Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7364 del 26/03/2010

Cassazione civile sez. lav., 26/03/2010, (ud. 27/01/2010, dep. 26/03/2010), n.7364

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE LUCA Michele – Presidente –

Dott. MONACI Stefano – Consigliere –

Dott. BANDINI Gianfranco – rel. Consigliere –

Dott. NAPOLETANO Giuseppe – Consigliere –

Dott. ZAPPIA Pietro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona

del legale rappresentante pro tempore elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA DELLA FREZZA 17, presso l’Avvocatura Centrale

dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati RICCIO

ALESSANDRO, VALENTE NICOLA, PATTERI ANTONELLA, giusta mandato in

calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

V.A., nella qualità di unica erede di V.

G., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA G.B. VICO 31,

presso lo studio dell’avvocato SCOCCINI ENRICO, che la rappresenta e

difende, giusta procura atto notar LA ROSA EMANUELA di Bologna del

15/11/06 rep. 10203;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 199/2005 del TRIBUNALE di BOLOGNA, depositata

il 21/10/2005 r.g.n. 5443/99;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

27/01/2010 dal Consigliere Dott. GIANFRANCO BANDINI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

PATRONE Ignazio, che ha concluso per rimessione alle SEZIONI UNITE o

rigetto del ricorso I.N.P.S..

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

V.G., avente diritto a pensione dal 1.10.1991 ed essendo titolare di contributi versati nelle gestioni dei lavoratori autonomi (artigiani e commercianti) e dei lavoratori dipendenti, chiese ed ottenne dal Pretore di Bologna, nei confronti dell’Inps, il ricalcalo della pensione sulla base delle norme vigenti prima dell’entrata in vigore della L. n. 233 del 1990, risultando a lui più favorevole la liquidazione così effettuata.

Il Tribunale di Bologna, con sentenza del 21.9 – 21.10.2005, respinse il gravame svolto dall’Inps, ritenendo possibile il ricalcalo della quota di pensione maturata nella gestione lavoratori autonomi, sul rilievo che la L. n. 233 del 1990, nell’ambito della totale revisione del sistema di trattamento pensionistico dei lavoratori autonomi, aveva fissato una “norma di salvaguardia” a favore di coloro che, nel passaggio dal vecchio al nuovo sistema, avrebbero potuto trarre un pregiudizio economico.

Avverso l’anzidetta sentenza del Tribunale l’Inps ha proposto ricorso fondato su due motivi.

V.A., quale erede di V.G., ha resistito con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo l’Istituto ricorrente denuncia violazione della L. n. 233 del 1990, artt. 16 e 5, comma 11, in relazione alla L. n. 638 del 1983, art. 6, commi 8, 9 e 10, e del D.P.R. n. 488 del 1968, art. 5, deducendo che la L. n. 233 del 1990, art. 5, comma 11, induce a ritenere che il raffronto debba essere effettuato tra i trattamenti pensionistici complessivi e non tra le distinte quote che concorrono a determinarli.

Con il secondo motivo l’Istituto ricorrente denuncia violazione del D.P.R. n. 639 del 1970, art. 47, nel testo sostituito dal D.L. n. 384 del 1992, art. 4, convertito in L. n. 438 del 1992, e del D.L. n. 103 del 1991, art. 6, convenuto in L. n. 166 del 1991, deducendo che, non avendo il V. presentato ricorso amministrativo avverso il provvedimento di liquidazione entro i trecento giorni dalla data della domanda di pensione (26.9.1991), il Tribunale avrebbe dovuto rilevare d’ufficio l’intervenuta decadenza quanto meno per tutte le differenze asseritamene dovute per i ratei antecedenti ai tre anni calcolati a ritroso dalla data di deposito del ricorso giudiziario effettato il 15.10.1997.

2. In ordine al primo motivo di ricorso giova precisare che, fino all’entrata in vigore della L. n. 233 del 1990, la liquidazione delle pensioni dei lavoratori autonomi avveniva sulla base dei contributi versati a favore dell’assicurato durante il periodo di assicurazione (cd. sistema contributivo); in particolare, nel caso in cui vantasse contributi versati nella gestione lavoratori dipendenti oltre che in quella dei lavoratori autonomi, l’assicurato otteneva una pensione determinata sulla base del cumulo dei contributi versati in entrambe le gestioni.

