Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7355 del 07/03/2022

Cassazione civile sez. III, 07/03/2022, (ud. 12/01/2022, dep. 07/03/2022), n.7355

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente –

Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere –

Dott. RUBINO Lina – Consigliere –

Dott. PELLECCHIA Antonella – rel. Consigliere –

Dott. GORGONI Marilena – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 15737/2019 proposto da:

B.S., Bu.An., Bu.Gi., domiciliati ex

lege in Roma, presso la Cancelleria della Corte di Cassazione,

rappresentati e difesi dall’avvocato Riccardo Gaetano Abate;

– ricorrente –

contro

Ministero Della Salute, in persona del Ministro pro tempore,

domiciliato ex lege in Roma Via Dei Portoghesi 12 l’Avvocatura

Generale Dello Stato da cui è difeso per legge;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 851/2018 della CORTE D’APPELLO di CATANIA,

depositata il 13/04/2018;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

12/01/2022 da Dott. PELLECCHIA ANTONELLA;

udito l’Avvocato Riccardo Gaetano Abate;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SOLDI Annamaria, che ha chiesto l’accoglimento del ricorso per tutte

le motivazioni indicate nelle conclusioni in atti.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Nel 2003, B.S., Bu.Gi. e An. convenivano in giudizio il Ministero della Salute al fine di ottenere la condanna al risarcimento del danno derivato dalla morte del loro congiunto, Bu.Mi..

Esponevano che il Bu., dopo essersi imbarcato come marinaio sulla nave “(OMISSIS)” di proprietà della Finaval decedeva il (OMISSIS) durante il tragitto verso il porto di (OMISSIS) a causa di una “stenosi serrata arteriosclerotica delle coronarie con ipertrofia cardiaca e arteriosclerosi aortica generalizzata”, come accertato dalla diagnosi anatomica formulata a seguito dell’autopsia.

I ricorrenti identificavano la causa del decesso nella condotta del medico, Dottor G., che in occasione delle visite biennali presso il servizio di assistenza sanitaria ai naviganti previsti dalla L. n. 1602 del 2002, aveva attestato l’idoneità fisica all’imbarco del Bu..

Il Tribunale di Catania, con la sentenza n. 1380/2012, ritenendo sussistente il nesso di causalità tra il comportamento omissivo imputabile al sanitario ed il decesso del Bu., condannava il Ministero della Salute al risarcimento dei danni in favore degli attori.

In particolare, il giudice di primo grado ha ritenuto che, date le particolari caratteristiche del lavoro in ambiente marittimo rispetto a quello svolto in terra, sarebbe stata opportuna la prescrizione, da parte del Dott. G., di un esame ECG (elettrocardiogramma) da cui sarebbe emersa l’ipertrofia ventricolare di cui il Bu. era affetto – che avrebbe, conseguentemente, condotto ad una diagnosi di incompatibilità con il lavoro marittimo.

Pertanto, ha concluso il Tribunale, nel caso in cui il medico avesse tenuto un diligente comportamento professionale, probabilmente si sarebbe evitata la morte della vittima.

2. La Corte d’Appello di Catania, con la sentenza n. 851/2018, in riforma della pronuncia di primo grado, accoglieva l’appello e rigettava le domande risarcitorie proposte da parte attrice.

La Corte territoriale, dopo aver dichiarato infondata l’eccezione di inammissibilità dell’appello per tardività, escludeva che l’omissione della condotta, ipotizzata come doverosa, da parte del medico avesse inciso nella causazione del danno.

Sulla scorta delle due CTU, eseguite in primo grado, ritenute sovrapponili, la Corte affermava, infatti, che l’esecuzione di un elettrocardiogramma ed eventualmente, in sede di approfondimento diagnostico, di un eco-cardiogramma avrebbe senza dubbio evidenziato l’ipertrofia ventricolare sinistra (già rilevata in occasione di un precedente ricovero ospedaliero del Bu.) ma non anche la coronaropatia su base arteriosclerotica, causa del decesso. Per la diagnosi di detta patologia, specificava la Corte, sarebbero stati necessari altri e specifici esami, la cui esecuzione non era giustificata in assenza di chiari sintomi clinici indicativi di una patologia cardiaca.

