Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7353 del 07/03/2022

Cassazione civile sez. III, 07/03/2022, (ud. 16/12/2021, dep. 07/03/2022), n.7353

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIVALDI Roberta – Presidente –

Dott. DE STEFANO Franco – Consigliere –

Dott. VALLE Cristiano – Consigliere –

Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere –

Dott. PORRECA Paolo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 2053/2020 proposto da:

P.P., rappresentato e difeso dall’avvocato Andrea

Giugliano, domiciliazione p.e.c.

andreagiugliano.avvocatinapoli.legalmail.it;

– ricorrente –

contro

Agenzia Delle Entrate Riscossione, rappresentata e difesa

dall’Avvocatura Generale dello Stato;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1942/2019 del TRIBUNALE di NAPOLI NORD,

depositata il 02/07/2019;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

16/12/2021 da Dott. PORRECA PAOLO.

 

Fatto

FATTO E DIRITTO

Rilevato che:

P.P. si opponeva a due cartelle esattoriali cui erano sottese pretese sanzionatorie per violazioni al codice stradale, deducendo di averne appreso l’esistenza a mezzo degli estratti di ruolo rilasciati dal concessionario e opponendo l’intervenuta prescrizione quinquennale e la carenza di titolo esecutivo stante la mancata notifica del verbale;

il Giudice di Pace rigettava l’opposizione osservando che l’Agenzia delle Entrate Riscossione aveva depositato copia delle cartelle’ impugnate e non era decorso il termine quinquennale di prescrizione, sicché la pretesa si era cristallizzata;

appellava l’originario opponente in ragione del decorso di cinque anni tra la data di affermata notifica delle cartelle, 22 aprile e 22 giugno 2012, e quella del rilascio dell’estratto di ruolo, 18 settembre 2017, nonché ribadendo, da un lato, il difetto di titolo esecutivo atteso che il verbale di accertamento sotteso non era stato notificato, e, dall’altro, l’ammissibilità senza limiti temporali dell’opposizione all’esecuzione in relazione all’eccepita prescrizione;

il Tribunale rigettava il gravame osservando che:

– la mancata notifica del verbale che giustificava l’iscrizione a ruolo, avrebbe dovuto farsi valere nei termini del D.Lgs. n. 150 del 2011, ex art. 7, sicché la deduzione era tardiva;

– l’intervenuta prescrizione non poteva dedursi impugnando l’estratto di ruolo, difettando l’interesse ad agire in mancanza di un atto di esercizio della pretesa da parte dell’amministrazione, non essendo ammissibile l’azione di accertamento “pura” ossia svincolata da ogni ulteriore attività dell’agente per la riscossione successiva alla notifica delle cartelle;

avverso questa decisione ricorre per cassazione P.P. articolando tre motivi, corredati da memoria;

resiste con controricorso la sola Agenzia delle Entrate Riscossione;

Rilevato che:

con il primo motivo si prospetta la violazione e falsa applicazione della L. n. 228 del 2012, artt. 537, 538,543, artt. 81,100,112,318,320,339,341,342,343,345,346,347,615 c.p.c., artt. 2907,2934,2935 c.c., L. n. 689 del 1981, art. 28, art. 24 Cost., poiché il Tribunale avrebbe errato fondando la carenza d’interesse ad agire sulla possibilità di chiedere lo sgravio della pretesa in via amministrativa, senza interventi giudiziali, non integrando, quella richiesta, alcuna condizione per l’azione in sede giurisdizionale, possibile senza limite temporale per dedurre la prescrizione maturata successivamente all’affermata notifica delle cartelle;

con il secondo motivo si prospetta l’illogicità, contraddittorietà e apparenza della motivazione, nonché la violazione e falsa applicazione dell’art. 132 c.p.c., n. 4, artt. 101,156 c.p.c., D.P.R. n. 602 del 1973, art. 50, comma 2, artt. 24,111 Cost., poiché era emerso che il concessionario aveva proceduto a intimazione di pagamento e dunque ad esercitare la pretesa, legittimando l’azione di accertamento negativo svolta, non rilevando, viceversa, che di tale atto, quand’anche non impugnato, fosse stata negata, già davanti al Tribunale, la producibilità in appello, oltre che, in ogni caso, l’avvenuta notifica;

con il terzo motivo si prospetta la violazione e falsa applicazione degli artt. 81,100,112,318,320,339,341,342,343,345,346,347,615 c.p.c., artt. 2907,2934,2935 c.c., L. n. 689 del 1981, art. 28, art. 24 Cost., poiché con l’atto di appello era stata eccepita l’intervenuta prescrizione successiva alla notifica delle cartelle, sempre deducibile con opposizione all’esecuzione senza che potesse esservi alcuna tardività, e poiché il Tribunale, aveva sollevato la questione del difetto d’interesse ad agire la cui sussistenza era stata invece fatta propria dal Giudice di Pace senza censure, così come aveva omesso, al contempo, l’esame – o meglio la pronuncia – in ordine alla dedotta carenza di titolo esecutivo per mancata notifica del verbale sotteso;

