Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7342 del 07/03/2022

Cassazione civile sez. III, 07/03/2022, (ud. 23/11/2021, dep. 07/03/2022), n.7342

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIVALDI Roberta – Presidente –

Dott. DE STEFANO Franco – Presidente di Sez. –

Dott. RUBINO Lina – Consigliere –

Dott. VALLE Cristiano – Consigliere –

Dott. FANTICINI Giovanni – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 16980/2019 R.G. proposto da:

S.I., elettivamente domiciliato in Roma, via del Corso

101, presso lo studio dell’avvocato Enrico Mormino, rappresentato e

difeso dall’avvocato Lalage Mormile;

– ricorrente –

contro

B.S., elettivamente domiciliato in Roma, via Oslavia 30,

presso lo studio dell’avvocato Vincenzo Giordano, rappresentato e

difeso dall’avvocato Gaetano Costa;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 650/2019 della CORTE D’APPELLO DI PALERMO,

depositata il 25/3/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

23/11/2021 dal Consigliere Dott. GIOVANNI FANTICINI.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. S.I. conveniva in giudizio B.S. contestando il diritto di quest’ultimo di pretendere il rilascio dell’immobile sito in (OMISSIS), censito al C.F. al foglio (OMISSIS), particella (OMISSIS), bene che l’attore aveva acquistato, con atto pubblico dell’1/12/2007, poi trascritto il 4/12/2007, da S.S..

Si deduceva, in particolare, che l’azione per rilascio condotta dall’ufficiale giudiziario era stata promossa da B.S., il quale aveva notificato il precetto al dante causa ( S.S.) dell’attore ( S.I.), sulla scorta di titolo esecutivo costituito dal decreto di trasferimento emesso dal Tribunale di Agrigento nella procedura di riscossione coattiva promossa dall’agente della riscossione Serit Sicilia; l’acquisto del convenuto, infatti, derivava dalla vendita forzata originata dall’atto di pignoramento trascritto contro S.S. in data 9/3/2007 su immobili che, in tesi attorea, erano differenti da quelli di S.I., essendo stati individuati, nella nota di trascrizione e anche nel successivo decreto di trasferimento, come ubicati in (OMISSIS), C.F. foglio (OMISSIS), particella (OMISSIS).

Concludeva l’attore domandando l’accertamento della proprietà dell’immobile sito in (OMISSIS), censito al C.F. al foglio (OMISSIS), particella (OMISSIS).

2. Il Tribunale di Agrigento, qualificando la domanda svolta come opposizione ex art. 619 c.p.c., all’esecuzione per rilascio, dichiarava inammissibile l’azione per decadenza dai termini per la sua proposizione.

3. La Corte d’appello di Palermo, pur riqualificando la domanda come azione di rivendicazione ex art. 948 c.c., rigettava l’impugnazione con la sentenza n. 650 del 25/3/2019.

4. Avverso la suddetta sentenza S.I. proponeva ricorso per cassazione (affidato a due motivi), al quale resisteva con controricorso B.S.; il ricorrente depositava, altresì, memoria ex art. 380-bis.1 c.p.c..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Col primo motivo di ricorso S.I. deduce (ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) la violazione e falsa applicazione dell’art. 555 c.p.c., artt. 2826 e 2841 c.c., per avere la Corte di merito ritenuto che l’incertezza nell’individuazione del bene consistente nell’erronea indicazione della via in cui il cespite era ubicato non comportasse l’invalidità e l’inefficacia del pignoramento dell’agente della riscossione (e, così, dell’acquisto del B.); in particolare, sostiene il ricorrente che la Corte d’appello, erroneamente interpretando la documentazione prodotta, avrebbe tratto dalla indimostrata coincidenza tra i dati catastali (esplicitamente “provvisori”) riportati nell’atto di provenienza in favore di S.S. (al quale entrambi i contendenti avevano fatto riferimento) e quelli risultanti dall’atto di pignoramento elementi sufficienti per superare la grave discrasia sulla indicazione del luogo in cui l’immobile era situato; al contrario, la divergenza tra gli identificativi catastali del bene acquisito dal S. e di quello poi trasferito al B. avrebbe dovuto di per sé indurre il giudice a reputare invalida la formalità presa dall’agente della riscossione.

