Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7348 del 22/03/2017


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Cassazione civile, sez. lav., 22/03/2017, (ud. 10/01/2017, dep.22/03/2017),  n. 7348

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MACIOCE Luigi – Presidente –

Dott. TORRICE Amelia – Consigliere –

Dott. DI PAOLANTONIO Annalisa – rel. Consigliere –

Dott. TRICOMI Irene – Consigliere –

Dott. BOGHETICH Elena – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 13797-2011 proposto da:

A.M., C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA,

VIALE DELLE MILIZIE 19, presso lo studio dell’avvocato LEONARDO

CATTANEO, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato

GIACOMO PELLEGRINI, giusta procura speciale notarile in atti;

– ricorrente –

contro

AZIENDA OSPEDALIERA “BOLOGNINI” DI (OMISSIS), C.F. (OMISSIS), in

persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA UDINE 6, presso lo studio dell’avvocato

GIORGIO LUCERI, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato

MARCO ZAMBELLI, giusta delega in atti;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

e contro

A.M. C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA,

VIALE DELLE MILIZIE 19, presso lo studio dell’avvocato LEONARDO

CATTANEO, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato

GIACOMO PELLEGRINI, giusta procura speciale notarile in atti;

– controricorrente al ricorso incidentale –

avverso la sentenza n. 530/2010 della CORTE D’APPELLO di BRESCIA,

depositata il 23/11/2010 r.g.n. 230/2010;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

10/01/2017 dal Consigliere Dott. ANNALISA DI PAOLANTONIO;

udito l’Avvocato LEONARDO CATTANEO;

udito l’Avvocato MARCO SAITA per delega Avvocato MARCO ZAMBELLI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SANLORENZO rita, che ha concluso per: accoglimento del ricorso

incidentale, rigetto del ricorso principale.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. La Corte di Appello di Brescia ha parzialmente accolto l’appello della Azienda Ospedaliera “Bolognini” di (OMISSIS) avverso la sentenza del Tribunale di Bergamo che aveva condannato l’azienda al pagamento in favore di A.M., dirigente medico in servizio sino alla data del 15 febbraio 2003, della somma di Euro 15.000,00, a titolo di retribuzione per ore di lavoro straordinario; di Euro 9.000,00, liquidate in via equitativa per mancata percezione di congrua indennità di pronta disponibilità; di Euro 5.000,00 per risarcimento del danno biologico da usura psico-fisica.

2. La Corte territoriale, respinta l’eccezione di inammissibilità del gravame, ha confermato con diversa motivazione la sentenza impugnata quanto al pagamento delle ore di lavoro straordinario e, esclusa la nullità dell’art. 65, comma 3 del C.C.N.L. per l’area della dirigenza medica e veterinaria 1994-1997, ha ritenuto che il principio in forza del quale la retribuzione di risultato compensa anche l’eventuale superamento dell’orario di lavoro opera solo nei casi in cui vi sia corrispondenza tra gli importi o nelle ipotesi di “scollamenti minimi” non già qualora, come nella fattispecie, la struttura sanitaria faccia ricorso massiccio al lavoro straordinario, utilizzato come mezzo per coprire vuoti di organico.

3. Il giudice di appello, quindi, ha condiviso la condanna al pagamento dello straordinario prestato nel periodo gennaio 2000/gennaio 2003 ed ha ritenuto non fondata l’impugnazione incidentale dell’ A., il quale aveva domandato l’estensione della condanna anche agli anni precedenti.

4. La Corte territoriale, invece, ha accolto il secondo motivo dell’appello principale, evidenziando che l’accordo aziendale che aveva previsto l’indennità di pronta disponibilità in misura superiore all’importo stabilito dal contratto collettivo si riferiva ai soli dirigenti in servizio presso le divisioni di ortopedia e traumatologia, sicchè la sua applicazione non poteva essere estesa anche ai sanitari degli altri reparti, non essendo applicabile al trattamento accessorio l’art. 36 Cost..

5. Infine la Corte bresciana ha riformato anche il capo della decisione relativo al risarcimento del danno da stress, evidenziando che il ricorrente non aveva provato che dall’eccesso di lavoro fosse derivata una lesione della integrità psicofisica.

