Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7344 del 22/03/2017

Cassazione civile, sez. lav., 22/03/2017, (ud. 22/12/2016, dep.22/03/2017),  n. 7344

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NOBILE Vittorio – Presidente –

Dott. BRONZINI Giuseppe – Consigliere –

Dott. NEGRI DELLA TORRE Paolo – Consigliere –

Dott. DE GREGORIO Federico – Consigliere –

Dott. ESPOSITO Lucia – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 19647-2014 proposto da:

P.A.G., C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, V. APPIANO 8, presso lo studio dell’avvocato ORAZIO

CASTELLANA, rappresentato e difeso dall’avvocato MASSIMO LONGARINI,

giusta delega in atti;2016

– ricorrente –

contro

ENEL DISTRIBUZIONE S.P.A., C.F. (OMISSIS), in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

GIROLAMO DA CARPI 6, presso lo studio dell’avvocato FURIO TARTAGLIA,

che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato TIZIANA TOSTI,

giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 41/2014 della CORTE D’APPELLO di PERUGIA,

depositata il 22/05/2014 R.G.N. 149/12;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

22/12/2016 dal Consigliere Dott. LUCIA ESPOSITO;

udito l’Avvocato FURIO TARTAGLIA;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

MATERA Marcello, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. Il Tribunale di Terni respinse le domande avanzate da P.A. nei confronti di Enel distribuzione s.p.a. al fine di ottenere il risarcimento dei danni dal predetto sofferti per il mancato riconoscimento da parte della datrice di lavoro Enel Distribuzione S.p.A. della qualifica di capo unità progetti e lavori, oltre alla ricostruzione della posizione previdenziale. Con sentenza del 22/5/2014 la Corte d’appello di Perugia dichiarò inammissibile l’appello proposto dal P.. La Corte territoriale rilevò che nell’atto non erano rinvenibili specifiche censure alle ragioni della decisione del Tribunale, sicchè non era dato comprendere quali fossero gli errori denunciati.

2. Avverso la sentenza propone ricorso per cassazione il P. con unico motivo. Resiste la società con controricorso. Entrambe le parti hanno depositato memorie.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con l’unico motivo il ricorrente deduce violazione o falsa applicazione di norme di diritto degli artt. 342 c.p.c. e ss. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3. Rileva che la Corte territoriale, nel ritenere l’atto d’appello “privo di argomentazioni che, con sufficiente grado di specificità, si contrappongano alla sentenza impugnata”, aveva errato nell’applicazione dell’art. 342 c.p.c. ed aveva erroneamente motivato la decisione.

2. Il motivo, per come formulato, è inammissibile. Va premesso che nel giudizio che ci occupa trova applicazione l’art. 342 c.p.c. nella formulazione vigente ratione temporis, anteriore alla modifica introdotta dalla L. n. 13 del 2012, in ragione del deposito del ricorso in appello in epoca antecedente al trentesimo giorno successivo all’entrata in vigore della predetta legge. Ciò posto, si evidenzia che nello sviluppo argomentativo del motivo il ricorrente non individua i punti del percorso motivazionale della Corte territoriale sottoposti a critica, ma riproduce in toto l’esposizione delle censure mosse con l’appello alla sentenza di primo grado, senza contrapporle alle singole argomentazioni della sentenza gravata oggetto di censura. Ne consegue che la doglianza è priva di sufficiente specificità, non consentendo a questa Corte di cogliere adeguatamente le ragioni di critica alla decisione.

3. Per altro verso l’inammissibilità del ricorso si coglie anche ove si consideri la censura, la quale fa riferimento al vizio di cui all’art. 360 c.p.c., n. 3, come idonea a denunciare un error in procedendo, in conformità con l’orientamento affermatosi in seno alla giurisprudenza di legittimità (si veda Cass. Sez. 1, n. 24553 del 31/10/2013, Rv. 628248; Cass. Sez. 3, n. 19882 del 29/08/2013, Rv. 627575; Cass. Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 4036 del 20/02/2014, Rv. 630239, secondo la quale “L’erronea intitolazione del motivo di ricorso per cassazione non osta alla riqualificazione della sua sussunzione in altre fattispecie di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, nè determina l’inammissibilità del ricorso, se dall’articolazione del motivo sia chiaramente individuabile il tipo di vizio denunciato”). In relazione a tale tipo di doglianza, infatti, affinchè questa Corte possa riscontrare mediante esame diretto degli atti l’intero fatto processuale, è necessario che la parte ricorrente si attenga al rispetto delle disposizioni contenute nell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6 e art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4 (in tal senso, ex plurimis, Cass. Sez. L, Sentenza n. 8008 del 04/04/2014, Rv. 630095 – 01: “In caso di denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, del vizio di pretesa violazione dell’art. 112 c.p.c. da parte del giudice di merito, per avere pronunciato su di una domanda non proposta, il giudice di legittimità è investito del potere di esaminare direttamente il ricorso introduttivo del giudizio, purchè ritualmente indicato ed allegato nel rispetto delle disposizioni di cui all’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, e art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, al fine di verificare contenuto e limiti della domanda azionata”). Gli indicati canoni non sono stati rispettati nel caso in esame. Manca, infatti, l’allegazione della sentenza di primo grado e dell’atto d’appello nella sua integrità, nonchè delle indicazioni per il reperimento dei suddetti atti nel fascicolo processuale, nè la parziale trascrizione delle critiche mosse con l’atto d’appello è stata posta in relazione alle singole argomentazioni della sentenza gravata.

4. In base alle svolte argomentazioni il ricorso va dichiarato inammissibile. Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in complessivi Euro 3.500,00, di cui Euro 100,00 per esborsi, oltre spese generali nella misura del 15% e accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 22 dicembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 22 marzo 2017

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