Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7358 del 07/03/2022

Cassazione civile sez. II, 07/03/2022, (ud. 14/01/2022, dep. 07/03/2022), n.7358

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Felice – Presidente –

Dott. GORJAN Sergio – Consigliere –

Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – rel. Consigliere –

Dott. GIANNACCARI Rossana – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso n. 20892/2016 R.G. proposto da:

ITALIANA INVESTIMENTI e PARTECIPAZIONI s.p.a., (già “Oleifici

Italiani” s.p.a.) – c.f. (OMISSIS) – p.i.v.a. (OMISSIS), in persona

del legale rappresentante pro tempore, ITAL BI OIL s.r.l., p.i.v.a.

(OMISSIS), in persona del legale rappresentante pro tempore,

rappresentate e difese disgiuntamente e congiuntamente dall’avvocato

professor Giuseppe Fauceglia, in virtù di procura speciale in calce

al ricorso, e dall’avvocato professor Piero Guido Alpa, in virtù di

procure speciali autenticate in data 17 e 20.9.2021 a ministero

notar C.R.; elettivamente domiciliate in Roma, alla piazza

B. Cairoli, n. 6, presso lo studio dell’avvocato professor Piero

Guido Alpa.

– ricorrenti –

e

CASA OLEARIA ITALIANA s.p.a., c.f. (OMISSIS), in persona del legale

rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa, in virtù di

procura speciale a margine del controricorso, dall’avvocato

professor Antonio Tommaso De Mauro; elettivamente domiciliata in

Roma, alla via L. Mantegazza, n. 24, presso il Dottor Marco Gardin.

– controricorrente –

contro

I.B. INTERNATIONAL TRADING CO. LTD, in persona del legale

rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa disgiuntamente e

congiuntamente dall’avvocato professor Fabrizio Fezza, e

dall’avvocato Giuseppe Tortora, in virtù di procura speciale su

foglio allegato in calce al controricorso; elettivamente domiciliata

in Roma, al viale delle Milizie, n. 46, presso lo studio

dell’avvocato Antonietta Maria Toscano.

– controricorrente – ricorrente incidentale –

avverso la sentenza non definitiva n. 825 – 7.10/18.11.2013 e la

sentenza definitiva n. 644 – 27.4/21.6.2016 entrambe della Corte

d’Appello di Lecce, udita la relazione della causa svolta

all’udienza pubblica del 27 ottobre 2021 dal Consigliere Dott. Luigi

Abete;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore

Generale Dott. CERONI Francesca, che ha concluso per la declaratoria

di inammissibilità ed in subordine per il rigetto e del ricorso

principale e del ricorso incidentale della “I.B. International

Trading Co.” ltd.;

uditi l’avvocato Giuseppe Fauceglia e l’avvocato Piero Guido Alpa per

le ricorrenti principali;

udito l’avvocato Antonio Tommaso De Mauro per la “Casa Olearia

Italiana”, uditi l’avvocato Fabrizio Fezza e l’avvocato Giuseppe

Tortora per la “I.B. International Trading Co.” ltd..

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con atto notificato il 25 e 29.3.2002 la “I.B. International Trading Co.” ltd. citava a comparire dinanzi al Tribunale di Brindisi la “Oleifici Italiani” s.p.a., la “Ital Bi Oil” s.r.l. e la “Casa Olearia Italiana” s.p.a..

Premetteva che aveva stipulato in data 15.6.1998 un contratto di agenzia con la “Oleifici Italiani” ed in data 18.12.1998 un contratto di agenzia, di contenuto sostanzialmente identico al primo, con la “Ital Bi Oil”, contratti in virtù dei quali le era stato conferito l’incarico, in esclusiva, di promuovere la vendita in (OMISSIS) degli oli alimentari prodotti delle preponenti.

Premetteva che grazie alla sua attività la “Oleifici Italiani” si era aggiudicata un’importante commessa all’esito di una gara svoltasi nell'(OMISSIS).

Indi esponeva che la “Oleifici Italiani” aveva violato il vincolo di esclusività, siccome aveva provveduto alla vendita in territorio libico di olio di mais senza avvalersi della sua mediazione e senza corrisponderle le dovute provvigioni; che la “Oleifici Italiani”, per il tramite della controllata “Casa Olearia Italiana”, si era resa aggiudicataria di commesse per grandi quantitativi di olio in gare indette nel (OMISSIS) da organismi pubblici controllati dalla “Nasco”, ente statuale libico.

Chiedeva accertare e dichiarare validi ed efficaci i contratti di agenzia siglati con la “Oleifici Italiani” e con la “Ital Bi Oil” e, per l’effetto, condannare, ai sensi dell’art. 1748 c.c., comma 2, le società convenute, in solido tra loro, anche quali soci illimitatamente responsabili della società di fatto tra le stesse società esistente, ovvero ciascuna secondo ragione, al pagamento di tutte le provvigioni maturate e non corrisposte per un importo complessivo di Euro 9.855.552,12; dichiarare le medesime società preponenti responsabili dei gravi inadempimenti ad esse ascrivibili e, per l’effetto, condannarle, ai sensi dell’art. 1749 c.c., in solido tra loro, anche quali soci illimitatamente responsabili della società di fatto tra le stesse società esistente, ovvero ciascuna secondo ragione, al risarcimento dei danni tutti subiti, danni quantificati in Euro 9.855.552,12, ossia nell’importo corrispondente alle provvigioni maturate e non percepite, ed in Euro 1.000.000,00, per il nocumento arrecato alla propria immagine commerciale; condannare le società convenute, in solido tra loro, ai sensi degli artt. 1175,1375 e 2043 c.c., al risarcimento dei danni tutti ad essa istante cagionati; condannare la “Oleifici Italiani” e la “Ital Bi Oil” al pagamento dell’indennità di liquidazione nella misura contrattualmente pattuita.

2. Si costituiva la “Oleifici Italiani” s.p.a..

Instava per il rigetto delle avverse domande; in riconvenzionale, per la risoluzione del contratto per inadempimento dell’attrice e per la condanna di controparte al risarcimento dei danni; in subordine, chiedeva accertarsi l’intervenuta scadenza del contratto alla data del 15.4.1999 o, in via gradata, alla data del 15.4.2000.

3. Si costituiva la “Ital Bi Oil” s.r.l..

Instava per il rigetto delle avverse domande; in riconvenzionale, per la risoluzione del contratto per inadempimento dell’attrice e per la condanna di controparte al risarcimento dei danni; in subordine, chiedeva accertarsi l’intervenuta scadenza del contratto alla data del 18.12.1999.

4. Si costituiva la “Casa Olearia Italiana” s.p.a..

Instava per il rigetto delle avverse domande.

5. Con sentenza n. 34/2009 il tribunale rigettava le domande tutte dell’attrice e nulla statuiva in ordine alle riconvenzionali; compensava nella misura del 30% le spese di lite e condannava l’attrice al pagamento del residuo 70%.

In ordine alle domande attoree il tribunale, tra l’altro, reputava che il divieto di vendita diretta prefigurato nei contratti in data 15.6.1998 ed in data 18.12.1998 non operava con riferimento alle vendite o forniture eseguite indirettamente, anche per il tramite di società controllate.

In ordine alle riconvenzionali il tribunale reputava che fossero state oggetto di implicita rinunzia da parte della “Oleifici Italiani” e della “Ital Bi Oil”.

6. Proponeva appello la “I.B. International Trading Co.” ltd..

Resistevano la “Oleifici Italiani” s.p.a., la “Ital Bi Oil” s.r.l. e la “Casa Olearia Italiana” s.p.a..

7. Con sentenza non definitiva n. 825/2013 la Corte d’Appello di Lecce dichiarava la responsabilità per inadempimento della “Oleifici Italiani” e della “Ital Bi Oil” con riferimento ai contratti siglati, rispettivamente, in data 15.6.1998 ed in data 18.12.1998 con la “I.B. International Trading Co.” e disponeva come da separata ordinanza, recante nomina di un consulente tecnico d’ufficio, per l’ulteriore corso del giudizio.

Evidenziava la corte, con riferimento al contratto in data 15.6.1998, che era pacifico che “Oleifici Italiani” nell'(OMISSIS) avesse conseguito l’aggiudicazione di una fornitura di olio di mais ed avesse riconosciuto all’appellante il compenso a questa dovuto, cosicché il medesimo contratto – inizialmente efficace per 12 mesi a decorrere dal 29.4.1998 – si era, in virtù della clausola n. 10 e dell’ordine raccolto dalla “I.B. International Trading Co.”, determinante ai fini dell’aggiudicazione dell’estate del 1998, senz’altro rinnovato per ulteriori 12 mesi sino al 29.4.2000; che conseguentemente era destituito di fondamento l’assunto della “Oleifici Italiani”, secondo cui il contratto era cessato alla prima scadenza – 29.4.1999 – per facta concludentia ovvero per volontà unilaterale della “I.B. International Trading Co.”, ciò viepiù che tale assunto risultava smentito dai fax del 16.12.1999 e del 17.12.1999 intercorsi tra le parti in lite.

Evidenziava la corte, con riferimento al contratto in data 18.12.1998, che non era stato effettuato alcun ordinativo nei dodici mesi susseguenti, cosicché tale contratto era senz’altro cessato alla prima scadenza del 18.12.1999.

Evidenziava la corte, in ordine al terzo motivo d’appello – con cui la “I.B. International Trading Co.” aveva censurato il primo dictum nella parte era stata disconosciuta la qualificazione come contratti di agenzia dei contratti siglati in data 15.6.1998 ed in data 18.12.1998 – che il letterale tenore delle espressioni adoperate non deponeva univocamente nel senso della qualificazione delle medesime pattuizioni in guisa di contratti d’agenzia.

Premetteva la corte, in ordine al quarto motivo d’appello – con cui la “I.B. International Trading Co.” aveva censurato il primo dictum nella parte in cui aveva disconosciuto “le plurime violazioni contrattuali lamentate dall’attrice nei confronti delle convenute” – che il contratto in data 15.6.1998 prevedeva, al punto n. 1), la nomina dell’appellante quale rappresentante esclusiva per la (OMISSIS) della “Oleifici Italiani” ed, al punto n. 2), l’impegno di “Oleifici Italiani” di non vendere né fornire in (OMISSIS) alcuno dei suoi prodotti senza l’intervento della stessa appellante.

Indi, evidenziava che la fornitura che la “I.B. International Trading Co.” aveva addotto essere stata eseguita da “Oleifici Italiani” per il tramite della controllata – al 95% del capitale – “Ital Bi Oil” in violazione degli obblighi contrattuali, rinveniva documentale riscontro nella lettera di credito n. (OMISSIS) e nelle polizze di carico del (OMISSIS).

Evidenziava, in pari tempo, in ordine alla deduzione delle appellate, secondo cui la fornitura di olio di mais di cui alla lettera di credito n. (OMISSIS) non era idonea a costituire inadempimento del contratto in data 15.6.1998, siccome eseguita da soggetti terzi, estranei alla sfera di operatività del contratto, che la condotta di “Oleifici Italiani” costituiva di certo violazione “del principio di buona fede nell’esecuzione del contratto” (così sentenza d’appello non definitiva, pag. 18), principio costituente “fonte di integrazione del contratto” ed atto ad imporre ad “Oleifici Italiani” di astenersi dal “perseguire, per via indiretta, un obiettivo ingiustificatamente in contrasto con l’interesse di controparte” (così sentenza d’appello non definitiva, pag. 18).

Evidenziava in conclusione che doveva reputarsi sussistente l’addotto inadempimento di “Oleifici Italiani” agli obblighi nascenti dal contratto in data 15.6.1998, cosicché la medesima appellata doveva essere condannata al risarcimento dei danni.

Premetteva per altro verso – la corte – con riferimento ai successivi inadempimenti ascritti alla “Oleifici Italiani” ed alla “Ital Bi Oil”, che era fuor di contestazione la circostanza dell’aggiudicazione alla “Casa Olearia Italiana”, società controllata dalla “Oleifici Italiani”, di talune gare indette dalla “Nasco” – organismo statuale libico – nel periodo compreso tra (OMISSIS) e l’intero corso dell’anno (OMISSIS).

Indi evidenziava che pur al riguardo, limitatamente al periodo di operatività dei contratti siglati da “I.B. International Trading Co.” con “Oleifici Italiani” e con “Ital Bi Oil”, il principio di buona fede nell’esecuzione del contratto ostava all’aggiudicazione di tali forniture alla “Casa Olearia Italiana”, società parimenti appartenente al gruppo ” M.”, “per conseguire indirettamente lo stesso risultato programmato in contratto, senza tuttavia corrispondere i compensi pattuiti” (così sentenza d’appello, pag. 20).