Alla luce di ciò, la Corte escludeva che la condotta omessa da parte del Dott. G. avrebbe potuto evitare il decesso del Bu., in quanto conseguente ad un evento non prevedibile e non evitabile.

3. Avverso tale sentenza B.S., Bu.Gi. e An. propongono ricorso per cassazione sulla base di sette motivi.

3.1. Il Ministero della Salute resiste con controricorso illustrato da memoria.

3.2. Il Procuratore Generale ha depositato conclusioni scritte chiedendo l’accoglimento del ricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

4.1. Con il primo motivo, i ricorrenti lamentano: nullità della sentenza, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 4, per violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4.

La Corte d’Appello sarebbe incorsa in un errore – che avrebbe determinato la contraddittorietà e l’illogicità della sentenza – nell’affermare che gli esiti delle consulenze tecniche svolte nel giudizio di primo grado fossero sovrapponibili. Ritengono i congiunti della vittima che, da una attenta lettura delle consulenze, si giungerebbe a conclusioni diverse, avendo la seconda CTU concluso per un profilo di responsabilità del sanitario fiduciario del Ministero della Salute.

4.2. Con il secondo motivo i ricorrenti lamentano nullità della sentenza per vizio di motivazione, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 4, per violazione dell’art. 195 c.p.c., comma 2, n. 4.

I ricorrenti sostengono che la Corte territoriale, nel motivare la sentenza impugnata, si sia riportata acriticamente a quanto sostenuto dal CTU D.M., considerando sovrapponibili gli esiti di detta consulenza con quelli svolti dalla seconda CTU (Dott.ssa L.) senza prendere in considerazione le puntuali osservazioni mosse dal CTP di parte attrice e senza indicare le ragioni per cui aveva ritenuto opportuno disattenderle.

4.3. Con il terzo motivo, i ricorrenti lamentano violazione e/o falsa applicazione, ex art. 360 c.p.c., n. 3, dell’art. 116 c.p.c., in relazione agli artt. 1176,2043,2236 c.c..

I ricorrenti sostengono che la sovrapposizione degli esiti delle CTU operata dal Giudice di merito costituirebbe un errore determinante che si è riversato sulla ricostruzione del fatto, in quanto ha comportato l’esclusione della responsabilità dei convenuti, con la conseguente commissione di un error in indicando.

4.4. Con il quarto motivo di ricorso, proposto in via subordinata rispetto al terzo, i ricorrenti lamentano: omessa valutazione di un fatto storico, decisivo, risultante dagli atti di causa ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5.

La Corte d’Appello avrebbe omesso di considerare più fatti storici decisivi che hanno determinato un errore nella motivazione e, in particolare: che il Dott. G., quale medico di fiducia del Bu., conosceva l’ipertrofia ventricolare sinistra da cui era affetta la vittima, in quanto diagnosticata due mesi prima dai sanitari dell’ospedale di (OMISSIS); che il Bu., in occasione della visita di idoneità, era stato visitato, previa anamnesi remota e prossima, esame obiettivo, rilevazione della pressione arteriosa, esame radiografico del torace, esame delle urine, come era emerso dalla stessa sentenza della Corte nonché dalla relazione del CTU Dott.ssa L.; che il Dott. G., sulla base del buon senso, avrebbe dovuto eseguire un ECG da cui sarebbe emersa la ipertrofia ventricolare sinistra che, unita all’età e alla tipologia del lavoro di marinaio, avrebbe reso opportuna la non concessione dell’idoneità fisica al servizio a bordo o, quantomeno, la sottoposizione ad altri accertamenti.

