Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7352 del 31/03/2011

Cassazione civile sez. trib., 31/03/2011, (ud. 05/01/2011, dep. 31/03/2011), n.7352

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PIVETTI Marco – Presidente –

Dott. PARMEGGIANI Carlo – Consigliere –

Dott. DI IASI Camilla – Consigliere –

Dott. CIRILLO Ettore – Consigliere –

Dott. SAMBITO Maria Giovanna Concetta – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 22349-2006 proposto da:

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, in persona del Ministro pro

tempore, AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliati in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12 presso 2011

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che li rappresenta e difende ope

legis;

– ricorrenti –

contro

PIETRUCCIO DI FERRARA GIUSEPPE & PASQUALE SAS, in persona del

legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA PIAZZA

ISTRIA 2 presso lo studio dell’avvocato TALLARICO FRANCESCO,

rappresentato e difeso dall’avvocato RUSSO CLAUDIO, giusta delega a

margine;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 44/2005 della COMM. TRIB. REG. di MILANO,

depositata il 01/06/2005;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

05/01/2011 dal Consigliere Dott. MARIA GIOVANNA CONCETTA SAMBITO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

BASILE Tommaso che ha concluso per l’inammissibilità, in subordine

il rigetto.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La Commissione Tributaria Regionale della Lombardia, con sentenza del 17.3 – 1.6.2005, ha confermato la decisione con la quale la Commissione Tributaria Provinciale di Milano aveva annullato la cartella di pagamento relativa all’ILOR per l’anno 1994, oltre interessi e sanzioni, ritenendo che la notifica dell’avviso di accertamento, con cui era stato rettificato il reddito alla Società PIETRUCCIO di GP s.a.s., effettuata del D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 60, lett. e) senza che fossero state previamente effettuate ricerche anagrafiche o camerali, fosse nulla.

La CTR ha ritenuto, inoltre, l’infondatezza della pretesa tributaria, rilevando che l’avviso di accertamento, da cui era scaturita la cartella di pagamento, era fondato su una semplice segnalazione nei confronti di terzi, senza alcun riscontro diretto sulla contabilità della contribuente.

Hanno proposto ricorso per cassazione il Ministero dell’Economia e Finanze e l’Agenzia delle Entrate, affidato a tre motivi. Resiste all’impugnazione la Società contribuente.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1) Va, preliminarmente dichiarata, ex officio, l’inammissibilità del ricorso proposto dal Ministero dell’Economia e delle Finanze: a seguito dell’istituzione dell’Agenzia delle entrate, avvenuta con D.Lgs. 30 luglio 1999, n. 300 e divenuta operativa dal 1 gennaio 2001 (D.M. 28 dicembre 2000, ex art. 1), si è verificata una successione a titolo particolare della stessa nei poteri e nei rapporti giuridici strumentali all’adempimento dell’obbligazione tributaria, per effetto della quale deve ritenersi che la legittimazione “ad causam” e “ad processum” nei procedimenti introdotti, quale quello in esame, successivamente al 1 gennaio 2001 (il 7.11.2002, secondo l’assunto, non contestato, della ricorrente) spetta, solo, all’Agenzia (cfr.

S.U. n. 3116 e n. 3118 del 2006, n. 22641 del 2007).

2 a) Col primo motivo del ricorso, l’Agenzia delle Entrate deduce che i giudici d’appello hanno violato e falsamente applicato il D.P.R. n. 600 del 1973, art. 60 e art. 140 c.p.c. nel ritenere “non corretta” la notifica dell’avviso di accertamento, eseguita nelle forme del citato art. 60, lett. e), per l’assenza di preventive ricerche anagrafiche e camerali per reperire il contribuente, e denuncia vizio di motivazione, sul punto decisivo della controversia, relativo ai presupposti di tale modalità di notifica, in quanto non era stato rinvenuto alcun soggetto presso la sede della Società che era stata trasferita in luogo sconosciuto, come da notizie acquisite all’atto della notifica.

La ricorrente, che specifica di aver sperimentato il 13 ed il 20 dicembre 2000, prima di procedere D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 60, lett. e), due tentativi di notifica, presso la sede di (OMISSIS) entrambi andati a vuoto, essendo emerso, dalle informazioni assunte in loco (segnatamente presso la custode dello stabile) che la società “aveva trasferito i propri uffici ignorasi dove”, nega che, in ipotesi di notifica ex art. 60, lett. e), citato, l’Ufficio sia tenuto ad effettuare ricerche di sorta.

2 b) Col secondo motivo, l’Agenzia, deduce violazione degli artt. 100 e 156 c.p.c., D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 21 e 57 nonchè vizio di motivazione, affermando, da una parte, che l’eventuale nullità della notificazione avrebbe dovuto ritenersi sanata “ex tunc” per effetto della notifica nulla, e non inesistente, sperimentata, e, dall’altra che l’ipotetica nullità è inidonea ad incidere sulla validità dell’accertamento notificato.

2 c) Col terzo motivo di ricorso, la ricorrente sostiene che la sentenza impugnata ha ritenuto infondata la petesa impositiva in violazione del D.P.R. n. 600 del 1973, artt. 38, 39 e 42 e con motivazione viziata.

