Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7334 del 07/03/2022

Cassazione civile sez. trib., 07/03/2022, (ud. 16/02/2022, dep. 07/03/2022), n.7334

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI IASI Camilla – Presidente –

Dott. BALSAMO Milena – rel. Consigliere –

Dott. RUSSO Rita – Consigliere –

Dott. LO SARDO Giuseppe – Consigliere –

Dott. MELE Maria Elena – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 17390/2014 proposto da:

Agenzia Delle Entrate, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in Roma, Via Dei Portoghesi, 12, presso

l’Avvocatura Generale Dello Stato che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

Graspel Import Expert srl, B.M.A., Bi.Pa.; e

b.f., T.A.M. e T.N., Z.M.,

Z.I.R.; e Z.G., rappresentati e difesi dall’avv. Gian

Piero Antonini Zambelli e Giuseppe Maria Tiraboschi, con studio in

Roma, via Verona n. 9, presso la quel è elettivamente domiciliata;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 89/13 della COMM. TRIB. REG. EMILIA ROMAGNA,

depositata il 23.12.2013;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

16.02.2022 dal Consigliere Dott. BALSAMO MILENA;

lette le conclusioni del P.G. che ha concluso per il rigetto del

ricorso.

 

Fatto

ESPOSIZIONE DEI FATTI DI CAUSA

1. Con sentenza n. 89/2013, depositata il 23 dicembre 2013, la Commissione tributaria regionale della Emilia Romagna, confermando la prima decisione, ha respinto il gravame proposto dall’amministrazione finanziaria, sul rilievo che trattandosi di litisconsorzio tributario e non necessario non poteva accogliersi l’eccezione di inammissibilità dei ricorsi proposti dagli eredi T. e da T.A.M.; respingendo nel merito le censure dedotte dall’ente con riferimento alla valutazione delle aree oggetto delle compravendite tra la società e gli acquirenti indicati in epigrafe.

L’Agenzia della Entrate ha proposto ricorso per cassazione con due motivi. I contribuenti hanno replicato con controricorso.

La società contribuente ha depositato istanza di sospensione della lite D.L. n. 119 del 2018, ex art. 6, con relativa domanda di definizione della lite.

Il Presidente della Sezione ha dichiarato l’estinzione del giudizio con decreto D.L. n. 119 del 2018, ex art. 6, depositato il 27 settembre 2021.

In data 27.09.2021, i contribuenti, pur dando atto che non era stata avanzata istanza di trattazione nei termini indicati dal citato decreto legge, hanno presentato istanza di trattazione della causa e di contestuale revoca del decreto ai sensi dell’art. 391 c.p.c..

Il P.G. ha concluso per il rigetto del ricorso.

Diritto

CONSIDERATO

che:

2. Preliminarmente, si osserva che il decreto di cui all’art. 391 c.p.c., comma 1, ha la medesima funzione (di pronuncia sulla fattispecie estintiva) e il medesimo effetto (di attestazione che il processo di cassazione deve chiudersi perché si è verificato un fenomeno estintivo) che l’ordinamento processuale riconosce alla sentenza o all’ordinanza, con la differenza che, mentre nei confronti dei suddetti provvedimenti è ammessa solo la revocazione ex art. 391 bis c.p.c., avverso il decreto presidenziale l’art. 391 c.p.c., comma 3, individua, quale rimedio, il deposito di un’istanza di sollecitazione alla fissazione dell’udienza (collegiale) per la trattazione del ricorso (Sez. 5, Sentenza del 13/04 – 03/06/2015). Tale istanza – che, non avendo carattere impugnatorio, non deve essere motivata – va depositata nel termine, da ritenersi perentorio (salva la generale possibilità di rimessione in termini prevista dall’art. 153 c.p.c., comma 2, aggiunto dalla L. 18 giugno 2009, n. 69, art. 45, comma 19), di dieci giorni dalla comunicazione del decreto, indipendentemente dal fatto che quest’ultimo rechi o meno una pronuncia sulle spese (S.U. n. 19980/2014).

Le Sezioni Unite, con la sentenza n. 19980 del 23 settembre 2014, hanno risolto, tra l’altro, la questione, sottesa alle argomentazioni formulate nella ordinanza di rimessione, avente ad oggetto la disciplina che deriva dalla applicabilità dell’istituto della pronuncia di estinzione con decreto presidenziale alla fattispecie della rinuncia, nonché alle altre fattispecie di estinzione conosciute dall’ordinamento, come quelle ricollegate alle ipotesi del cosiddetto condono fiscale, ravvisandovi una delle ragioni che connotano la questione di particolare importanza, in quanto (come sottolineato dalla ordinanza di rimessione) “incidente, per quanto riguarda le controversie tributarie, sul contenzioso scaturente dall’errata dichiarazione di estinzione per intervenuto condono”. Concludendo che l’art. 391 c.p.c., comma 1 (nel testo sostituito dal D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, art. 15), alludendo ai “casi di estinzione del processo disposta per legge”, si riferisce sia alle ipotesi in cui l’estinzione del processo è disposta direttamente dalla legge, senza necessità di comportamenti diretti ad integrare la fattispecie estintiva, sia a quelle in cui tali comportamenti siano necessari poiché l’effetto estintivo è previsto dalla norma in ragione del verificarsi all’esterno del processo di cassazione di determinati fatti che poi devono essere rappresentati e fatti constare. Ne consegue che, ricorrendone i presupposti di legge e salvo che si debba necessariamente pronunciare sentenza ovvero ordinanza camerale ai sensi dell’art. 375 c.p.c., n. 3, e dell’art. 380 bis c.p.c., in entrambi i casi è possibile procedere alla dichiarazione di estinzione con decreto ai sensi dell’art. 391 c.p.c..

Pertanto, in presenza di una fattispecie estintiva del processo di cassazione ricollegata al verificarsi, al di fuori del processo, di determinati presupposti che si devono dalla parte far constare alla S.C. (quale, nella specie, quella del condono fiscale regolato dal D.L. n. 119 del 2018), il deposito in sede di legittimità di un’istanza di estinzione accompagnata dai documenti idonei a dimostrarne l’esistenza consente l’adozione del decreto ai sensi dell’art. 391 c.p.c., comma 1.

Nel caso in esame, l’istanza di trattazione è accompagnata da una impugnazione del decreto di estinzione di cui si chiede la revoca, senza tuttavia allegare alcuna critica al decreto stesso e senza proporre istanza di revoca del condono la quale in quanto è “una dichiarazione di volersi avvalere di una determinata definizione agevolata, non ha natura di mera dichiarazione di scienza o di giudizio, come tale modificabile, ma integra un atto volontario, frutto di scelta ed autodeterminazione da parte del contribuente, i cui effetti sono previsti dalla legge, sicché, una volta presentata, è irrevocabile e non può essere modificata dall’ufficio, né contestata dal contribuente per un ripensamento successivo, ma solo per errore materiale manifesto e riconoscibile” (Cass. n. 33281 del 28.11.2018; Cass. n. 15295 del 21/07/2015; conf. Cass. n. 15172 del 30/06/2006; Cass. n. 17141 del 28/06/2018; Cass. n. 22966 del 26/09/2018; n. 8555/2019).

Appare dunque necessario richiedere all’Agenzia delle Entrate informazioni relative alla regolarità dell’intervenuto condono.

P.Q.M.

Rinvia a nuovo ruolo, al fine di acquisire dall’Agenzia delle Entrate informazioni inerenti la regolarità del condono fiscale.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale della quinta sezione civile della Corte di cassazione, il 16 febbraio 2022.

Depositato in Cancelleria il 7 marzo 2022

 

 

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