Evidenziava ancora – la corte – che il danno scaturito dall’inadempimento di “Oleifici Italiani” agli obblighi nascenti dal contratto del 15.6.1998 e dall’inadempimento di “Ital Bi Oil” agli obblighi nascenti dal contratto del 18.12.1998 era da commisurare – alla stregua dell’espletanda c.t.u. – all’importo che sarebbe spettato ad “I.B. International Trading Co.” per gli onorari pattuiti, qualora le forniture effettuate nel periodo di operatività delle medesime pattuizioni fossero state eseguite con l’assistenza dell’appellante.

Evidenziava infine – la corte – che il quinto, il sesto, il settimo, l’ottavo ed il nono motivo d’appello rimanevano assorbiti nei rilievi alla cui stregua era stato riconosciuto il buon fondamento del quarto motivo di gravame; che il decimo motivo d’appello – con cui l’appellante aveva lamentato l’omesso esame della domanda volta all’affermazione della responsabilità aquiliana delle società convenute – rimaneva assorbito, a sua volta, in quanto formulato in via subordinata, nell’operata affermazione della responsabilità contrattuale delle convenute; che l’ultimo motivo d’appello, concernente il disconoscimento dell’indennizzo ex art. 1751 c.c., era da disattendere in dipendenza della denegata qualificazione dei contratti per cui era lite, in guisa di contratti di agenzia.

8. Espletata la c.t.u. all’uopo disposta, con sentenza definitiva n. 644/2016 la Corte d’Appello di Lecce, tra l’altro, condannava la “Italiana Investimenti e Partecipazioni” s.p.a. (già Oleifici Italiani” s.p.a.) al pagamento in favore della “I.B. International Trading Co.” ltd. della somma di Euro 337.421,34, oltre rivalutazione o interessi legali dalla domanda come da motivazione; condannava la “Italiana Investimenti e Partecipazioni” s.p.a. e la “Ital Bi Oil” s.r.l. in solido al pagamento in favore della “I.B. International Trading Co.” ltd. della somma di Euro 2.051.763,78, oltre rivalutazione o interessi legali dalla domanda come da motivazione; condannava la “Italiana Investimenti e Partecipazioni” s.p.a. e la “Ital Bi Oil” s.r.l. in solido al pagamento in favore dei difensori anticipatari della “I.B. International Trading Co.” ltd. delle spese del doppio grado e delle spese del procedimento cautelare; condannava la “Italiana Investimenti e Partecipazioni” s.p.a. e la “Ital Bi Oil” s.r.l. in solido a farsi carico delle spese di c.t.u.; compensava integralmente le spese del grado d’appello tra la “I.B. International Trading Co.” ltd. e la “Casa Olearia Italiana” s.p.a..

La corte attendeva alla quantificazione del danno conformemente alle conclusioni del c.t.u..

La corte segnatamente quantificava il danno scaturito dall’inadempimento del contratto in data 15.6.1998 sulla scorta delle fatture emesse da “Ital Bi Oil” in favore della “New Technics” n. (OMISSIS) di Chf. 4.128.844,00 e n. (OMISSIS) di Chf. 2.995.384,00 nonché sulla scorta delle relative polizze di carico.

La corte segnatamente quantificava il danno scaturito dall’inadempimento pur del contratto in data 18.12.1998 sulla scorta delle fatture emesse da “Casa Olearia Italiana” in favore della “New Technics” e della “Sheba Trading” nonché sulla scorta delle polizze di carico.

9. Sia avverso la sentenza non definitiva n. 825/2013 sia avverso la sentenza definitiva n. 644/2016 della Corte d’Appello di Lecce hanno proposto ricorso la “Italiana Investimenti e Partecipazioni” s.p.a. (già Oleifici Italiani” s.p.a.) nonché la “Ital Bi Oil” s.r.l.; ne hanno chiesto sulla scorta di dieci motivi la cassazione con ogni conseguente statuizione.

La “I.B. International Trading Co.” ltd. ha depositato controricorso contenente ricorso incidentale, sia avverso la sentenza non definitiva n. 825/2013 sia avverso la sentenza definitiva n. 644/2016 della Corte d’Appello di Lecce, articolato in sette motivi; ha chiesto dichiararsi inammissibile o rigettarsi il ricorso principale ed accogliersi il ricorso incidentale con ogni susseguente pronuncia.

La “Casa Olearia Italiana” s.p.a. ha depositato controricorso; ha chiesto dichiararsi inammissibile, innanzitutto in dipendenza della “nullità della procura speciale alle liti in virtù della quale è stato proposto il controricorso con ricorso incidentale” (così controricorso di “Casa Olearia Italiana”, pag. 2), o rigettarsi il ricorso incidentale con il favore delle spese.

La “Italiana Investimenti e Partecipazioni” s.p.a. e la “Ital Bi Oil” s.r.l. hanno depositato controricorso onde resistere al ricorso incidentale della “I.B. International Trading Co.” ltd..

10. Le ricorrenti principali hanno depositato memoria.

Ha depositato memoria la controricorrente “Casa Olearia Italiana”.

Ha depositato memoria la controricorrente, ricorrente incidentale, “I.B. International Trading Co.”.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

11. Con il primo motivo le ricorrenti principali denunciano ai sensi dell’art. 360 c.pc.., comma 1, n. 4, c.p.c. la nullità della sentenza per violazione e falsa applicazione degli artt. 112,324,329,342,345 e 359 c.p.c..

Premettono che con l’esperito appello la “I.B. International Trading Co.” non aveva lamentato a censura del primo dictum, nella parte in cui era stata respinta la domanda volta all’affermazione della responsabilità contrattuale delle convenute, la violazione dell’art. 1375 c.c., e del canone di buona fede in senso oggettivo.

Indi deducono che la Corte di Lecce è incorsa in ultrapetizione, allorché ha affermato, ex officio, in dipendenza, appunto, della presunta violazione della buona fede in senso oggettivo, la loro responsabilità contrattuale per violazione del vincolo di esclusiva.

12. Con il secondo motivo le ricorrenti principali denunciano ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, la nullità della sentenza per violazione e falsa applicazione dell’art. 101 c.p.c., comma 2 e art. 183 c.p.c., comma 4 e degli artt. 24 e 111 Cost..

Deducono che la corte di merito ha, in ordine alla responsabilità contrattuale ex adverso invocata, rilevato ex officio la presunta violazione della buona fede in senso oggettivo e tuttavia non ha previamente sottoposto – così come avrebbe in ogni caso dovuto – la quaestio de qua al contraddittorio tra le parti, sì da consentire ad esse appellate di interloquire sul punto.

Deducono quindi che ne è scaturita la menomazione del contraddittorio e la violazione del loro diritto di difesa.

13. Con il terzo motivo le ricorrenti principali denunciano ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione degli artt. 1362 c.c. e segg. e art. 1375 c.c..

Deducono che la lettera dei contratti del 15.6.1998 e del 18.12.1998 è chiarissima nell’imporre il vincolo di esclusiva unicamente in capo alla “Oleifici Italiani” ed alla “Ital Bi Oil”.

Deducono quindi che la corte distrettuale ha interpretato erroneamente la volontà dei contraenti, allorché ha affermato la responsabilità contrattuale per violazione del vincolo di esclusiva in relazione a forniture che esse ricorrenti non avevano eseguito direttamente.

Deducono che d’altronde la “I.B. International Trading Co.” non aveva ottenuto che nei contratti in data 15.6.1998 e 18.12.1998 il suo diritto di esclusiva si estendesse anche alle cosiddette forniture “indirette”.

14. Con il quarto motivo le ricorrenti principali denunciano ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, la nullità della sentenza per violazione e falsa applicazione degli artt. 112,324,329,342,345 e 359 c.p.c..

Premettono che il tribunale, in prime cure, aveva opinato, da un canto, per la natura atipica dei contratti in data 15.6.1998 e 18.12.1998 e, d’altro canto, per l’applicabilità, in quanto non incompatibile con la natura atipica degli stessi contratti, della disciplina di cui agli artt. 1742 c.c. e segg..

Premettono che i motivi tutti dell’appello esperito dalla “I.B. International Trading Co.” erano incentrati sul rilievo per cui, contrariamente all’assunto del primo giudice, i contratti de quibus fossero da qualificare in guisa di contratti di agenzia.

Indi deducono che la corte territoriale, denegata la qualificazione in guisa di contratti di agenzia, avrebbe dovuto sic et simpliciter rigettare il gravame.

Deducono segnatamente che la corte territoriale non aveva il potere di riqualificare i contratti de quibus come integralmente atipici.

Deducono che invero vi ostava il giudicato “interno” formatosi in ordine alla qualificazione come parzialmente atipici dei medesimi contratti operata dal tribunale.

15. Con il quinto motivo le ricorrenti principali denunciano ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, la nullità della sentenza per violazione e falsa applicazione dell’art. 101 c.p.c., comma 2 e art. 183 c.p.c., comma 4 e degli artt. 24 e 111 Cost..

Deducono che, pur nel solco dell’elaborazione giurisprudenziale che ammette la possibilità della riqualificazione ex officio in appello del contratto dedotto in lite, la Corte salentina nondimeno, nel riqualificare ex officio i contratti de quibus – già qualificati come parzialmente atipici – come integralmente atipici, ha alterato la causa petendi delle pretese inizialmente ex adverso esperite e ha dato rilievo a differenti circostanze di fatto e di diritto.

Deducono quindi che si sarebbe imposta la previa sottoposizione al contraddittorio della quaestio de qua, viceversa rilevata ex officio, “a sorpresa”, così da consentire ad esse appellate di interloquire sul punto.

16. Con il sesto motivo le ricorrenti principali denunciano ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione degli artt. 1323,1362 c.c. e segg., artt. 1375,1703 c.c. e segg., artt. 1742 c.c. e segg., artt. 1748 e 2222 c.c. e segg..

Deducono che la corte d’appello ha qualificato in guisa atipica i contratti per cui è controversia e tuttavia non ha valutato gli effetti atti a scaturire da siffatta qualificazione propriamente con riferimento al profilo della loro “estensione” nei confronti di soggetti terzi, estranei agli accordi.

Deducono in particolare che la corte d’appello avrebbe dovuto individuare quali norme, ad integrazione della disciplina pattizia, sarebbero state da applicare ai contratti atipici de quibus e su tale scorta avrebbe dovuto vagliare la possibilità di estenderne la vincolatività nei confronti di terzi estranei, segnatamente nei confronti della “Ital Bi Oil” e della “Casa Olearia Italiana”.

17. Con il settimo motivo le ricorrenti principali denunciano ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti.

Deducono che, nel quadro dell’operata qualificazione come atipici dei contratti de quibus, in quanto aventi ad oggetto in via prioritaria l’attività di assistenza e di consulenza, la corte di merito non ha tuttavia esplicitato le ragioni in virtù delle quali, ai fini della quantificazione del danno commisurato agli onorari che la “I.B. International Trading Co.” avrebbe percepito, ha inteso far riferimento alle fatture emesse da “Ital Bi Oil” in favore della “New Technics” ed alle fatture emesse da “Casa Olearia Italiana” in favore della “New Technics” e della “Sheba Trading”.

Deducono segnatamente che siffatto criterio si sarebbe giustificato, se i contratti de quibus avessero avuto in via prioritaria ad oggetto l’attività di promozione ai fini della conclusione di contratti di fornitura in (OMISSIS).

18. Con l’ottavo motivo le ricorrenti principali denunciano ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione degli artt. 1292,2055 e 2331 c.c..

Premettono che la corte distrettuale con la sentenza definitiva, con riferimento al contratto in data 18.12.1998, intercorso unicamente tra la “I.B. International Trading Co.” e la “Ital Bi Oil”, ha condannato anche la “Italiana Investimenti e Partecipazioni” in solido con la “Ital Bi Oil” al pagamento in favore della “I.B. International Trading Co.” della somma di Euro 2.051.763,78, oltre accessori.

Indi deducono che la corte distrettuale non ha esplicitato le ragioni per le quali – in relazione, appunto, al contratto del 18.12.1998 – ha inteso condannare in solido pur la “Italiana Investimenti e Partecipazioni” a risarcire il danno da responsabilità contrattuale.

Deducono segnatamente che la “Italiana Investimenti e Partecipazioni” e la “Ital Bi Oil” costituiscono soggetti del tutto distinti e a nulla rileva che le medesime società siano tra loro collegate.

19. Con il nono motivo le ricorrenti principali denunciano ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti.

Deducono che non è stato acquisito riscontro alcuno di attività di consulenza ovvero di assistenza esplicata dalla “I.B. International Trading Co.”.

Deducono che del resto il consulente d’ufficio ha fatto riferimento, così come si è prontamente eccepito, a quanto – in particolare in ordine alla data di celebrazione delle gare d’appalto cui avrebbe partecipato la “Casa Olearia Italiana” – affermato da controparte nel proprio atto d’appello.

