Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7338 del 07/03/2022

Cassazione civile sez. III, 07/03/2022, (ud. 10/11/2021, dep. 07/03/2022), n.7338

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele Gaetano Antonio – Presidente –

Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere –

Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere –

Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere –

Dott. AMBROSI Irene – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 7101/2019 R.G. proposto da:

INTERNATIONAL FACTORS Italia S.p.a., IFITALIA, rappresentata e difesa

dall’Avv. Guido Ninni, con domicilio eletto presso il suo studio in

Roma, via Arbia 23/a;

– ricorrente –

contro

E Distribuzione S.p.a., (già ENEL Distribuzione s.p.a.), in persona

del procuratore legale, rappresentata e difesa dall’Avv. Pierfilippo

Coletti, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, viale

delle Milizie 38;

– controricorrente –

e

Fallimento (OMISSIS) s.r.l.;

– intimato –

avverso la sentenza della Corte di appello di Roma 25 gennaio 2019,

n. 561, depositata il 25 gennaio 2019.

Udita la relazione svolta nella Camera di consiglio del 10 novembre

2021 dal Consigliere Dott. Irene Ambrosi.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

La Corte di Appello di Roma – in accoglimento dell’appello proposto da Enel Distribuzione S.p.a. – ha integralmente riformato la sentenza del Tribunale di Roma – che aveva respinto l’opposizione proposta da Enel avverso il decreto ingiuntivo con cui INTERNATIONAL FACTORS Italia S.p.a. “IFITALIA”, richiamato il contratto di Factoring stipulato con la (OMISSIS) s.r.l. verso cui aveva effettuato anticipazioni finanziarie a fronte di cessione di crediti, le aveva ingiunto il pagamento della somma di Euro 78.947,06 – e, per l’effetto, revocato il decreto monitorio.

Avverso la sentenza di appello, INTERNATIONAL FACTORS Italia S.p.a. “IFITALIA” propone ricorso per cassazione articolato in tre motivi. Si è costituita con controricorso E Distribuzione s.p.a. (già Enel Distribuzione S.p.a.); sebbene intimato, non si è invece costituito Fallimento (OMISSIS) s.r.l.. La trattazione del ricorso è stata fissata in adunanza camerale ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., comma 1. Il Pubblico Ministero non ha depositato conclusioni. Entrambe le parti hanno depositato memorie.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo la società ricorrente lamenta “Violazione dell’art. 112 c.p.c. e del principio della corrispondenza tra il richiesto e pronunciato, con conseguente nullità della pronuncia ex art. 360 c.p.c., n. 4, che omesso esame circa un fatto decisivo del giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti (art. 360 c.p.c., n. 5)”. Sostiene la ricorrente che la Corte di appello sarebbe stata tratta in inganno dall’atto di appello dell’Enel tutto incentrato sulla fattura n. (OMISSIS), senza prendere in considerazione le altre 25 fatture poste a fondamento del decreto monitorio ottenuto dal Tribunale. Ciò risulterebbe dalla lettura della sentenza impugnata – ove nel primo paragrafo dello svolgimento del processo – ove la Corte di appello dà conto del decreto ingiuntivo ottenuto da IFITALIA per l’importo di 78.947,49 come derivante da un credito basato su una fattura (n. (OMISSIS)) emessa dalla società (OMISSIS), poi fallita – di cui IFITALIA si era resa cessionaria, credito inerente ad uno stato di avanzamento lavori (SAL N. 10) prodotto in fotocopia. L’errore risulterebbe, ancora, dalla lettura dei motivi della decisione ove è affermato che “il credito di cui IFITALIA si è resa cessionaria deriva dalla fattura n. (OMISSIS) emessa dall’allora “in bonis” società (OMISSIS)”. Detto errore avrebbe portato la Corte territoriale alla decisione di revoca del decreto ingiuntivo opposto, senza esaminare e senza motivare in merito all’ulteriore credito di Euro 21.109,57, oltre interessi e spese. Insiste nel ribadire che lo stesso decreto monitorio era stato richiesto e concesso sia sulla base della fattura n. (OMISSIS) per Euro 57.837,49 dalla fattura n. (OMISSIS) (espressa in lire) e da Euro 21.109,57 quanto alle altre 25 fatture oggetto del detto ricorso monitorio e di aver – fino alla comparsa di risposta in appello – evidenziato che l’appello della controparte concernesse esclusivamente la fattura n. (OMISSIS), ma non le altre e che il residuo ancora non saldato da Enel ammontasse a Euro 21.109,57.

