Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7367 del 07/03/2022

Cassazione civile sez. II, 07/03/2022, (ud. 26/01/2022, dep. 07/03/2022), n.7367

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente –

Dott. CARRATO Aldo – Consigliere –

Dott. GRASSO Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. VARRONE Luca – Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 15414/2017 proposto da:

G.A.L., elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE BRUNO

BUOZZI 107, presso lo studio dell’avvocato GIOVANNI GORI,

rappresentato e difeso dall’avvocato SILVANA ANGELINI;

– ricorrente –

contro

G.M., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA OVIDIO 32,

presso lo studio dell’avvocato NICOLO’ SCHITTONE, rappresentata e

difesa dall’avvocato SALVATORE CARLUCCIO;

– controricorrente –

contro

S.T.C.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 301/2017 della CORTE D’APPELLO di LECCE,

depositata il 14/03/2017;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

26/01/2022 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE GRASSO;

sentito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale

Dott.ssa CERONI Francesca, che ha concluso per l’inammissibilità,

in subordine il rigetto del ricorso;

udito l’Avvocato CARLUCCIO SALVATORE, che si riporta agli atti.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

La vicenda al vaglio, per quel che qui rileva, può sintetizzarsi nei

termini seguenti:

– G.M., dichiaratasi proprietaria di uno stacco di terreno, a lei pervenuto per successione del padre, G.L. e poi della madre, C.A.F., citò in giudizio G.A.L. e la di lui moglie, S.T.C., perché fosse dichiarata la nullità dell’atto di donazione, con il quale il G. aveva donato alla moglie il predetto terreno, di cui si era affermato proprietario per usucapione, chiedendo che fosse dichiarata la nullità della donazione e la piena proprietà del fondo in capo all’attrice;

– il Tribunale di Lecce, rigettata la domanda principale, accolse quella riconvenzionale, così dichiarando l’acquisto per usucapione del bene da parte di G.A.L. e la legittimità dell’acquisto a titolo gratuito da parte di S.T.C.;

– la Corte d’appello di Lecce, accolta l’impugnazione G.M., sovvertì l’epilogo di primo grado, così accogliendo la domanda principale in toto, con conseguente rigetto di quella riconvenzionale.

G.A.L. ricorreva avverso quest’ultima sentenza sulla base di tre censure, resisteva con controricorso G.M..

Venuto il processo all’adunanza camerale del 15 settembre 2021 il Collegio ha disposto trattazione in pubblica udienza.

Entrambe le parti hanno depositato memorie illustrative.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Conviene esaminare primariamente il secondo motivo, che per la sua fondatezza assorbe il vaglio del primo e del terzo.

Il ricorrente denunzia violazione dell’art. 2909 c.c., artt. 112 e 342 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 4, lamentando, in sintesi, quanto appresso.

G.M. con l’appello aveva imputato al Tribunale di avere accolto una domanda riconvenzionale che assumeva non formulata e contestando, altresì, ammissione testimoniale, senza, tuttavia, confutare l’esercizio del possesso ventennale.

Prosegue il ricorrente affermando che la Corte locale, alla quale aveva segnalato quale fosse il tema che le era stato devoluto dall’impugnazione, aveva deciso in senso sfavorevole ad esso, sulla base di argomenti incomprensibili.

Lo scrutinio della doglianza impone al Giudice della legittimità d’appropriarsi del fatto processuale, costituito dalla citazione d’appello di G.M., peraltro messo a specifica disposizione dal ricorrente.

Queste, sia pure in sintesi, le critiche censuratorie mosse alla sentenza di primo grado dall’appellante:

– viene contestata la legittimità di un atto traslativo da parte di colui che si dichiari proprietario del bene per usucapione, senza che il suo acquisto a titolo originario risulti accertato previamente dal giudice;

– non avrebbe potuto essere pronunciata la declaratoria di acquisto per usucapione in favore di G.A.L., per non avere costui spiegato precipua domanda riconvenzionale e, pertanto, il Tribunale non avrebbe potuto neppure ammettere i testi richiesti al fine di dimostrare il possesso ventennale, ammissione alla quale l’appellante si era opposta;

– la donazione avrebbe dovuto essere dichiarata nulla, contemplando cosa altrui.

La Corte salentina, per quel che qui rileva, afferma che l’appellante aveva spiegato con l’appello “una eccezione riconvenzionale avverso la domanda con la quale il convenuto, in via riconvenzionale, (aveva) chiesto dichiararsi che l’acquisto per usucapione, del diritto di proprietà del cespite in oggetto, fosse maturato già prima dell’atto di liberalità compiuto in favore della S.”. Indi, alla stregua delle risultanze istruttorie, reputa che l’appellato aveva goduto del fondo per mera tolleranza del fratello G.L. e pertanto non aveva usucapito il bene, che, di conseguenza, non avrebbe potuto trasferire alla moglie.