20. Con il decimo motivo le ricorrenti principali denunciano ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione dell’art. 462 c.n. e degli artt. 1996 e 2697 c.c..

Premettono che la Corte salentina ha ritenuto, con la sentenza non definitiva, che la violazione degli obblighi contrattuali nascenti dal contratto in data 15.6.1998 rinveniva documentale riscontro nelle polizze di carico del (OMISSIS).

Indi deducono che il regime normativo della polizza di carico avrebbe consentito in via esclusiva l’accertamento della identità del soggetto – nella specie identificantesi con “Casa Olearia Italiana” e non già con esse ricorrenti – che aveva atteso alla consegna al vettore della merce indicata nella polizza.

Deducono al contempo che le fatture, sulla cui scorta il c.t.u. ha basato la sua valutazione, non sono state ritualmente acquisite nel corso del giudizio.

21. Il primo motivo ed il secondo motivo del ricorso principale sono strettamente connessi; il che ne suggerisce l’esame contestuale; ambedue i motivi in ogni caso sono destituiti di fondamento e vanno respinti.

22. Va evidentemente ribadito l’insegnamento di questa Corte.

Ovvero l’insegnamento a tenor del quale i principi di correttezza e buona fede nell’esecuzione e nell’interpretazione dei contratti, di cui agli artt. 1175,1366 e 1375 c.c., rilevano sia sul piano dell’individuazione degli obblighi contrattuali, sia su quello del bilanciamento dei contrapposti interessi delle parti; sotto il primo profilo, essi impongono alle parti di adempiere obblighi anche non espressamente previsti dal contratto o dalla legge, ove ciò sia necessario per preservare gli interessi della controparte (cfr. Cass. 18.9.2009, n. 20106. Cfr. altresì Cass. 15.10.2012, n. 17642, secondo cui il generale principio etico-giuridico di buona fede nell’esercizio dei propri diritti e nell’adempimento dei propri doveri, insieme alla nozione di abuso del diritto, che ne è un’espressione, svolge una funzione integrativa dell’obbligazione assunta dal debitore, quale limite all’esercizio delle corrispondenti pretese, avendo ciascuna delle parti contrattuali il dovere di tutelare l’utilità e gli interessi dell’altra, nei limiti in cui ciò possa avvenire senza un apprezzabile sacrificio di altri valori; Cass. 4.5.2009, n. 10182, secondo cui la buona fede nell’esecuzione del contratto si sostanzia in un generale obbligo di solidarietà che impone a ciascuna delle parti di agire in modo da preservare gli interessi dell’altra, a prescindere tanto da specifici obblighi contrattuali, quanto dal dovere extracontrattuale del “neminem laedere”, trovando tale impegno solidaristico il suo limite precipuo unicamente nell’interesse proprio del soggetto, tenuto, pertanto, al compimento di tutti gli atti giuridici e/o materiali che si rendano necessari alla salvaguardia dell’interesse della controparte, nella misura in cui essi non comportino un apprezzabile sacrificio a suo carico).

In questo quadro la buona fede in senso “oggettivo”, quale fonte legale di integrazione del contratto, concorre, in sede di esecuzione del contratto, naturaliter ad integrare e a definire, in forme solidaristiche, lo spettro degli obblighi contrattuali su ciascuna parte incombenti (si è scritto, in dottrina, che trattasi di “una regola obiettiva che concorre a determinare il comportamento dovuto”).

23. Negli enunciati termini, allorché la “I.B. International Trading Co.” ebbe in prime cure, tra l’altro, ad invocare la declaratoria di responsabilità delle società convenute per i gravi inadempimenti contrattuali ad esse ascrivibili ed allorché ha provveduto, in seconde cure, con l’esperito appello, a censura del primo dictum, a reiterare, tra l’altro, siffatta domanda, ha inevitabilmente ed univocamente, al di là della letterale formulazione dell’istanze al riguardo rivolte e al primo giudice e al secondo giudice, invocato l’affermazione della responsabilità contrattuale delle convenute pur in rapporto alla regola di condotta della “buona fede in senso oggettivo”, regola integrante, naturaliter, il paradigma degli obblighi convenzionalmente assunti dalle controparti, contraenti i contratti siglati in data 15.6.1998 ed in data 18.12.1998.

24. In tal guisa ineludibili sono i postulati che seguono.

Da un canto, in alcun modo si delinea la prefigurata “nullità della sentenza impugnata per ultrapetizione e violazione della regola della specificità dei motivi di appello” (così ricorso principale, pag. 21. Cfr. Cass. 10.2.2010, n. 3012, secondo cui il giudice di merito, nell’indagine diretta all’individuazione del contenuto e della portata delle domande sottoposte alla sua cognizione, non è tenuto ad uniformarsi al tenore meramente letterale degli atti nei quali le domande medesime risultino contenute, dovendo, per converso, aver riguardo al contenuto sostanziale della pretesa fatta valere, sì come desumibile dalla natura delle vicende dedotte e rappresentate dalla parte istante, mentre incorre nel vizio di omesso esame ove limiti la sua pronuncia in relazione alla sola prospettazione letterale della pretesa, trascurando la ricerca dell’effettivo suo contenuto sostanziale; in particolare, il giudice non può prescindere dal considerare che anche un’istanza non espressa può ritenersi implicitamente formulata se in rapporto di connessione con il “petitum” e la “causa petendi”: cfr. Cass. 10.2.2010, n. 3012).

Ed a nulla vale addurre che la “I.B. International Trading Co.” “ha prospettato la violazione dell’art. 1375 c.c., allo scopo di affermare (non già la responsabilità contrattuale, ma) la responsabilità extracontrattuale delle controparti” (così ricorso principale, pagg. 21 – 22. Cfr. analogamente memoria delle ricorrenti principali, pag. 3). Nonché addurre che la Corte di Lecce ha (con la sentenza non definitiva) reputato assorbito il motivo di gravame concernente la invocata e disattesa – dal primo giudice – responsabilità aquiliana delle convenute, sicché siffatto assorbimento ostava alla devoluzione della quaestio relativa, appunto, all’art. 1375 c.c., alla cognizione del giudice d’appello (cfr. ricorso principale, pag. 22. Cfr. analogamente memoria delle ricorrenti principali, pag. 4).

D’altro canto, in alcun modo si delinea la prefigurata menomazione del diritto di difesa e del contraddittorio.

Invero, il profilo della rilevanza della buona fede in senso “oggettivo”, quale fonte legale di integrazione e di definizione degli obblighi contrattuali atti a scaturire dai contratti del 15.6.1998 e del 18.12.1998, costituiva questione a pieno titolo ricompresa nella materia controversa devoluta, dapprima, alla cognizione del Tribunale di Brindisi, dipoi, alla cognizione della Corte di Lecce.

Cosicché a nulla vale addurre che la pretesa violazione del canone della buona fede è stata rilevata ex officio, “a sorpresa”, senza assegnazione alle parti di un termine per il deposito di memorie, onde consentire la formulazione di osservazioni sul punto (ovviamente, nel sistema anteriore – cui nella specie è da far riferimento ratione temporis – all’introduzione dell’art. 101 c.p.c., comma 2, operata con la L. n. 69 del 2009, art. 45, comma 13, il dovere costituzionale di evitare sentenze cosiddette “a sorpresa” o della “terza via”, poiché adottate in violazione del principio della “parità delle armi”, aveva fondamento normativo nell’art. 183 c.p.c., che al comma 3 (oggi comma 4) faceva carico al giudice di indicare alle parti “le questioni rilevabili d’ufficio delle quali ritiene opportuna la trattazione”, con riferimento, peraltro, alle sole questioni di puro fatto o miste e con esclusione, quindi, di quelle di puro diritto: cfr. in tal senso Cass. (ord.) 27.11.2018, n. 30716).

25. La disamina del quarto motivo e del quinto motivo del ricorso principale – motivi significativamente connessi e da vagliare dunque congiuntamente – precede logicamente la disamina del terzo motivo del ricorso principale; se ne giustifica perciò il previo esame; il quarto ed il quinto mezzo comunque sono privi di fondamento e vanno rigettati.

26. Questa Corte spiega che il giudicato “interno” non si determina sul fatto, ma su una statuizione minima della sentenza, costituita dalla sequenza fatto, norma ed effetto, suscettibile di acquisire autonoma efficacia decisoria nell’ambito della controversia, sicché l’appello motivato con riguardo ad uno soltanto degli elementi di quella statuizione riapre la cognizione sull’intera questione che essa identifica, così espandendo nuovamente il potere del giudice di riconsiderarla e riqualificarla anche relativamente agli aspetti che, sebbene ad essa coessenziali, non siano stati singolarmente coinvolti, neppure in via implicita, dal motivo di gravame (cfr. Cass. (ord.) 17.4.2019, n. 10760; Cass. sez. lav. (ord.) 8.10.2018, n. 24783; Cass. sez. lav. 4.2.2016, n. 2217; Cass. 19.3.2014, n. 6304, secondo cui la pronuncia, esplicita o implicita, sulla natura di un credito (nella specie, ritenuto di valore) non è idonea a determinare la formazione del giudicato interno sul punto, in quanto esso si forma solo su capi autonomi della sentenza, che risolvano questioni aventi una propria individualità e autonomia, tali da integrare una decisione del tutto indipendente).

27. Su tale scorta la circostanza per cui l’appello esperito dalla “I.B. International Trading Co.” era del tutto incentrato sulla prospettazione per cui, contrariamente all’assunto del tribunale, i contratti in data 15.6.1998 ed in data 18.12.1998 fossero da qualificare in guisa di contratti di agenzia, era di per sé idonea a impedire la formazione del giudicato “interno” e per nulla imponeva alla corte di merito di arrestare il suo dictum – così da respingere l’appello – al diniego della diversa prefigurata qualificazione e, dunque, per nulla impediva alla corte di merito e di qualificare – con la sentenza non definitiva – come integralmente atipici i contratti anzidetti e di statuire ulteriormente sulla scorta di siffatta qualificazione.

28. Ovviamente la circostanza per cui la corte territoriale ha diversamente qualificato – come integralmente atipici – i contratti in data 15.6.1998 ed in data 18.12.1998 in nessun modo ha comportato modifica della causa petendi.

La Corte salentina, invero, ha, sic et simpliciter, diversamente vagliato in diritto gli elementi di fatto già addotti in prime cure nel rispetto, senza dubbio, delle preclusioni assertive e probatorie di prima istanza.

Ovviamente la circostanza per cui il gravame della “I.B. International Trading Co.” avesse, comunque, attitudine a riaprire la cognizione sull’intera “questione” – ovvero sulla responsabilità, se del caso, atta a scaturire dall’addotto grave inadempimento agli obblighi nascenti dai contratti per cui è lite – abilitando la Corte leccese a delibarla ex novo anche con riferimento agli aspetti non immediatamente involti dai motivi di appello, importava ex se la possibilità di statuire senza alcuna necessità di consentire alle parti di interloquire al riguardo, onde evitare asserite pronunce “a sorpresa”.

Non si prospettava, ossia, alcuna previa necessità di accordare termini “a difesa” a salvaguardia del contraddittorio sul punto.

29. Il terzo motivo ed il sesto motivo del ricorso principale sono senza dubbio correlati; ne è opportuno, pertanto, l’esame congiunto; entrambi i motivi comunque sono destituiti di fondamento e vanno respinti.

30. Innegabilmente il terzo mezzo del ricorso principale veicola una quaestio ermeneutica.

Cosicché sovvengono gli insegnamenti di questa Corte.

Innanzitutto, l’insegnamento secondo cui l’interpretazione del contratto, traducendosi in una operazione di accertamento della volontà dei contraenti, si risolve in una indagine “di fatto” riservata al giudice di merito, censurabile in cassazione per violazione delle regole ermeneutiche ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per inadeguatezza della motivazione ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, nella formulazione antecedente alla novella di cui al D.Lgs. n. 83 del 2012, per omesso esame di un fatto decisivo oggetto di discussione tra le parti ai sensi del novello art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 (cfr. Cass. 14.7.2016, n. 14355), novello articolo applicabile alla fattispecie ratione temporis (si ribadisce che la sentenza non definitiva è stata depositata in data 18.11.2013).

Altresì, l’insegnamento secondo cui né la censura ex n. 3 né la censura dell’art. 360 c.p.c., comma 1, ex n. 5, possono risolversi in una critica del risultato interpretativo raggiunto dal giudice, che si sostanzi nella mera contrapposizione di una differente interpretazione; d’altronde, per sottrarsi al sindacato di legittimità, sotto entrambi i cennati profili, quella data dal giudice al contratto non deve essere l’unica interpretazione possibile, o la migliore in astratto, ma una delle possibili, e plausibili, interpretazioni; sicché, quando di una clausola contrattuale sono possibili due o più interpretazioni (plausibili), non è consentito – alla parte che aveva proposto l’interpretazione poi disattesa dal giudice di merito – dolersi in sede di legittimità del fatto che sia stata privilegiata l’altra (cfr. Cass. 22.2.2007, n. 4178; cfr. Cass. 2.5.2006, n. 10131).