2. Con il secondo motivo denuncia “Violazione e falsa applicazione delle norme ermeneutiche degli atti giudiziari anche con riferimento ai principi di cui agli artt. 1362 c.c. e segg. (art. 360 c.p.c., n. 3) nonché violazione dell’art. 324 c.p.c., in tema di giudicato e violazione degli artt. 342 e 345 c.p.c. (art. 360 c.p.c., nn. 3 e 4)”. In proposito, la ricorrente osserva, da un lato, come la Corte di appello non abbia rilevato l’inammissibilità dell’appello di controparte tutto incentrato nella contestazione della fattura n. (OMISSIS) correlata al SAL n. 10, sebbene nelle conclusioni la stessa controparte facesse riferimento alle fatture diverse dalla n. (OMISSIS); dall’altro verso, come non abbia rilevato il passaggio in giudicato della sentenza del Tribunale di Roma per tutta quella parte oggetto di ingiunzione relativa alle fatture diverse dalla n. (OMISSIS), per complessivi Euro 21.109,57, oltre interessi e spese.

3. Con il terzo motivo, la ricorrente lamenta “Violazione e falsa applicazione dell’art. 116 c.p.c., in tema di valutazione delle prove, dell’art. 2697 c.c., in tema di onere della prova, nonché dell’art. 2712 c.c. e dell’art. 2719 c.c., u.p., nonché errata applicazione dell’art. 2724 c.c., n. 3 (art. 360 c.p.c., nn. 3 e 4); omesso esame di fatto decisivo per il giudizio (art. 360 c.p.c., n. 5); violazione e falsa applicazione degli artt. 2727 e 2729 c.p.c. (c.c. ndr) in tema di presunzioni semplici (art. 360 c.p.c., n. 3); violazione e falsa applicazione dell’art. 2721 c.c. e art. 2724 c.c., n. 1 e art. 356 c.p.c., mancata ammissione della prova testimoniale; violazione e falsa applicazione dell’art. 2770 c.c., in tema di efficacia probatoria della ricognizione di debito”; la ricorrente lamenta che la sentenza impugnata non sarebbe corretta anche nella parte in cui, con specifico riferimento al SAL n. 10 del 2000 sulla base dell’assunto che “Enel distribuzione disconosce tale documento sia perché non conforme all’eventuale originale (che infatti assume di non aver mai emesso) sia ne disconosce la sottoscrizione” è giunta alla conclusione che “a fronte di tale disconoscimento sarebbe stato onere di IFITALIA provare la sussistenza del credito”. Contesta inoltre che la Corte territoriale abbia sostenuto in violazione dell’art. 116 c.p.c., che “il SAL viene sottoscritto dal committente (e per esso dal direttore dei lavori) e dall’impresa per accettazione per cui anche l’impresa ne possiede un esemplare; il fatto che ne abbia (l’IFITALIA n.d.r.) prodotto una semplice fotocopia va a suo svantaggio”. ciò avrebbe evinto la Corte di appello su di un presupposto errato e cioè che il SAL de quo è “documento estratto dal registro della contabilità dell’appalto” riassuntivo dei lavori eseguiti “sino a quel momento ed è sottoscritto dal committente e dell’impresa per accettazione”. L’affermazione contrasterebbe con la documentazione in atti; difatti, alcun riferimento viene fatto nei SAL prodotti in atti al “registro della contabilità dell’appalto”, né vi è sottoscrizione dell’appaltatore per accettazione. Insiste parte ricorrente nell’affermare che – come aveva chiesto di dimostrare in appello – risulta documentalmente dai menzionati SAL che essi costituiscono documentazione contabile interna di Enel e vengono emessi in un unico originale e rimessi in copia all’appaltatore (come risulta testualmente dall’annotazione nella parte bassa del doc. 33, prodotto sub E). Pertanto, la Corte di appello avrebbe errato nel ritenere che i SAL dovessero essere sottoscritti dall’impresa per accettazione e che l’appaltatore possedesse gli originali; avrebbe errato inoltre a ritenere inammissibile la richiesta di verificazione formulata da IFITALIA, e a ritenere, secondo l’art. 2724 c.c., n. 3, l’ammissibilità della prova testimoniale soltanto nel caso di smarrimento senza colpa del documento; insiste di non aver smarrito alcunché né ha smarrito nulla la propria dante causa (OMISSIS) e sostiene l’errata applicazione sia dell’art. 2724, n. 3, sia degli artt. 2712 e 2719 c.c.; ricorda in proposito che il giudice di prime cure, al riguardo, aveva onerato l’Enel della produzione del documento SAL in originale. Afferma il carattere ambiguo della contestazione sollevata da Enel che ha negato la conformità all’originale del documento, contestandone la pretesa contraffazione della firma del Responsabile di zona dell’Enel, senza mai contestare la firma apposta dal Responsabile del “Controllo qualità e Quantità”. In proposito, la Corte di appello nulla avrebbe motivato. “Addirittura” ad avviso della ricorrente la Corte di appello in violazione degli artt. 2727 e 2729 c.c., avrebbe attribuito “valore indiziante e significativo” alla condotta tenuta dalla (OMISSIS) in un precedente giudizio conclusosi con sentenza del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere del 2011, prodotta dall’Enel nel corso del giudizio, nella quale, per fatti diversi da quelli che occupano e tra soggetti diversi da quelli della presente causa, è stata accertata la falsità di alcuni documenti relativi a lavori eseguiti dalla (OMISSIS). La Corte di appello ha invece omesso di fare riferimento ad altri elementi documentali contrari alla presunzione adottata ed in particolare, una sentenza del Tribunale di Roma del 2012 resa tra le parti nella stessa materia e passata in giudicato che aveva stigmatizzato l’atteggiamento processuale dell’opponente “che più volte invitata dal Giudice, non ha ritenuto di fornire prove e documenti che potessero chiarire i rapporti tra le parti, con un intento palesemente dilatorio dei tempi di opposizione” (prodotta sub L) e ancora, un altro precedente nel quale invece aveva ottemperato all’ordine di esibizione del giudice, dimostrando di essere effettivamente in possesso dell’originale del SAL (doc. prodotto sub I). Deduce la ricorrente che proprio con riferimento all’incertezza della materia in causa, la Corte di appello avrebbe dovuto ammettere le prove articolate in tema di contestazione della copia di un documento secondo l’art. 2719 c.c.. Insiste infine nel ritenere tutti “riconosciuti” gli ulteriori documenti SAL prodotti a corredo delle altre 25 fatture, tenuto conto che in proposito controparte si era limitata ad una contestazione generica.

