Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7368 del 07/03/2022

Cassazione civile sez. II, 07/03/2022, (ud. 01/02/2022, dep. 07/03/2022), n.7368

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente –

Dott. BELLINI Ubaldo – Consigliere –

Dott. CASADONTE Annamaria – Consigliere –

Dott. DONGIACOMO Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. VARRONE Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 17462/2017 proposto da:

P.G., rappresentato e difeso da sé stesso e dall’Avvocato

GIOVANNA FIORE, per procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

KELESIS S.R.L., rappresentata e difesa dall’Avvocato GIOVANNI LORENZO

GUSELLA, per procura in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO DI BOLOGNA, depositata il

3/2/2017;

udita la relazione della causa svolta nell’adunanza non partecipata

del 1/2/2022 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE DONGIACOMO.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1.1. Il tribunale, con sentenza del 2010,- ha rigettato la domanda che B.R., con il patrocinio dell’avv. P.G., aveva proposto nei confronti della Kelesis s.r.l..

1.2. B.R., con il patrocinio dell’avv. P.G., ha proposto appello avverso tale sentenza.

1.3. La corte d’appello, con la pronuncia in epigrafe, ha dichiarato la nullità della sentenza appellata per difetto del mandato contenuto nell’atto introduttivo del giudizio di primo grado e ha dichiarato l’inammissibilità dell’impugnazione per difetto della procura spesa con l’atto d’appello, condannando l’avv. P.G., a norma dell’art. 93 c.p.c., al pagamento, in favore della società appellata Kelesis s.r.l., delle spese processuale di entrambi i gradi di giudizio.

1.4. La corte, in particolare, per quanto ancora interessa, dopo aver rilevato che il Tribunale di Ferrara, con sentenza del 13/4/2016, passata in giudicato, aveva accertato, a definizione del procedimento penale n. 527/2013, la falsità delle sottoscrizioni apparentemente apposte da B.R. sul mandato ad litem conferito all’avv. P.G. tanto nell’atto di citazione che ha introdotto il giudizio di primo grado, quanto nell’atto d’appello avverso la sentenza impugnata, ha ritenuto che, a fronte di tali procure, il difensore assume l’esclusiva responsabilità in ordine alle spese di giudizio.

1.5. In effetti, ha osservato la corte, in materia di disciplina delle spese processuali, nel caso di azione o di impugnazione promossa dal difensore senza effettivo conferimento della procura da parte del soggetto nel cui nome egli dichiari di agire nel giudizio o nella fase di giudizio di che trattasi (come nel caso di procura ad litem inesistente o falsa ovvero rilasciata da soggetto diverso da quello dichiaratamente rappresentato), l’attività del difensore non riverbera alcun effetto sulla parte e resta un’attività processuale di cui il legale assume esclusivamente la responsabilità e, conseguentemente, è ammissibile la sua condanna a pagare le spese del giudizio.

1.6. Ne’, ha aggiunto la corte, rileva il fatto che il Tribunale di Ferrara, con la predetta sentenza, ha assolto l’avv. P. dai reati che gli erano stati contestati, essendo risultato che, all’insaputa dello stesso, era stato il figlio della B. ad aver falsificato la firma della madre. L’assenza di una condotta dolosa, infatti, non esonera l’avv. P. da una responsabilità colposa, essendo suo dovere assistere personalmente all’apposizione della firma o comunque accertarsi che sia autentica.

2.1. L’avv. P.G., con ricorso notificato il 3/7/2017, ha chiesto, per un motivo, la cassazione della sentenza.

2.2. La Kelesis s.r.l. ha resistito con controricorso.

2.3. Le parti hanno depositato memorie.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

3.1. Con l’unico motivo articolato, il ricorrente, lamentando la violazione e la falsa applicazione dell’art. 654 c.p.p. e art. 91 c.p.c., ha censurato la sentenza impugnata nella parte in cui la corte d’appello l’ha condannato al rimborso delle spese di lite senza, tuttavia, considerare che la sentenza del Tribunale di Ferrara, con effetto vincolante relativamente ai fatti materiali, aveva accertato che le firme sui mandati difensivi erano state apposte dal figlio della B. approfittando della buona fede dell’avv. P. che non aveva motivo di sospettare dell’illecito.

3.2. Ne’ rileva il fatto che, secondo la corte d’appello, l’avv. P. non avesse personalmente assistito all’apposizione della firma, non potendosi confondere la figura del notaio con quella dell’avvocato, il quale ha solo il dovere di certificare l’autografia della sottoscrizione e non anche di attestare che la sottoscrizione sia avvenuta in sua presenza, come invece è richiesto dall’art. 2703 c.c., per l’autenticazione della scrittura privata.

3.3. L’avv. P., quindi, ha concluso il ricorrente, come emerge dalla sentenza penale, non era stato né poteva essere a conoscenza del difetto di autenticità delle procure risultate poi false e non può, dunque, assumere alcuna responsabilità professionale per aver coltivato l’azione ignorando, senza alcuna colpa, i vizi attinenti alle procure rilasciate, determinato esclusivamente dal comportamento doloso tenuto dalla B. e dal figlio della stessa.

4. Il motivo è infondato. Il ricorrente, in effetti, non si confronta realmente con la sentenza impugnata: la quale, invero, ha condannato l’avv. P.G. al rimborso delle spese sostenute dalla Kelesis s.r.l. non già a titolo di responsabilità professionale, che può essere esclusa dalla mancanza di dolo o di colpa, ma, in forza del fatto oggettivo, rimasto del tutto incontestato, che le sottoscrizioni apposte sulle procure difensive rilasciate allo stesso non erano state, in realtà, apposte dalla parte, e cioè da B.R., ma dal figlio. Ed è noto che, in materia di disciplina delle spese processuali, in caso di azione o di impugnazione promossa dal difensore senza effettivo conferimento della procura da parte del soggetto nel cui nome egli dichiari di agire nel giudizio o nella fase di giudizio di che trattasi, come nel caso di procura ad litem inesistente o falsa ovvero rilasciata da soggetto diverso da quello dichiaratamente rappresentato, l’attività del difensore non riverbera alcun effetto sulla parte e resta attività processuale di cui il legale assume in via esclusiva la responsabilità e, conseguentemente, è ammissibile la sua condanna a pagare le spese del giudizio (Cass. SU n. 10706 del 2006; conf., Cass. n. 11551 del 2015; Cass. n. 27530 del 2017; Cass. n. 34638 del 2021).

5. Il ricorso dev’essere, quindi, respinto.

6. Le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.

7. La Corte dà atto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

P.Q.M.

La Corte così provvede: rigetta il ricorso; condanna il ricorrente a rimborsare alla controricorrente le spese di lite, che liquida in Euro 3.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre accessori di legge e spese generali nella misura del 15%; dà atto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile, il 1 febbraio 2022.

Depositato in Cancelleria il 7 marzo 2022

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