6. Per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso A.M. sulla base di due motivi. La Azienda Ospedaliera “Bolognini” di (OMISSIS) ha resistito con controricorso ed ha proposto ricorso incidentale formulando quattro censure, alle quali l’ A. ha replicato. Entrambe le parti hanno depositato memoria ex art. 378 c.p.c..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo del ricorso principale A.M. denuncia “omessa o insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio; violazione e falsa applicazione delle norme di cui agli artt. 1362 c.c. e ss. (art. 360 c.p.c., nn. 3 e 4)”. Premesso che il Tribunale di Bergamo aveva ritenuto che, “forse per una svista”, la domanda fosse stata limitata agli straordinari prestati a partire dal gennaio 2000, evidenzia il ricorrente che detto capo della pronuncia era stato espressamente censurato perchè frutto di una lettura errata del ricorso di primo grado, nel quale la limitazione temporale era stata riferita alla indennità di pronta disponibilità e non al pagamento del lavoro straordinario. Infatti nel corpo del ricorso lo straordinario era stato quantificato in 3425,18 ore ed era stato chiesto il pagamento della somma di Euro 66.097,75. La Corte territoriale, quindi, avrebbe dovuto esaminare l’atto introduttivo del giudizio di primo grado nella sua interezza e non limitarsi ad affermare la novità della domanda, senza indicare le ragioni a sostegno di detta conclusione.

2. Il secondo motivo denuncia, ex art. 360 c.p.c., nn. 3 e 4 “violazione dell’art. 132 c.p.c., n. 4 e art. 112 c.p.c. – omessa pronuncia”. Evidenzia il ricorrente che dalla errata interpretazione dell’atto introduttivo del giudizio di primo grado è derivata la violazione del principio di corrispondenza tra il chiesto il pronunciato, perchè la Corte territoriale ha omesso di statuire su una domanda che era stata sin dall’inizio proposta e che, conseguentemente, non poteva essere ritenuta nuova.

3. La Azienda Ospedaliera con il primo motivo del ricorso incidentale denuncia “violazione e/o falsa applicazione dell’art. 17 e dell’art. 65, comma 3, del C.C.N.L. dell’area della Dirigenza Medica e Veterinaria del Servizio Sanitario Nazionale sottoscritto 5 dicembre 1996; violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 502, art. 15; omessa, insufficiente e/o contraddittoria motivazione” con riferimento al capo della sentenza che ha confermato la condanna al pagamento in favore dell’ A. delle ore di lavoro straordinario prestato negli anni 2000-2003. Sostiene, in sintesi, la ricorrente che il C.C.N.L. richiamato in rubrica ha escluso il diritto del dirigente medico al pagamento del lavoro straordinario, prevedendo un trattamento globale onnicomprensivo e stabilendo che l’eventuale superamento dell’orario di lavoro è comunque compensato dalla retribuzione di risultato.

4. – La seconda censura del ricorso incidentale addebita alla sentenza impugnata “violazione e/o falsa applicazione dell’art. 97 Cost., art. 2697 c.c., art. 115 c.p.c., art. 17 e art. 65, comma 3, del C.C.N.L. dell’area della Dirigenza Medica e Veterinaria del Servizio Sanitario Nazionale sottoscritto il 5 dicembre 1996; omessa, insufficiente e/o contraddittoria motivazione”. Rileva la Azienda Ospedaliera che la prestazione di lavoro straordinario non era stata autorizzata e non era neppure necessaria, in quanto l’organico della Unità di Chirurgia Generale dell’ospedale di (OMISSIS) era stato sempre coerente con i criteri di accreditamento regionale e la presenza media giornaliera nel periodo che interessa era stata di 16 pazienti su 36 posti letto effettivi. Aveva, quindi, errato la Corte territoriale nell’affermare la irrilevanza delle circostanze dedotte dall’appellante e nel sostenere che quest’ultima, ove avesse voluto impedire la prestazione di lavoro straordinario, avrebbe dovuto diffidare il personale medico dall’effettuarlo.