4. In via preliminare rileva il Collegio che la sorte del ricorso, la quale, come emergerà dall’esame dei motivi, sarà nel senso dell’inammissibilità, rende inutile esaminare la duplice questione posta dalla ricorrente IFITALIA nella memoria e cioè se, per un verso, sia regolare l’instaurato contraddittorio nei confronti del Fallimento (OMISSIS) s.r.l., già contumace nel giudizio di appello, al cui Curatore è stato notificato da IFITALIA il ricorso per cassazione e restituito in plico con la dicitura “Rifiutato in quanto non più curatore – 5.3.2019” e se, per altro verso, sia necessaria la rinnovazione della notifica del ricorso per cassazione nei confronti della (OMISSIS) s.r.l., tornata in bonis.

L’irrilevanza della questione si giustifica alla stregua del consolidato principio di diritto a suo tempo affermato da Cass., Sez. Un., n. 6826 del 2010 e poi costantemente seguito dalla giurisprudenza di questa Corte, nel senso che “Nel giudizio di cassazione, il rispetto del principio della ragionevole durata del processo impone, in presenza di un’evidente ragione d’inammissibilità del ricorso (nella specie, per la palese inidoneità del quesito di diritto), di definire con immediatezza il procedimento, senza la preventiva integrazione del contraddittorio nei confronti di litisconsorti necessari cui il ricorso non risulti notificato, trattandosi di un’attività processuale del tutto ininfluente sull’esito del giudizio”. Il principio è da estendere, per evidenti ragioni di analogia, all’ipotesi in cui debba ordinarsi la rinnovazione della notificazione in ipotesi nulla ed è stato esteso anche al caso in cui lo scrutinio dei motivi ne evidenzi l’infondatezza (ex multis, Cass. n. 15106 del 2013).

5. Il primo motivo di ricorso è inammissibile.

Con esso, l’addebito rivolto dalla ricorrente alla sentenza impugnata di avere violato l’art. 112 c.p.c., sotto il profilo dell’infra petizione prospetta in realtà che tale errore è frutto di un’affermazione della Corte di appello circa l’oggetto del giudizio, o meglio sull’oggetto della domanda originaria, che è di natura fattuale. L’errore consiste nel fatto che la domanda monitoria sarebbe stata basata solo sulla fattura di cui si occupa la corte territoriale. Tale affermazione viene fatta nello “svolgimento del processo” e, poi, e soprattutto nell’incipit della motivazione, quando si afferma che il credito di cui IFITALIA si è resa cessionaria deriva dalla fattura n. (OMISSIS), così ribadendo l’avviso precedente e assumendo come oggetto del decidere in appello la valutazione sull’esistenza di tale credito e nient’altro e, soprattutto, facendolo in modo incidente sulla decisione; difatti, quest’ultima è stata fondata sulla supposizione erronea che il decreto ingiuntivo fosse stato chiesto solo per il credito di cui a detta fattura, tanto è vero che l’opposizione è stata integralmente accolta con revoca di tutto il decreto, mentre, sulla base della sola valutazione della fattura avrebbe dovuto essere accolta parzialmente e, semmai, si sarebbe dovuto dare atto che sulle altre fatture non vi era stato appello.

