Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7347 del 07/03/2022

Cassazione civile sez. III, 07/03/2022, (ud. 15/12/2021, dep. 07/03/2022), n.7347

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE STEFANO Franco – Presidente –

Dott. SESTINI Danilo – rel. Consigliere –

Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere –

Dott. FIECCONI Francesca – Consigliere –

Dott. IANNELLO Emilio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 12751/2019 proposto da:

G.P., rappresentato e difeso dagli avvocati Severino

Nappi, e Francesco Percuoco, ed elettivamente domiciliato presso gli

stessi in Napoli, via Toledo n. 252;

– ricorrente –

contro

Virgilio S.r.l.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 10732/2018 del TRIBUNALE di NAPOLI, depositata

il 11/12/2018;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

15/12/2021 dal Cons. Dott. DANILO SESTINI.

 

Fatto

RILEVATO

che:

G.P. agì nei confronti della Virgilio s.r.l. per il risarcimento dei danni che aveva riportato a causa dell’improvviso ribaltamento della porta del campo di calcetto che aveva prenotato, insieme ad altri, per giocare una partita;

la convenuta eccepì il proprio difetto di legittimazione passiva e contestò la domanda anche nel merito;

il Giudice di Pace di Napoli accolse la domanda e condannò la Virgilio s.r.l. al risarcimento dei danni;

pronunciando sull’appello della società soccombente, il Tribunale di Napoli ha riformato la sentenza di primo grado, rigettando la domanda del G. e condannandolo al pagamento delle spese del doppio grado di giudizio;

il Tribunale ha rilevato che, “nella produzione di parte dell’odierna appellante, concernente il giudizio svoltosi dinanzi al Giudice di Pace”, si rinveniva il contratto di locazione stipulato fra la Casa Religiosa Collegio F.D., proprietaria del complesso comprensivo del campetto, e la LI.MA s.a.s., nonché il successivo contratto con cui la seconda aveva sublocato il campo di calcetto alla Associazione Sportiva “Virgilio” con decorrenza dall’1.6.2006; che dagli atti emergeva altresì che, con atto notarile del 20.11.2006, la LI.MA era stata trasformata nella società Virgilio s.r.l., che da ciò conseguiva che “la gestione del campo di calcetto al momento del verificarsi dell’evento era dell’Associazione Sportiva Virgilio, sulla quale gravavano gli obblighi di ordinaria e straordinaria manutenzione dei beni locati ed ogni eventuale responsabilità in caso di danni a terzi”; che, “in definitiva, poiché non (poteva) dirsi raggiunta una prova sufficientemente certa dell’effettiva titolarità in capo alla convenuta della gestione del campo di calcetto al momento dell’evento (il cui onere gravava sull'(…) appellato)”, la domanda doveva essere rigettata;

ha proposto ricorso per cassazione G.P., affidandosi a tre motivi; l’intimata non ha svolto attività difensiva;

la trattazione del ricorso è stata fissata ai sensi dell’art. 380-bis.1. c.p.c..

Diritto

CONSIDERATO

che:

il primo motivo denuncia la violazione e la falsa applicazione dell’art. 345 c.p.c., sul rilievo che solo nel giudizio di appello la Virgilio s.r.l. aveva prodotto un contratto di locazione (registrato il 5.8.2005) stipulato tra D. e Lima s.a.s. e un contratto di sublocazione tra la stessa Lima s.a.s. e l’Associazione Virgilio (registrato il 22.1.2007), a sostegno della sua estraneità alla vicenda; assume che tali documenti non erano presenti nel fascicolo di primo grado e lamenta che il Tribunale, benché fosse stata sollevata la questione di tardiva produzione dei due documenti in appello, abbia “totalmente ignorato la questione ritenendo ammissibile la produzione ed assumendo la propria decisione proprio sulla scorta dei due documenti”;

il motivo è inammissibile;

va considerato, infatti, che:

il Tribunale ha affermato che i due contratti erano presenti “nella produzione di parte dell’odierna appellante, concernente il giudizio svoltosi dinanzi al Giudice di Pace”; la sentenza non ha rilevato l’esistenza di contestazioni sulla tempestività della produzione, ma ha dato per pacifico che i documenti fossero stati prodotti in primo grado; d’altra parte, il ricorrente ha omesso di indicare in quali specifici termini avrebbe sollevato la questione davanti al giudice di appello;