2. Deve innanzitutto dichiararsi l’inammissibilità della censura nella parte in cui si denuncia che la Corte d’appello sarebbe incorsa in errore nella lettura delle risultanze dei registri immobiliari, dalle quali, secondo il S., non emergeva l’affermata coincidenza tra gli elementi indicati nell’atto di provenienza in favore di S.S. e gli estremi della nota di trascrizione del pignoramento contro quest’ultimo.

Un eventuale errore percettivo nell’esame del materiale probatorio non può formare oggetto di ricorso per cassazione, ma, casomai, di revocazione ex art. 395 c.p.c..

3. La Corte d’appello di Palermo inquadra correttamente la questione sottoposta alla sua decisione, la quale concerne la “valutazione del grado d’incidenza, nella determinazione dell’oggetto e dunque nella validità ed efficacia degli atti, del preteso errore di indicazione degli estremi catastali in cui sarebbero incorse, sia le parti della compravendita del 1979, sia la creditrice pignorante del 2007, nonché dell’ulteriore errore nell’indicazione della strada comunale di ubicazione dell’immobile pignorato ((OMISSIS) invece che (OMISSIS)), in cui sarebbe caduta la Montepaschi Serit Sicilia s.p.a. all’atto del pignoramento”.

La Corte territoriale premette che non è lecito dubitare della validità ed efficacia della compravendita risalente al 1979, trattandosi dell’atto di acquisto in favore di S.S., sul quale ciascuno dei contendenti fonda il proprio diritto ( S.I. per effetto della vendita dell’1-4/12/2007; B.S. in forza del pignoramento del 9/3/2007 e, per il combinato disposto degli artt. 2913 e 2919 c.c., del decreto di trasferimento del 13/2/2008).

Muovendo da tale premessa e in base a elementi espressamente indicati nella sentenza impugnata – “l’assunzione nell’atto di pignoramento del 2007, quali elementi d’identificazione del bene pignorato, dei dati catastali desunti dall’atto di acquisto del cespite in capo al debitore come risultanti dal registro immobiliare”, nonché l’impostazione su base personale della pubblicità immobiliare, la correlazione tra i dati catastali e l’individuazione del bene in base ai confini, la mancanza di trascrizioni pregiudizievoli (diverse da quelle dell’agente della riscossione) in capo al debitore S.S. – il giudice d’appello ha concluso che “l’erronea indicazione, negli atti esecutivi, della via di ubicazione dell’immobile” costituisce “una mera ininfluente inesattezza”, tale da non inficiare gli effetti del pignoramento trascritto perché non idonea ad indurre incertezza sull’identità del bene staggito.

4. In punto di diritto, la statuizione della Corte palermitana è conforme all’orientamento della giurisprudenza di legittimità, essendo stato affermato, anche recentemente, il principio per cui “L’errore sugli elementi identificativi dell’immobile pignorato non è causa di nullità dell’atto di pignoramento, salvo che induca incertezza assoluta sul bene gravato” (Cass., Sez. 6-3, Ordinanza n. 19123 del 15/09/2020, Rv. 658885-01).

Peraltro, proprio con riguardo all’indicazione nell’atto di pignoramento dei medesimi estremi catastali risultanti nell’atto di provenienza, pur se non aggiornati, questa stessa Sezione aveva precedentemente statuito il principio – che qui si intende espressamente riaffermare secondo cui “Gli errori o le improprietà di identificazione del bene negli atti di provenienza non potrebbero giammai essere opponibili, di per sé soli considerati, ai terzi di buona fede che abbiano diligentemente compulsato i registri immobiliari, i quali pignorano in modo corretto ciò che in testa al debitore risulta da questi al momento del pignoramento; d’altra parte, in tale contesto, l’indicazione, nel pignoramento e nella sua nota di trascrizione, di dati catastali non aggiornati al momento del pignoramento stesso… non vizia né l’uno né l’altra, ove non vi sia comunque incertezza sulla fisica identificazione dei beni ed ove sussista continuità tra i dati catastali precedenti e quelli corretti all’atto dell’imposizione del vincolo, sì che l’erroneità, di per sé considerata, non comporti confusione sui beni o perfino un riferimento a beni ontologicamente differenti” (Cass., Sez. 3, Sentenza n. 25055 del 7/11/2013, in motivazione).