6. Parimenti inammissibile è il secondo motivo poiché con esso la ricorrente suppone che la corte territoriale abbia commesso un errore di lettura della domanda originaria e dell’appello, ivi compresi i suoi limiti devolutivi, frutto di attività interpretativa, cioè di una valutazione. Invece, l’errore è stato su supposizione di una realtà diversa da quella esistente.

Del resto, la declaratoria di inammissibilità dei due motivi, lascerà intatto il potere della decisione della corte territoriale quanto al ricorso per revocazione instaurato dalla stessa ricorrente come ricordato nel ricorso (punto 3, pag. 12) e per quanto è dato conoscere ancora pendente.

7. Inammissibile si prospetta anche il terzo motivo.

Quanto alla deduzione della violazione dell’art. 116 c.p.c., essa si articola nell’argomentare il dissenso rispetto ad evocate risultanze probatorie che è estranea al modo di deduzione della violazione del paradigma di detta norma secondo i criteri indicati dalla giurisprudenza di questa Corte (Cass. n. 11892 del 2016, ripreso in motivazioni non massimate da Cass., Sez. Un., nn. 16598 del 2016 e 7074 del 2017, ed ora riaffermato da Cass., Sez. Un., n. 20867 del 2020). Ne’ essa è scrutinabile, dati i limiti al controllo della motivazione sulla ricostruzione della quaestio facti emergenti dell’art. 360 c.p.c., n. 5, secondo i principi di cui a Cass., Sez. Un., n. 8053 e 8054 del 2014, sicché, pur apprezzando l’illustrazione – alla stregua Cass., Sez. Un., n. 17931 del 2013 – ai sensi del citato n. 5, il motivo riqualificato non cesserebbe di essere inammissibile.

Inoltre, l’illustrazione impinge anche in affermazioni circa risultanze di fatto e atteggiamenti processuali riguardo alle quali non sempre si chiarisce se e dove fossero state introdotte nel giudizio e delle quali non si fornisce nemmeno l’indicazione specifica ai sensi dell’art. 366 c.p.c., n. 6. In particolare, i riferimenti ad atti di primo e di secondo grado alla pag. 23 del ricorso risultano del tutto generici. Se anche non si ritenessero tali, resterebbe fermo quanto osservato sopra sulla deduzione dell’art. 116 c.p.c., mentre, se si apprezzasse quanto si deduce circa la pretesa rilevanza della mancata contestazione del SAL da parte dell’Enel (come lamentato pure a pag. 23) in relazione al vizio di cui dell’art. 360 c.p.c., n. 5, se ne dovrebbe rilevare la carenza sotto il profilo della decisività dell’omesso esame, tenuto conto che la decisione si è basata sulla contestazione del valore della fotocopia del SAL e della mancata produzione dell’originale.

In ordine a quanto si deduce circa il carattere generico del disconoscimento (a pag. 26 del ricorso), la deduzione non è rispettosa dei criteri di cui all’art. 366 c.p.c., n. 6, e, comunque, prospettando una censura che non dimostra di avere eccepito tempestivamente ai sensi dell’art. 157 c.p.c., non risulta deducibile in questa sede.

Quanto alla violazione degli artt. 2727 e 2729 c.c., essa non è dedotta secondo i criteri indicati dalla giurisprudenza di questa Corte (Cass., Sez. Un., n. 1785 del 2018, non massimata, in motivazione par. n. 4 e ss.), ma in modo meramente assertivo.

La doglianza riferita alla mancata ammissione delle prove non si confronta con il principio di diritto richiamato dalla sentenza impugnata in proposito (pag. 4 della sentenza).

Ne consegue l’inammissibilità del ricorso.

5. Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo.

L’inammissibilità del ricorso comporta la dichiarazione di sussistenza, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto (Cass. Sez. U. 20 febbraio 2020 n. 4315).

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali in favore della controricorrente, che si liquidano in complessivi Euro 4.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile, il 10 novembre 2021.

Depositato in Cancelleria il 7 marzo 2022

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA