Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7354 del 07/03/2022

Cassazione civile sez. III, 07/03/2022, (ud. 20/12/2021, dep. 07/03/2022), n.7354

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente –

Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere –

Dott. PORRECA Paolo – Consigliere –

Dott. MOSCARINI Anna – rel. Consigliere –

Dott. AMBROSI Irene – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 22118/2019 proposto da:

C.R., rappresentata e difesa dall’avvocato CLAUDIO

RIVELLINI, e con il medesimo elettivamente domiciliato in Roma Viale

Delle Milizie 48, presso lo studio dell’avvocato Corvasce Francesco,

Pec: claudio.rivellini.avvocatiudine.it,

francescocorvasce.ordineavvocatiroma.org;

– ricorrente –

contro

AZIENDA SANITARIA UNIVERSITARIA INTEGRATA (OMISSIS), in persona del

legale rappresentante, rappresentata e difesa dall’avvocato DIEGO

MODESTI, e domiciliata presso la cancelleria della Corte di

cassazione Pec. Diego.modesti.avvocatiudine.it;

– resistente –

avverso la sentenza n. 302/2019 della CORTE D’APPELLO di TRIESTE,

depositata il 15/05/2019;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

20/12/2021 da Dott. MOSCARINI ANNA;

lette le conclusioni scritte del P.M., in persona del Sostituto

Procuratore Generale Dott. CARDINO Alberto.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. C.R. convenne, dinanzi al Tribunale di Udine, l’Azienda (OMISSIS), per chiederne la condanna al risarcimento dei danni patiti in conseguenza della morte della sorella C.V.. A sostegno della domanda assunse la sussistenza di profili di colpa medica, nella specie attinenti al ritardo nell’esecuzione dell’intervento di asportazione di un neo, degenerato rapidamente in metastasi in tempi molto brevi e causa della morte della giovane.

L’Azienda convenuta si costituì in giudizio, chiedendo il rigetto della domanda.

2. Istruita la causa mediante espletamento di CTU medico legale, il Tribunale di Udine, con sentenza n. 1002/2018, rigettò la domanda, ritenendo che la colpa medica dovesse essere esclusa per caso fortuito, in ragione di un’evoluzione anomala della patologia, caratterizzata da modalità in concreto non prevedibili e non prevenibili. Conseguentemente, condannò l’attrice alla rifusione delle spese di lite.

3. Proposto appello, nel contraddittorio tra le parti, la Corte d’Appello di Trieste, con sentenza n. 302/2019, ne ha dichiarato l’inammissibilità per mancanza dei requisiti prescritti dall’art. 342 c.p.c. e ha condannato quindi l’appellante alle spese del grado.

4. Sia avverso la sentenza di primo, sia avverso la sentenza di secondo grado, C.R. ha proposto ricorso per cassazione sulla base di quattro motivi.

L’Azienda Sanitaria Universitaria Integrata di (OMISSIS) (già (Azienda (OMISSIS)) ha resistito con controricorso.

5. La trattazione è stata fissata alla pubblica udienza in vista della quale le parti non hanno chiesto trattazione orale della causa.

Il P.G. ha depositato conclusioni scritte nel senso del rigetto del ricorso e parte ricorrente ha depositato memoria ex art. 378 c.p.c..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Preliminarmente deve essere dichiarata l’inammissibilità dell’impugnazione proposta nei confronti della sentenza n. 1002/2018 del Tribunale di Udine: invero, diversamente da quanto opinato da parte ricorrente, la Corte d’Appello di Trieste non ha pronunciato ordinanza ex art. 348-bis c.p.c., perché l’impugnazione non aveva ragionevole probabilità di essere accolta, ma ha piuttosto pronunciato sentenza di inammissibilità per difetto dei requisiti di specificità del gravame previsti dall’art. 342 c.p.c., sicché non può ritenersi applicabile, al caso di specie, la previsione di cui all’art. 348-ter c.p.c., comma 3, in ordine alla diretta ricorribilità per cassazione del provvedimento di primo grado.

Ciò premesso, le censure proposte vanno scrutinate con riguardo alla sentenza della Corte d’Appello, l’unica utilmente impugnata.