I ricorrenti sostengono che, se questi fatti fossero stati considerati, la Corte sarebbe pervenuta ad una decisione opposta, in quanto i sintomi che, a giudizio della Corte, rendevano possibile prescrivere quegli esami, definiti particolarmente invasivi, erano, nel caso di specie, sussistenti.

4.5. Con il quinto motivo di ricorso, i ricorrenti lamentano nullità della sentenza, ex art. 360 c.p.c., n. 4, per violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4. La Corte d’Appello avrebbe escluso la sussistenza del nesso di causalità fra la condotta del sanitario e l’evento morte in modo contraddittorio ed illogico rispetto agli atti del giudizio presi in considerazione per la decisione.

In particolare, la Corte avrebbe fondato la decisione sulle conclusioni formulate dal primo CTU senza indicare le ragioni per cui ha ritenuto non fondate le relazioni del secondo CTU nonché quelle del CTP, poste, invece, alla base della decisione del giudice di prime cure.

4.6. Con il sesto motivo, proposto in via subordinata rispetto al quarto, i ricorrenti lamentano, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, violazione e/o falsa applicazione dell’art. 116 c.p.c. e degli artt. 2043 e 1218 c.c..

La Corte territoriale, nel ritenere maggiormente probabile che la condotta omessa da parte del Dott. G. non avrebbe in ogni caso consentito di accertare la patologia coronarica di cui il Bu. era affetto, aveva travisato la risultanza della prova, con violazione dell’art. 116 c.p.c..

Da tale violazione sarebbe derivata un’errata ricostruzione del fatto, l’esclusione del nesso di causalità e il rigetto della domanda, con conseguente violazione degli artt. 40 e 41 c.p., art. 112 c.p.c. e art. 2043 c.c..

4.7. Con il settimo motivo di ricorso, proposto in via subordinata rispetto al quarto e al quinto, i ricorrenti lamentano, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, violazione e/o falsa applicazione degli artt. 40 e 41 c.p. e artt. 2043,2967 e 1218 c.c..

La Corte d’Appello, nell’escludere il nesso di causalità tra la condotta omessa e l’evento di danno sulla base della considerazione che l’evento si sarebbe comunque verificato in quanto non prevedibile al momento della visita di idoneità, avrebbe violato il criterio della preponderanza dell’evidenza e, quindi, il principio sul nesso di causalità come adottato e applicato dalla consolidata giurisprudenza della Corte di legittimità.

Inoltre, a giudizio dei ricorrenti, la Corte, per escludere la colpa del Dott. G. e la rilevanza causale della sua condotta, non avrebbe potuto limitarsi ad evocare acriticamente la relazione tecnica del primo CTU, ma avrebbe dovuto riconoscere la colpa ed il nesso eziologico sulla base della giurisprudenza della Corte di Cassazione, la quale afferma che, nel caso in cui si prospetti una questione circa l’incidenza di una causa naturale nella determinazione dell’evento pregiudizievole, le alternative sono o che il fattore naturale sia tale da escludere del tutto il nesso di causa, ovvero che il danneggiante/debitore non abbia fornito la prova della causa non imputabile, con conseguente riconducibilità, in termini di responsabilità tout court, della lesione della salute alla condotta colpevole (in termini, Cass. 18392/2017 e, ancor prima, Cass. 15991/2011).

5. Il ricorso è fondato.

I ricorrenti lamentano, sotto diversi profili, sia l’erroneità dei criteri di accertamento del nesso di causalità tra la condotta omissiva del medico sanitario e il decesso del paziente, autorizzato ad imbarcarsi e poi colpito, poche ore prima di sbarcare, da “stenosi serrata arteriosclerotica delle coronarie con ipertrofia cardiaca-arteriosclerosi aortica generalizzata”, sia il mancato accertamento dei profili colposi della condotta omissiva del sanitario.

Le censure sono fondate.