Con la suddetta L. n. 233 del 1990, a decorrere dal 1.7.1990, fu previsto che la pensione dei lavoratori autonomi fosse calcolata sul reddito di impresa dichiarato ai fini dell’imposta sul reddito delle persone fisiche (sistema cd. reddituale); in particolare, l’art. 5, previde che il trattamento pensionistico fosse pari, per ogni anno di iscrizione e contribuzione alla gestione apposita, al due per cento di detto reddito annuo, quale risultante dalla media dei redditi relativi agli ultimi dieci anni coperti da contribuzione (comma 1);

il citato art. 5, al comma 11, previde che “Per le pensioni aventi decorrenza compresa tra l’1^ luglio 1990 ed il 31 dicembre 1995 è fatto salvo se più favorevole l’importo risultante dal calcolo effettuato secondo le norme vigenti anteriormente alla data di entrata in vigore della presente legge”.

Per l’ipotesi di cumulo di periodi assicurativi, l’art. 16, comma 1, della citata legge stabilì che: “Per i lavoratori che liquidano la pensione in una delle gestioni speciali dei lavoratori autonomi con il cumulo dei contributi versati nelle medesime gestioni o nell’assicurazione generale obbligatoria per l’invalidità, la vecchiaia ed i superstiti dei lavoratori dipendenti, l’importo della pensione è determinato dalla somma:

a) della quota di pensione calcolata, ai sensi degli artt. 5 e 8, sulla base dei periodi di iscrizione alle rispettive gestioni;

b) della quota di pensione calcolata, con le norme dell’assicurazione generale obbligatoria, sulla base dei periodi di iscrizione alla medesima dei lavoratori dipendenti.

2.1 Osserva il Collegio che questa Corte ha già avuto modo di pronunziarsi sulla questione all’esame, rilevando che l’interpretazione letterale e logico – sistematica del combinato disposto della L. n. 233 del 1990, art. 5, comma 1, e art. 16, porta a ritenere che, per i lavoratori la cui pensione decorra da data compresa tra il 1.7.1990 e il 21.12.1995 in una delle gestioni speciali dei lavoratori autonomi con cumulo dei contributi versati nelle medesime gestioni con i contributi versati nell’assicurazione generale obbligatoria dei lavoratori dipendenti, il raffronto tra il vecchio e il nuovo regime, necessario al fine di stabilire quale sia il sistema di calcolo più favorevole transitoriamente salvaguardato, deve essere effettuato esclusivamente in riferimento alla quota di pensione afferente alla gestione speciale dei lavoratori autonomi e non con riguardo all’intero trattamento, comprensivo cioè della quota di pensione derivante dai contributi versati nell’a.g.o. (cfr, Cass., nn. 6324/2001; 29476/2008).

Ciò in quanto, come è stato osservato, la L. n. 233 del 1990, nell’ambito della completa revisione del sistema di determinazione del trattamento pensionistico dei lavoratori autonomi, ha fissato una norma di salvaguardia a favore di coloro che, ne passaggio dal vecchio al nuovo sistema, avrebbero potuto subire un pregiudizio economico per la perdita del più favorevole importo pensionistico derivante dal precedente sistema di calcolo, e tale pregiudizio, ovviamente, si sarebbe verificato anche se ad essere interessata alla riforma fosse stata solo una quota della pensione in godimento.

