Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7340 del 07/03/2022

Cassazione civile sez. III, 07/03/2022, (ud. 16/11/2021, dep. 07/03/2022), n.7340

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SESTINI Danilo – Presidente –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Consigliere –

Dott. CIRILLO Francesco Maria – Consigliere –

Dott. VALLE Cristiano – Consigliere –

Dott. MOSCARINI Anna – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 2777/2019 proposto da:

E.T., rappresentata e difesa dall’avvocato SERGIO

MASSIMILIANO BOLOGNA, ed elettivamente domiciliata presso lo studio

del medesimo in Roma Viale Giuseppe Mazzini, 88, Pec:

sergiomassimilanobologna.ordineavvocatiroma.org;

– ricorrente –

contro

UNIPOLSAI ASSICURAZIONI SPA, in persona del legale rappresentante pro

tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato ROBERTO MAZZOLENI, ed

elettivamente domiciliata presso lo studio dell’avvocato Letizia

Cairoli, in Roma, via Fabio Massimo n. 60, Pec:

avvrobertomazzoleni.ordineavvocatibopec.it;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1596/2018 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA,

depositata il 12/06/2018;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

16/11/2021 da Dott. MOSCARINI ANNA.

 

Fatto

CONSIDERATO

che:

1. E.T., in qualità di coobbligata con il marito R.S., quali fideiussori della società Generale Servizi srl, a garanzia della regolare esecuzione di un contratto di appalto di servizi di stoccaggio e consegna stipulato dalla società in favore della Asl (OMISSIS), fu intimata da Unipolsai Assicurazione SpA (di seguito Unipolsai), titolare della polizza fideiussoria a garanzia del contratto, di pagare la somma di Euro 202.906,00, versata dalla compagnia in conseguenza della risoluzione, per grave inadempimento dell’appaltatore, del contratto di appalto stipulato dalla società. Fu emesso decreto ingiuntivo cui la E. fece opposizione, allegando di aver ignorato l’esistenza del credito, la polizza fideiussoria e l’atto di coobbligazione, prodotto dalla compagnia in forma telematica, recante una sua firma che l’interessata provvide a disconoscere. La Unipolsai, costituendosi nel giudizio di opposizione al decreto ingiuntivo, confermò di volersi avvalere della scrittura privata sottoscritta dalla E., propose istanza di verificazione e, contestualmente, depositò in giudizio l’originale della scrittura.

Alla prima udienza del 10/3/2016 la E. non provvide a disconoscere l’originale ma si limitò a contestare quanto dedotto dalla Unipolsai nella propria comparsa di costituzione e risposta, sicché il giudice, ritenuto che la causa non fosse di pronta soluzione, assegnò i termini ex art. 183 c.p.c., comma 6.

La E. lasciò decorrere i termini per la prima e la seconda memoria ex art. 183 c.p.c., comma 6, senza disconoscere l’originale depositato dalla Unipolsai e, con la terza memoria, precisò di “non dover modificare le domande ed eccezioni già svolte nell’atto di citazione”.

2. Conseguentemente il Tribunale, rilevato che l’opponente non aveva disconosciuto l’originale della scrittura privata né alla prima udienza né entro il termine di cui all’art. 183 c.p.c., ritenne che detto documento fosse stato tacitamente riconosciuto ai sensi dell’art. 215 c.p.c., comma 1, n. 2 e rigettò l’opposizione.

3. La Corte d’Appello di Bologna, adita dalla E., con sentenza resa in data 12/6/2018, ha rigettato l’appello, confermando la correttezza della decisione di primo grado, che aveva ritenuto tacitamente riconosciuta la sottoscrizione apposta in calce alla scrittura privata, in assenza di formale disconoscimento dell’originale nella prima udienza o nella prima risposta successiva alla produzione del documento.

4. Avverso la sentenza E.T. ha proposto ricorso per cassazione sulla base di quattro motivi.

La Unipolsai SpA ha resistito con controricorso.

5. La causa è stata assegnata alla trattazione in Adunanza Camerale ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., in vista della quale la Unipolsai ha depositato memoria.