Rilevato che:

i motivi vanno esaminati unitariamente per connessione, e il ricorso dev’essere rigettato per le ragioni di seguito precisate;

la giurisprudenza di questa Corte ha ammesso l’impugnabilità dell’estratto di ruolo, in quanto una lettura costituzionalmente orientata impone di ritenere che l’impugnabilità dell’atto precedente non notificato, unitamente all’atto successivo notificato, non costituisca l’unica possibilità di far valere l’invalidità della notifica di un atto del quale l’indicato soggetto passivo dell’obbligazione sia comunque venuto legittimamente a conoscenza altrimenti e, quindi, non escluda la possibilità di far valere l’invalidità stessa anche prima, giacché l’esercizio del diritto alla tutela giurisdizionale non può essere compresso, ritardato, reso più difficile o gravoso, ove non ricorra la stringente necessità di garantire diritti o interessi di pari rilievo, rispetto ai quali si ponga un concreto problema di reciproca limitazione (Cass., Sez. U., 02/10/2015, n. 19704);

la portata di questo principio è stata successivamente precisata nel senso che deve trattarsi di un’opposizione recuperatoria, ovvero che recupera, senz’attendere la conoscenza di ulteriori atti, la tutela avverso l’atto, ossia la cartella, invalidamente notificato, e in ragione di questa invalidità non (ancora) conosciuto (Cass., 25/02/2019, n. 5443, che peraltro equipara l’invalida notifica all’assenza di notifica, che traduce una mancanza di atti pretensivi da parte dell’amministrazione a fronte della natura di atto meramente interno propria dell’estratto di ruolo, quale riaffermata nel medesimo arresto);

in altri termini, l’impugnazione della cartella esattoriale, la cui esistenza risulti da un estratto di ruolo rilasciato dal concessionario per la riscossione su richiesta del debitore è ammissibile, in questa cornice, soltanto se il contribuente alleghi di non aver mai avuto conoscenza in precedenza della cartella per un vizio di notifica, e quindi solo in funzione recuperatoria: diversamente, e cioè ammettendo l’azione di mero accertamento negativo del credito, risultante dalla cartella o dal ruolo, tutte le volte in cui il contribuente si procuri un estratto di ruolo in cui essa sia riportata, si produrrebbe l’effetto distorto di rimettere in termini il debitore rispetto alla possibilità d’impugnare la cartella anche in tutti i casi in cui egli fosse già stato a conoscenza, in precedenza, della sua esistenza (Cass., 10/11/2016, n. 22946, pag. 6);

nella stessa e anzi più rigorosa prospettiva risulta convergere il legislatore ordinario che, in sede di conversione del D.L. n. 146 del 2021, con L. n. 215 del 2021, ha ribadito, con norma collocata nel “corpus” della disciplina tributaria (D.P.R. n. 602 del 1973, art. 12, comma 4-bis), la regola generale dell’inimpugnabilità dell’estratto di ruolo, aggiungendo che resta ferma, diversamente, l’impugnabilità del “ruolo e la cartella di pagamento che si assume invalidamente notificata” in specificate e tassative eccezioni (legate alle procedure di appalto, alla riscossione di somme da soggetti pubblici, o alla perdita di benefici con una pubblica amministrazione);

nel caso in scrutinio, riferito come visto a crediti diversi da quelli tributari, il Tribunale ha accertato la notifica delle cartelle (p. 13), senza che sul punto vi sia idonea censura (nulla si dice dell’eventuale invalidità);

ciò posto, qualora si sia di fronte a un’opposizione soggetta a termini, è evidente che l’interessato dovrà evidentemente far valere le proprie ragioni impugnandole nella finestra temporale ammessa: si pensi, appunto, alla materia tributaria, ovvero alla deduzione di ragioni avverso il verbale di accertamento di violazioni al codice stradale che si alleghi non essere stato validamente notificato, nella quale ipotesi il termine è quello infine previsto dal D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 7 (Cass., Sez. U., 22/09/2017, n. 22080 e succ. conf.);

in coerenza, cioè, l’estinzione del titolo per mancata notifica del verbale di accertamento, di cui discute parte ricorrente, avrebbe in tal senso dovuto effettivamente farsi valere nei suddetti termini, come non accaduto (Cass., Sez. U., n. 22080 del 2017, cit., pag. 23);

trattasi di profilo rilevabile peraltro officiosamente, come tutti quelli che afferiscono all’ammissibilità dell’azione, in mancanza, logicamente, di giudicati contrari, derivanti da statuizioni esplicite ovvero comunque univoche, ma non silenti, che non risultino censurate (a mente di Cass., Sez. U., 12/05/2017, 11799, in particolare p. 9.3.3.1);