31. Nel solco dell’enunciate indicazioni giurisprudenziali l’interpretazione fatta propria dalla Corte d’Appello di Lecce è in primo luogo immune da “anomalie motivazionali” suscettibili di assumer rilievo in relazione alla previsione del (novello) n. 5 dell’art. 360 c.p.c., comma 1, ed alla luce della pronuncia delle sezioni unite di questa Corte n. 8053 del 7.4.2014.

Segnatamente, con riferimento al paradigma della motivazione “apparente” – che ricorre allorquando il giudice di merito non procede ad una approfondita disamina logico/giuridica, tale da lasciar trasparire il percorso argomentativo seguito (cfr. Cass. 21.7.2006, n. 16672) – la corte distrettuale ha compiutamente ed intellegibilmente esplicitato il proprio iter argomentativo.

Più esattamente, in sede di delibazione del terzo motivo d’appello, la corte territoriale ha specificato (cfr. sentenza non definitiva, pag. 14) che il tratto caratterizzante della prestazione dedotta in contratto era da ravvisare, nel quadro del peculiare sistema libico di approvvigionamento alimentare dall’estero, nell’attività di assistenza e di consulenza demandata alla “I.B. International Trading Co.”, attività rispetto alla quale l’attività di promozione nella conclusione dei contratti assumeva valenza accessoria.

Sicché i contratti del 15.6.1998 e del 18.12.1998 non potevano essere ricondotti al tipo dell’agenzia e si connotavano alla stregua dei preponderanti caratteri di atipicità.

32. Nel solco delle indicazioni giurisprudenziali dapprima enunciate l’interpretazione patrocinata dalla Corte d’Appello di Lecce è in secondo luogo assolutamente ineccepibile sul piano della correttezza giuridica, ovvero non diverge da alcun criterio legale di ermeneutica contrattuale.

33. Più esattamente si osserva quanto segue.

Per un verso, questa Corte spiega che, in tema di interpretazione del contratto, il dato letterale, pur di fondamentale rilievo, non e’, da solo, decisivo, atteso che il significato delle dichiarazioni negoziali può ritenersi acquisito esclusivamente al termine del processo interpretativo che deve considerare tutti gli ulteriori elementi, testuali ed extratestuali, indicati dal legislatore, anche quando le espressioni appaiano di per sé non bisognose di approfondimenti interpretativi, dal momento che un’espressione “prima facie” chiara può non apparire più tale se collegata alle altre contenute nella stessa dichiarazione o posta in relazione al comportamento complessivo delle parti (cfr. Cass. sez. lav. 1.12.2016, n. 24560; Cass. 11.1.2006, n. 261; Cass. 11.6.1999, n. 5747). E spiega ancora che, in tema di interpretazione del contratto, l’elemento letterale, sebbene centrale nella ricerca della reale volontà delle parti, deve essere riguardato alla stregua degli ulteriori criteri ermeneutici e, segnatamente, del criterio dell’interpretazione funzionale, che attribuisce rilievo alla causa concreta del contratto ed allo scopo pratico perseguito dalle parti, oltre che del criterio dell’interpretazione secondo buona fede, che si specifica nel significato di lealtà e si concreta nel non suscitare falsi affidamenti e nel non contestare ragionevoli affidamenti ingenerati nella controparte (cfr. Cass. 19.3.2018, n. 6675; Cass. (ord.) 10.6.2020, n. 11092).

Per altro verso, questa Corte spiega – lo si è anticipato – che i principi di correttezza e buona fede nell’esecuzione e nell’interpretazione dei contratti, di cui agli artt. 1175,1366 e 1375 c.c., rilevano sia sul piano dell’individuazione degli obblighi contrattuali, sia su quello del bilanciamento dei contrapposti interessi delle parti; e che, sotto il secondo profilo, consentono al giudice di intervenire anche in senso modificativo o integrativo sul contenuto del contratto, qualora ciò sia necessario per garantire l’equo contemperamento degli interessi delle parti e prevenire o reprimere l’abuso del diritto (cfr. Cass. 18.9.2009, n. 20106).

34. Ebbene, nel quadro della riferita elaborazione giurisprudenziale, inevitabile è la formulazione dei rilievi che seguono.

Non possono in alcun modo essere condivisi gli assunti secondo cui “era doveroso utilizzare il criterio interpretativo basato sul senso letterale delle espressioni impiegate (…) (e) soprattutto non si poteva (…) ricorrere agli ulteriori criteri ermeneutici e segnatamente al criterio della buona fede in senso oggettivo” (così ricorso principale, pag. 26). E secondo cui la Corte di Lecce “ha finito per stravolgere l’autentico contenuto delle pattuizioni inter partes, sostituendo la propria volontà a quella negoziale espressa dai contraenti” (così ricorso principale, pag. 25. Cfr. analogamente memoria delle ricorrenti principali, pagg. 4 – 5).

Ne’ vale addurre che il diritto di esclusiva dell’iniziale attrice, quale pattuito nei contratti in data 15.6.1998 e 18.12.1998, non si estendeva alle cosiddette forniture “indirette”.

Se è vero – come è vero – che i principi di correttezza e buona fede ex artt. 1175,1366 e 1375 c.c., abilitano il giudice ad intervenire anche in senso modificativo o integrativo sul contenuto del contratto, non si è né al cospetto di un’indebita proiezione, in difetto del doveroso riscontro del legittimante substrato normativo, così come si paventa con il sesto motivo del ricorso principale, degli effetti obbligatori della lex contractus oltre la sfera soggettiva delle parti contraenti, né al cospetto – si aggiunge – dell’incauta sovversione dei formali criteri di imputazione, ancorati alla “spendita del nome”, dell’attività d’impresa, in spregio, per giunta, al principio cardine per cui le imprese societarie pur appartenenti al medesimo “gruppo” conservano distinta soggettività e piena autonomia giuridica.

Si tratta invece di definire puntualmente i confini degli impegni obbligatori che ciascuna delle parti contraenti le pattuizioni in data 15.6.1998 ed in data 18.12.1998 ebbe ad assumere.

Se è vero – come è vero – che la regola integrativa ed interpretativa della buona fede in senso oggettivo eleva il giudice, pur nel quadro del “naturale” antagonismo che segna la genesi e la dinamica della vicenda contrattuale, a presidio di prevenzione e di repressione dell’abuso del diritto, la dilatazione, nella specie, dell’obbligo di esclusiva gravante sulle preponenti “Oleifici Italiani” ed “Ital Bi Oil” oltre l’ambito correlato alla sua rigorosa formulazione letterale appieno si giustifica, appieno si legittima.

D’altronde, questa Corte ha già avuto cura di puntualizzare, seppur sullo specifico terreno del contratto di agenzia, che, ai sensi dell’art. 1748 c.c., comma 2, il diritto alla provvigione cosiddetta “indiretta” compete in ogni caso di ingerenza nella zona di esclusiva o di captazione di clienti riservati all’agente attraverso l’intervento diretto o indiretto del preponente, quali che siano le modalità della sottrazione così realizzata ed indipendentemente dalla tecnica negoziale prescelta o dal luogo in cui questa è posta in essere (cfr. Cass. 30.1.2017, n. 2288).

35. Il settimo motivo del ricorso principale è privo di fondamento e va rigettato.

36. La corte di merito, lo si è premesso, ha qualificato atipici i contratti per cui è controversia. Ed il settimo mezzo dell’impugnazione principale veicola, propriamente, il thema della disciplina applicabile ai contratti atipici.

37. In questi termini – ed all’insegna del rilievo dottrinale secondo cui “la atipicità assoluta in materia contrattuale non esiste (…), infatti, gli assetti privati riecheggiano necessariamente i tipi legali (…) con varianti e collegamenti dettati dalle necessità del mercato” – risultano ineccepibili i dicta della corte distrettuale, che, dapprima, con la statuizione non definitiva (cfr. pag. 20), ha commisurato – lo si è anticipato – il danno scaturito dall’inadempimento degli obblighi nascenti dai contratti in data 15.6.1998 ed in data 18.12.1998 all’importo che sarebbe spettato ad “I.B. International Trading Co.” per gli onorari pattuiti, qualora le forniture effettuate nel periodo di operatività dei medesimi contratti fossero state eseguite con l’assistenza dell’appellante; dipoi, con la statuizione definitiva (cfr. pagg. 12 – 13), ha quantificato – lo si è del pari anticipato – il danno come dianzi commisurato in aderenza agli esiti della valutazione operata dal consulente d’ufficio, il quale, a sua volta, si era avvalso delle fatture e delle polizze di carico.

38. Ebbene, il criterio utilizzato ai fini, in primo luogo, della commisurazione del pregiudizio scaturito dagli anzidetti inadempimenti contrattuali, contrariamente all’assunto delle ricorrenti principali (“altro e diverso avrebbe pertanto dovuto essere il criterio da utilizzare per quantificare la somma dovuta, in sintonia con la natura delle prestazioni principali dedotte nei contratti”: così ricorso principale, pag. 37), è più che appropriato, ancorché le prestazioni dedotte ad oggetto dei contratti in data 15.6.1998 e 18.12.1998 fossero in via prevalente di assistenza e di consulenza.

39. E’ fuor di dubbio che il rapporto traente titolo da un contratto innominato ha da esser disciplinato innanzitutto in aderenza alle pattuizioni delle parti, dipoi in conformità all’imperativa disciplina del contratto in generale, indi – e all’occorrenza – in applicazione analogica delle disposizioni prefigurate per il tipo nominato riecheggiato in via prevalente (a tal ultimo riguardo cfr. Cass. 1.10.1981, n. 5192) dallo schema contrattuale innominato concepito dalle parti.

Su tale scorta il criterio utilizzato allo scopo, in primo luogo, della commisurazione del pregiudizio derivato dagli inadempimenti contrattuali appieno si conforma alla disciplina generale del contratto.

Invero, questo Giudice da tempo spiega che, in tema di risarcimento del danno, la determinazione del lucro cessante va desunta dalla ricostruzione ideale di quanto il creditore avrebbe conseguito per normale successione di eventi, in base ad una ragionevole e fondata attendibilità, qualora la obbligazione fosse stata adempiuta (“ove le forniture (…) fossero state acquisite con l’assistenza dell’appellante”: così sentenza non definitiva, pag. 20. Cfr. Cass. 15.5.1978, n. 2380; Cass. 15.1.1980, n. 347).

40. In pari tempo, con il settimo motivo di ricorso, le principali ricorrenti, prospettano che la corte di merito ha, tra l’altro, acriticamente recepito gli argomenti e le conclusioni, per giunta formulati in maniera dubitativa, dal c.t.u.. E per nulla ha motivato in ordine alla circostanza per cui la “Casa Olearia Italiana” ha in piena autonomia fornito olio alla società ” B.F.”, a sua volta mandante della “I.B. International Trading Co.”.

Evidentemente, in tal guisa, le principali ricorrenti si dolgono per la presunta erronea, omessa valutazione delle risultanze di causa (“ciò che unicamente risulta in causa è che Ital Bi Oil si è limitata ad approvvigionare di olio una società terza, la New Technics, con sede in (OMISSIS)”: così ricorso principale, pag. 37).

E però l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sé, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo, qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque (e’ il caso di specie) preso in considerazione dal giudice, ancorché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie (cfr. Cass. (ord.) 29.10.2018, n. 27415).

E, analogamente, il cattivo esercizio del potere di apprezzamento delle prove non legali da parte del giudice di merito non dà luogo ad alcun vizio denunciabile con il ricorso per cassazione, non essendo inquadrabile nel paradigma dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, né in quello del precedente n. 4, disposizione che – per il tramite dell’art. 132 c.p.c., n. 4 – dà rilievo unicamente all’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante (cfr. Cass. 10.6.2016, n. 11892; Cass. (ord.) 26.9.2018, n. 23153).

41. L’ottavo motivo del ricorso principale è fondato e va accolto.

42. Si è premesso che il contratto in data 15.6.1998 è stato stipulato dalla “I.B. International Trading Co.” con la “Oleifici Italiani” (ora “Italiana Investimenti e Partecipazioni”). E che il contratto in data 18.12.1998 è stato stipulato dalla “I.B. International Trading Co.” con la “Ital Bi Oil”.

Dunque, al primo contratto è estranea la “Ital Bi Oil”; al secondo contratto è estranea la “Oleifici Italiani” (ora “Italiana Investimenti e Partecipazioni”).