Sotto il profilo testuale, inoltre, mentre per la quota di pensione conseguente al periodo assicurativo della gestione lavoratori dipendenti la L. n. 233 del 1990, art. 16, fa generico rinvio alle “norme dell’assicurazione generale obbligatoria” (lett. b), per la pensione conseguente al periodo di iscrizione nella gestione autonoma si fa riferimento alla “quota … calcolata, ai sensi degli articoli 5 per artigiani ed esercenti attività commerciali e art. 8 per coltivatori diretti ed assimilati, sulla base dei periodi di iscrizione alle relative gestioni”‘ (lett. a), cosicchè il diritto dell’assicurato di valersi del precedente miglior trattamento ai sensi del precedente art. 5, comma 11, è esplicitamente riferito dallo stesso art. 16, alla sola quota di pensione derivante dall’iscrizione alla gestione autonoma. Ed invero, posto che la giurisprudenza di questa Corte ha reiteramente affermato che, in base alla L. n. 233 del 1990, art. 16, in caso di liquidazione della pensione in una delle gestioni speciali dei lavoratori autonomi con il cumulo dei contributi versati nelle gestioni medesime o nell’assicurazione generale obbligatoria dei lavoratori dipendenti, la pensione va calcolata procedendo alla somma delle quote di pensione, imputabili alle singole gestioni, ognuna delle quali calcolate secondo i criteri vigenti presso ciascuna di esse (cosiddetta liquidazione a scaglioni), sia per la determinazione del reddito pensionabile, che per il coefficiente di rendimento, considerando distintamente anche i periodi contributivi maturati eventualmente presso diverse gestioni dei lavoratori autonomi, in base ad un’interpretazione della norma desumibile da concordanti elementi letterali e sistematici (cfr, ex plurimis, Cass., nn. 1891/2000; 15990/2003; 12918/2004; 16025/2004), il calcolo della quota di pensione derivante dai contributi versati nella gestione lavoratori autonomi, secondo i criteri a questa propri, comporta non solo l’applicazione del nuovo sistema reddituale, ma anche il raffronto con il precedente sistema contributivo, onde consentire all’assicurato di valersi delle modalità di calcolo del precedente regime, ove più favorevoli.

Poichè l’Istituto ricorrente, nel sollecitare un riesame della questione, non ha apportato argomenti ulteriori rispetto a quelli che già trovano confutazione nelle pronunce rese da questa Corte, ritiene il Collegio di dover dare continuità all’anzidetto orientamento, cosicchè, essendosi il Giudice del gravame sostanzialmente conformato ad esso, il motivo all’esame non può trovare accoglimento.

3. In ordine al secondo motivo osserva il Collegio come, secondo il condiviso orientamento di questa Corte, nel caso in cui la domanda amministrativa per ottenere la prestazione assicurativa sia proposta anteriormente all’entrata in vigore del D.L. n. 384 del 1992 (19 settembre 1992), ancorchè il ricorso amministrativo sia stato proposto successivamente ad esso, sia applicabile il regime decadenziale decennale previsto dal D.L. n. 103 del 1991, art. 6, mentre non operi il disposto del predetto D.L. n. 384 del 1992, art. 4, il quale – introducendo una ulteriore data di decorrenza del termine triennale di decadenza per la proposizione dell’azione giudiziaria (che si aggiunge alle due date già contemplate dal D.P.R. n. 639 del 1970, art. 47) – prevede che il dies a quo abbia inizio “dalla data di scadenza dei termini prescritti per l’esaurimento del procedimento amministrativo, computati a decorrere dalla data di presentazione della richiesta di prestazione”, trovando fondamento tale assunto nella pronuncia della Corte Costituzionale n. 128/1996, la quale ha affermato che il termine di decadenza triennale di cui al D.L. n. 384 del 1992, può decorrere dalla data suddetta solo ove tutti gli elementi della fattispecie, e quindi anche la domanda amministrativa, siano venuti in essere dopo l’entrata in vigore del decreto legge.

Poichè nella specie, secondo quanto dedotto dalla stessa parte ricorrente, la domanda di pensione risale al 26.9.1991 e, quindi, ad epoca anteriore all’entrata in vigore del D.L. n. 384 del 1992, deve escludersi, con effetto assorbente, che ricorra l’eccepita decadenza ai sensi dell’art. 4 di tale decreto.

4. In forza delle considerazioni che precedono, il ricorso va pertanto rigettato.

Le spese, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alla rifusione delle spese, che liquida in Euro 15,00 oltre Euro 3 000,00 (tremila) per onorari oltre spese generali, IVA e CPA come per legge.

Così deciso in Roma, il 27 gennaio 2010.

Depositato in Cancelleria il 26 marzo 2010

 

 

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