quando, invece, si deducono fatti estintivi quale la prescrizione, dalla commissione del fatto – e perciò facendo valere la mancata notifica del verbale di accertamento solo come mancanza di atti interruttivi – ovvero successivamente alla notifica della cartella, potendosi esercitare l’opposizione ex art. 615, c.p.c., in un perimetro processuale differente da quello di un giudizio propriamente impugnatorio, non vi sono termini per agire (Cass., Sez. U., n. 22080 del 2017, cit., pag. 25);

in questa ipotesi, viceversa, va d’altro canto ribadito che quando nessuna iniziativa esecutiva è stata intrapresa dall’amministrazione, l’impugnazione del “ruolo”, o meglio la contestazione del credito da esso risultante, deve ritenersi inammissibile per difetto di interesse, non prospettandosi tale accertamento come l’unico strumento volto a eliminare la pretesa: il debitore, tipicamente, potrebbe rivolgersi all’ente titolare in sede amministrativa, chiedendo l’elisione del credito in via di autotutela (il c.d. sgravio), e disponendo egli già di uno strumento per eliminare la pretesa dell’amministrazione, ciò rende non percorribile, per difetto di interesse, la proposizione di un’azione giurisdizionale diretta di mero accertamento, vale a dire senza sussistenza di un “conflitto” riconoscibile come tale (Cass., n. 22946 del 2016, cit., pag. 7);

a fronte delle obiezioni sollevate in ricorso in ordine all’impossibilità di configurare quale condizione dell’azione la mancata istanza di sgravio, va precisato che questa condotta, nella riferita lettura, è stata solo volta, esemplificativamente, a significare come evitare, da parte del soggetto debitore, che l’inerzia dell’amministrazione abbia un significato “neutro” e non sintomatico di quell’incertezza che legittima l’interesse ad agire utilizzando la risorsa giudiziaria, opponendo l’intervenuta prescrizione;

parte ricorrente evidenzia come, in questa cornice, sia stato sottolineato che risulta decisivo lo stato oggettivo d’incertezza sull’esistenza del diritto (Cass., 12/11/2019, n. 29294: nella specie, l’interesse ad agire è stato ravvisato nella contestazione, da parte dell’ente previdenziale, dell’avvenuta prescrizione del credito in epoca successiva alla notifica della cartella; nello stesso senso Cass., 22/07/2020, n. 15603);

ora, con la notifica della cartella l’amministrazione ha esercitato la pretesa, ma l’incertezza deve riferirsi all’eventuale presa d’atto (o meno), da parte dell’amministrazione, del fatto estintivo successivo maturato;

e se ciò è vero, allora deve trarsene la conseguenza che la deduzione dello stato d’incertezza diviene elemento conformativo della domanda quale offerta al contraddittorio della controparte;

l’istante, cioè, non può limitarsi ad affermare l’acquisita conoscenza, tramite l’estratto di ruolo, della pretesa indicata come prescritta, ma deve specificare da quali elementi disponibili emerga quello stato d’incertezza che sorregge, sostanziando l’interesse ad agire, l’azione, latamente preventiva, di accertamento negativo;

e questa conformazione della domanda perimetra le difese che la controparte può svolgere sin dalle prime cure di merito;

in difetto, residuerà un’azione di accertamento “pura,” ovvero una sorta d’interpello giudiziale come tale non riconoscibile, “in radice”, come una pretesa “avversariale” scrutinabile nel quadro dell’attuale ordinamento processuale;

nel caso di specie, è risultato (in grado di appello) che l’amministrazione ha proceduto, successivamente alla notifica delle cartelle e prima dell’acquisizione dell’estratto di ruolo, a notiziare un’intimazione di pagamento, rinnovando la pretesa;

ma nel ricorso, e quindi nella cornice delineata ai termini dell’art. 366 c.p.c., nn. 3 e 6, nulla si dice in ordine all’eventuale allegazione nell’originaria citazione – dell’intimazione come fondante l’interesse ad agire secondo quanto ricostruito;

lo stesso Tribunale precisa che, davanti a sé e dunque solo in secondo grado di merito, le parti avevano discusso dell’atto in parola solo ai fini dell’interruzione della prescrizione e non ai fini del conferimento di significato di atti di esercizio della pretesa (v. testualmente il p. 13);

solamente in questa sede la parte, contraddittoriamente, per un verso deduce la tardività di quella produzione ex art. 345 c.p.c., per altro verso pretenderebbe di utilizzarlo, per la prima volta, al fine di conformare utilmente l’originaria domanda quale sorretta dal discusso interesse;

a conferma del fatto che la ricostruita conformazione utile della pretesa stessa non può declinarsi per divenire scrutinabile a seconda dell’evento della lite: dal che la corretta affermazione conclusiva, da parte del giudice di appello, dell’inammissibilità della medesima;

spese secondo soccombenza.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese processuali di parte controricorrente, liquidate in Euro 500,00, oltre a spese prenotate a debito, spese forfettarie al 15% e accessori legali.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, la Corte dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte ricorrente, se dovuto e nella misura dovuta, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso.

Così deciso in Roma, il 16 dicembre 2021.

Depositato in Cancelleria il 7 marzo 2022

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