Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7352 del 07/03/2022

Cassazione civile sez. III, 07/03/2022, (ud. 16/12/2021, dep. 07/03/2022), n.7352

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIVALDI Roberta – Presidente –

Dott. DE STEFANO Franco – Consigliere –

Dott. VALLE Cristiano – Consigliere –

Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere –

Dott. PORRECA Paolo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 24406/2019 proposto da:

B.P.G., rappresentato e difeso dall’avvocato Rosa

Chiericati, domiciliazione p.e.c.

rosachiericati.mantova.pecavvocati.it;

– ricorrente –

contro

Banco Bpm Spa, rappresentata e difesa dall’avvocato Alberto Neri,

domiciliazione p.e.c. alberto.neri.ordineavvocatireggioemilia.it;

– controricorrente –

e contro

Do Value S.p.a., quale mandatario di Unicredit s.p.a., elettivamente

domiciliato in Roma Via del Consolato 6, presso lo studio

dell’avvocato Serra Massimo, rappresentata e difesa dall’avvocato

Carpenito Cinzia;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 387/2019 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA,

depositata il 05/02/2019;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

16/12/2021 da Dott. PORRECA PAOLO.

 

Fatto

FATTO E DIRITTO

Rilevato che:

B.P.G. ricorre, sulla base di tre motivi, corredati da memoria, avverso la sentenza della Corte di appello di Bologna n. 387 del 2019, esponendo che:

– si era opposto a un’esecuzione immobiliare promossa nei suoi confronti dal creditore procedente mutuante DoBank s.p.a., quale mandataria di Unicredit, s.p.a., nella quale era intervenuto il creditore parimenti mutuante Banco Popolare soc. coop., poi divenuto BPM s.p.a., deducendo, per quanto qui ancora rileva, la nullità del tasso pattuito per omessa indicazione del tasso d’interesse annuale praticato, e la nullità per usurarietà del tasso preteso con riferimento: alla mancata inclusione, nei conteggi a tal fine, della commissione per estinzione anticipata, per quanto concerneva il procedente; e, per quanto riguardava anche l’intervenuto, al tasso effettivo di mora, da computare non sull’intera rata scaduta comprensiva degli interessi, bensì sulla frazione di capitale ancora dovuta della rata scaduta;

– il Tribunale, all’esito della fase sommaria, aveva rigettato l’opposizione osservando che il tasso nominale annuale, il tasso di mora, e gli oneri accessori, erano specificatamente indicati nel contratto; la commissione di estinzione anticipata del mutuo non era computabile, ai fini della verifica del superamento o meno del tasso soglia di usurarietà, poiché meramente eventuale e non collegata all’erogazione del credito; la consulenza contabile aveva constatato che tasso corrispettivo e tasso moratorio non superavano le soglie, il conteggio degli interessi moratori sulla rata scaduta comprensiva degli interessi era giustificato dalla natura di clausola penale di quelli;

– la Corte di appello respingeva quest’ultimo osservando in particolare che: la commissione di estinzione anticipata non aveva rilievo per la verifica di usurarietà poiché era un corrispettivo per l’eventuale esercizio di una facoltà di recesso distinto dall’erogazione del credito e dagli interessi a quello afferenti; l’accertamento peritale contabile aveva constatato che anche il tasso di mora pattuito era rispettoso delle soglie stabilite; resistono con controricorso sia BPM, s.p.a., sia Unicredit, s.p.a., e per essa la mandataria DoValue s.p.a., già DoBank, s.p.a.;

Rilevato che:

con il primo motivo si prospetta la violazione e falsa applicazione dell’art. 644 c.p., comma 4, art. 1815 c.c., comma 2, L. n. 108 del 1996 e della L. n. 24 del 2001, poiché la Corte di appello avrebbe errato mancando di considerare che la commissione di estinzione anticipata era comunque un costo collegato all’accensione del credito, e lo era al momento della stipula, corrispondente al tempo di riferimento per valutare l’usurarietà delle pattuizioni complessive, sicché non poteva ostare il connotato di eventualità;