Si è premesso che con la sentenza definitiva (cfr. pag. 12) la corte territoriale ha condannato al risarcimento del danno – quantificato in Euro 2.051.763,78, oltre accessori – scaturito pur dal grave inadempimento degli obblighi nascenti dal contratto in data 18.12.1998 in solido la “Ital Bi Oil” e la “Oleifici Italiani” (ora “Italiana Investimenti e Partecipazioni”), benché tal ultima società fosse del tutto estranea alla seconda pattuizione.

Ovviamente a nulla rileva che la “Oleifici Italiani” partecipasse per la quasi totalità del capitale al capitale della “Ital Bi Oil” e che ambedue le società fossero partecipi dello stesso “gruppo”. Tanto, evidentemente, alla stregua della regola cardine della distinta soggettività e della formale indipendenza giuridica delle società del “gruppo”.

43. Sussiste dunque l'”error in iudicando” denunciato con l’ottavo mezzo del ricorso principale.

L’estraneità della “Oleifici Italiani” s.p.a. al contratto in data 18.12.1998 (“il contratto ha forza di legge tra le parti. (…) non produce effetto rispetto ai terzi (…)”: art. 1372 c.c.) preclude in radice la possibilità di imputarle, seppur in via solidale, la responsabilità risarcitoria correlata al grave inadempimento degli obblighi scaturiti dalla medesima anzidetta pattuizione.

44. Il nono motivo del ricorso principale è destituito di fondamento e va respinto.

45. Con il mezzo in disamina le ricorrenti principali censurano, propriamente, il giudizio “di fatto” cui la Corte di Lecce ha provveduto, con la sentenza non definitiva, in sede di delibazione del quarto motivo d’appello, ai fini del riscontro dei gravi inadempimenti dall’originaria attrice ascritti alla “Oleifici Italiani” ed alla “Ital Bi Oil”. E censurano, altresì, la valutazione degli esiti istruttori cui, nel quadro dell’operato giudizio “di fatto”, la Corte leccese ha atteso (“quanto “ritenuto”, in assenza di rigoroso riscontro documentale, dal c.t.u. viene fatto proprio dalla Corte territoriale nella sentenza definitiva, laddove (…) si riprendono le sole “conclusioni” numeriche, omettendo di valutare un fatto sì rilevante”: così ricorso principale, pag. 41).

46. In questi termini si reputa quanto segue.

E’ da escludere recisamente, in rapporto alla (novella) formulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 (e’ il motivo di ricorso ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, che concerne l’accertamento e la valutazione dei fatti rilevanti ai fini della decisione della controversia: cfr. Cass. sez. un. 25.11.2008, n. 28054), che taluna delle figure di “anomalia motivazionale” destinate ad acquisire significato alla stregua della già menzionata pronuncia n. 8053/2014 delle sezioni unite di questa Corte possa scorgersi in relazione alle motivazioni cui, in parte qua agitur, la corte d’appello ha ancorato il suo dictum.

Invero, la corte distrettuale, con la sentenza non definitiva, ha in maniera del pari compiuta ed intellegibile – lo si è anticipato – esplicitato in parte qua il proprio iter argomentativo.

La corte di seconde cure ha ulteriormente posto in risalto (cfr. sentenza non definitiva, pagg. 15 – 16) che era fuor di contestazione che “Oleifici Italiani” avesse richiesto l’estensione dell’utilizzo dell’affidamento accordatole dal “Credito Italiano”, onde consentire alla “Ital Bi Oil” di garantire la “NASCO” con riferimento alle prestazioni di cui alla lettera di credito n. (OMISSIS). Ed, ancora, che i testi S. e B. avevano riferito che M.L., socio di riferimento all’interno del “gruppo”, aveva prefigurato la possibilità di approvvigionare il mercato libico senza avvalersi dell’opera di “I.B. International Trading Co.”.

In ordine, poi, all’asserita erronea valutazione degli esiti probatori (“l’esatta individuazione, sulla scorta di elementi probatori versati in atti, della “data” della gara avrebbe potuto consentire di individuare quali informazioni e assistenza consulenziale (…) la IB International Trading avrebbe offerto, nell’occasione, alle Società ricorrenti”: così ricorso, pag. 41), soccorrono, evidentemente, gli insegnamenti di questa Corte in precedenza menzionati (il riferimento è a Cass. (ord.) n. 27415/2018, Cass. n. 11892/2016 e Cass. n. 23153/2018).

47. Il decimo motivo del ricorso principale parimenti è privo di fondamento e va rigettato.

48. L’iter motivazionale sulla cui scorta la corte territoriale, propriamente con la sentenza definitiva (cfr. pagg. 12 – 13), ha ritenuto di condividere in toto gli esiti dell’accertamento demandato al c.t.u., risulta appieno ineccepibile sul piano della correttezza giuridica.

49. Al riguardo si rileva quanto segue.

In primo luogo, la polizza di carico, pur in mancanza della sottoscrizione di colui che assume la veste di caricatore, è senz’altro idonea a documentare il caricamento della merce (cfr. Cass. 28.12.1991, n. 13964).

In secondo luogo, la Corte salentina, in sede di quantificazione del pregiudizio, per un verso, correttamente, non ha tenuto conto della documentazione direttamente rimessa dalla “I.B. International Trading Co.” al consulente nel corso dell’espletamento dell’incarico; per altro verso, ha dato atto che il consulente aveva, all’occorrenza, provveduto a correlare le fatture alla polizza di carico di riferimento, sicché le fatture semplicemente avvaloravano le risultanze delle polizze di carico; per altro verso ancora, ha rimarcato che il consulente, in assenza di fatture, aveva considerato il prezzo medio delle forniture eseguite nel corso dello stesso anno.

50. In questi termini, il percorso valutativo dell’ausiliario d’ufficio in toto recepito dalla corte d’appello si è sviluppato, oltre che in maniera del tutto rituale, in maniera altresì variamente articolata.

Cosicché del tutto ingiustificata è la prospettazione delle ricorrenti principali secondo cui il consulente avrebbe ancorato la propria valutazione a documenti – le fatture – non acquisiti nel corso del giudizio e secondo cui la corte di merito avrebbe recepito “la singolare conclusione valutativa fatta dal c.t.u.” (così ricorso principale, pag. 43).

Cosicché del tutto ingiustificata è pur la prospettazione delle ricorrenti principali secondo cui nella specie vi sarebbe stata violazione del principio dell’onere della prova.

51. Con il primo motivo la ricorrente incidentale denuncia ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c. e del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato.

Deduce che ha errato la Corte d’Appello di Lecce, allorché ha ritenuto che avesse domandato l’accertamento della responsabilità extracontrattuale delle originarie convenute e la loro solidale condanna al risarcimento del danno aquiliano in via subordinata, ovvero per il solo caso di mancato accoglimento della domanda volta a conseguire l’accertamento della responsabilità contrattuale delle controparti.

Deduce segnatamente che il letterale tenore delle conclusioni rassegnate nell’iniziale citazione e nell’atto d’appello induce senz’altro ad escludere la formulazione in via subordinata della domanda risarcitoria ex lege aquilia.

52. Con il secondo motivo la ricorrente incidentale denuncia ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione degli artt. 1218,2043,2055 e 1294 c.c.; denuncia ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, l’omesso esame di fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti.

Deduce – pur sub specie di “omesso esame” (cfr. pag. 35) – che, quantunque si sia accertato che l’elusione degli obblighi provvigionali sia stata posta in essere con l’attiva partecipazione di tutte le società convenute, nondimeno la corte di merito ha erroneamente ritenuto di circoscrivere l’affermazione di responsabilità unicamente alla “Oleifici Italiani” ed alla “Ital Bi Oil” e di mandare esente da responsabilità la “Casa Olearia Italiana”.

Deduce altresì che alla solidale affermazione di responsabilità della “Casa Olearia Italia” non è di ostacolo il diverso – aquiliano – titolo cui la responsabilità a tal ultima società è ascrivibile, siccome nulla esclude che la corresponsabilità di più soggetti nella causazione del medesimo evento dannoso sia ancorata a titoli diversi.

53. Con il terzo motivo la ricorrente incidentale denuncia ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione degli artt. 1358 e 1359 c.c.; denuncia ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, l’omesso esame di fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti.

Deduce – pur sub specie di “omesso esame” (cfr. pag. 38 – 39) – che la corte distrettuale, segnatamente con la statuizione non definitiva, ha errato allorché ha ritenuto che il contratto in data 15.6.1998 (inizialmente efficace per 12 mesi a decorrere dal 29.4.1998) si fosse rinnovato sino e non oltre la scadenza del 29.4.2000 e che il contratto in data 18.12.1998 avesse avuto cessazione alla scadenza del 18.12.1999.

Deduce, invero, che l’evento condizionante, per effetto della clausola n. 10, la rinnovazione e del contratto del 15.6.1998 e del contratto del 18.12.1999, ovvero la conclusione di contratti di fornitura su promozione di essa ricorrente incidentale entro l’arco temporale dei dodici mesi di volta in volta successivi, non si è avverato per causa imputabile alla condotta delle controparti, che hanno eluso, in violazione dell’obbligo di buona fede, negli anni 1998 – 2000, il vincolo di esclusiva contrattualmente pattuito.

Deduce quindi che la corte territoriale avrebbe dovuto considerare la condizione mancata come avverata e reputare i contratti del 15.6.1998 e del 18.12.1998 rinnovatisi, rispettivamente, sino al 29.4.2001 ed al 18.12.2001, con l’ulteriore conseguenza che occorreva computare le commissioni non percepite pur sui fatturati relativi all’anno 2000 ed all’anno 2001.

54. Con il quarto motivo la ricorrente incidentale denuncia ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione degli artt. 1223,1225,1226,2043,2055,2056 e 2059 c.c.; denuncia ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, l’omesso esame di fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti; denuncia ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione degli artt. 1277 e 1280 c.c..

Deduce – pur sub specie di “omesso esame” (cfr. pagg. 42 – 43) – che la Corte leccese, segnatamente con la statuizione definitiva, ha errato allorché, in aderenza alle conclusioni del c.t.u., ha quantificato il danno da risarcire.

Deduce che, in sede di quantificazione del danno emergente, la corte d’appello non ha tenuto conto dell’elusione delle ulteriori provvigioni correlate ad operazioni concluse dalle convenute, pur attraverso l’interposizione di altre società di intermediazione, nel secondo anno di rinnovata operatività dei contratti in data 15.6.1998 ed in data 18.12.1998.

Deduce inoltre che la Corte di Lecce avrebbe dovuto riconoscere il danno da lucro cessante connesso al mancato rinnovo, per il terzo anno, dei contratti in data 15.6.1998 ed in data 18.12.1998, mancato rinnovo dipeso dal comportamento illecito delle convenute.

Deduce ancora che la corte di merito avrebbe dovuto riconoscere il danno da mancato conseguimento della penale ex art. 11 dei contratti del 15.6.1998 e del 18.12.1998 per il mancato rinnovo delle convenzioni dopo il terzo anno.

Deduce ulteriormente che la corte distrettuale avrebbe dovuto riconoscere il danno valutario – derivante dal fatto che i contratti prevedevano il pagamento in chf., laddove la liquidazione è stata operata in Euro – il maggior danno ex art. 1224 c.c., connesso alla mancata disponibilità della somma da parte sua, il danno all’immagine commerciale, sussistente in re ipsa e da liquidarsi equitativamente, ed il danno morale, siccome la condotta acclarata in capo alle convenute ha rilevanza penale sub specie di truffa, del pari da liquidare in via equitativa.

55. Con il quinto motivo la ricorrente incidentale denuncia ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione degli artt. 116,118 e 210 c.p.c..

Premette che le società convenute non hanno ottemperato all’ordine di esibizione – pronunciato dalla corte territoriale – delle scritture contabili né hanno dato seguito alla richiesta del c.t.u. volta ad ottenere la documentazione contabile relativa agli anni 1998 – 2000.

Indi deduce che le società convenute erano obbligate a conservare la documentazione contabile relativa agli anni 1998 e successivi anche oltre il decennio ex art. 2220 c.c..

Deduce ulteriormente che la mancata ottemperanza all’ordine di esibizione costituisce comportamento valutabile ex art. 116 c.p.c., comma 2, “quale implicita ammissione dei fatti da provare attraverso il documento non esibito” (così ricorso incidentale, pag. 49).

56. Con il sesto motivo la ricorrente incidentale denuncia ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione dell’art. 153 c.p.c., comma 2, art. 185 c.p.c. e art. 345 c.p.c., comma 3.

Premette che la Corte di Lecce – con la sentenza definitiva – ha reputato inammissibile la documentazione consegnata, nel corso delle operazioni di consulenza, al c.t.u. dal proprio c.t.p..

