Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7366 del 31/03/2011

Cassazione civile sez. trib., 31/03/2011, (ud. 24/01/2011, dep. 31/03/2011), n.7366

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ADAMO Mario – Presidente –

Dott. BERNARDI Sergio – Consigliere –

Dott. POLICHETTI Renato – Consigliere –

Dott. BOTTA Raffaele – Consigliere –

Dott. OLIVIERI Stefano – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

G.E. in proprio e nella qualità di amministratore pro

tempore della Società “Rist. e Pensione di Grieco Emilio & C.

snc”,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA FLAMINIA 71 presso lo studio

dell’avvocato ACETO ANTONIO, che lo rappresenta e difende procura

speciale Notaio Dr. COSTANTINO PRATTICO in NAPOLI REP. 122813 del

30/03/2006;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, in persona del Ministro pro

tempore, elettivamente domiciliati in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che li rappresenta e

difende ope legis;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 152/2005 della COMM. TRIB. REG. di NAPOLI,

depositata il 05/09/2005;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

24/01/2011 dal Consigliere Dott. STEFANO OLIVIERI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

BASILE Tommaso, che ha concluso per l’inammissibilità e in subordine

il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

G.E. ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza della CTR di Napoli sez. 45A in data 5.9.2005 n. 152 con la quale veniva dichiarato inammissibile la impugnazione proposta dallo stesso contribuente avverso la precedente sentenza emessa dalla medesima Commissione Tributaria Regionale di Napoli n. 555/45/2002, depositata il 24.1.2002, pronunciata (almeno così sembra comprendersi dalla confusa esposizione del fatto: cfr. ricorso per cassazione: pag. 5-6) in accoglimento dell’appello dell’Ufficio Atti Pubblici di Napoli, con la quale era stata riformata la sentenza n. 555/45/1998 della Commissione Tributaria Provinciale di Napoli avente ad oggetto -a quanto è dato comprendere dal ricorso: pag.5 – la impugnazione da parte del contribuente di un avviso di liquidazione INVIM ed irrogazione sanzioni e -sembra- anche la mancata applicazione di agevolazioni fiscali a sostegno delle zone meridionali.

Successivamente al deposito della sentenza della CTR di Napoli n. 555 del 2002 (che aveva accolto l’appello proposto dall’Ufficio) il contribuente aveva presentato in data 17.5.2003 istanza di definizione della “lite pendente” ai sensi della L. n. 289 del 2002, art. 16, comma 3 alla quale l’Ufficio opponeva diniego, peraltro con atto notificato soltanto il 20.12.2004.

Avverso l’atto di diniego di definizione lite il contribuente proponeva opposizione, ai sensi della L. n. 289 del 2002, art. 16, comma 8 nuovamente avanti la CTR di Napoli, contestualmente impugnando anche la precedente sentenza della CTR sez. 45A n. 555 depositata il 24.1.2002.

Il nuovo giudizio avanti la medesima sez. 45A della CTR di Napoli veniva quindi definito con sentenza n. 152/45/05, pubblicata in data 5.9.2005, dichiarativa della inammissibilità dell’appello del contribuente ed oggetto del presente ricorso per cassazione.

La sentenza de Giudici territoriali motiva la pronuncia di inammissibilità dell’appello del contribuente rilevando che questi avrebbe dovuto impugnare con ricorso per cassazione la precedente sentenza della CTR n. 555/2002, unitamente all’atto di diniego di definizione della lite, come previsto dalla L. n. 289 del 2002, art. 16, comma 8 secondo cui “qualora la definizione della lite sia richiesta in pendenza del termine per impugnare la sentenza, questa deve essere impugnata unitamente al provvedimento di diniego ed entro il termine di 60 giorni”.

Il ricorrente ha impugnato la sentenza CTR n. 152/2005 con due mezzi, entrambi in relazione al parametro di legittimità di cui all’art. 360 c.p.c., n. 3), deducendo:

– errata e falsa applicazione della L. n. 289 del 2002, art. 16 in quanto la lite definita con sentenza della CTR n. 555 del 2002 doveva ritenersi ancora pendente avanti la Commissione tributaria regionale;

– violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 52, comma 2 – improccdibilità per sopravenuta azione di decadenza e relativa prescrizione estintiva da parte dell’Ufficio circa la domanda di condono L. n. 413 del 1991.