Diritto

RITENUTO

che:

1. Preliminarmente occorre esaminare l’eccezione di parte resistente relativa alla pretesa inammissibilità del ricorso per mancanza della procura speciale richiesta dall’art. 365 c.p.c., per la proposizione del ricorso per cassazione. Ad avviso di parte resistente nell’incipit del ricorso vi sarebbe il riferimento alla procura ad litem apposta in calce all’atto di citazione in opposizione a decreto ingiuntivo e nessuna procura acclusa all’atto notificato.

1.1 L’eccezione è infondata. Nel fascicolo d’ufficio risulta la presenza di una procura speciale spillata al ricorso e notificata in una al ricorso stesso, il cui contenuto, ancorché privo di data, non pone dubbi circa la riferibilità della stessa al ricorso per cassazione proposto dalla E., con la conseguente infondatezza della relativa eccezione. Sul punto il Collegio intende dare continuità al consolidato indirizzo di questa Corte secondo il quale “Nel caso di procura rilasciata su foglio separato, ma materialmente congiunto all’atto cui si riferisce, la mancanza di data non produce nullità della procura, dovendo essere apprezzata con riguardo al foglio che la contiene, alla stregua di qualsiasi procura apposta in calce al ricorso, per cui la posteriorità del rilascio della procura rispetto alla sentenza impugnata si desume dall’intima connessione con il ricorso cui accede e nel quale la sentenza è menzionata, mentre l’anteriorità rispetto alla notifica risulta dal contenuto della copia notificata del ricorso (Cass., 5, n. 34259 del 21 dicembre 2019; Cass., L, n. 18915 del 5/11/2012).

Ciò posto in via preliminare si procede allo scrutinio dei motivi di ricorso. Sui motivi.

1. Con il primo motivo – violazione e falsa applicazione dell’art. 214 c.p.c. e art. 215 c.p.c., comma 2, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3 – la ricorrente deduce che la Corte di merito abbia errato nel non rilevare la chiara rinuncia tacita di controparte a far valere l’eccezione di disconoscimento della scrittura, con ciò ponendosi in contrasto con l’orientamento di questa Corte secondo il quale “la proposizione dell’istanza di verificazione della scrittura privata non è compatibile con la volontà di far valere la decadenza della controparte dalla facoltà di disconoscerla, sicché una volta formulata la suddetta istanza si verifica una rinuncia tacita all’eccezione che non può più essere revocata”.

2. Con il secondo motivo – omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5 – la ricorrente lamenta che la Corte di merito abbia omesso di considerare che, nel verbale di prima udienza, essa opponente aveva disconosciuto le firme apposte sulla scrittura privata prodotta in originale, tanto da provocare nella parte opposta la richiesta di verificazione. Ad opinare diversamente non si comprenderebbe il senso dell’ordinanza che, preso atto del disconoscimento e dell’istanza di verificazione, aveva ritenuto che la causa non fosse di pronta soluzione.

3. Con il terzo motivo di ricorso (subordinato rispetto al secondo)- omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5 – la ricorrente insiste nel lamentare l’omesso esame della rinuncia tacita all’eccezione di disconoscimento, ravvisabile, a suo dire, nel verbale di prima udienza del giudizio di opposizione.

4. Con il quarto motivo di ricorso – nullità della sentenza in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4, per violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2 n. 4 – la ricorrente lamenta in modo davvero criptico e poco comprensibile – la contraddittorietà della sentenza nella parte in cui ha ritenuto che la E. non avesse formalmente disconosciuto l’originale così evidenziando il mancato esame delle istanze proposte dalla parte appellante.

1-4 I motivi possono essere trattati congiuntamente per ragione di connessione perché ruotano tutti intorno alla stessa questione – pretesa erroneità della sentenza per non aver rilevato la rinuncia tacita della Unipolsai a far valere l’eccezione di decadenza della E. dal potere di disconoscimento della scrittura privata.

1-4.1 Il primo motivo, non privo di profili di inammissibilità in quanto dichiaratamente volto a censurare l’impugnata sentenza per aver attribuito “un significato completamente diverso ai fatti esposti dall’appellante” e dunque per dedurre un errore di fatto (Cass., 2, n. 2290 del 19/3/1996; Cass., 1, n. 1591 del 6/2/2002, Cass., 3, n. 9543 del 1/7/2002; Cass., 3, n. 13357 del 19/7/2004), è comunque infondato.