3 a) In relazione al primo motivo, la controricorrente ripropone l’eccezione, sollevata in appello ed implicitamente rigettata con il rigetto nel merito della questione, secondo cui l’Ufficio, rimasto contumace in primo grado, non poteva sostenere, in sede di gravame, di aver notificato l’atto di accertamento, nè dimostrare tale suo assunto, per il divieto posto dal D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 57 e 58.

L’eccezione è infondata. Dalla narrativa della sentenza impugnata si desume che la Società Pietruccio impugnò la cartella di pagamento lamentando, tra l’altro, la mancata notifica dell’avviso di accertamento e che la Commissione Provinciale accolse il ricorso, “perchè l’Ufficio, non essendosi costituito, non forniva la dimostrazione di quanto asserito”. Ne consegue che la questione della (mancata) notifica dell’atto di accertamento ha costituito specifico oggetto del “thema decidendum” già in primo grado, sicchè l’argomento relativo alla ritualità della notifica stessa integra non già un’inammissibile eccezione nuova (come afferma la Società), ma l’esposizione di una ragione di confutazione della decisione di primo grado, in coerenza con la struttura del giudizio tributano, in cui l’Ufficio ha veste di attore in senso sostanziale e la sua pretesa è quella risultante dall’atto impugnato, sicchè quando, come nella specie, la ragione della pretesa è costituita da iscrizione a ruolo conseguente ad accertamento divenuto definitivo, per mancata impugnazione, la questione della notifica dell’accertamento, condizione essenziale per la sua definitività, deve, appunto, ritenersi compresa, fin dall’origine, nel thema decidendum (cfr. Cass. n. 15849/2006).

3b) Il primo motivo è fondato.

Secondo la giurisprudenza di questo giudice di legittimità, la notificazione dell’avviso di accertamento tributario deve essere effettuata secondo il rito previsto dall’art. 140 c.p.c. solo quando siano conosciuti la residenza e l’indirizzo del destinatario, ma non si sia potuto eseguire la consegna perchè questi (o altro possibile consegnatario) non è stato rinvenuto in detto indirizzo da dove tuttavia non risulti, trasferito, mentre deve essere effettuata applicando la disciplina di cui al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 60, lett. e), sostitutivo, per il procedimento tributario, dell’art. 143 c.p.c., quando il messo notificatore non reperisca il contribuente che, dalle notizie acquisite all’atto della notifica, risulti trasferito in luogo sconosciuto (v. in termini, tra le altre, Cass. n. 10189 del 2003).

Nella specie, si legge in sentenza che il messo comunale, recatosi il 27.12.2000 presso la sede della Società, sita in (OMISSIS), procedeva a notificare l’atto nelle forme del citato art. 60, lett. e), per la constatata impossibilità di eseguire la consegna nelle forme previste dagli artt. 138 e 139 c.p.c.. Dalle deduzioni di entrambe le parti si desume che l’attestazione del messo notificatore relativa all’impossibilità della consegna era stata determinata dal pregresso trasferimento della sede sociale in luogo sconosciuto, riferito, all’atto della notifica, dalla custode dello stabile.

Da tanto consegue che il ricorso alla notificazione ex art. 60, lett. e) cit. era legittimo, proprio perchè nel luogo – id est nella sede legale – in cui avrebbe dovuto esser reperito, il destinatario non era stato rinvenuto. Quanto alle ricerche che sarebbero state omesse, prima di sperimentare la notifica, questa Corte intende dare continuità all’indirizzo giurisprudenziale (Cass. n 906/2002, n. 7120/2003 e n. 17064/2006) secondo cui, in caso di impossibilità di notificazione presso il domicilio indicato nella dichiarazione dei redditi, resta esclusa la necessità per l’ufficio di procedere all’espletamento di nuove ricerche, in particolare anagrafiche, tenuto conto che la disciplina della notificazione dell’accertamento regolata dal D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 60 non ricalca quella del codice di procedura civile, essendo ispirata ad un rapporto di soggezione del contribuente al potere impositivo dell’Amministrazione Finanziaria, e considerato, inoltre, che le persone giuridiche, società od enti privi di personalità giuridica (art. 60, comma 3, secondo e terzo periodo) sono soggetti allo specifico onere di comunicazione all’ufficio tributario competente, delle variazioni del domicilio fiscale, in assenza del quale, la dichiarazione è validamente eseguita nel domicilio pregresso.

4) L’impugnata sentenza, che non si è attenuta a tale principio, (citando non a proposito Cass. n. 14475 del 2003, relativa al diverso caso di notifica ex art. 140 c.p.c.) va, in conclusione, cassata, con assorbimento degli altri motivi, ed, in assenza di accertamenti di fatto, la causa va decisa, nel merito, col rigetto del ricorso introduttivo del giudizio, stante la definitività dell’accertamento tributario contenuto nell’avviso di accertamento – su cui si sono incentrate le censure della contribuente – che avrebbe potuto esser impugnato, del D.Lgs. n. 546 del 1992, ex art 19, comma 3 entro sessanta giorni dalla notifica dell’atto conseguente (cartella di pagamento), nell’ipotesi, qui non ricorrente, della sua mancata notifica.

5) La Corte reputa equo compensare, interamente, tra le parti le spese del giudizio, alla luce delle alterne vicende della controversia.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso del Ministero, accoglie il ricorso dell’Agenzia, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso della contribuente. Spese compensate.

Così deciso in Roma, il 5 gennaio 2011.

Depositato in Cancelleria il 31 marzo 2011

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