Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7330 del 17/03/2020

Cassazione civile sez. trib., 17/03/2020, (ud. 10/07/2019, dep. 17/03/2020), n.7330

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NAPOLITANO Lucio – Presidente –

Dott. GIUDICEPIETRO Andreina – Consigliere –

Dott. GUIDA Riccardo – Consigliere –

Dott. FRACANZANI Marcello Maria – rel. Consigliere –

Dott. PERINU Renato – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 17902-2013 proposto da:

S.G., elettivamente domiciliato in ROMA VIADOTTO GRONCHI

13, presso lo studio dell’avvocato MARIA PERSICO, rappresentato e

difeso dall’avvocato LIVIO PERSICO;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE (OMISSIS) DIREZIONE PROVINCIALE DI NAPOLI, in

persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA

VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che

la rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 187/2012 della COMM. TRIB. REG. di NAPOLI,

depositata il 30/05/2012;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

10/07/2019 dal Consigliere Dott. MARCELLO MARIA FRACANZANI.

Fatto

RILEVATO

Il contribuente esercita attività di vendita all’ingrosso di bibite in (OMISSIS) ed il 16 dicembre 2008 gli è stato notificato invito al contraddittorio in conseguenza di scostamenti dagli studi di settore per gli anni di imposta 2002, 2003 e 2004, risultando le sue dichiarazioni non coerenti e non congrue.

Il contribuente non si presentava al contraddittorio, donde ne seguiva avviso di accertamento notificatogli il 20 febbraio 2009, cui reagiva avanti alla CTP, esitando un rigetto delle proprie ragioni, poi confermato anche dalla CTR, avverso cui ricorre per cassazione affidandosi ad un unico articolato motivo inerente alla motivazione, cui replica l’Avvocatura generale dello Stato con tempestivo controricorso.

In prossimità dell’udienza, la parte contribuente ha presentato memoria.

Diritto

CONSIDERATO

Con l’unico motivo di gravame, si prospetta violazione dell’art. 360 codice di rito civile, comma 1, n. 5, per insufficiente motivazione sotto plurimi aspetti: non è stata considerata la zona particolarmente degradata dove è sita l’azienda, nella periferia di (OMISSIS); nè è stata sufficientemente valutata la circostanza che lo scostamento riguardava in realtà solo un profilo sulla percentuale di ricarico e che era dovuto alla necessità di svendere a prezzo minimo tutta la merce, onde svuotare il magazzino, per svolgere i lavori urgenti di manutenzione a riparo delle infiltrazioni con rifacimento anche dell’impianto elettrico. Altresì non sarebbe stato considerato dai giudici di merito lo stato di grave depressione della coniuge, come da documentazione medica riproposta in questa sede a dimostrazione che non fosse in grado di portare ausilio all’impresa, per contro distraendone il titolare impegnato a curarla.

Il motivo è fondato.

L’affermazione della CTR secondo cui “l’assunto del contribuente rimane mera enunciazione, sfornito anche in questa fa se di giudizio di qualsiasi elemento probatorio a sostegno della propria tesi”, risulta priva di ogni riferimento agli atti depositati in giudizio, circostanza ancor più significativa se rapportata anche al deposito di nuovi documenti in grado di appello da parte del contribuente, restando soprattutto priva di qualsivoglia valutazione da parte della CTR la circostanza dell’entità minima (per la percentuale del 5%) del divario tra ricavi accertati in forza dello studio di settore, rispetto al quale d contribuente è risultato non coerente per un solo parametro (margine di ricarico) e ricavi dichiarati.

Al proposito, proprio in tema di motivazione della sentenza di merito sull’atto impositivo in applicazione di studi di settore, questa Corte ha ribadito in più occasioni che “La procedura di accertamento standardizzato mediante l’applicazione dei parametri o degli studi di settore costituisce un sistema di presunzioni semplici, la cui gravità, precisione e concordanza non è ex lege determinata in relazione ai soli standard in sè considerati, ma nasce procedimentalmente in esito al contraddittorio da attivare obbligatoriamente, pena la nullità dell’accertamento, con il contribuente (che può tuttavia, restare inerte assumendo le conseguenze, sul piano della valutazione, di questo suo atteggiamento), esito che, essendo alla fine di un percorso di adeguamento della elaborazione statistica degli standard alla concreta realtà economica del contribuente, deve far parte (e condiziona la congruità) della motivazione dell’accertamento, nella quale vanno esposte le ragioni per le quali i rilievi del destinatario dell’attività accertativa siano stati disattesi. Il contribuente ha, nel giudizio relativo all’impugnazione dell’atto di accertamento, la più ampia facoltà di prova, anche a mezzo di presunzioni semplici, ed il giudice può liberamente valutare tanto l’applicabilità degli standard al caso concreto, che deve essere dimostrata dall’ente impositore, quanto la controprova sul punto offerta dal contribuente.” (Cass. sez. un. 18/12/2009, n. 26635).

In tale sede, invero, è il contribuente che ha l’onere di provare, senza limitazione alcuna di mezzi e di contenuto, la sussistenza di condizioni che giustificano l’esclusione dell’impresa dall’area dei soggetti cui possono essere applicati gli standards” (così Cass. VI-5, n. 13056/2012 che riprende Cass. n. 10778/2011), spettando al giudice di merito la valutazione puntuale e motivata degli argomenti portati alla sua cognizione.

Di tali principi non ha fatto buon governo la sentenza qui gravata che merita quindi di essere cassata con rinvio al giudice di merito.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, la Corte dà atto della non sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente principale dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale a norma del cit. art. 13, comma 1 bis.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla CTR per la Campania, in diversa composizione, cui demanda anchè la regolazione delle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 10 luglio 2019.

Depositato in Cancelleria il 17 marzo 2020

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