1. Con il primo motivo di ricorso – violazione e/o falsa applicazione dell’art. 101 c.p.c. e art. 24 Cost., commi 1-2, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 – parte ricorrente si duole del fatto che la Corte territoriale abbia posto a fondamento della propria decisione una questione rilevata d’ufficio, ovverosia il difetto di chiarezza e di svolgimento argomentativo dell’atto di appello, senza tuttavia garantire il contraddittorio e cioè senza assegnare un temine per il deposito in cancelleria di memorie contenenti osservazioni sulla questione.

1.1 Il motivo è infondato. E invero, questa Corte ha già affermato che, in tema di contraddittorio, le questioni di esclusiva rilevanza processuale, siccome inidonee a modificare il quadro fattuale e a determinare nuovi sviluppi della lite non presi in considerazione dalle parti, non rientrano tra quelle che, ai sensi dell’art. 101 c.p.c., comma 2, se rilevate d’ufficio, vanno sottoposte alle parti, le quali, per altro verso, devono avere autonoma consapevolezza degli incombenti cui la norma di rito subordina l’esercizio delle domande giudiziali (cfr., da ultimo, Cass., Sez. VI-5, ord. n. 6218/2019; Cass., 6-5, n. 19372 del 29/9/2015). Erra, dunque, parte ricorrente nel dolersi della rilevazione senza contraddittorio di una questione di natura processuale, qui relativa all’ammissibilità dell’impugnazione.

2. Con il secondo motivo di ricorso – violazione e/o falsa applicazione dell’art. 281-sexies c.p.c., art. 339 c.p.c., art. 112 c.p.c. e art. 24 Cost., commi 1-2, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3-4 – parte ricorrente lamenta nullità della sentenza o del procedimento stante la mera apparenza della motivazione sul punto della inadeguatezza della consulenza tecnica d’ufficio, del diverso accertamento tecnico compiuto dal perito di parte e sull’omessa domanda di rinnovazione della CTU di primo grado.

2.1 Il motivo è infondato. Il vizio dedotto non sussiste, avendo la Corte d’Appello preso in considerazione i contenuti della consulenza, in relazione alle censure mosse dalla parte, delle quali si è evidenziata l’incompletezza e l’inconferenza (pp. 2 e 3).

3. Con il terzo motivo di ricorso – violazione e/o falsa applicazione dell’art. 342 c.p.c., nn. 1-2, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – parte ricorrente censura la sentenza impugnata per aver negato all’atto di appello sufficiente chiarezza nell’individuazione delle questioni e dei punti contestati della decisione di primo grado.

3.1 Anche questo motivo è infondato. Il giudice non si è spogliato della potestas iudicandi limitandosi ad una decisione di inammissibilità per difetto dei presupposti di cui all’art. 342 c.p.c., ma ha pronunciato, nel merito, rigettando la questione della violazione dell’art. 342 c.p.c..

4. Con il quarto motivo di ricorso – violazione e/o falsa applicazione dell’art. 339 c.p.c., art. 112 c.p.c. e art. 24 Cost., commi 1-2, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – vengono sostanzialmente riproposte le censure di cui ai motivi secondo e terzo.

4.1 Il motivo è inammissibile, avuto riguardo alle medesime argomentazioni già esposte in sede di trattazione di quei motivi; comunque, difetta gravemente di specificità, soprattutto laddove si riferisce del tutto genericamente ai quesiti peritali e ai profili di negligenza attribuiti alla condotta del dermatologo e dei sanitari.

5. Conclusivamente il ricorso è rigettato e la ricorrente è condannata a pagare, in favore di parte resistente, le spese del giudizio di cassazione liquidate come in dispositivo. E’ ammessa al gratuito patrocinio. Si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, di un importo a titolo di contributo unificato pari a quello versato per il ricorso, se dovuto.

P.Q.M.

La Corte dichiara il ricorso inammissibile e condanna i ricorrenti, ammessi al gratuito patrocinio, a pagare, in favore della parte resistente, le spese del giudizio di cassazione, liquidate in Euro 5000 (oltre Euro 200 per esborsi), più accessori di legge e spese generali. Dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, pari a quello versato per il ricorso, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio Sezione Terza Civile, il 20 dicembre 2021.

Depositato in Cancelleria il 7 marzo 2022

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