Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7346 del 31/03/2011

Cassazione civile sez. trib., 31/03/2011, (ud. 22/12/2010, dep. 31/03/2011), n.7346

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PLENTEDA Donato – Presidente –

Dott. BERNARDI Sergio – Consigliere –

Dott. PARMEGGIANI Carlo – Consigliere –

Dott. DIDOMENICO Vincenzo – rel. Consigliere –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 11863-2006 proposto da:

FLORICOLTURA DI PAESTUM SRL in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA AURELIA 190/A, presso

lo studio dell’avvocato FELICI MASSIMO, rappresentato e difeso

dall’avvocato FRUSCIONE GAETANO, giusta delega a argine;

– ricorrente –

contro

CONCESSIONARIO SERVIZIO NAZIONALE RISCOSSIONE TRIBUTI PROVINCIA DI

SALERNO ETR ESAZIONE TRIBUTI, AGENZIA DELLE ENTRATE;

– intimati –

avverso la sentenza n. 274/2004 della COMM. TRIB. REG. SEZ. DIST. di

SALERNO, depositata il 16/02/2005;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

22/12/2010 dal Consigliere Dott. VINCENZO DIDOMENICO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CICCOLO Pasquale Paolo Maria, che ha concluso per il rigetto del

ricorso e comunque inammissibilità.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La Floricultura di Paestum s.r.l. ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza della Commissione Regionale della Campania dep. il 16/2/2005, che aveva confermato la sentenza della Commissione Tributaria Provinciale di Salerno che aveva respinto il ricorso della medesima avverso la cartella di pagamento Iva per l’anno 1994, affidandolo a tre motivi.

La CTR aveva ritenuto sanata ex art. 156 c.p.c. la notifica eseguita a mezzo posta direttamente dall’esattore, sufficiente la motivazione dell’atto, inesistente la necessità di preventivo avviso di accertamento trattandosi di iva dichiarata e non versata, inesistente l’obbligo di invito a norma del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 60, comma 3 nonchè la tempestività della richiesta. L’Agenzia delle Entrate non ha resistito. La causa veniva rimessa alla decisione in pubblica udienza.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Col primo motivo la società contribuente deduce vizio motivazionale in tutte le forme e violazione e falsa applicazione di legge, del D.P.R. n. 602 del 1973, artt. 25 e 26, D.P.R. n. 600 del 1973, art. 60 e art. 37 e segg. c.p.c.. Assume in particolare che la notificazione effettuata a mezzo posta direttamente dal concessionario sarebbe inesistente e, pertanto, insanabile, e ciò anche a volere applicare, inammissibilmente, l’art. 156 c.p.c. alla notifica della cartella, che non è un atto processuale. Il motivo è infondato nei limiti della sua ammissibilità. Invero il motivo è nuovo ove si deduce la illegittimità della notifica diretta a mezzo posta da parte del Concessionario,laddove in sede di gravame la contribuente si era doluta solo della mancanza di relata di notifica.

Infatti alla stregua di quanto afferma la CTR, dinanzi al primo giudice fu dedotta “la inesistenza della notifica della cartella perchè non completa negli spazi all’uopo previsti e non esponeva il mese della consegna del ruolo al concessionario, non consentendo la verifica del rispetto del termine D.P.R. n. 602 del 1973, ex art. 25”; la CTP respinse il ricorso ed omise di pronunziare sullo specifico punto, in ordine al quale il giudice d’appello ha poi rilevato che a norma dell’art. 156 c.p.c. la nullità,. così come prospettata, era stata sanata da raggiungimento dello scopo.

Deduce ora la ricorrente che la cartella di pagamento non è atto processuale e dunque non è sanabile e che, comunque, non di nullità, ma di inesistenza si tratta, per essersi il procedimento discostato dallo schema legale, in quanto la notificazione avrebbe dovuto essere effettuata, a norma degli D.P.R. n. 602 del 1973, art. 26, D.P.R. n. 600 del 1973, art. 60 e art. 137 e segg. c.p.c. esclusivamente dai soggetti a ciò legittimati dalla legge, i quali devono apporre la relazione di notificazione sull’originale e sulla copia della cartella di pagamento,anche in caso di spedizione postale. Nella specie non solo era mancata del tutto la relazione di notificazione, ma era risultato, per affermazione dell’Ufficio resa nel corso del giudizio, che la notificazione era avvenuta mediante invio da parte del concessionario della riscossione di lettera raccomandata con avviso di ricevimento, in contrasto col disposto del D.Lgs. n. 46 del 1999, art. 12 abrogativo della disposizione che prevedeva l’invio di lettera raccomandata. E tale ultima circostanza avrebbe realizzato la inesistenza della notifica della cartella, in quanto effettuata direttamente dal concessionario e dunque da soggetto privo della necessaria abilitazione all’atto.