Ha resistito l’Agenzia delle Entrate con controricorso.

Il ricorrente ha integrato le proprie difese con deposito di memoria ex ari. 378 c.p.c.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Il primo motivo di ricorso e palesemente infondato.

Risulta che il contribuente ha presentato istanza di definizione della lite ai sensi della L. n. 289 del 2002, art. 16 successivamente al deposito in data 24.1.2002 della sentenza della CTR di Napoli sez. 45^ che, in accoglimento dell’appello dell’Ufficio Atti Pubblici di Napoli, aveva riformato la sentenza di primo grado (sembra avente ad oggetto un avviso di liquidazione ai fini INVIM ed irrogazione di sanzioni nonchè la richiesta di applicazione di agevolazioni fiscali).

Ne consegue che al fine di impedire il passaggio in giudicalo della predetta sentenza il contribuente avrebbe dovuto proporre tempestiva impugnazione per cassazione o revocazione nei termini previsti dal D.Lgs. n. 546 del 1992, ari. 51, comma 1. Avendo, infatti, esaurito il giudice del grado di appello la propria “potestas judicandi” nel giudizio in questione con la pronuncia della decisione sull’atto di appello proposto dell’Ufficio, rimaneva esclusa una ulteriore pendenza della lite avanti tale giudice, che non poteva peraltro essere chiamato a decidere sulla opposizione al diniego di definizione lite essendo stata presentata la istanza ex lege n. 289 del 2002 successivamente alla pubblicazione della sentenza in data 24.1.2002, e non potendo, quindi trovare applicazione al giudizio di appello – ormai definito la sospensione prevista per le liti fiscali dalla L. n. 289 del 2002, art. 16, comma 6.

La tesi del ricorrente secondo cui, alla data 20.12.2004 di comunicazione dell’atto di diniego di definizione della lite, la predetta sentenza della CTR n. 555/2002 non era ancora passata in giudicato, ed egli avrebbe pertanto tempestivamente impugnato, entro gg. 60 dalla suddetta comunicazione, l’atto di diniego della definizione lite “unitamente” alla ripetuta sentenza, è del tutto inconferente rispetto alla “ratio decidendo della pronuncia di inammissibilità resa con la sentenza della CTR sez. 45A n. 152 in data 5.9.2005 impugnata per cassazione.

Premesso che la parte ricorrente non ha indicato se la sentenza n. 555 del 2002 sia stata o meno notificata, nè ha specificato quale fosse il contenuto dell’avviso di liquidazione oggetto del giudizio definito con tale sentenza (scarni e lacunosi riferimenti all’oggetto di quel giudizio sono contenuti a pag. 5 del ricorso ove si allega che il contribuente “nel merito chiedeva l’applicazione delle agevolazioni ex legge 64 per le aree svantaggiati del Sud…a seguito di detta applicazione l’imposta INVIM dovuta ammontava a L. 2.550.00 Euro 1316,96 ne sono state pagate 1,860,00 con la L. 289 del 2002, art. 16 e L. 344,00 Euro 177,76 per imposta di registro a fronte di Euro 148,00 pagate con la definizione”), non emergendo quindi dalla esposizione dei fatti contenuta in ricorso gli elementi necessari e sufficienti per ritenere – in astratta tesi – la allegazione della esistenza dei presupposti di legge richiesti per la definizione della “lite pendente” L. 27 dicembre 2002, n. 289, ex art. 16, comma 3, lett. a) con riferimento sia alla natura dell’atto (“ogni altro atto di imposizione”) che alla assenza di un giudicato formatosi sulla controversia alla data del 29.9.2002 (condizione alla quale la L. n. 289 del 2002 subordina la definizione della lite), rileva il Collegio che, anche ad aderire alla ipotesi che la sentenza non fosse passata in giudicato alla data del 29.9.2002 (art. 16, comma 3, lett. a) ultima parte) e che la controversia avesse ad oggetto un atto impositivo, con conseguente applicazione della sospensione dei termini di impugnazione fino all’1.6.2004 (art. 16, comma 6) che renderebbe tempestiva la impugnazione proposta dal contribuente avverso l’atto di diniego e la sentenza n. 555/2002 (dalla intestazione della sentenza oggetto di ricorso per cassazione risulta che l’atto di impugnazione è stato depositato presso la Segreteria della CTR in data 13.1.2005), gli argomenti svolti a sostegno della pretesa violazione di legge denunciata con il primo motivo di ricorso non intaccano comunque il fondamento della decisione dei Giudici territoriali di appello i quali correttamente hanno dichiarato la inammissibilità dell'”appello” in quanto non proposto dinanzi all’organo giurisdizionale presso il quale pende la lite.

E’ appena il caso di rilevare, infatti, che le sentenze pronunciate dalle Commissioni Tributane Regionali, quali giudici di secondo grado, possono essere impugnate esclusivamente con ricorso per cassazione D.Lgs n. 546 del 1992, ex art. 62 ovvero con ricorso per revocazione nei casi previsti dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 64:

pertanto il contribuente, ricevuta dall’Ufficio la comunicazione del diniego di definizione lite ai sensi della L. n. 289 del 2002, art. 16, comma 8 bene avrebbe dovuto impugnare la sentenza di appello – con i mezzi di impugnazione propri del grado di giudizio -, unitamente all’atto di diniego, entro il termine perentorio di cui al D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 52, comma 1 come previsto espressamente dalla L. n. 289 del 2002, art. 16, comma 8, ultima parte (“Nel caso in cui a definizione della lite richiesta in pendenza del termine per impugnare, la sentenza può essere impugnala unitamente al diniego di definizione entro sessanta giorni dalla notifica”).

La pendenza della lite in fase di legittimità, diversamente da quanto opinato dalla difesa del ricorrente, non osta alla applicazione della richiamata norma sulla competenza, che va esente anche da sospetti di illegittimità costituzionale, non fruendo di garanzia costituzionale il principio del doppio grado di giurisdizione (e dunque non incontrando limiti la competenza della Corte in unico grado sulla questione della definizione della lite) e ben potendo la legge ordinaria attribuire alla Corte ulteriori competenze (di merito) oltre a quelle del sindacato di legittimità sulla violazione di legge (cfr. Corte cass. 5^ sez. 21.2.2005 n 3427;

Corte cass. 5^ sez. 9.3.2005 n. 5092 la Corte di cassazione, competente in unico grado, è eccezionalmente investita della pienezza del giudizio, ciò che, del resto, corrisponde alla possibilità per la Corte di decidere nel merito quando cassi la sentenza impugnata per vizio di legittimità; conf. Corte cass. 5^ sez. 15.4.2005 n. 7892). Come è stato efficacemente evidenziato la norma attributiva della competenza in unico grado alla Corte cassazione “risponde, infatti, ad esigenze di razionalità ed economia processuale -rilevanti anche ai fini della garanzia della ragionevole durata del processo, stabilita dal nuovo testo dell’art. 111 Cost. -, tenuto conto che la risoluzione della controversia comporta, di regola, l’individuazione dell’oggetto e della natura della lite (con riferimento al disposto del comma terzo dell’art. 16, comma 3), e che è evidente l’opportunità -anche al fine di evitare pronunce contraddittorie – che tale indagine sia riservata allo stesso giudice che di quel giudizio è chiamato a conoscere nel merito, in relazione alla fase in cui lo stesso pende” (cfr. Corte cass. 5^ sez. 20.3.2006 n. 6205).

Il primo motivo di ricorso e in conseguenza infondato, rimanendo assorbito nel rigetto del ricorso l’esame del secondo motivo con il quale il ricorrente ha, peraltro, denunciato vizi propri della sentenza della CTR di Napoli n. 555/45/2002 sulla quale si è formato il giudicato.

Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.

P.Q.M.

LA CORTE – dichiara infondato il primo motivo, con assorbimento del secondo, e per l’effetto rigetta il ricorso, condannando la parte ricorrente alla rifusione delle spese del presente giudizio che liquida in Euro 3.000,00 per onorari, oltre alle spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 24 gennaio 2011.

Depositato in Cancelleria il 31 marzo 2011

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