con il secondo motivo si prospetta la violazione e falsa applicazione dell’art. 644 c.p., comma 4, art. 1815 c.c., comma 2, L. n. 108 del 1996 e della L. n. 24 del 2001, poiché la Corte di appello avrebbe errato mancando di considerare l’errore in cui era incorso il consulente contabile nell’avere a riferimento, quale base di calcolo per la determinazione del tasso di mora effettivo, conseguente alle pattuizioni contrattuali, la rata intera scaduta, comprensiva della quota degli interessi, invece che la frazione di capitale dovuto della rata scaduta, con la conseguenza che il tasso nominale di mora, applicato all’intera rata, aveva generato un tasso di mora effettivo abnorme e oltre la soglia in parola;

con il terzo motivo si prospetta l’omesso esame di un fatto decisivo e discusso rappresentato dalla deduzione di nullità delle clausole afferenti agli interessi per omessa indicazione del tasso annuale effettivo, diverso dal tasso annuale nominale e maggiore di quest’ultimo poiché la restituzione periodica mensile delle rate implicava un vantaggio finanziario per l’ente creditore che entrava in possesso degli interessi in questione prima rispetto alla fine del periodo annuale considerato dal tasso nominale;

Rilevato che:

il primo motivo di ricorso è infondato;

questa Corte ha di recente ribadito l’importanza della tutela del debitore quale espressa dalla disciplina antiusura, tale da indurre decisamente per ricondurre alla stessa anche la componente degli interessi moratori del mutuo, anche se chiaramente distinta da quella degli interessi corrispettivi, posto che si tratta pur sempre di voce convenuta e di un possibile debito del finanziato (Cass., Sez. U., 18/09/2020, n. 19597, pag. 18);

in questo contesto, d’altro canto, è stata ribadita anche successivamente, la rilevanza della differenziazione delle componenti del costo del credito, sicché ai fini della determinazione del tasso soglia, non è ad esempio possibile procedere al cumulo materiale delle somme dovute alla banca a titolo di interessi corrispettivi e di interessi moratori, stante la diversa funzione che gli stessi perseguono in relazione alla natura appunto corrispettiva dei primi e di penale per l’inadempimento dei secondi (che peraltro ai primi succedono per il debito scaduto: cfr. Cass., 20/05/2020, n. 9237, in cui pure si discorre di comune funzione remunerativa degli accessori in discussione), essendo necessario procedere al calcolo separato della loro relativa incidenza, per i primi ricorrendo alle previsioni della L. n. 108 del 1996, art. 2, comma 4, e per i secondi, ove non citati nella rilevazione dei decreti ministeriali attuativi della citata previsione legislativa, comparando il tasso effettivo globale, aumentato della percentuale di mora, con il tasso effettivo globale medio del periodo di riferimento (Cass., 04/11/2021, n. 31615);

questo impianto ricostruttivo delle complessive scelte legislative, riafferma il principio di simmetria, secondo cui non sono accomunabili, nella comparazione necessaria alla verifica delle soglie usuraie, voci del costo del credito corrispondenti a distinte funzioni (cfr., in tema di commissione di massimo scoperto, Cass., Sez. U., 20/06/2018, n. 16303, cui “adde” Cass., 18/01/2019, n. 1464);

facendo applicazione di questi principi al caso di specie, ne deriva l’impossibilità di cumulare, ai fini in esame, la commissione di estinzione anticipata con gli interessi moratori;

la prima costituisce infatti una clausola penale di recesso, che viene richiesta dal creditore e pattuita in contratto per consentire al mutuatario di liberarsi anticipatamente dagli impegni di durata, per i liberi motivi di ritenuta convenienza più diversi, e per compensare, viceversa, il venir meno dei vantaggi finanziari che il mutuante aveva previsto, accordando il prestito, di avere dal negozio;

i secondi, come noto, costituiscono una clausola penale risarcitoria volta a compensare il ritardo nella restituzione del denaro, così da sostituire, incrementati, gli interessi corrispettivi;

ma, a ben vedere, proprio la natura di penale per recesso, propria della commissione di estinzione anticipata, comporta che si tratta di voce non computabile ai fini della verifica di non usurarietà;

la commissione in parola non è collegata se non indirettamente all’erogazione del credito, non rientrando tra i flussi di rimborso, maggiorato del correlativo corrispettivo o del costo di mora per il ritardo nella corresponsione di quello;