il Tribunale ha dunque affermato de plano (senza che la questione abbia costituito un punto controverso su cui la sentenza abbia pronunciato) che i documenti erano stati prodotti in primo grado, attestando un fatto processuale la cui eventuale erronea percezione avrebbe dovuto essere fatta valere in sede revocatoria, ex art. 395 c.p.c., n. 4), (cfr. Cass. n. 2412/2014);

anche a prescindere da ciò, la censura risulta del tutto inidonea a investire la ratio sottesa alla decisione, costituita dal rilievo che l’attore non aveva assolto l’onere di fornire la prova della titolarità passiva della Virgilio s.r.l., cui era tenuto (attenendo a “un fatto costitutivo della pretesa”) a seguito della contestazione svolta dalla convenuta;

col secondo motivo (che denuncia “violazione e falsa applicazione art. 2097 c.c., (rectius: art. 2697), art. 24 Cost. e art. 81 c.p.c.”), il ricorrente rileva che, in punto di prova della legittimazione, la giurisprudenza di legittimità è consolidata nell’affermare che la titolarità passiva “può dirsi provata anche in forza del comportamento processuale del convenuto, qualora quest’ultimo riconosca espressamente detta titolarità oppure svolga difese che siano incompatibili con la negazione della titolarità”; tanto premesso, evidenzia che il Tribunale non ha tenuto conto del comportamento processuale della Virgilio s.r.l. “la quale non si è limitata a disconoscere la propria posizione ma, con dovizia di particolari, ha fornito una serie di elementi che dimostrano invece il proprio coinvolgimento diretto nella vicenda”, assumendo pertanto una posizione processuale “assolutamente incompatibile con la negazione della asserita qualità di gestore”;

il motivo è manifestamente infondato, in quanto la circostanza che la convenuta abbia svolto – in via logicamente subordinata – deduzioni difensive volte a contestare il merito della richiesta risarcitoria non vale a elidere il dato che, in via principale, abbia contestato di essere l’effettiva legittimata passiva della pretesa attorea;

il terzo motivo deduce la violazione e la falsa applicazione “degli artt. 115,116, art. 360, n. 5, artt. 366,2193,2697 c.c.” sull’assunto che “la sentenza travisa anche il risultato della prova, oltre a violare gli articoli in titolo”; e ciò perché “il Tribunale ha travisato le risultanze raccolte, in quanto ha ritenuto dimostrata la invocata cessione a fronte di contratti inconferenti, evidentemente stipulati fra soggetti diversi” (più specificamente, da un soggetto diverso dalla Virgilio s.r.l.), utilizzando pertanto “informazioni probatorie del tutto travisate su un punto decisivo”;

il motivo va disatteso, in quanto non sussiste evidenza dell’utilizzo di erronee informazioni probatorie (suscettibile di essere censurato sotto il profilo della violazione dell’art. 115 c.p.c.) e la contestazione svolta dal ricorrente attiene piuttosto all’apprezzamento della rilevanza dei due contratti considerati dal Tribunale; il tutto in funzione di una diversa lettura di merito che non è consentita in sede di legittimità;

a ciò deve aggiungersi che la violazione dell’art. 116 c.p.c., non risulta dedotta in conformità ai parametri individuati da Cass., S.U. n. 16598/2016 e da Cass. n. 11892/2016, atteso che un’eventuale erronea valutazione del materiale istruttorio non determina, di per sé, la violazione o falsa applicazione dell’art. 116 c.p.c., che ricorre solo allorché si deduca che il giudice di merito abbia disatteso (valutandole secondo il suo prudente apprezzamento) delle prove legali oppure abbia considerato come facenti piena prova, recependoli senza apprezzamento critico, elementi di prova soggetti invece a valutazione (cfr. Cass. n. 27000/2016);

difetta, infine, qualunque illustrazione in ordine alla violazione delle altre norme richiamate nella rubrica del motivo;

in difetto di resistenza da parte dell’intimata, non deve provvedersi sulle spese di lite;

sussistono le condizioni per l’applicazione del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, il 15 dicembre 2021.

Depositato in Cancelleria il 7 marzo 2022

 

 

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