5. Il terzo motivo denuncia “omessa pronuncia o, in subordine, omessa motivazione circa la regolamentazione delle spese di lite di CTU del primo grado; violazione e/o erronea interpretazione degli artt. 91 e 92 c.p.c.”. La ricorrente incidentale premette che era stato censurato con specifico motivo di gravame il capo della sentenza di primo grado che, nonostante l’accoglimento parziale del ricorso, aveva compensato solo in parte le spese di lite ed aveva posto integralmente a carico della Azienda quelle della consulenza tecnica d’ufficio. La Corte bresciana, pertanto, avrebbe dovuto pronunciare sul motivo di gravame e non limitarsi a confermare “nel resto” la decisione impugnata. Aggiunge la ricorrente incidentale che, poichè le spese di consulenza tecnica d’ufficio rientrano nella disciplina dettata dagli articoli del codice di rito richiamati in rubrica, il giudice, una volta disposta la compensazione parziale, non può porre le spese a carico di una sola delle parti, senza specificarne le ragioni.

6. Con il quarto motivo la Azienda Ospedaliera si duole della “omessa pronuncia circa la restituzione delle somme versate in esecuzione della sentenza di primo grado impugnata”, restituzione che era stata espressamente richiesta nelle conclusioni dell’atto d’appello.

7. Ragioni di priorità logica e giuridica impongono di esaminare innanzitutto i primi due motivi del ricorso incidentale che tendono a negare in radice il diritto dell’ A. al pagamento del lavoro straordinario, sia perchè compensato dall’indennità di risultato, regolarmente corrisposta, sia perchè non necessario e non autorizzato dall’Azienda.

8. Non è fondata l’eccezione di inammissibilità sollevata dalla difesa del ricorrente principale perchè l’onere della specificità imposto dall’art. 366 c.p.c., n. 4 non deve essere inteso quale assoluta necessità di formale ed esatta indicazione della ipotesi, tra quelle elencate nell’art. 360 c.p.c., comma 1, cui si ritenga di ascrivere il vizio, nè di precisa individuazione, nei casi di deduzione di violazione o falsa applicazione di norme sostanziali o processuali, degli articoli, codicistici o di altri testi normativi, comportando solo l’esigenza di una chiara esposizione, nell’ambito del motivo,delle ragioni per le quali la censura sia stata formulata e del tenore della pronunzia caducatoria richiesta, che consentano al giudice di legittimità di individuare la volontà dell’impugnante e stabilire se la stessa, così come esposta nel mezzo di impugnazione, abbia dedotto un vizio di legittimità sostanzialmente, ma inequivocamente, riconducibile ad una delle ipotesi di cui al richiamato art. 360 c.p.c. (Cass. S.U. 24.7.2013 n. 17931).

Le Sezioni Unite di questa Corte hanno anche evidenziato che non costituisce ragione di inammissibilità della impugnazione il fatto che un singolo motivo sia articolato in più profili di doglianza, ciascuno dei quali avrebbe potuto essere autonomamente prospettato, dovendosi ritenere sufficiente, ai fini dell’ammissibilità del ricorso, che la sua formulazione permetta di cogliere le doglianze prospettate onde consentirne, se necessario, l’esame separato esattamente negli stessi termini in cui lo si sarebbe potuto fare se esse fossero state articolate in motivi diversi, singolarmente numerati (Cass. S.U. 6.5.2015 n. 9100).

Nel caso di specie i motivi, seppure formulati con una tecnica espositiva particolare (caratterizzata dalla trascrizione di ampi stralci della decisione impugnata, di documenti e di precedenti giurisprudenziali, collegati fra loro da periodi brevi), soddisfano l’esigenza di specificità e completezza imposta dall’art. 366 c.p.c., n. 4, perchè colgono la ratio decidendi della sentenza impugnata e la censurano con argomenti idonei a confutare il percorso argomentativo seguito dalla Corte territoriale, al quale contrappongono una diversa e più corretta interpretazione della normativa contrattuale rilevante nella fattispecie.

Nè determina inammissibilità del motivo la omessa indicazione dei criteri di ermeneutica contrattuale violati dalla Corte territoriale perchè “la denuncia di violazione o di falsa applicazione dei contratti o accordi collettivi nazionali di lavoro, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 come modificato dal D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, art. 2 è parificata sul piano processuale a quella delle norme di diritto, sicchè, anch’essa comporta, in sede di legittimità, l’interpretazione delle loro clausole in base alle norme codicistiche di ermeneutica negoziale (artt. 1362 c.c. e ss.) come criterio interpretativo diretto e non come canone esterno di commisurazione dell’esattezza e della congruità della motivazione, senza più necessità, a pena di inammissibilità della doglianza, di una specifica indicazione delle norme asseritamente violate e dei principi in esse contenuti, nè del discostamento da parte del giudice di merito dai canoni legali assunti come violati o di una loro applicazione sulla base di argomentazioni illogiche od insufficienti ” (Cass. 19.3.2014 n. 6335).

