Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 737 del 19/01/2010

Cassazione civile sez. trib., 19/01/2010, (ud. 10/12/2009, dep. 19/01/2010), n.737

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ALTIERI Enrico – Presidente –

Dott. MAGNO Giuseppe Vito Antonio – Consigliere –

Dott. MERONE Antonio – Consigliere –

Dott. SOTGIU Simonetta – Consigliere –

Dott. DIDOMENICO Vincenzo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

MINISTERO DELL’ECONOMIA E FINANZE, elettivamente domiciliato in ROMA

VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che

lo rappresenta e difende ope legis;

– ricorrente –

contro

PAGNANELLI LEGNAMI DI PAGNANELLI FLORIANA & C. SAS,

elettivamente

domiciliata in ROMA VIA DELLE BELLE ARTI 7, presso lo studio

dell’avvocato FERRANTI ALESSANDRA studio legale AMBROSIO,

rappresentato e difeso dall’avvocato FERRI GIACOMO MARIA, giusta

delega a margine;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 10/2000 della COMM. TRIB. REG. di ANCONA,

depositata il 22/03/2000;

udita la relazione della causa svolta nella Udienza pubblica del

10/12/2009 dal Consigliere Dott. DIDOMENICO Vincenzo;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. DE

NUNZIO Wladimiro, che ha concluso per l’accoglimento e manifesta

infondatezza e eccezione incostituzionalita’.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Il Ministero dell’Economia e delle Finanze in persona del Ministro ha proposto ricorso per Cassazione avverso la sentenza della Commissione Regionale delle Marche dep. il 22/03/2000, confermativa,salvo che per le spese, della sentenza della Commissione Tributaria Provinciale di Macerata che aveva accolto il ricorso della “Paganelli Legnami di Paganelli Floriana” sas avverso il provvedimento di inammissibilita’ dell’istanza di condono emesso dall’Ufficio IVA di Macerata sull’assunto che il valore della lite era superiore a L. 20.000.000 come previsto dal D.L. n. 564 del 1994, art. 2 quinques convertito in L. n. 656 del 1994.

Si dolgono i ricorrenti di violazione di legge, art. 2 quinquies comma 1, comma 4 lett. (B e (C del superiore D.L. n. 564 del 1994.

La contribuente ha resistito con controricorso. La causa veniva rimessa alla decisione in pubblica udienza.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

E’ di preliminare esame il rilievo di cui al controricorso di inammissibilita’ del ricorso per violazione della L. n. 183 del 2009 sugli atti teletrasmessi per essere la ricezione dell’atto da parte dell’ufficio dell’Avvocatura Distrettuale sottoscritto in maniera illeggibile e “per l’avvocato dello Stato” e, pertanto, presumibilmente non da un avvocato e cioe’ da persona non legittimata a ricevere l’atto.

Il motivo e’ infondato.

Questa Corte, premessa l’applicabilita’ delle disposizioni di cui anche agli atti giudiziari (Cass. n. 18025/2006) ha anche ritenuto (Cass. n. 21473/2007, n. 21663/2006) l’irrilevanza della illeggibilita’ della sottoscrizione, salvo che sia contestata specificatamente, e non in termini di dubbio, l’appartenenza del soggetto in questione all’Amministrazione ricevente l’atto.

Orbene l’avere la resistente posto la questione nei superiori termini e cioe’ che l’avere il sottoscrittore firmato “per” farebbe presumere che l’atto sia stato firmato non da un avvocato (essendo tutti gli avvocati dell’ufficio avvocati dello Stato) non introduce una prova certa ma un mero indizio di non attribuibilita’ della sottoscrizione ad un avvocato dello Stato, onde non si va oltre del porre in dubbio la provenienza della sottoscrizione da appartenente all’ufficio, che non e’ idonea ad integrare la contestazione esplicita richiesta dalla superiore giurisprudenza.

Passando ora all’esame del motivo del ricorso, lo stesso e’ fondato.

La questione di diritto e’ stata affrontata e decisa in caso analogo da Cass. n. 18790/2006, dal cui insegnamento questa Corte non ritiene di discostarsi,non essendo state addotte valide ragioni.