Indi deduce che l’acquisizione di tale documentazione appieno si sarebbe giustificata a fronte del rifiuto delle convenute/appellate di ottemperare all’ordine di esibizione delle scritture contabili.

Deduce altresì che nell’istanza di acquisizione della documentazione doveva reputarsi implicitamente contenuta istanza di rimessione in termini, la cui formulazione non richiede forme sacramentali.

57. Con il settimo motivo la ricorrente incidentale denuncia ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione della L. n. 247 del 2016, art. 13, comma 6, del D.M. (attuativo della legge anzidetta) n. 55 del 2014 e degli artt. 91 e 92 c.p.c..

Deduce che la Corte leccese, con la statuizione definitiva, limitatamente al procedimento in corso di causa per sequestro conservativo ed al successivo reclamo ex art. 669 terdecies c.p.c. – reclamo all’esito del quale il sequestro è stato concesso fino a concorrenza di Euro 3.000.000,00 – ha liquidato i compensi in Euro 2.300,00, oltre Euro 200,00 per esborsi ed oltre accessori di legge, in misura inferiore a quanto previsto dai parametri di riferimento.

Deduce segnatamente che la Corte salentina avrebbe dovuto liquidare i compensi secondo i valori medi e tener conto dell’opera prestata.

Deduce segnatamente che il compenso medio per la fase cautelare incidentale sarebbe stato pari ad Euro 24.618,00, decurtabili del 50%, per il primo grado e ad Euro 24.618,00, decurtabili del 50%, per il reclamo.

58. Va previamente respinta l’eccezione pregiudiziale di “nullità della procura speciale alle liti in virtù della quale è stato proposto il controricorso con ricorso incidentale”, sollevata da “Casa Olearia Italiana”, eccezione correlata al rilievo per cui la procura alle liti “non riporta il nominativo del sottoscrittore, non riporta la sua qualifica nell’organigramma societario (…) la sottoscrizione apposta risulta all’evidenza illeggibile. Non è indicato il luogo e la data dell’apposizione della sottoscrizione” (così controricorso di “Casa Olearia Italiana”, pagg. 2).

59. Le sezioni unite di questa Corte spiegano, in primo luogo, che la procura speciale alle liti rilasciata, per conto di una società esattamente indicata con la sua denominazione, con sottoscrizione affatto illeggibile, senza che il nome del conferente, di cui si alleghi genericamente la qualità di legale rappresentante, risulti dal testo della stessa, né dall’intestazione dell’atto a margine od in calce al quale sia apposta, ed altresì priva, nell’uno o nell’altra, dell’indicazione di una specifica funzione o carica del soggetto medesimo che lo renda identificabile attraverso i documenti di causa o le risultanze del registro delle imprese, è affetta da nullità relativa, che la controparte può tempestivamente opporre ex art. 157 c.p.c., comma 2, onerando, così, l’istante d’integrare con la prima replica la lacunosità dell’atto iniziale, mediante chiara e non più rettificabile notizia del nome dell’autore della suddetta sottoscrizione, difettando la quale, così come in ipotesi di inadeguatezza o tardività di tale integrazione, si verifica invalidità della procura ed inammissibilità dell’atto cui essa accede (cfr. Cass. sez. un. 7.11.2013, n. 25036; Cass. (ord.) 5.7.2017, n. 16634).

60. Le sezioni unite di questa Corte spiegano, in secondo luogo, che l’incorporazione della procura rilasciata ex art. 83 c.p.c., comma 3, nell’atto di impugnazione estende la data di quest’ultimo alla procura medesima, per cui si presume che quest’ultima sia stata rilasciata anteriormente alla notifica dell’atto che la contiene (cfr. Cass. sez. un. 19.11.2021, n. 35466. Cfr. altresì Cass. (ord.) 21.12.2019, n. 34259, secondo cui, nel caso di procura rilasciata su foglio separato, ma materialmente congiunto all’atto cui si riferisce, la mancanza di data non produce nullità della procura, dovendo essere apprezzata con riguardo al foglio che la contiene, alla stregua di qualsiasi procura apposta in calce al ricorso, per cui la posteriorità del rilascio della procura rispetto alla sentenza impugnata si desume dall’intima connessione con il ricorso cui accede e nel quale la sentenza è menzionata, mentre l’anteriorità rispetto alla notifica risulta dal contenuto della copia notificata del ricorso).

61. Su tale scorta si osserva quanto segue.

Da un canto, la “I.B. International Trading Co.” con la memoria ex art. 378 c.p.c., ovvero con il primo atto di replica successivo alla formulazione ex adverso dell’eccezione, ha puntualizzato che la sottoscrizione in calce alla procura speciale su foglio separato allegato al controricorso con ricorso incidentale è stata rilasciata da G.R., nato a (OMISSIS), amministratore unico e legale rappresentante della “I.B. International Trading Co.” Ltd. (la controricorrente ha altresì allegato documentazione a comprova).

D’altro canto, alla stregua degli insegnamenti di questa Corte in secondo luogo menzionati la data di rilascio della procura speciale in calce al controricorso con ricorso incidentale dalla “I.B. International Trading Co.” deve reputarsi coincidente con la data – 24 ottobre 2016 – indicata in calce allo stesso controricorso.

Tanto, ben vero, a prescindere dalle analoghe precisazioni a tal riguardo operate dalla controricorrente in memoria (cfr. pagg. 2 – 4), precisazioni alla cui stregua, inoltre, si è addotto che la procura speciale è stata rilasciata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato Fabrizio Fezza.

62. Il primo motivo ed il secondo motivo del ricorso incidentale sono significativamente connessi; il che ne rende opportuno l’esame congiunto; entrambi i motivi in ogni caso sono privi di fondamento e vanno rigettati.

63. Con precipuo riferimento al primo motivo questa Corte spiega che, in tema di ricorso per cassazione, l’erronea interpretazione della domanda e delle eccezioni non è censurabile ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), perché non pone in discussione il significato della norma ma la sua concreta applicazione operata dal giudice di merito, il cui apprezzamento, al pari di ogni altro giudizio “di fatto”, può essere esaminato in sede di legittimità soltanto sotto il profilo del vizio di motivazione, ovviamente entro i limiti in cui tale sindacato è ancora consentito dal vigente art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), (cfr. Cass. (ord.) 3.12.2019, n. 31546; Cass. (ord.) 13.8.2018, n. 20718; Cass. sez. lav. 27.10.2015, n. 21874).

64. Nei termini teste’ enunciati la valenza subordinata al mancato accoglimento della domanda risarcitoria da inadempimento contrattuale che la Corte d’Appello di Lecce ha, con la sentenza non definitiva (cfr. pag. 21), inteso attribuire alla domanda risarcitoria ex lege aquilia esperita e in prime cure e in seconde cure dalla “I.B. International Trading Co.”, risulta congrua ed ineccepibile e comunque immune da qualsivoglia forma di “anomalia motivazionale” rilevante nel segno della già citata pronuncia n. 8053/2014 delle sezioni unite di questa Corte.

Propriamente, vi è da ritenere – così come, in sostanza, ha ritenuto la Corte di Lecce – ben vero pur nel solco dell’insegnamento per cui questa Corte, a fronte della denuncia di un “error in procedendo”, diviene giudice del “fatto processuale”, appieno abilitata alla diretta disamina, alla diretta interpretazione degli atti processuali (cfr. Cass. (ord.) 3.11.2020, n. 24258; Cass. (ord.) 13.3.2018, n. 6014; Cass. 23.1.2006, n. 1221), che, allorquando l’iniziale attrice ha sollecitato la condanna delle iniziali convenute al risarcimento del danno extracontrattuale in importo commisurato alle “provvigioni che si sarebbero maturate in assenza degli inadempimenti – laddove non riconosciute già dovute in accoglimento delle conclusioni sub 1) e/o sub 2) – (…)” (così ricorso incidentale, pagg. 29 – 30, ove sono riprodotte testualmente le conclusioni di cui all’iniziale citazione), ha in tal guisa, innegabilmente, inteso subordinare, condizionare la domanda di risarcimento del danno ex lege aquilia al mancato accoglimento della domanda di risarcimento del danno ex contractu. E tanto, ben vero, a prescindere dalla circostanza che con l’atto di appello la società maltese avesse rappresentato la necessità di coinvolgere nell’affermazione della responsabilità extracontrattuale la “Casa Olearia Italiana”, “che, pur non avendo sottoscritto con la I.B. International alcun contratto, aveva avuto un ruolo attivo nella condotta (…) per eludere l’obbligo provvigionale contrattualmente assunto da Oleifici Italiani s.p.a. e da Ital Bi Oil s.r.l.” (così ricorso incidentale, pag. 30).

65. Si badi che, al punto 2) delle conclusioni rassegnate nell’originaria citazione (cfr. ricorso incidentale, pag. 29), ai fini del riconoscimento del danno ex contractu, il pregiudizio è quantificato non solo con riferimento all’ulteriore ammontare di Euro 1.000.000,00, quale danno all’immagine commerciale, ma è quantificato in alternativa “nella maggiore o minor somma che sarà accertata in corso di giudizio”.

Cosicché pur il riconoscimento in minor misura del risarcimento ex contractu sarebbe valso a rendere inoperante la subordinata (“laddove non riconosciute già dovute in accoglimento delle conclusioni sub 1) e/o sub 2)”) richiesta risarcitoria ex art. 2043 c.c..

E’ ingiustificato, perciò, l’assunto della ricorrente incidentale secondo cui la Corte di Lecce avrebbe dovuto senz’altro scrutinare la domanda risarcitoria ex art. 2043 c.c., seppur limitatamente ai danni che non avessero ricevuto ristoro alla stregua dell’accoglimento della domanda risarcitoria ex contractu (cfr. ricorso incidentale, pag. 30).

66. Con precipuo riferimento al secondo motivo sono sufficienti i seguenti rilievi.

Per un verso, la “Casa Oleraria Italia” s.p.a. è del tutto estranea sia al contratto in data 15.6.1998, stipulato dalla “I.B. International Trading Co.” ltd. e dalla “Oleifici Italiani” s.p.a. (ora “Italiana Investimenti e Partecipazioni” s.p.a.), sia al contratto in data 18.12.1998, stipulato dalla “I.B. International Trading Co.” ltd. con la “Ital Bi Oil” s.r.l..

Cosicché non vi era margine alcuno perché si potesse affermare, tout court, la responsabilità risarcitoria della “Casa Olearia Italiana” per inadempimento degli obblighi dalle anzidette pattuizioni scaturiti.

Per altro verso, correttamente si è ritenuto ed è da ritenere – lo si è anticipato – che la domanda risarcitoria ex lege aquilia pur nei confronti della “Casa Olearia Italiana” fosse e sia stata esperita in via subordinata, condizionatamente al mancato accoglimento della domanda risarcitoria ex contractu.

Cosicché non vi era margine alcuno perché si potesse affermare il concorso a titolo di responsabilità extracontrattuale della “Casa Olearia Italiana” nella responsabilità risarcitoria ex contractu della “Oleifici Italiani” e della “Ital Bi Oil”.

67. Il terzo motivo del ricorso incidentale è del pari destituito di fondamento e da respingere.

68. Vanno debitamente premesse le puntualizzazioni che seguono.

Il riscontro della rinnovazione tacita del contratto postula e si risolve in un apprezzamento “di fatto” devoluto al giudice di merito (cfr. Cass. 13.7.1987, n. 6107), censurabile in cassazione, al cospetto dell’art. 360 c.p.c., comma 1, novello n. 5, per “omesso esame circa fatto decisivo e controverso”.

Il riscontro – in rapporto alla previsione dell’art. 1359 c.c. – del mancato avveramento della condizione per causa imputabile alla parte contraente avente interesse contrario al suo avveramento – mancato avveramento che in siffatta evenienza dà luogo alla “fictio” di avveramento della condizione – analogamente postula e si risolve in una valutazione “di fatto” demandata al giudice di merito (cfr. Cass. sez. lav. 10.6.1998, n. 10265; Cass. sez. lav. 11.1.2010, n. 209), censurabile in sede di legittimità, a fronte dell’art. 360 c.p.c., comma 1, novello n. 5, per “omesso esame circa fatto decisivo e controverso” (cfr. Cass. 8.3.2010, n. 5492, secondo cui l’art. 1359 c.c. è applicabile alla condizione potestativa potestativa mista, il cui avveramento dipende in parte dal caso o dalla volontà di un terzo, in parte dalla volontà di uno dei contraenti, e incombe sul creditore, che lamenti tale mancato avveramento, l’onere di provarne l’imputabilità al debitore a titolo di dolo o di colpa).