9. Ciò premesso rileva il Collegio che il ricorso della Azienda Ospedaliera Bolognini di (OMISSIS) è fondato nella parte in cui fa leva sulla disciplina contrattuale per escludere che il dirigente medico possa rivendicare il pagamento a titolo di lavoro straordinario delle ore di servizio prestate oltre l’orario imposto dall’art. 17, comma 2, del CCNL 5/12/1996 per l’area della dirigenza medica e veterinaria del comparto sanità, poi trasfuso nell’art. 16 del CCNL 8/6/2000 per la stessa area.

La clausola contrattuale, dopo aver previsto al comma 1 che “nell’ambito dell’assetto organizzativo dell’azienda o ente, i dirigenti medici di 1^ e 2^ livello assicurano la propria presenza in servizio ed organizzano il proprio tempo di lavoro, articolando, con le procedure individuate dagli artt. 6 e 7, in modo flessibile l’orario di lavoro per correlarlo alle esigenze della struttura cui sono preposti ed all’espletamento dell’incarico affidato, in relazione agli obiettivi e programmi da realizzare”, al comma 2 aggiunge che l’orario di lavoro dei dirigenti di cui al comma 1 è confermato in 38 ore settimanali, al fine di assicurare il mantenimento del livello di efficienza raggiunto dai servizi sanitari e per favorire lo svolgimento delle attività gestionali correlate all’incarico affidato nonchè quelle di didattica, ricerca ed aggiornamento”.

La disposizione tace sulle conseguenze dell’eventuale superamento dell’orario imposto ai dirigenti, sicchè la stessa deve essere interpretata alla luce delle altre clausole del contratto che, nel disciplinare il trattamento accessorio, richiamano espressamente l’impegno orario.

Rileva, in particolare, l’art. 65, avente ad oggetto la disciplina della retribuzione di risultato, sostitutiva dell’istituto della incentivazione previsto dal D.P.R. 28 novembre 1990, n. 384, artt. 123 e ss.. La norma contrattuale, al comma 3, prevede che ” La retribuzione di risultato compensa anche l’eventuale superamento dell’orario di lavoro di cui agli artt. 17 e 18 per il raggiungimento dell’obiettivo assegnato”.

10. Le Sezioni Unite di questa Corte, chiamate ad interpretare la disposizione che qui viene in rilievo, hanno evidenziato che “l’art. 65 del c.n.n.l. 5 dicembre 1996, area dirigenza medica e veterinaria, nel prevedere la corresponsione di una retribuzione di risultato compensativa anche dell’eventuale superamento dell’orario lavorativo per il raggiungimento dell’obiettivo assegnato, esclude in generale il diritto del dirigente, incaricato della direzione di struttura, ad essere compensato per lavoro straordinario, senza che, dunque, sia possibile la distinzione tra il superamento dell’orario di lavoro preordinato al raggiungimento dei risultati assegnati e quello imposto da esigenze del servizio ordinario, poichè la complessiva prestazione del dirigente deve essere svolta al fine di conseguire gli obiettivi propri ed immancabili dell’incarico affidatogli”. (Cass. S.U. 17/4/2009 n. 9146).

Il principio è stato poi ribadito in successive pronunce con le quali si è precisato che lo stesso si applica anche al personale dirigente in posizione non apicale “rispondendo ad esigenze comuni all’intera dirigenza e ad una lettura sistematica delle norme contrattuali, che, ove hanno inteso riconoscere (come per l’attività connessa alle guardie mediche) una compensazione delle ore straordinarie per i medici-dirigenti, lo hanno specificamente previsto. Ne consegue che non è possibile distinguere tra il superamento dell’orario di lavoro preordinato al raggiungimento dei risultati assegnati e quello imposto da esigenze del servizio ordinario.” (Cass. 4/6/2012 n. 8958 e Cass. 16/10/2015 n. 21010).