Invero, il D.L. n. 564 del 1994, art. 1 (come modificato dal D.L. n. 250 del 1995, art. 1, convertito in L. n. 349 del 1995) dispone: “Le liti fiscali, pendenti alla data del 31 dicembre 1994 dinanzi alle commissioni tributarie in ogni grado del giudizio e quelle che possono insorgere per atti notificati entro la medesima data, ivi compresi i processi verbali di constatazione per i quali non sia stato ancora notificato atto di imposizione, possono essere definite, a domanda del ricorrente:

a) con il pagamento della somma di L. 150 mila, se la lite e’ di importo fino a L. 2 milioni;

b) con il pagamento di una somma pari al dieci per cento del valore della lite, se questo e’ di importo superiore a L. 2 milioni e fino a L. 20 milioni”. Il successivo comma 4 prevedeva poi che “ai fini del presente articolo:… b) per valore della lite si intende l’importo dell’imposta accertata al netto degli interessi e delle eventuali sanzioni irrogate con lo stesso atto impugnato; in caso di liti relative esclusivamente alla irrogazione di sanzioni, il valore e’ costituito dalla somma di queste;… c) in mancanza di avviso di accertamento e quando i processi verbali prevedono una sanzione da un minimo ad un massimo, l’importo della sanzione necessario per il calcolo del valore della lite e’ il minimo previsto”. Dal chiaro dettato normativo, si desume (per quanto qui rileva):

a) che la normativa di definizione agevolata in esame si applica alle controversie “pendenti” alla data del 31.12.1994 ed a quelle, “potenziali”, ricollegabili ad atti impostivi o anche a semplici processi verbali di constatazione, per i quali non siano ancora stati emessi atti d’imposizione, notificati entro la medesima data;

b) che la data del 31.12.1994 e’, dunque, assunta dalla norma come limite ultimo di riferimento temporale per l’applicabilita’ della prevista definizione agevolata, nel senso che questa e’ operante nei soli confronti delle liti gia’ insorte a detta data e di quelle suscettibili d’insorgenza in relazione ad atti impositivi o a p.v. di constatazione notificati entro detta data;

c) che non sono suscettibili di definizione agevolata le liti “pendenti” o “potenziali” di valore superiore a L. 20.000.000;

d) che, con riguardo alle liti “potenziali” ricollegabili a processi verbali di constatazione che prevedano sanzioni, per i quali non siano ancora stati emessi atti d’imposizione, il valore della lite, al fine dell’accertamento della ricorrenza delle condizioni per l’applicazione del beneficio, va valutato con riferimento al minimo della sanzione ivi prevista. Tanto premesso, deve rilevarsi che, dalla sentenza impugnata, risulta che, nella fattispecie, alla data del 31.12.1994, costituente il limite temporale di godimento del beneficio ed unico riferimento temporale utile per valutare la sussistenza dei presupposti di applicazione dell’agevolazione, era configurabile “lite potenziale” solo con riferimento al p.v. di constatazione e, poiche’ questo, per le sanzioni irrogate, prevedeva una pena pecuniaria minima di L. 450.450.000 (superiore al limite massimo di L. 20.000.000 sancito dal D.L. n. 564 del 1994, art. 1, ai fini della condonabilita’), se ne deve necessariamente inferire che la vertenza non era suscettibile di definizione agevolata. In quanto successiva al termine di riferimento temporale per l’applicazione del beneficio, nessun rilievo puo’, infatti, attribuirsi – vertendosi, tra l’altro, in materia regolata da norme di stretta interpretazione – alla circostanza che, il 5.06.1995, l’Ufficio, in relazione alle medesime violazioni, notifico’ avviso di irrogazione di sanzioni quantifico’ le sanzioni in un importo inferiore(L. 10.426.000) e, in astratto, rientrante nei limiti di valore idonei a determinare l’applicazione del condono come da normativa sopraindicata.

Avendo ritenuto la controversia definita in via agevolata ai sensi del D.L. n. 564 del 1994, art. 2 quinquies, convertito in L. n. 656 del 1994, in considerazione del valore dell’avviso di irrogazione sanzioni notificato il 5.06.1995 la commissione regionale non si e’ attenuta ai sopra evidenziati criteri ed e’ incorsa nella denunciata violazione.

S’impone, pertanto, l’accoglimento del ricorso. La sentenza impugnata va, dunque, cassata e, non risultando necessari ulteriori accertamenti di fatto, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 1, ultima parte, la causa va decisa nel merito, con il rigetto del ricorso introduttivo. Attesa la natura della controversia e l’alternante andamento della lite, si ravvisano le condizioni per disporre la compensazione delle spese dell’intero giudizio.

P.Q.M.

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE Accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso originario della societa’ contribuente;

compensa le spese dell’intero giudizio.

Cosi’ deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Tributaria, il 10 dicembre 2009.

Depositato in Cancelleria il 19 gennaio 2010

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