Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7371 del 07/03/2022

Cassazione civile sez. I, 07/03/2022, (ud. 21/10/2021, dep. 07/03/2022), n.7371

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VALITUTTI Antonio – Presidente –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

Dott. ARIOLLI Giovanni – Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –

Dott. REGGIANI Eleonora – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 31121/2020 promosso da:

R.A., elettivamente domiciliato in Roma, via della Giuliana 91,

presso lo studio dell’avv. Anna Pensiero, rappresentato e difeso

dall’avv. Edoardo Cavicchi, in virtù di procura speciale allegata

al ricorso per cassazione;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro pro tempore;

– resistente –

avverso la sentenza n. 1055/2020 della Corte d’appello di Bologna,

depositata il 21/04/2020;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

21/10/2021 dal Consigliere Dott. ELEONORA REGGIANI;

letti gli atti del procedimento in epigrafe.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza n. 1055/2020, depositata il 21/04/2020, la Corte d’appello di Bologna ha dichiarato inammissibile l’appello proposto dal richiedente asilo, contro la decisione del giudice di primo grado che aveva respinto la domanda di protezione internazionale e umanitaria.

Avverso la sentenza ha proposto ricorso per cassazione R.A., affidato ad un unico motivo di ricorso.

Il Ministero dell’interno, che non si è difeso con controricorso, ha depositato atto di costituzione al solo fine dell’eventuale partecipazione all’udienza pubblica di discussione.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo e unico motivo di ricorso è dedotta la violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), in relazione agli artt. 342,348 bis e ter c.p.c., artt. 353 e 354 c.p.c., violazione dell’art. 111 Cost., comma 6, e dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4), (motivazione apparente), per avere il giudice del gravame ritenuto erroneamente inammissibile l’impugnazione.

Nell’illustrare il motivo di ricorso per cassazione, parte ricorrente ha riportato per intero i motivi di appello, affermando poi, per tutti, di ritenere “evidente che l’atto di appello si sia confrontato con tutti i motivi e le censure che hanno determinato il Tribunale di Bologna a respingere il ricorso dello straniero”. Ha quindi richiamato una pronuncia di questa Corte (Cass., Sez. 6-3, n. 13535 del 30/05/2018), affermando che in essa è stabilito che ai fini dell’ammissibilità dell’appello: a) non si deve esigere dall’appellante alcun progetto alternativo di sentenza; b) non si deve esigere dall’appellante alcun vacuo formalismo fine a sé stesso; c) non si deve esigere dall’appellante alcuna trascrizione integrale o parziale della sentenza appellata o di parti di essa. Ha infine ricordato il principio di conservazione, per cui, tra più ragioni di rigetto della domanda, per motivi di rito o di merito, il giudice dovrebbe scegliere la seconda.

La stessa parte ha poi aggiunto che, con riferimento al diniego della protezione umanitaria, il giudice di appello, come il giudice di primo grado, non ha operato la necessaria comparazione tra le condizioni raggiunte dallo straniero nel Paese ospitante e quelle del Paese di origine, ribadendo che la motivazione in argomento del primo giudice costituiva una motivazione apparente, non essendosi confrontata con quanto emerso dall’istruttoria.

2. Si deve subito rilevare che è inammissibile l’appena menzionata critica di apparenza di motivazione sul diniego della protezione umanitaria, che riguarda la decisione di primo grado e non quella di appello, la cui ratio decidendi, incentrata sulla valutazione di inammissibilità dell’impugnazione, non è intaccata dalla censura formulata.

Per lo stesso motivo, è inammissibile la critica riferita al dedotto mancato confronto tra il grado di integrazione ottenuto dal cittadino straniero in Italia e la condizione che lo stesso troverebbe nel Paese di origine, ove vi facesse ritorno, tenuto conto che la pronuncia di appello è una statuizione di inammissibilità estranea a tali valutazioni.

3. Il motivo di ricorso vero e proprio, riferito alla pronuncia di inammissibilità del giudice di appello, è a sua volta inammissibile.

Com’e’ noto, l’esercizio del potere di diretto esame degli atti del giudizio di merito, riconosciuto al giudice di legittimità ove sia denunciato un error in procedendo, presuppone comunque l’ammissibilità del motivo di censura, onde il ricorrente non è dispensato dall’onere di specificare il contenuto della critica mossa alla sentenza impugnata, indicando anche puntualmente i fatti processuali alla base dell’errore denunciato, dovendo tale specificazione essere contenuta, a pena d’inammissibilità, nello stesso ricorso per cassazione, per il principio di autosufficienza di esso. Pertanto, ove il ricorrente censuri la statuizione di inammissibilità per difetto di specificità di un motivo di appello, ha l’onere di precisare, nel ricorso, le ragioni per cui ritiene erronea tale statuizione e sufficientemente specifico, invece, il motivo di gravame sottoposto al giudice d’appello, riportandone il contenuto nella misura necessaria ad evidenziarne la pretesa specificità (Cass., Sez. 1, n. 24048 del 06/09/2021; Cass., Sez. 5, n. 22880 del 29/09/2017).

Nel caso di specie, invece, il ricorso si risolve nella trascrizione di parti dell’atto di appello, con la rimessione al giudice di legittimità di verificarne la specificità, senza alcuna specifica contestazione al decisum della statuizione impugnata, che avrebbe dovuto essere effettuata mediante l’evidenziazione delle ragioni per le quali ciascuno dei motivi formulati in sede di gravame avrebbero dovuto, contrariamente a quanto ritenuto dalla Corte di merito, ritenersi specifici.

4. In conclusione, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.

5. Nessuna statuizione sulle spese deve essere adottata, non essendosi l’intimato difeso con controricorso.

6. In applicazione del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si deve dare atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per l’impugnazione proposta, se dovuto.

L’attualità o meno dell’ammissione al patrocinio a spese dello Stato non rileva direttamente ai fini della pronuncia sui presupposti per il c.d. raddoppio del contributo unificato, atteso che tale pronuncia lascia impregiudicata la questione della debenza originaria del contributo in esame, con la conseguenza che il suo raddoppio non sarà consentito qualora venga accertato, nelle sedi competenti, che fin dall’inizio ne era escluso anche il pagamento (v. da ultimo Cass., Sez. 3, n. 11116 del 10/06/2020).

P.Q.M.

La Corte

dichiara inammissibile il ricorso;

dà atto, in applicazione del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per l’impugnazione proposta, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima Civile della Corte Suprema di Cassazione, mediante collegamento “da remoto”, il 21 ottobre 2021.

Depositato in Cancelleria il 7 marzo 2022

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