non si è di fronte, cioè, a “una remunerazione, a favore della banca, dipendente dall’effettiva durata dell’utilizzazione dei fondi da parte del cliente” (arg. D.L. n. 185 del 2008, ex art. 2-bis, quale convertito), posto che, al contrario, si tratta del corrispettivo previsto per sciogliere gli impegni connessi a quella;

di qui l’infondatezza della censura;

il secondo motivo di ricorso è inammissibile;

mentre della questione inerente alla commissione di estinzione anticipata discorre specificatamente la Corte di appello, non altrettanto può dirsi riguardo alla questione della frazione di capitale cui rapportare il tasso nominale per evincerne quello effettivo annuale;

parte ricorrente, come eccepito nei due controricorsi:

a) non riporta lo specifico contenuto (che pure afferma essere stato dedotto) del motivo di appello con cui avrebbe processualmente coltivato la questione;

b) non riporta il contenuto della consulenza contabile da cui si desume che sarebbe stato fatto proprio dalla stessa il criterio così censurato;

dev’essere ribadito che sono inammissibili, per violazione dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, le censure fondate su atti e documenti del giudizio di merito qualora il ricorrente si limiti a richiamare tali atti e documenti, senza riprodurli nel ricorso ovvero, laddove riprodotti, senza fornire puntuali indicazioni necessarie alla loro individuazione con riferimento alla sequenza dello svolgimento del processo inerente alla documentazione, come pervenuta presso la Corte di cassazione, al fine di renderne possibile l’esame, ovvero ancora senza precisarne la collocazione nel fascicolo di ufficio o in quello di parte e la loro acquisizione o produzione in sede di giudizio di legittimità (Cass., Sez. U., 27/12/2019, n. 34469 e succ. conf.);

si tratta, come logico, di ricadute del generale principio di specificità del gravame;

il terzo motivo è parimenti inammissibile;

va premesso che pur evocandosi formalmente l’omesso esame di un fatto decisivo e discusso, si deduce, in sostanza, un’omessa pronuncia, sicché l’eccezione, sul punto, dei controricorrenti, può dirsi infondata;

parte ricorrente, d’altro canto:

c) non riporta le clausole contrattuali (il cui preteso contenuto è peraltro contestato specie nel controricorso di Unicredit);

d) non riporta quando e come avrebbe sollevato specificatamente la questione oggetto di censura;

emerge anche qui, pertanto, la violazione dell’art. 366 c.p.c., n. 6, in uno alla mancata dimostrazione dell’esclusione del carattere di novità del tema, incompatibile con un giudizio a critica vincolata quale quello davanti a questa Corte;

va ricordato che anche laddove vengano denunciati con il ricorso per cassazione vizi processuali, in relazione ai quali la Corte è anche giudice del fatto, potendo accedere direttamente all’esame degli atti processuali del fascicolo di merito, si prospetta preliminare a ogni altra questione quella concernente l’ammissibilità del motivo in relazione ai termini in cui è stato esposto, con la conseguenza che solo quando sia stata accertata la sussistenza di tale ammissibilità diventa possibile valutare la fondatezza del motivo medesimo e, dunque, esclusivamente nell’ambito di quest’ultima valutazione, la Corte di cassazione può e deve procedere direttamente all’esame e all’interpretazione degli atti processuali (cfr., tra le altre, Cass., 17/11/2021, n. 35050, pag. 4, Cass., 13/03/2018, n. 6014, Cass., 29/09/2017, n. 22880, pag. 2, Cass., 13/05/2016, n. 9888, pag. 15, Cass., 03/05/2016, n. 8659, pag. 4, Cass., 20/07/2012, n. 12664, Cass., 10/01/2012, n. 86);

spese secondo soccombenza.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese processuali di ciascuna parte controricorrente, liquidate in Euro 6.000,00, oltre a 200,00 Euro per esborsi, spese forfettarie al 15% e accessori legali.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, la Corte dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte ricorrente, se dovuto e nella misura dovuta, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso.

Così deciso in Roma, il 16 dicembre 2021.

Depositato in Cancelleria il 7 marzo 2022

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