro all’INAIL, mentre l’equo indennizzo – come appena rilevato – è un istituto del tutto distinto dalle malattie professionali ed infortuni.

Va soggiunto che, anche prescindendo da tali considerazione, il richiamato art. 53 cit., comma 8,lascia intendere, con la sua formulazione, che la salvezza dei diritti collegati alla natura pubblicistica del rapporto sia operante solo in quanto siano già acquisiti e, comunque, non definitivamente estinti, come nel caso in esame.

Per quanto precede il ricorso va rigettato.

Le spese di questo giudizio vanno compensate, poichè l’INAIL, unica intimata costituita, ha svolto la sua difesa, nonostante precedente declaratoria di difetto di legittimazione, passata in giudicato.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e compensa le spese.

Così deciso in Roma, il 27 gennaio 2010.

Depositato in Cancelleria il 26 marzo 2010

 

 

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