Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7368 del 26/03/2010

Cassazione civile sez. lav., 26/03/2010, (ud. 27/01/2010, dep. 26/03/2010), n.7368

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. RAVAGNANI Erminio – Presidente –

Dott. DE RENZIS Alessandro – rel. Consigliere –

Dott. DI NUBILA Vincenzo – Consigliere –

Dott. STILE Paolo – Consigliere –

Dott. CURZIO Pietro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

POSTE ITALIANE S.p.A., in persona dell’Avv. S.A.,

responsabile della Direzione Affari Legali, giusta procura per atto

notaio Ambrosone di Roma rep. n. 36583 del 15.06.2005, elettivamente

domiciliata in Roma, Via Po n. 25/b presso lo studio dell’Avv. PESSI

Roberto, che la rappresenta e difende, congiuntamente e

disgiuntamente, con l’Avv. Salvatore Trifirò per procura a margine

del ricorso;

– ricorrente –

contro

N.C.O.;

– intimato –

per la cassazione della sentenza n. 230/05 della Corte di Appello di

Milano del 2.03.2005/13.04.2005 (R.G. n. 270 dell’anno 2004).

Udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

27.01.2010 dal Cons. Dott. Alessandro De Renzis;

udito l’Avv. G. Gentile, per delega dell’Avv. Roberto Pessi, per la

ricorrente;

sentito il P.M., in persona del Sost. Proc. Gen. Dott. VELARDI

Maurizio, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Il Tribunale di Monza con sentenza n. 45 del 2003 accoglieva la domanda di N.C.O. di accertamento dell’illegittimità del licenziamento intimatogli dalle Poste Italiane con lettera del (OMISSIS) e motivato sul superamento del periodo di comporto, contrattualmente previsto per il quadriennio, con il limite di 24 mesi di malattia.

Contro tale sentenza le Poste Italiane proponevano appello lamentando che il primo giudizio avesse ritenuto che l’istanza di aspettativa del 5.04.2 001 del lavoratore fosse di “tenore inequivocabile”, riconducendola sotto l’art. 40 CCNL. Le Poste sostenevano che, alla data dell’anzidetta istanza, il lavoratore non aveva ancora diritto all’aspettativa, non avendo superato il periodo di comporto e comunque non avendo inviato la necessaria documentazione, nè avendo precisato i termini della stessa istanza (art. 34 o art. 40 CCNL), a seguito della richiesta di specificazione della società.

All’esito la Corte di Appello di Milano con sentenza n. 230 del 2005 ha confermato la decisione di primo grado, ritenendo che il lavoratore con l’istanza di aspettativa si fosse riferito in modo non equivoco all’aspettativa per malattia, di cui all’art. 40 CCNL e non all’art. 34 CCNL. Le Poste Italiane ricorrono con due motivi.

Il N.C. non si è costituito.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo del ricorso la società lamenta violazione e falsa applicazione degli artt. 1362, 1363, 1366, 1371 cod. civ., degli artt 115 e 116 c.p.c., in relazione all’interpretazione dell’art. 40 CCNL, nonchè vizio di motivazione circa un punto decisivo della controversia (art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5).

Le Poste Italiane contestano la sentenza impugnata per non avere colto gli elementi rivelatori della volontà del richiedente idonei a supportare la richiesta di aspettativa ex art. 34 CCNL, cui corrispondeva la richiesta di specificazione contenuta nella missiva della società del 17.04.2001 indirizzata al ricorrente, e per avere errato nell’affermare che la richiesta del lavoratore doveva essere ricondotta sotto la disciplina dettata dall’art. 40 CCNL. Le Poste precisano che questa disposizione contrattuale nel suo tenore letterale riconosce il diritto all’aspettativa non retribuita esclusivamente dopo il superamento del periodo di comporto.

Con il secondo motivo la ricorrente, nel dedurre violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., nonchè vizio di motivazione circa un punto decisivo della controversia (art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5), sostiene che l’impugnata sentenza è errata anche nella parte in cui ha affermato che la società, rifiutando l’aspettativa ex art. 34 CCNL, non si sarebbe curata di chiarire dubbi o equivoci e di consentire al lavoratore in difficoltà l’esatto computo del periodo di comporto. I motivi sono privi di pregio e vanno disattesi. Va premesso che l’interpretazione delle norme dei contratti collettivi è di competenza del giudice di merito e che tale interpretazione può essere censurata esclusivamente sotto il profilo della violazione dei canoni legali di interpretazione e del vizio di motivazione.

Ciò posto, va osservato anzitutto che non è sufficiente un mero richiamo alle norme di legge che si assumono violate, essendo indispensabile che il ricorrente specifichi come, dove e quando tali norme siano stata violate dal giudice.

Va inoltre rilevato che la sentenza impugnata è sorretta da adeguata e coerente motivazione, mentre al contrario il ricorso non rispetta il principio di autosufficienza, non avendo riportato per intero il contenuto della lettera del lavoratore, con cui lo stesso, comunicando il proprio stato di malattia, chiedeva di essere posto in aspettativa e di conoscere i periodi di assenza per malattia nel quadriennio precedente.

Tale richiesta è infatti indicativa della volontà del lavoratore di usufruire dell’aspettativa per motivo di salute, domanda cui era funzionale la richiesta di conoscere i precedenti periodi di assenza per la stessa causa e quindi del superamento o meno del periodo di comporto. Corretta è quindi la valutazione della sentenza impugnata in ordine al comportamento della datrice di lavoro, che, a fronte di una tale richiesta del lavoratore e senza preoccuparsi di fugare eventuali dubbi, ha lasciato trascorrere il periodo di comporto e legittimamente intimato poi il licenziamento per tale motivo allo stesso lavoratore. Ed è appena il caso di aggiungere che il riferimento, fatto dal lavoratore, alla malattia e alla durata del comporto è stato dichiarato “chiaro” dai giudici di merito, in relazione all’art. 40 CCNL. 2. In conclusione il ricorso è destituito do fondamento e va rigettato.

Nessuna statuizione va emessa per le spese del giudizio di Cassazione, non essendosi costituito l’intimato N.C. Onofrio.

PQM

La Corte rigetta il ricorso. Nulla per le spese.

Così deciso in Roma, il 27 gennaio 2010.

Depositato in Cancelleria il 26 marzo 2010

 

 

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