Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7367 del 26/03/2010

Cassazione civile sez. lav., 26/03/2010, (ud. 27/01/2010, dep. 26/03/2010), n.7367

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. RAVAGNANI Erminio – Presidente –

Dott. DE RENZIS Alessandro – rel. Consigliere –

Dott. DI NUBILA Vincenzo – Consigliere –

Dott. STILE Paolo – Consigliere –

Dott. CURZIO Pietro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

POSTE ITALIANE S.p.A., in persona dell’Avv. S.A.,

responsabile della Direzione Affari Legali, giusta procura per atto

notaio Ambrosone di Roma rep. n. 36583 del 15.06.2005, elettivamente

domiciliata in Roma, Viale Europa n. 175, rappresentata e difesa

dall’Avv. Ursino Anna Maria Rosaria dell’Ufficio Legale della

società per procura a margine del ricorso

– ricorrente –

contro

M.A., elettivamente domiciliato in Roma, Piazza della

Libertà n. 20, presso lo studio dell’Avv. Franco Caroleo,

rappresentato e difeso dall’Avv. Collerone Giuseppe del foro di

Caltanissetta per procura a margine del controricorso.

– controricorrente –

per la cassazione della sentenza n. 51 1/05 della Corte di Appello di

Caltanissetta del 23.1 1.2005/2.12.2 005 (R.G. n. 176 dell’anno

2003).

Udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

27.01.2010 dal Cons. Dott. Alessandro De Renzis;

sentito il P.M., in persona del Sost. Proc. Gen. Dott. VELARDI

Maurizio, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Il Tribunale di Caltanissetta con sentenza n. 245 del 2003, espletate due consulenze tecniche di ufficio, riconosceva il diritto di M.A. a percepire l’equo indennizzo in relazione ad infermità dipendente da causa di servizio, con condanna delle Poste Italiane S.p.A. al pagamento del dovuto.

Le Poste Italiane nel proporre appello rilevavano che, già durante la fase amministrativa, il beneficio in questione non era stato concesso per l’intempestività della relativa domanda, presentata oltre il termine di sei mesi previsto dal D.P.R. n. 686 del 1957, art. 36.

La Corte di Appello di Caltanissetta ha confermato – con la sentenza n. 511 del 2005 – la decisione di primo grado, ritenendo, in adesione al parere espresso dal consulente tecnico di ufficio Dott. R., che il M. fosse venuto a conoscenza della infermità nei suoi aspetti invalidanti soltanto dopo gli accertamenti culminati con il referto radiografico del rachide cervicale del 22.10.1992. Dal che la tempestività della domanda amministrativa del 4.1 1.1992.

Le Poste Italiane ricorrono con due motivi.

Il M. resiste con controricorso, illustrato con memoria ex art. 378 c.p.c..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo del ricorso la società lamenta violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 686 del 1987, artt. 36 e 37 (art. 360 c.p.c., n. 3);

Con il secondo motivo la stessa ricorrente denuncia omessa, insufficiente, contraddittori motivazione su un punto decisivo della controversia (art. 360 c.p.c., n. 5).

Le Poste Italiane in particolare si richiamano alle risultanze della consulenza svolta dal primo dei due consulenti di primo grado – Dott. M. – e sostengono che i giudici di merito erroneamente avevano seguito il parere – del tutto insufficiente- del secondo dei due consulenti Dott. R.. Le Poste precisano sul punto che era emerso dalla prima perizia, confortata da supplemento, che il M. ben prima dei sei mesi, anteriori alla presentazione della domanda amministrativa, avesse avuto piena coscienza che le limitazioni articolari lamentate dovessero essere correlate al tipo di servizio svolto.

2. Tali motivi, da esaminarsi congiuntamente per la loro intima connessione, sono infondati.

La quaestio iuris del presente giudizio riguarda, come già in precedenza evidenziato, la tempestività della domanda amministrativa in rapporto alla data in cui l’interessato ha acquisito piena conoscenza dell’effettiva consistenza e gravità della malattia e delle relative conseguenze invalidanti.

I giudici di merito, verificati gli episodi di malattia denunciati dallo stesso lavoratore e ritenuti gli stessi non significativi della conoscenza di un quadro patologico invalidante, hanno fatto riferimento alla diagnosi effettuata per la prima volta nel 1992 sulla base di accertamenti radiografici.

Orbene a tale valutazione, immune da vizi logici e giuridici, la parte ricorrente oppone un diverso apprezzamento, non ammissibile in sede di legittimità.

D’altro canto nessuna rilevanza assume la doglianza della società relativa alla priorità data dai giudici di merito alla seconda consulenza tecnica di ufficio svolta dal Dott. R., giacchè il giudice di appello ha condiviso il parere del secondo consulente, ritenendolo pienamente esaustivo e ispirato a corretti criteri di valutazione medico-legale (si richiama al riguardo il consolidato indirizzo giurisprudenziale secondo cui, nel caso di contrasto tra le valutazioni espresse dai consulenti tecnici di ufficio, il giudice, qualora ritenga di dover prestare completa adesione alle conclusioni formulate dal secondo consulente tecnico, non è obbligato ad indicare le ragioni per le quali disattende la contraria valutazione espressa dalla prima consulenza, che deve ritenersi, anche per implicito, rifiutata in base ai rilievi critici espressi nella seconda).

3. In conclusione il ricorso è destituito di fondamento e va rigettato.

Le spese del giudizio di Cassazione seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alle spese, che liquida in Euro 17,00, oltre Euro 1.500,00 per onorari ed oltre IVA, CPA e spese generali.

Così deciso in Roma, il 27 gennaio 2010.

Depositato in Cancelleria il 26 marzo 2010

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