11. A detto orientamento il Collegio intende dare continuità, perchè il principio affermato tiene conto, oltre che delle peculiarità proprie del lavoro dirigenziale, della diversità fra il sistema di incentivazione basato sul criterio del plus orario e quello legato al conseguimento degli obiettivi.

In merito va anche osservato che le parti collettive, nel disciplinare il “trattamento accessorio legato alle condizioni di lavoro”, hanno previsto, all’art. 62, la costituzione di un fondo “finalizzato alla remunerazione di compiti che comportano oneri, rischi o disagi particolarmente rilevanti, collegati alla natura dei servizi che richiedono interventi di urgenza o per fronteggiare particolari situazioni di lavoro ” (comma 2) ed al comma 3 hanno stabilito che “per quanto attiene i compensi per lavoro straordinario e le indennità per servizio notturno e festivo si applicano le disposizioni di cui al D.P.R. n. 384 del 1990, artt. 80 e 115”.

A sua volta l’art. 80 richiamato nel CCNL, dopo avere enunciato il principio secondo cui “il lavoro straordinario non può essere utilizzato come fattore ordinario di programmazione del lavoro” aggiunge, al comma 2, che “le prestazioni di lavoro straordinario hanno carattere eccezionale, devono rispondere ad effettive esigenze di servizio e debbono essere preventivamente autorizzate.”.

Interpretando dette clausole le une per mezzo delle altre si perviene alla conclusione che le parti collettive, anche al fine di armonizzare la disciplina della dirigenza medica con i principi che regolano nel settore pubblico il rapporto dirigenziale (fra i quali assumono particolare rilievo quelli della onnicomprensività del trattamento economico e della necessaria valorizzazione del raggiungimento dei risultati), hanno reso del tutto residuale la possibilità del compenso del lavoro straordinario, limitata alle sole ipotesi in cui il superamento sia reso necessario da fattori eccezionali e, comunque, condizionata alla previa autorizzazione dell’ente datore.

12. Quanto a quest’ultimo aspetto va evidenziato che nell’ambito dell’impiego pubblico contrattualizzato rilevano tuttora quei principi che avevano indotto la giurisprudenza amministrativa ad escludere che le prestazioni esulanti dal normale orario di lavoro potessero essere compensate in assenza di autorizzazione. Attraverso la autorizzazione, infatti, la P.A., nel rispetto dei principi costituzionali dettati dall’art. 97 Cost., persegue gli obiettivi di efficienza, efficacia ed economicità dell’azione amministrativa di cui al D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 2, comma 1, lett. a) perchè la autorizzazione medesima implica innanzitutto la valutazione sulla sussistenza delle ragioni di interesse pubblico che rendono necessario il ricorso a prestazioni straordinarie e comporta, altresì, la verifica della compatibilità della spesa con le previsioni di bilancio, compatibilità dalla quale non si può prescindere anche in tema di costo del personale, come reso evidente dalle previsioni dettate dal D.Lgs. n. 165 del 2001, artt. 40 e ss. nelle diverse versioni succedutesi nel tempo.

13. A detti principi di diritto non si è attenuta la Corte territoriale, che ha ritenuto fondata la domanda sebbene risultassero pacifiche sia l’avvenuta corresponsione della indennità di risultato sia l’assenza di autorizzazione. Il ricorso incidentale merita, pertanto, accoglimento mentre deve essere rigettata l’impugnazione principale perchè, a prescindere dalle questioni relative alla interpretazione della domanda, la pretesa dell’Angelini risulta destituita di fondamento per le ragioni illustrate nei punti che precedono.

14. La sentenza impugnata deve essere cassata, con rinvio alla Corte di Appello indicata in dispositivo, che provvederà anche sulle spese dell’intero giudizio e sulla domanda di restituzione delle somme corrisposte in esecuzione della sentenza di primo grado, sulla quale questa Corte non può statuire (Cass. 18.1.2016 n. 667 e Cass. 17.7.2012 n. 12218). Restano di conseguenza assorbiti il terzo ed il quarto motivo del ricorso incidentale.

PQM

La Corte accoglie il ricorso incidentale e rigetta il ricorso principale. Cassa la sentenza impugnata e rinvia anche per le spese alla Corte di Appello di Brescia in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 10 gennaio 2017.

Depositato in Cancelleria il 22 marzo 2017

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