La censura di S.I. risulta quindi infondata nella parte in cui si imputa al giudice di merito una violazione dell’art. 555 c.p.c. e artt. 2826 e 2841 c.c., norme correttamente applicate nella fattispecie de qua, mentre è inammissibile nella parte in cui si vorrebbe contrastare la valutazione sull’assenza di incertezze nell’individuazione del cespite staggito attraverso argomentazioni che, richiedendo un riesame di merito, sono precluse nel giudizio di legittimità.

5. Col secondo motivo di ricorso si deduce (ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) la falsa applicazione dell’art. 942 c.c. (rectius, art. 948), alla luce dell’art. 115 c.p.c. e dell’art. 2650 c.c., nonché violazione e falsa applicazione dell’art. 2659 c.c.; afferma il ricorrente che la Corte d’appello ha preteso dall’attore la prova della proprietà del cespite acquistato, sebbene questa non fosse mai stata contestata dalla controparte, addossando allo stesso S. l’onere di dimostrare che la compravendita regolarmente trascritta avesse determinato effetti traslativi in suo favore, così violando i principi in materia di pubblicità immobiliare (dalla quale si desumeva, invece, l’univoca identificazione del cespite ceduto, diversamente da quanto risultante dall’atto di pignoramento anteriore).

6. La censura è inammissibile.

Innanzitutto, si prospetta una violazione del principio di non contestazione ex art. 115 c.p.c., ma il ricorso non soddisfa i requisiti di contenuto-forma prescritti dall’art. 366 c.p.c., perché si omette di trascrivere/riportare il testo degli atti dai quali dovrebbe evincersi l’implicita conferma delle asserzioni attoree sulla titolarità del cespite.

Inoltre (e soprattutto) il ricorrente non coglie la ratio decidendi della sentenza impugnata rispetto alla quale la censura è eccentrica.

Si afferma l’incomprensibilità della motivazione nella parte in cui la Corte d’appello, nonostante la trascrizione della compravendita del 4/12/2007, ha preteso dall’odierno ricorrente la prova di un atto idoneo a produrre effetti traslativi a suo favore; in realtà, il motivo travisa il significato della decisione del giudice d’appello, il quale ha inequivocabilmente chiarito che la prova della titolarità del cespite, requisito per l’esercizio dell’azione di rivendica, non poteva prescindere, nel caso de quo, da una preventiva valutazione riguardo alla (asserita) inidoneità dell’atto di pignoramento (trascritto contro il dante causa) a produrre il vincolo di indisponibilità del bene.

In altri termini, contrariamente a quanto sostenuto col motivo, la Corte territoriale non ha assunto la propria decisione prescindendo dall’atto di acquisto in favore di S.I., ma ha correttamente statuito che esso non era sufficiente a fondare il titolo dominicale in capo al ricorrente, perché l’effetto traslativo in suo favore era paralizzato (ex art. 2913 c.c.) dalla precedente trascrizione del pignoramento contro S.S., sicché soltanto la prova dell’invalidità di quest’ultima formalità avrebbe consentito di riconoscere la compravendita come efficace atto di trasferimento della proprietà.

7. In conclusione, il ricorso è rigettato; ne consegue la condanna del ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità, le quali sono liquidate, secondo i parametri normativi, nella misura indicata nel dispositivo.

8. Va dato atto, infine, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello previsto per il ricorso, ove dovuto, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

P.Q.M.

La Corte;

rigetta il ricorso;

condanna il ricorrente a rifondere al controricorrente le spese di questo giudizio, liquidate in Euro 6.000,00 per compensi ed Euro 200,00 per esborsi, oltre ad accessori di legge;

ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello versato per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, qualora dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile, il 23 novembre 2021.

Depositato in Cancelleria il 7 marzo 2022

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