La Corte territoriale non ha, nella specie, correttamente applicato l’insegnamento di questa Corte regolatrice, alla luce del quale il nesso causale, in sede civile, è regolato, sul piano strutturale, dai principi della regolarità causale – integrati, se del caso, da quelli dell’aumento del rischio e dello scopo della norma violata – ferma restando, sul piano funzionale (i.e. della causalità specifica, ovvero della probabilità logica “combinata”), la diversità del regime probatorio applicabile, in ragione dei differenti valori sottesi al processo penale ove vige la regola dell’alto grado di probabilità logica e di credibilità razionale.

Sul piano funzionale, la verifica del nesso causale tra condotta omissiva e fatto dannoso si sostanzia nell’accertamento della probabilità, positiva o negativa, del conseguimento del risultato idoneo ad evitare il rischio specifico di danno, riconosciuta alla condotta omessa, da compiersi mediante un giudizio controfattuale che pone al posto dell’omissione il comportamento dovuto. Tale giudizio si conforma ad uno standard di certezza probabilistica che, in materia civile (come in quella penale), non può essere ancorato alla determinazione quantitativa-statistica delle frequenze di classi di eventi (cd. probabilità quantitativa o pascaliana), la quale potrebbe anche mancare o essere inconferente, ma va verificato riconducendone il grado di fondatezza del factum probandum nell’ambito degli elementi di conferma (e, nel contempo, di esclusione di altri possibili e alternativi) disponibili nel caso concreto, sulla base della combinazione logica degli elementi fattuali disponibili in seno al processo (cd. probabilità logica o baconiana: Cass. s.u. 576 e 577/2008; Cass. n. 23197/2018).

Il primo criterio funzionale (che può essere correttamente definito come quello della prevalenza relativa) implica che, rispetto ad ogni enunciato, venga considerata l’eventualità che esso possa essere vero o falso, e che l’ipotesi positiva venga scelta come alternativa razionale quando è logicamente più probabile di altre ipotesi, in particolare di quella/e contraria/e, senza che la relativa valutazione risulti in alcun modo legata ad una concezione meramente statistico/quantitativa della probabilità, per essere viceversa scartata quando le prove disponibili le attribuiscono un grado di conferma “debole” (tale, cioè, da farla ritenere scarsamente credibile rispetto alle altre).

In altri termini, il giudice deve scegliere l’ipotesi fattuale ritenendo “vero” l’enunciato che ha ricevuto il grado di maggior conferma relativa, sulla base della valutazione dapprima atomistica (in applicazione del metodo analitico), poi combinata (in attuazione della metodica olistica) degli elementi di prova disponibili e attendibili rispetto ad ogni altro enunciato, senza che rilevi il numero degli elementi di conferma dell’ipotesi prescelta, attesa l’impredicabilità di una aritmetica del valori probatori.

Il secondo criterio (più probabile che non) comporta che il giudice, in assenza di altri fatti positivi, scelga l’ipotesi fattuale che riceve un grado di conferma maggiormente probabile rispetto all’ipotesi negativa: in altri termini, il giudice deve scegliere l’ipotesi fattuale che abbia ricevuto una conferma probatoria positiva, ritenendo “vero” l’enunciato che ha ricevuto un grado di maggior conferma relativa dell’esistenza del nesso, sulla base delle prove disponibili, rispetto all’ipotesi negativa che tale nesso non sussista.

In entrambi i casi, il termine “probabilità” non viene riferito, per quanto si è andati sinora esponendo, al concetto di frequenza statistica, bensì al grado di conferma logica che la relazione tra facta probata ha ricevuto in seno al processo; la probabilità logica consente, pertanto, di accertare ragionevoli verità relative sulla base degli indizi allegati: permanendo l’incertezza, ed in assenza di una conferma positiva dell’esistenza del fatto da provare, il giudice dovrà necessariamente far ricorso alla disciplina legale dell’onere probatorio, rigettando la domanda (Cass. 18392/2017).