In base al consolidato orientamento di questa Corte, cui il Collegio intende dare continuità, “Il disconoscimento, ai sensi dell’art. 214 c.p.c. e art. 215 c.p.c., comma 2, dell’autenticità della sottoscrizione di una scrittura privata, ammissibile anche relativamente a scrittura prodotta in copia fotostatica, non esime, ove sia comunque collegato alla contestazione, altresì, della conformità della copia all’originale, dall’onere di insistere nello stesso, una volta che controparte abbia prodotto il documento originale, il quale costituisce un “quid novi” nell’acquisizione probatoria, che sostituisce la copia precedentemente prodotta e ne elide ogni valenza” (Cass., 2, n. 5189 dell’11/4/2002); “La parte che ha disconosciuto la sottoscrizione di una scrittura privata prodotta in copia fotostatica, ha l’onere di reiterare il disconoscimento con riferimento all’originale della scrittura medesima, successivamente acquisito in giudizio, per impedire che la predetta scrittura si abbia per riconosciuta in causa (Cass., 1, n. 16551 del 6/8/2015).

Premessa la rilevanza, nel caso in esame, del richiamato indirizzo giurisprudenziale non può, invece, trovare applicazione la giurisprudenza, invocata dalla ricorrente (pure esistente e consolidata) secondo la quale la proposizione dell’istanza di verificazione della scrittura privata è incompatibile con la volontà di far valere la decadenza della controparte dalla facoltà di disconoscerla. Non può, infatti predicarsi una rinuncia a far valere la tardività/decadenza dalla facoltà di disconoscere (implicita nell’istanza di verificazione) prima che questa decadenza si sia verificata, ossia prima della conclusione della prima udienza di trattazione (nella quale la difesa della E. avrebbe dovuto disconoscere la sottoscrizione dell’originale). La Unipolsai ha eccepito correttamente il mancato disconoscimento dell’originale nella prima memoria ex art. 183 c.p.c., comma 6, senza più insistere (se non in via subordinata) nell’istanza di verificazione, dovendosi pertanto escludere l’avvenuta rinuncia.

Correttamente, allora, il giudice di primo grado aveva ritenuto non potersi configurare alcuna rinuncia anticipata a far valere una decadenza che non si era ancora prodotta sicché, soltanto dopo la conclusione della prima udienza, la parte opposta poteva valutare se rinunciare o meno alla relativa eccezione.

1-4.2 Il secondo ed il terzo motivo, volti a prospettare l’omesso esame di un fatto decisivo, premessa l’inammissibilità di una censura ex art. 360 c.p.c., n. 5 (ex art. 348 ter c.p.c., comma 5, a fronte di una cd. doppia conforme) sono inammissibili perché non rientrano nel perimetro di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5. La ricorrente lamenta, infatti, l’omesso esame della rinuncia tacita all’eccezione di disconoscimento, ravvisabile, a suo dire, nel verbale di prima udienza del giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo. E’ chiaro che i motivi non individuano fatti storici pretermessi – oggetto di discussione tra le parti e decisivi per la risoluzione della controversia – ma censurano che a quei fatti, considerati dal giudice del merito, sia stato attribuito un valore ed un significato difformi dalle proprie aspettative e deduzioni.

1-4.3 Il quarto motivo, con cui si denuncia la pretesa nullità della sentenza in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4, per mancato esame delle istanze proposte dalla parte appellante, è inammissibile per l’assoluta cripticità del medesimo che determina l’inidoneità ad evidenziare la dedotta nullità.

5. Conclusivamente il ricorso va rigettato e la ricorrente condannata a pagare le spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo. Si dà altresì atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un importo a titolo di contributo unificato pari a quello versato per il ricorso, se dovuto.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente a pagare, in favore di parte resistente, le spese del giudizio di cassazione liquidate in Euro 5.000 (oltre Euro 200 per esborsi), più accessori di legge e spese generali al 15%. Dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, pari a quello versato per il ricorso, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio Sezione Terza Civile, il 16 novembre 2021.

Depositato in Cancelleria il 7 marzo 2022

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