Nei termini proposti con il ricorso per cassazione la questione è manifestamente inammissibile, perchè nuova, in fatto e in diritto, essendo stato il vizio denunciato prospettato, sia con l’atto introduttivo del giudizio che con l’appello, sotto l’esclusivo profilo della carenza di un elemento della notificazione, cioè della relazione dell’organo notificatore, e non anche del difetto assoluto di potere in capo al soggetto che l’aveva eseguita. Sulla residuale ammissibile minore censura, deve osservarsi che la giurisprudenza di questo giudice di legittimità è concorde nell’escludere che la mancata apposizione sull’originale o sulla copia consegnata al destinatario della relazione prevista dalla L. n. 890 del 1982, art. 3, comporti l’inesistenza della notificazione effettuata a mezzo del servizio postale.

Parte della citata giurisprudenza ritiene però che la mancanza della relata comporti una mera irregolarità, che non può essere fatta valere dal destinatario, trattandosi di un adempimento che non è previsto nel suo interesse (v. Cass. n. 12010 del 2006), mentre altra parte ritiene che tale mancanza comporti la nullità della notifica, sanabile a seguito del raggiungimento dello scopo cui l’atto è preordinato (v. Cass. n. 2079 del 2008).

Questo collegio ritiene di dover aderire a tale ultimo, più recente orientamento, (così anche Cass. n. 9337/2009) perchè la relata è prevista come momento fondamentale nell’ambito del procedimento di notificazione sia dal codice di rito che dalla normativa speciale e non è integralmente surrogabile dall’attività dell’ufficiale postale, sicchè la sua mancanza, anche nella notificazione a mezzo del servizio postale, non può essere ritenuta una mera irregolarità.

Tanto premesso, nella specie deve condividersi il giudizio espresso dalla CTR che la nullità della notificazione possa essere stata sanata dal tempestivo ricorso proposto dal contribuente, secondo la giurisprudenza di questo giudice di legittimità (alla quale il collegio intende dare continuità in assenza di valide ragioni per discostarsene), la nullità di una notificazione (ad es., del ricorso introduttivo ovvero dell’atto di gravame) è sanata con efficacia retroattiva dalla costituzione della parte (resistente o appellata), anche quando essa sia avvenuta al solo fine di eccepire la suddetta nullità, ma tale effetto sanante deve escludersi quando detta costituzione sia avvenuta in modo lato sensu “invalido” (v. Cass. n. 8777 del 2008.

Orbene nel caso in esame non è in discussione che il ricorso sia stato tempestivo.

Col secondo motivo si duole la ricorrente di violazione e falsa applicazione di legge, del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 60, comma 6.

Osserva in particolare che, ratione temporis, la CTR avrebbe dovuto applicare tale norma come modificata dal D.L. n. 323 del 1996, art. 10 convertito in L. n. 425 del 1996 e considerare l’invito atto presupposto condizionante la validità della cartella, laddove la giurisprudenza invocata dalla CTR era quella riferita alla normativa precedente.

Il motivo è infondato.

Questa Corte ritiene di fare proprio l’orientamento espresso dalle più recenti Cass. n. 16481/2008 e n. 8859/2006 e cioè che l’obbligo del preventivo invito al pagamento previsto dalla norma suddetta non sussisteva, potendosi affermare il principio di diritto secondo il quale nel caso di omesso versamento di imposta IVA dichiarata dallo stesso contribuente, sanzionato dalla legge con l’applicazione di una pena pecuniaria pari al 30% dell’importo non versato, – come indiscussamente nel caso in esame – la previsione del preventivo invito al pagamento contenuta nel D.P.R. n. 633 del 1972, art. 60, comma 6, quale adempimento necessario e prodromico alla iscrizione a ruolo dell’imposta è da ritenersi implicitamente caducata, e comunque priva di conseguenze nel caso di sua inosservanza, per effetto del D.Lgs. n. 471 del 1997, art. 13, comma 3, che riducendo la sanzione inizialmente prevista dall’art. 44 (dal 100% al 30% dell’importo non versato), ha fatto venir meno ogni interesse del contribuente ad un adempimento dal quale nessun vantaggio egli potrebbe più trarre.

Col terzo motivo la contribuente deduce vizio motivazionale in tutte le forme e violazione e falsa applicazione di legge, del D.P.R. n. 633 del 1972, artt. 28 e 34 (principi della emendabilità e ritrattabilità della dichiarazione) in quanto alla stessa spettava il regime speciale in agricoltura, pur non avendo nella dichiarazione annuale del 1994 barrata la casella relativa, circostanze dedotte nelle memorie illustrative in primo grado e in una lettera del 1994 diretta all’allora competente ufficio Iva di Salerno dal quale risultava la qualifica di produttore agricolo. Il motivo è del tutto nuovo non essendo stato proposto in appello onde deve essere dichiarato inammissibile. Il ricorso deve essere pertanto rigettato.

Non si provvede alle spese non essendovi stata difesa da parte dell’Amministrazione.

P.Q.M.

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE Rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Tributaria, il 22 dicembre 2010.

Depositato in Cancelleria il 31 marzo 2011

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