Nel caso di specie, il giudice di appello non fatto uso corretto dei principi enunciati, incorrendo, pertanto, nel vizio di sussunzione denunciato dai ricorrenti.

La Corte territoriale, dopo aver accertato che, prima dell’imbarco, Bu.Mi. si era sottoposto, il (OMISSIS), alla visita biennale di idoneità fisica, ritiene che “alla visita di idoneità non emergessero elementi clinici o anamnestici tali da giustificare ulteriori esami strumentali”, in palese e insanabile contraddizione con quanto specularmente affermato nel riferirsi alla storia clinica del Bu. e, in particolare, al ricovero per trauma cranico con frattura dello sterno (conseguente ad un incidente stradale), in occasione del quale – scrive ancora il giudice territoriale – “emersero dati clinici non rilevati dal Dott. G. in sede di idoneità”, mentre la cartella clinica redatta in quell’occasione riportava, segnatamente per quanto attinente al cuore e ai vasi, “aia cardiaca ingrandita; lieve soffio aortico; segni di ipertrofia ventricolare sx rilevata da esame ECG” con conseguente indicazione all’esecuzione di un ecocardiogramma (tutte circostanze ben più correttamente valorizzate dal giudice di primo grado in sede di valutazione della efficienza causale della condotta omissiva del medico convenuto).

Altrettanto insanabile appare la contraddittorietà e la illogicità dell’affermazione secondo la quale, nonostante i CTU avessero affermato che l’esecuzione, da parte del Dott. G., di un elettrocardiogramma ed eventualmente di un ecocardiogramma avrebbe consentito il riscontro della (già rilevata in occasione del precedente ricovero ospedaliero) ipertrofia ventricolare sinistra, “tali esami non avrebbero di per se potuto evidenziare la patologia coronarica su base arteriosclerotica responsabile decesso – che, per essere diagnosticata, abbisognava di specifici esami”, volta che proprio l’omissione di quegli esami costituirono il determinante antecedente causale della successiva omissione del necessario approfondimento della situazione patologica del marinaio, nonostante lo stesso CTU avesse rimarcato l’importanza “che i lavoratori marittimi fossero sottoposti ad un attento controllo anche cardiologico”, – e perciò ritenendo la stessa Corte, espressamente e inequivocabilmente “censurabile per difetto di prudenza l’operato del medico che aveva omesso l’esecuzione dell’esame ECG”.

Erra, per altro verso, il giudice territoriale nel discorrere “di non prevedibilità della causa del decesso, che poteva rimanere misconosciuta alla visita di idoneità o da esaminarsi invece in termini di probabilità secondo i criteri poc’anzi ricordati – in applicazione dei quali il giudizio controfattuale, nel caso di specie, non poteva limitarsi all’accertamento se i normali controlli di routine avrebbero evitato il decesso, ma, spingendosi oltre nella ricostruzione ex ante della catena causale nella fattispecie concreta, estendersi ulteriormente all’indagine circa la probabilità che gli ulteriori esami, indicati con precisione in sede di CTU, avrebbero evidenziato o meno le controindicazioni all’imbarco marittimo di un soggetto portatore di una patologia coronarica – per poi formulare (come più correttamente accaduto in sede di giudizio di primo grado) un giudizio logico-presuntivo circa la rilevanza causale delle pur provate omissioni rispetto all’evento.

6. Il ricorso deve, pertanto, essere accolto nei limiti di cui in motivazione, con conseguente cassazione della sentenza impugnata e con rinvio del procedimento alla Corte di appello di Catania che, in altra composizione, applicherà i principi di diritto sopra esposti, provvedendo altresì alla liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia il procedimento alla Corte di appello di Catania che, in altra composizione, applicherà i principi di diritto sopra esposti, liquidando le spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 12 gennaio 2022.

Depositato in Cancelleria il 7 marzo 2022

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