Ti motivo è fondato.

La decisione contrasta con il principio, discendente dal combinato disposto degli artt. 112 e 342 c.p.c., dei “tantum devolutum quantum appellatum”.

La sentenza di primo grado, rigettata la domanda principale di rivendicazione di G.M., accolse quella riconvenzionale, a sua volta costituita da due domande: dichiararsi l’acquisto per usucapione del bene da parte di G.A.L.; dichiararsi valido l’atto di donazione, che vedeva quale donante il G. e quale donataria la S., nonostante che il donante non fosse stato previamente dichiarato proprietario per usucapione da una precedente sentenza.

Con l’appello, come si è visto, G.M. nessuna critica muove alla declaratoria d’usucapione in favore di G.A.L. (salvo a contestare che la domanda riconvenzionale della controparte fosse stata in effetti processualmente proposta). Oggetto esclusivo dell’impugnazione è la declaratoria di validità dell’atto di donazione, perché, secondo costei, il donante avrebbe dovuto essere qualificato privo di titolo, poiché il di lui acquisto per usucapione non era stato, in precedenza, dichiarato giudizialmente, e, comunque, trattandosi di donazione di cosa futura.

Non è dato comprendere perché mai la Corte d’appello avrebbe potuto mettere in discussione il capo della sentenza di primo grado riguardante la declaratoria d’usucapione in capo al G. in assenza d’impugnazione sul punto, ricorrendo alla non pertinente affermazione, secondo la quale si sarebbe stati in presenza di “una eccezione riconvenzionale avverso la domanda con la quale il convenuto, in via riconvenzionale, ha chiesto dichiararsi che l’acquisto per usucapione”.

Invero, se ben può ipotizzarsi, anche in appello, l’eccezione in senso lato di tolleranza (cfr., ex multis, Cass. nn. 31638/2018, 9275/2018, 19830/2014, 17339/2009), occorre tuttavia, che il capo della sentenza, con la quale si affermi l’usucapione venga espressamente censurato con l’appello e poi, ovviamente, che l’eccezione in parola venga sollevata. Qui non è dato riscontrare nessuna delle due necessarie condizioni.

Questa Corte ha mitigato il principio devolutivo nei casi in cui il giudizio di appello, pur limitato all’esame delle sole questioni oggetto di specifici motivi di gravame, si estende ai punti della sentenza di primo grado che siano, anche implicitamente, connessi a quelli censurati, sicché non viola il principio del “tantum devolutum quantum appellatum” il giudice di secondo grado che fondi la propria decisione su ragioni diverse da quelle svolte dall’appellante nei suoi motivi, ovvero esamini questioni non specificamente da lui proposte o sviluppate, le quali, però, appaiano in rapporto di diretta connessione con quelle espressamente dedotte nei motivi stessi e, come tali, comprese nel “thema decidendum” del giudizio. Così, si è ritenuto che il motivo di appello relativo alla sussistenza del requisito dimensionale per il riconoscimento della tutela reintegratoria implicava necessariamente la questione preliminare della illegittimità o inefficacia del licenziamento, sulla quale non si era formato il giudicato interno, essendo ancora “sub iudice” l’effetto giuridico riconducibile alla patologia dell’atto (Sez. Lav. n. 8604, 3/4/2017, Rv. 643897). Del pari, questa Corte ha cassato con rinvio la sentenza di merito che aveva ritenuto non “espressamente censurato” dal motivo d’appello il profilo inerente la quantificazione dell’indennizzo dovuto per polizza vita, nonostante la prospettata non debenza fosse argomentata non dall’insussistenza o dall’estinzione dell’obbligo contrattuale bensì da considerazioni legate proprio ai criteri di calcolo del dovuto (Sez. 3, n. 9202, 13/04/2018, Rv. 648592). Analogamente la S.C. ha rigettato la censura di extrapetizione mossa alla sentenza impugnata, evidenziando che il motivo di appello con il quale si riteneva necessaria, da parte della banca trattaria, la verifica del beneficiario e dell’importo recato da un assegno bancario poneva altresì la questione, logicamente preliminare, della rilevabilità “ictu oculi” della contraffazione del medesimo titolo, sulla quale la corte di merito aveva legittimamente incentrato la propria attenzione (Sez. 1, n. 1377, 26/1/2016, Rv. 638411).

Qui, tuttavia, deve escludersi che l’appello possa intendersi esteso alla declaratoria d’usucapione, questione niente affatto connessa, anche solo implicitamente, ai punti fatti oggetto di censura d’appello.