69. Su tale scorta non possono che formularsi i seguenti postulati.

Da un canto, i rilievi alla stregua dei quali la Corte d’Appello di Lecce ha reputato, con la sentenza non definitiva, in sede di delibazione dei primi due motivi d’appello (cfr. pagg. 12 e 13), che il contratto in data 15.6.1998 si fosse prorogato sino e non oltre la data del 29.4.2000 e che il contratto in data 18.12.1998 si fosse prorogato sino e non oltre la data del 18.12.1999, vanno esenti – evidentemente in relazione alla previsione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 – da qualsivoglia forma di “anomalia motivazionale” rilevante alla luce del dictum delle sezioni unite di questa Corte – già in precedenza richiamato – n. 8053/2014.

La corte di merito – lo si è anticipato – ha ritenuto, limitatamente al contratto in data 15.6.1998, che “I.B. International Trading Co.” aveva raccolto un solo ordine, foriero dell’aggiudicazione dell’estate del 1998; ha ritenuto, limitatamente al contratto in data 18.12.1998, che la “I.B. International Trading Co.” non aveva raccolto ordini, sicché per effetto della clausola contrattuale n. 10 il contratto aveva perduto efficacia a decorrere dalla prima scadenza del 18.12.1999.

D’altro canto, addurre che il mancato rinnovo dei contratti è dipeso tout court dagli inadempimenti contrattuali dalla corte distrettuale pur ascritti e alla “Oleifici Italiani”, in relazione al contratto in data 15.6.1998, e alla “Ital Bi Oil”, in relazione al contratto in data 18.12.1998, vuol dire nondimeno postulare, “in fatto”, un nesso di necessaria correlazione tra i medesimi inadempimenti e la mancata raccolta di ordinativi da parte della società in questa sede ricorrente incidentale.

Ebbene, un postulato siffatto – esprimente un nesso inferenziale tutt’altro che “grave” e “preciso” – si sostanzia in una vera e propria sollecitazione a questo Giudice del diritto a riesaminare gli esiti di causa.

Sollecitazione inesorabilmente destinata a rimaner priva di seguito alla luce degli insegnamenti in precedenza menzionati (il riferimento è a Cass. (ord.) n. 11892/2016 e a Cass. n. 23153/2018).

70. Il quarto motivo del ricorso incidentale è similmente privo di fondamento e da rigettare.

71. Una puntualizzazione si impone dapprima.

Se è vero – come è vero – che il danno emergente identifica propriamente la diminuzione della sfera patrimoniale del creditore conseguente all’inadempimento, il danno che la corte territoriale – così come si è anticipato in sede di delibazione del settimo motivo del ricorso principale – ha inteso riconoscere con la sentenza non definitiva, in accoglimento del quarto motivo d’appello, non è propriamente il danno emergente – evidentemente in dipendenza del mancato probatorio riscontro di una “perdita subita dal creditore” “I.B. International Trading Co.” – bensì il lucro cessante, siccome commisurato all’importo che sarebbe spettato alla società, qui ricorrente incidentale, “per gli onorari pattuiti ove le forniture effettuate (…) fossero state acquisite con l’assistenza dell’appellante” (così sentenza non definitiva, pag. 20).

In tal guisa è quanto meno inappropriato l’assunto della ricorrente incidentale – di cui pur alla rubrica del motivo in disamina – secondo cui la Corte salentina ha limitato – di fatto – il risarcimento al solo danno emergente.

72. Sotto altro profilo, il riscontro congruo, esaustivo ed ineccepibile della sopravvenuta scadenza dei contratti in data 15.6.1998 e 18.12.1998 alle date del 29.4.2000 e del 18.12.1999 rende ex se ingiustificate le censure veicolate dal mezzo in disamina.

In particolare, il lamentato disconoscimento del “danno emergente per elusione di altre provvigioni”, correlato all'(asserita) erronea delimitazione temporale degli affari conclusi operata dal c.t.u. (e, per giunta, all’erronea – si adduce ulteriormente – equiparazione operata dall’ausiliario della “conclusione” dell’affare all’emissione della fattura: cfr. ricorso incidentale, pag. 42).

In particolare, il lamentato disconoscimento del danno da “lucro cessante”, da commisurare anche alla quota provvigionale (stimata in chf. 5.646.375,00, pari ad Euro 5.169.399,00 oltre interessi e rivalutazione) che essa ricorrente incidentale avrebbe maturato, se le convenzioni si fossero rinnovate, per il terzo anno, fino al 29.4.2001 ed al 18.12.2001.

In particolare, il lamentato disconoscimento del danno da mancato conseguimento della penale ex art. 11 dei contratti del 15.6.1998 e del 18.12.1998 per il mancato rinnovo delle convenzioni dopo il terzo anno (sulla scorta del rilievo per cui l’inadempimento contrattuale delle convenute sarebbe da assimilare all’ipotesi, contemplata appunto all’art. 11, di rifiuto senza giusta causa di rinnovazione dei contratti del 15.6.1998 e del 18.12.1998).

73. Ovviamente, nella specie non si è al cospetto di crediti di valuta (siccome si è in verità assunto in sentenza definitiva: cfr. pag. 13), segnatamente di crediti pecuniari espressi in moneta (franchi svizzeri) non avente corso legale. Si è al cospetto viceversa, così come si dà atto in sentenza non definitiva (cfr. pag. 20), di crediti risarcitori – di valore – da inadempimento contrattuale (cfr. sentenza non definitiva, pag. 20).

In questi termini non è propriamente pertinente la censura sostanziantesi nel mancato riconoscimento del danno valutario, correlato tout court alla prospettazione secondo cui “non può farsi ricadere sul danneggiato (…) il pregiudizio collegato alla svalutazione subita dalla moneta (CHF) dal tempo in cui la prestazione avrebbe dovuto essere compiuta a quando il danno (…) non sia liquidato dal giudice” (così ricorso incidentale, pag. 45).

74. In ogni caso, si ammetta pure che la corte di merito avrebbe dovuto calcolare il danno non già “sulla base del cambio ufficiale CHF – Euro alla data delle operazioni” (così ricorso incidentale, pag. 44) bensì alla stregua del cambio ufficiale “Chf – Euro” alla data della statuizione definitiva (il risarcimento del danno subito dal creditore va valutato con riferimento all’epoca della pronunzia).

Ciò nondimeno la surriferita doglianza della ricorrente incidentale è del tutto generica, siccome per nulla prospetta, né con riferimento all’an né con riferimento al quantum, che nel lasso temporale intercorso tra la data delle operazioni e la data della pronuncia definitiva il franco svizzero si è apprezzato sull’Euro, sì che alla data (aprile/giugno 2016) della pronuncia definitiva il controvalore in Euro sarebbe stato maggiore.

75. Si ribadisce che nella specie si è al cospetto di crediti risarcitori, di valore, da inadempimento contrattuale (cfr. sentenza non definitiva, pag. 20).

In questi termini del pari non è pertinente la censura sostanziantesi nel mancato riconoscimento del maggior danno ex art. 1224 c.c., comma 2.

76. Con la statuizione definitiva la Corte di Lecce ha denegato il risarcimento all'”immagine commerciale”, “stante il difetto di adeguata prospettazione, di fatto meramente assertiva” (così sentenza definitiva, pag. 13).

Evidentemente, su tale scorta, il motivo in disamina non si correla, in parte qua, alla “ratio decidendi”, siccome la doglianza non si sostanzia nella puntuale censura della surriferita affermazione della corte d’appello.

77. Ne’ la pronuncia non definitiva né la pronuncia definitiva della Corte d’Appello di Lecce recano statuizione alcuna in merito al danno “morale”, del cui mancato riconoscimento – al di là ed in aggiunta al danno “all’immagine commerciale” – la ricorrente si duole altresì (cfr. ricorso incidentale, pag. 46).

Invero, entrambe le pronunce, allorché forniscono rappresentazione dei danni il cui ristoro la “I.B. International Trading Co.” ha invocato, non contengono alcun riferimento al “danno morale”, quale danno non patrimoniale ulteriore ed aggiuntivo rispetto al danno all'”immagine commerciale” (cfr. sentenza definitiva, pagg. 5 e 13; cfr. sentenza non definitiva, pagg. 4, 8, 9 e 20).

78. Su tale scorta va inevitabilmente richiamato l’insegnamento di questa Corte secondo cui, qualora una questione giuridica – implicante un accertamento di fatto (e’ il caso della doglianza de qua) – non risulti trattata in alcun modo nella sentenza impugnata, il ricorrente che la proponga in sede di legittimità, onde non incorrere nell’inammissibilità per novità della censura, ha l’onere non solo di allegare l’avvenuta deduzione della questione dinanzi al giudice di merito, ma anche, per il principio di “autosufficienza” del ricorso per cassazione, di indicare in quale atto del giudizio precedente lo abbia fatto, per consentire alla Corte di controllare “ex actis” la veridicità di tale asserzione, prima di esaminare nel merito la censura stessa (cfr. Cass. (ord.) 13.12.2019, n. 32804; Cass. 9.8.2018, n. 20694).

Ovviamente il ricorrente ha poi, a rigore, l’onere di denunciare, in aderenza alle indicazioni di cui alla statuizione n. 17931 del 24.7.2013 delle sezioni unite di questa Corte, una omissione di pronuncia.

79. Ebbene, la ricorrente incidentale per nulla ha assolto gli oneri suindicati. Cosicché la doglianza concernente il mancato riconoscimento del danno “morale” deve in questa sede considerarsi “nuova”.

Cosicché esplica valenza l’insegnamento di questa Corte a tenor del quale nel giudizio di cassazione non si possono prospettare nuove questioni di diritto ovvero nuovi temi di contestazione che implichino indagini ed accertamenti di fatto non effettuati dal giudice di merito, nemmeno se si tratti di questioni rilevabili d’ufficio (cfr. Cass. 25.10.2017, n. 25319; Cass. 13.9.2007, n. 19164).

80. D’altra parte, questa Corte spiega, sì, che, in materia di responsabilità civile, anche nei confronti delle persone giuridiche ed in genere degli enti collettivi è configurabile il risarcimento del danno non patrimoniale, da identificare con qualsiasi conseguenza pregiudizievole della lesione – compatibile con l’assenza di fisicità del titolare – di diritti immateriali della personalità costituzionalmente protetti, ivi compreso quello all’immagine; nondimeno soggiunge che siffatto pregiudizio, non costituendo un mero “danno-evento”, cioè un danno “in re ipsa”, deve essere oggetto di allegazione e di prova, anche tramite presunzioni semplici (cfr. Cass. 13.10.2016, n. 20643).

Cosicché non può non soggiungersi che la doglianza in disamina è del tutto generica, siccome la “I.B. International Trading Co.” neppure ha addotto – al di là della presunta valenza penale della condotta delle controparti – di aver prospettato i dovuti elementi di valutazione inferenziale idonei a fondare il ristoro dell’asserito pregiudizio “morale”.

81. Il quinto motivo del ricorso incidentale è analogamente destituito di fondamento e da respingere.

82. Per un verso, è sufficiente il riferimento all’insegnamento di questa Corte a tenor del quale l’inosservanza dell’ordine di esibizione di documenti integra, sì, gli estremi di un comportamento dal quale il giudice può, nell’esercizio di poteri discrezionali, desumere argomenti di prova ex art. 116 c.p.c., comma 2; ma a tenor del quale, al contempo, non è censurabile in sede di legittimità, neanche per difetto di motivazione, la mancata valorizzazione dell’inosservanza dell’ordine anzidetto ai fini della decisione di merito (cfr. Cass. sez. lav. 27.1.2017, n. 2148; Cass. 13.8.2004, n. 15768; Cass. 22.11.2012, n. 20673, secondo cui l’esercizio negativo della facoltà del giudice di desumere argomenti di prova dal contegno processuale delle parti, ai sensi dell’art. 116 c.p.c., comma 2, non è censurabile in sede di legittimità, né per violazione di legge, né per vizio di motivazione, trattandosi di un potere discrezionale attinente alla valutazione di una prova atipica o innominata).

Su tale scorta a nulla vale che la ricorrente incidentale adduca che ai sensi dell’art. 116 c.p.c., l’inottemperanza all’ordine di esibizione comporta la presunzione per cui le scritture contabili non esibite avrebbero confermato le sue allegazioni (cfr. ricorso incidentale, pag. 49).

Su tale scorta a nulla vale che la ricorrente incidentale adduca inoltre che la documentazione non esibita avrebbe dato riscontro della maturazione di provvigioni per chf. 3.080.735,00 per l’anno 1999, della maturazione di provvigioni per chf. 6.312.000,00 per l’anno 2000, della maturazione di provvigioni per chf. 5.646.375,00 per l’anno 2001.

