Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7341 del 17/03/2020

Cassazione civile sez. trib., 17/03/2020, (ud. 01/10/2019, dep. 17/03/2020), n.7341

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BRUSCHETTA E. Luigi – Presidente –

Dott. NONNO G. Maria – Consigliere –

Dott. D’AQUINO Filippo – Consigliere –

Dott. TRISCARI Giancarlo – rel. Consigliere –

Dott. PUTATURO DONATI VISCIDO M.G. – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 21463 del ruolo generale dell’anno 2016

proposto da:

Agenzia delle entrate, in persona del direttore generale pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello Stato, presso

i cui Uffici in Roma, via dei Portoghesi n. 12, sono domiciliati;

– ricorrente –

contro

S.A.S. Pulcio di B.d.C., in persona del legale

rappresentante pro tempore;

– intimata –

per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria

regionale della Campania, n. 3508/31/2016, depositata in data 12

aprile 2016;

udita la relazione svolta nella camera di consiglio dell’1 ottobre

2019 dal Consigliere Dott. Triscari Giancarlo;

Fatto

RILEVATO

che:

dalla esposizione in fatto della pronuncia censurata si evince che: la società S.A.S. Pulcio di B.d.C. aveva presentato istanza di rimborso Iva, anno di imposta 2010, che era stato rigettato dall’Agenzia delle entrate; avverso il provvedimento di diniego la società aveva proposto ricorso che era stato accolto dalla Commissione tributaria provinciale di Caserta; avverso la suddetta pronuncia aveva proposto appello l’Agenzia delle entrate;

la Commissione tributaria regionale della Campania ha rigettato l’appello, in particolare, ha ritenuto che: ai fini del riconoscimento del diritto al rimborso Iva era sufficiente la circostanza che l’operazione imponibile, consistente nella stipula del contratto preliminare di vendita di un immobile con versamento dell’acconto, si era verificata, conformemente a quanto previsto dal D.P.R. n. 633 del 1972, art. 6, comma 4, sicchè non assumeva rilievo il fatto che non si era addivenuti alla stipula del contratto definitivo a causa del fallimento della società venditrice; non aveva rilevanza, poi, la circostanza che la società contribuente, oltre che presentare la domanda di rimborso con la dichiarazione annuale e inserire il credito Iva nel relativo quadro, non aveva provveduto a inviare il modello VR;

avverso la suddetta pronuncia ha proposto ricorso l’Agenzia delle entrate affidato a tre motivi di censura;

la società è rimasta intimata.

Diritto

CONSIDERATO

che:

con il primo motivo di ricorso si censura la sentenza ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4), per violazione del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 21, comma 1, nonchè dell’art. 112 c.p.c., per avere pronunciato sulla questione del momento in cui può dirsi insorto il diritto al rimborso senza che la società contribuente avesse prospettato, con il proprio ricorso, ragioni di doglianza;

con il secondo motivo si censura la sentenza ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), per violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 6, commi 1 e 4, nonchè art. 26, comma 2, per avere ritenuto sussistente il diritto al rimborso Iva anche nel caso di specie, in cui si era verificata la risoluzione della cessione a seguito del fallimento della società venditrice e autorizzazione del giudice delegato allo scioglimento dei contratti;

con il terzo motivo si censura la sentenza ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), per violazione del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 30, per avere riconosciuto il diritto al rimborso alla società contribuente che, tuttavia, non era cedente o prestatore del servizio, obbligati di imposta e quindi legittimati a richiedere il rimborso;

pregiudiziale ai fini della decisione della controversia è la circostanza che, stando a quanto si evince dal ricorso, la sentenza impugnata è stata notificata il 21 giugno 2016; era quindi onere della ricorrente dare prova del momento in cui la notifica del ricorso si era perfezionata al fine di consentire a questa Corte di valutare la tempestività del ricorso;

parte ricorrente non ha assolto al suddetto onere, sicchè deve essere dichiarata l’inammissibilità del ricorso, ai sensi degli artt. 325 e 326 c.p.c.;

P.Q.M.

La Corte:

dichiara inammissibile il ricorso.

Così deciso in Roma, il 1 ottobre 2019.

Depositato in cancelleria il 17 marzo 2020

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