L’appellante G.M. critica la sentenza di primo grado per avere reputato “a domino” l’atto traslativo a titolo gratuito del bene, non già perché il donante non fosse divenuto proprietario dello stesso per effetto del possesso ultraventennale, ma per altra ragione: secondo l’appellante l’acquisto per usucapione presupporrebbe che il titolo venga accertato dal giudice, in difetto, pur ove sussistano tutti i presupposti di legge, l’istituto non opererebbe. In altri termini, con l’appello non si era in alcun modo contestata la sussistenza delle condizioni legali, affermata dal Tribunale, dalle quali discende “ope legis” l’acquisto per usucapione, bensì che la controparte non avrebbe potuto alienare il bene, in assenza di una statuizione giudiziale che ne avesse accertato l’acquisto per usucapione.

L’asserto (che, peraltro non si confronta con la natura dell’usucapione, costituente modo d’acquisto a titolo originario della proprietà) non predica affatto come condizione, sia pure implicita, la non sussistenza dei presupposti dell’usucapione, che non vennero contestati con l’appello, ma, ben diversamente, che, per la validità dell’atto traslativo (nella specie la donazione), l’alienante avrebbe dovuto previamente munirsi di statuizione giudiziaria che lo avesse proclamato proprietario, non bastando che l’interessato, davanti al notaio, si fosse dichiarato proprietario per usucapione.

La Corte di Lecce, come si è visto, reputata ritualmente formulata la domanda riconvenzionale di G.A.L., riforma la sentenza del Tribunale negando la sussistenza della maturata usucapione in capo al donatario, valorizzando, peraltro d’ufficio, in assenza dell’eccezione di parte, una interpretazione delle risultanze probatorie, sulla base della quale ritiene che il godimento da parte di G.A.L. fosse stato frutto di mera tolleranza del proprietario.

La sentenza resa, in violazione del principio “tantum devolutum quantum appellatum”, su un punto non compreso neppure implicitamente nel “thema decidendum”, come delimitato dai motivi di gravame, deve essere cassata senza rinvio (Cass. n. 19229, 29/9/2015, Rv. 636880; ma già, Cass. n. 5601/1994).

Il Collegio pienamente condivide il riportato approdo, puntualmente ricognitivo del potere di riforma devoluto dalla legge al giudice d’appello.

Tuttavia, deve altresì affermarsi il seguente principio di diritto: “consolidata dal sopraggiunto giudicato quella parte della statuizione di primo grado non impugnata dall’appellante, non v’e’ ragione di precludere al giudice dell’appello il vaglio di quei profili di doglianza (questi sì devoluti), rimasti non esaminati, perché assorbiti dalla pronuncia di accoglimento di motivi d’appello mai posti; preclusione inevitabile ove la decisione d’appello fosse cassata senza rinvio”.

Sicché, restando al caso di specie, l’accoglimento del motivo impone affermarsi l’intangibilità dell’acquisto per usucapione del ricorrente, predicato dalla sentenza del Tribunale, erroneamente travolta dalla riforma d’appello e, tuttavia, il rinvio alla Corte d’appello per lo scrutinio delle critiche censuratorie, ritualmente proposte con l’appello, che investono la validità della donazione (cioè, come si è riportato, se colui si dichiari proprietario per usucapione, senza previo accertamento giudiziale, possa alienare il bene), non potendo un tale scrutinio essere svolto direttamente dal Giudice della legittimità, senza che sulle critiche di cui detto si sia prima pronunciato il Giudice d’appello.

2. Con il primo motivo il ricorrente prospetta violazione degli artt. 101,112,163 c.p.c. e segg. e art. 167 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 4, allegando che G.M. non aveva mai dedotto che G.A.L. avesse goduto del terreno per mera tolleranza e nonostante ciò la Corte di Lecce, senza eccezione di parte e senza invitare le parti a discutere sul punto, aveva, a sorpresa e d’ufficio, statuito che l’utilizzo del terreno si era avuta per tolleranza del titolare.

2.1. Con il terzo lamenta violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1140, 1141, 1144, 1158, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, nonché l’omesso esame di un fatto controverso e decisivo, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5, per non avere la sentenza rispettato la presunzione di cui all’art. 1141 c.c., comma 1, per avere acceduto a una nozione di tolleranza in contrasto con l’interpretazione di legittimità e in contrasto con le evidenze di causa, sulla base di una motivazione contraddittoria e illogica.

2.2. Sia il primo che il terzo motivo restano definitivamente assorbiti dall’accoglimento del secondo (assorbimento proprio).

3. Il Giudice del rinvio, all’esito, regolerà le spese di primo grado, appello, rinvio e cassazione.

P.Q.M.

accoglie il secondo motivo del ricorso e dichiara assorbiti il primo e il terzo; dichiarato formatosi il giudicato sull’acquisto per usucapione del bene per cui è causa da parte di G.A.L. cassa la sentenza impugnata e rinvia, per quanto in motivazione, alla Corte d’appello di Lecce, altra composizione, anche per il complessivo regolamento delle spese.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 26 gennaio 2022.

Depositato in Cancelleria il 7 marzo 2022

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