83. Per altro verso, è sufficiente il riferimento all’insegnamento di questa Corte secondo cui, in relazione al previgente dettato dell’art. 115 c.p.c., applicabile nella specie ratione temporis (il giudizio ha avuto inizio in prime cure il 25/29.3.2002 – cfr. ricorso principale, pag. 3 – antecedentemente all’entrata in vigore del testo dell’art. 115 c.p.c., comma 1, quale novellato dalla L. 18 giugno 2009, n. 69, applicabile ai procedimenti instaurati successivamente al 4.7.2009), affinché un fatto allegato da una parte possa considerarsi pacifico, sì da essere posto a base della decisione, ancorché non provato, non è sufficiente la mancata contestazione, occorrendo invece che esso sia esplicitamente ammesso dalla controparte ovvero che questa, pur non contestandolo in modo specifico, abbia impostato il proprio sistema difensivo su circostanze o argomentazioni logicamente incompatibili con il suo disconoscimento (cfr. Cass. 9.6.1999, n. 5699; Cass. 23.7.2004, n. 13830; Cass. 14.3.2006, n. 5488; Cass. 24.11.2010, n. 23816).

Su tale scorta è da escludere recisamente che le iniziali convenute abbiano esplicitamente ammesso le circostanze ex adverso allegate ovvero che abbiano impostato le proprie difese su circostanze o argomentazioni logicamente incompatibili con il disconoscimento delle avverse prospettazioni.

Cosicché a nulla vale che la ricorrente incidentale – con le prospettazioni finali del quinto motivo di ricorso – adduca che le circostanze riferite nell’iniziale atto di citazione e nell’atto d’appello non sono state specificamente contestate dalle convenute – appellate e dunque che, in virtù del principio di cui all’art. 115 c.p.c., comma 1, sarebbero state da reputar senz’altro dimostrate.

84. Il sesto motivo del ricorso incidentale è egualmente privo di fondamento e da rigettare.

85. Si è anticipato in sede di disamina del quinto mezzo dell’impugnazione incidentale che non è censurabile in sede di legittimità la mancata valorizzazione dell’inosservanza dell’ordine di esibizione.

Su tale scorta, evidentemente, non vi è margine perché in questa sede si reputi che l’acquisizione da parte del c.t.u. della documentazione rimessagli dal consulente tecnico della “I.B. International Trading Co.” si legittimasse in virtù, appunto, dell’inottemperanza delle iniziali convenute all’ordine di esibizione.

86. Al contempo, questa Corte spiega che, in tema di consulenza tecnica di ufficio, in virtù del principio dispositivo e dell’operare nel processo civile di preclusioni, assertive ed istruttorie, l’ausiliare del giudice, nello svolgimento delle proprie attività, non può – nemmeno in presenza di ordine del giudice o di acquiescenza delle parti – né indagare di ufficio su fatti mai ritualmente allegati dalle parti, né acquisire di sua iniziativa la prova dei fatti costitutivi delle domande o delle eccezioni proposte, né procurarsi, dalle parti o dai terzi, documenti che forniscano tale prova (cfr. Cass. 6.12.2019, n. 31886, ove si soggiunge che alle riferite regole può derogarsi soltanto per la prova di fatti tecnici “accessori” o “secondari” oppure di elementi di riscontro della veridicità delle prove già prodotte dalle parti ovvero quando la prova del fatto costitutivo della domanda o dell’eccezione, postulando il ricorso a cognizioni tecnico-scientifiche, non possa essere oggettivamente fornita dalle parti con i mezzi di prova tradizionali; Cass. 13.9.2021, n. 24641).

E spiega inoltre che il diritto al ristoro del danno ed alla reintegrazione patrimoniale nasce, in tema di responsabilità civile da inadempimento contrattuale, soltanto con il verificarsi di un pregiudizio effettivo e reale incidente nella sfera patrimoniale del contraente danneggiato, il quale per vedere accolta la sua pretesa di risarcimento deve fornire la prova e del pregiudizio e dell’entità dello stesso nel suo concreto ammontare (cfr. Cass. 13.5.1969, n. 1632; Cass. 5.3.1973, n. 608; Cass. 25.5.2006, n. 12382, secondo cui, in tema di azione di danni, il diritto al risarcimento nasce con il verificarsi di un pregiudizio effettivo e reale che incida nella sfera patrimoniale del contraente danneggiato, il quale deve provare la perdita economica subita).

87. In questo quadro, innegabilmente, il profilo della quantificazione del danno sofferto dalla ricorrente incidentale non era e non è qualificabile come fatto “accessorio”.

Cosicché indiscutibilmente l’acquisizione della documentazione nella disponibilità del consulente tecnico della “I.B. International Trading Co.” fuoriusciva dalle prerogative del consulente tecnico d’ufficio.

Cosicché opportunamente la corte distrettuale ha posto in risalto, con la sentenza definitiva (cfr. pag. 12), che l’ausiliario d’ufficio non aveva tenuto conto dei documenti contabili direttamente trasmessagli dall’appellante.

Cosicché vanamente l’appellante, qui ricorrente incidentale, adduce che siffatti documenti contabili davano riscontro di ulteriori operazioni elusive del vincolo di esclusività compiute nel corso dell’anno 2000 per il tramite della “Casa Olearia Italiana”, operazioni che avrebbero giustificato la maturazione di ulteriori provvigioni per Euro 494.206,07.

88. D’altra parte, pur ad ammettere che l’istanza di acquisizione della documentazione trasmessa al c.t.u. potesse valere (così come prospetta la ricorrente incidentale con i passaggi finali del mezzo in disamina) quale istanza di rimessione in termini ai fini della produzione della medesima documentazione, di certo la rimessione in termini, sia nella prefigurazione di cui all’art. 184 bis c.p.c., che in quella di più ampia portata di cui all’art. 153 c.p.c., comma 2, come novellato dalla L. n. 69 del 2009, richiede la dimostrazione che la decadenza sia stata determinata da una causa non imputabile alla parte, perché cagionata da un fattore estraneo alla sua volontà (cfr. Cass. 6.7.2018, n. 17729; Cass. sez. lav. 28.9.2011, n. 19836).

Evidentemente, in questi termini, in nessun modo può soccorrere quale causa non imputabile, “il rifiuto delle appellate di esibire le proprie scritture contabili a far data dal 28.03.2014” (così ricorso incidentale, pag. 52).

89. Il settimo motivo del ricorso incidentale è fondato e va accolto.

90. Va premesso che la Corte d’Appello di Lecce con ordinanza in data 30.12.2015 ha accolto parzialmente il ricorso per sequestro conservativo esperito dalla “I.B. International Trading Co.” ed ha autorizzato in danno di “Italiana Investimenti e Partecipazioni” s.p.a. (già Oleifici Italiani” s.p.a.) la misura cautelare fino a concorrenza dell’importo di Euro 1.500.000,00 (cfr. controricorso della “I.B. International Trading Co.”, pag. 11).

Va premesso altresì che la Corte d’Appello di Lecce con ordinanza in data 21.4.2016 ha accolto il reclamo ex art. 669 terdecies c.p.c., esperito dalla “I.B. International Trading Co.” ed ha autorizzato in danno di “Italiana Investimenti e Partecipazioni” (già Oleifici Italiani”) la misura cautelare fino a concorrenza dell’importo di Euro 3.000.000,00 (cfr. controricorso della “I.B. International Trading Co.”, pagg. 11 – 12, ove, appunto, si specifica che il sequestro conservativo è stato, all’esito del reclamo, autorizzato in danno di “Italiana Investimenti e Partecipazioni”).

Va premesso ancora che la determinazione dei diritti di procuratore e degli onorari di avvocato, essendo rimessa alla valutazione discrezionale del giudice di merito, non è sindacabile in sede di legittimità, a meno che non sia specificamente invocata la violazione dei minimi tariffari – è il caso di cui al settimo motivo del ricorso incidentale della “I.B. International Trading Co.” – che, per l’autosufficienza del ricorso, deve essere dedotta con riferimento non solo alle singole voci ma anche agli importi considerati, così da consentire alla Corte il controllo senza l’esame degli atti, trattandosi di errores in iudicando (cfr. Cass. 4.3.2003, n. 3178; Cass. (ord.) 4.8.2017, n. 19613).

91. Su tale scorta va dato atto che sussiste con riferimento al duplice grado della fase cautelare in corso di causa la violazione dei “minimi” tariffari.

Per un verso, la corte distrettuale ha liquidato per il duplice grado cautelare la complessiva somma di Euro 2.300,00 (oltre Euro 200,00 per spese).

Per altro verso, alla luce della tabella n. 10 – intitolata “procedimenti cautelari” – allegata dal D.M. n. 55 del 2014 (applicabile ratione temporis) e dell’art. 6 – rubricato “cause di valore superiore ad Euro 520.000,00” – del medesimo D.M., i valori medi tariffari per il procedimento per ricorso conservativo si specificano come segue.

Per il primo grado cautelare, per lo scaglione compreso tra Euro 1.000.000,00 ed Euro 2.000,000,00, pur a prescindere dalla “fase istruttoria e/o di trattazione”, sono pari ad Euro 5.931,90 per la “fase di studio della controversia”, ad Euro 2.509,65 per la “fase introduttiva del giudizio”, ad Euro 4.106,70 per la “fase decisionale”.

Cosicché, all’esito della diminuzione del 50% del D.M. n. 55 del 2014, ex art. 4, comma 1, i “minimi” si specificano nel complesso in Euro 6.274,12.

Per il secondo grado cautelare, per lo scaglione compreso tra Euro 2.000.000,00 ed Euro 4.000,000,00, pur a prescindere dalla “fase istruttoria e/o di trattazione”, sono pari ad Euro 7.711,47 per la “fase di studio della controversia”, ad Euro 3.262,55 per la “fase introduttiva del giudizio”, ad Euro 5.338,71 per la “fase decisionale”.

Cosicché, all’esito della diminuzione del 50% del D.M. n. 55 del 2014, ex art. 4, comma 1, i “minimi” si specificano nel complesso in Euro 8.156,37.

92. In dipendenza dell’accoglimento dell’ottavo motivo del ricorso principale e del settimo motivo del ricorso incidentale la sentenza definitiva n. 644/2016 della Corte d’Appello di Lecce, nei limiti dell’accoglimento degli stessi motivi, va cassata con rinvio alla stessa corte d’appello in diversa composizione anche ai fini della regolamentazione delle spese del presente giudizio di legittimità limitatamente al rapporto processuale tra la “Italiana Investimenti e Partecipazioni” (già “Oleifici Italiani”) e la “Ital Bi Oil”, da un lato, e la “I.B. International Trading Co.”, dall’altro.

93. In dipendenza dell'”estraneità” della “Casa Olearia Italiana” s.p.a. rispetto al settimo (ed accolto) motivo del ricorso incidentale e del rigetto degli ulteriori motivi del ricorso incidentale la “I.B. International Trading Co.” ltd. va condannata a rimborsare alla “Casa Olearia Italiana” s.p.a. le spese del presente giudizio di legittimità.

La liquidazione segue come da dispositivo.

94. In dipendenza del parziale buon esito e del ricorso principale e del ricorso incidentale non sussistono i presupposti processuali perché, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, le ricorrenti principali, “Italiana Investimenti e Partecipazioni” s.p.a. (già “Oleifici Italiani” s.p.a.) e “Ital Bi Oil” s.r.l., nonché la ricorrente incidentale, “I.B. International Trading Co.” ltd., siano tenute a versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione a norma dell’art. 13, comma 1 bis D.P.R. cit..

P.Q.M.

accoglie l’ottavo motivo del ricorso principale ed il settimo motivo del ricorso incidentale, cassa, in relazione e nei limiti dell’accoglimento dei medesimi motivi, la sentenza definitiva n. 644 dei 27.4/21.6.2016 della Corte d’Appello di Lecce e rinvia alla stessa corte d’appello in diversa composizione anche ai fini della regolamentazione delle spese del presente giudizio di legittimità limitatamente al rapporto processuale tra la “Italiana Investimenti e Partecipazioni” s.p.a. (già “Oleifici Italiani” s.p.a.) e la “Ital Bi Oil” s.r.l., da un lato, e la “I.B. International Trading Co.” ltd., dall’altro;

rigetta tutti gli ulteriori motivi del ricorso principale;

rigetta tutti gli ulteriori motivi del ricorso incidentale;

condanna la ricorrente incidentale, “I.B. International Trading Co.” ltd., a rimborsare alla controricorrente, “Casa Olearia Italiana” s.p.a., le spese del presente giudizio di legittimità, che si liquidano in complessivi Euro 10.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre rimborso forfetario delle spese generali nella misura del 15%, i.v.a. e cassa come per legge.

Così deciso in Roma, a seguito di apposita riconvocazione – nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 14 gennaio 2022.

Depositato in Cancelleria il 7 marzo 2022

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