Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7327 del 13/04/2016


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Civile Sent. Sez. 1 Num. 7327 Anno 2016
Presidente: SALVAGO SALVATORE
Relatore: SAMBITO MARIA GIOVANNA C.

SENTENZA

sul ricorso 2090-2010 proposto da:
FnNTDNA

GIOVANNI

(C.E.

ENTGNN31E10L400P), in proprio

e

nella qualità di liquidatore e legale rappresentante
della cancellata VENEZIA S. LUCIA S.R.L., FONTANA
MARIA GRAZIA, FAVERZANI CARLA, BANCORA MAURO, tutti

Data pubblicazione: 13/04/2016

nella qualità di assegnatari in sede di liquidazione
di quote di patrimonio sociale della VENEZIA S. LUCIA
S.R.L., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA BALDO
DEGLI UBALDI 250, presso l’avvocato MARCELLO CORRADI,
che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato
CARLO SARASSO, giusta procura in calce al ricorso;

1

- ricorrenti contro

RETE FERROVIARIA ITALIANA S.P.A. (P.I. 01585570581),
già FERROVIE DELLO STATO S.P.A., in persona del legale
rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata

ROSSOTTO, che la rappresenta e difende, giusta procura
a margine del controricorso;

controricorrente

avverso la sentenza n. 748/2009 della CORTE D’APPELLO
di MILANO, depositata il 13/03/2009;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 24/02/2016 dal Consigliere Dott. MARIA
GIOVANNA C. SAMBITO;
udito, per i ricorrenti, l’Avvocato CARLO SARASSO che
ha chiesto l’accoglimento del ricorso;
udito, per la controricorrente, l’Avvocato MAURIZIO
CORAIN, con delega, che ha chiesto il rigetto del
ricorso;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore

in ROMA, VIA LUDOVISI 16, presso l’avvocato RICCARDO

Generale Dott. ALBERTO CARDINO che ha concluso per
raccoglimento del primo motivo con l’assorbimento dei
restanti motivi di ricorso.

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SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza dell’11.5.2006, il Tribunale di Milano
rigettò la domanda con la quale la S.r.l. Venezia Santa Lucia

pagamento dei costi di riparazione dei locali adibiti a caffè
ristorazione di una stazione ferroviaria di Milano, gestiti in
concessione dall’attrice e compensò le spese di lite.
Il gravame della concessionaria fu rigettato dalla Corte
d’Appello di Milano, con sentenza del 13.3.2009, che per quanto
qui interessa, condannò l’appellante a rifondere “le spese del
processo anche di questo grado”, e le liquidò in complessivi €
26.703,95, di cui € 3.314,00 per diritti ed € 23.235.00 per
onorari.
Per la cassazione della sentenza, hanno proposto ricorso
affidato a quattro motivi Giovanni Fontana, in proprio e quale
liquidatore della Società Venezia Santa Lucia cancellata dal
Registro delle Imprese, nonché Carla Faverzani, Maria Grazia
Fontana e Mauro Bancora, quali assegnatari di quote del
patrimonio sociale in sede di liquidazione. Rete Ferroviaria
Italiana S.p.A. (già Ferrovie dello Stato S.p.A.) ha resistito con
controricorso. I ricorrenti hanno depositato memoria.
MOTIVI DELLA DECISIONE
I. L’eccezione con cui la controricorrente deduce la
carenza di legittimazione dei ricorrenti è infondata nei confronti
dei soci. 1.1. Le Sezioni Unite di questa Corte, con la sentenza n.

i

aveva chiesto la condanna delle Ferrovie dello Stato S.p.A. al

6070 del 2013, proseguendo nell’indirizzo ermeneutico di cui
alle precedenti sentenze n. 4060, 4061 e 4062 del 2010, secondo
cui, a seguito della riforma del diritto societario attuata dal

dal registro delle imprese provoca l’estinzione dell’ente (a
decorrere dalla stessa data di cancellazione, se intervenuta dopo
il 1 gennaio 2004, in cui la riforma è entrata in vigore, o a partire
da detta data se, come nella specie, si tratti di cancellazione
intervenuta in epoca precedente), hanno affermato che, sotto il
profilo sostanziale, l’estinzione dà luogo ad un fenomeno di tipo
successorio, in virtù del quale: a) le obbligazioni si trasferiscono
ai soci, i quali ne rispondono, nei limiti di quanto riscosso a
seguito della liquidazione o illimitatamente, a seconda che,
pendente societate,

essi fossero o meno illimitatamente

responsabili per i debiti sociali; b) i diritti e i beni non compresi
nel bilancio di liquidazione della società estinta si trasferiscono
ai soci, in regime di contitolarità o comunione indivisa, con
esclusione delle mere pretese, ancorché azionate o azionabili in
giudizio, e dei crediti ancora incerti o illiquidi, la cui inclusione
in detto bilancio avrebbe richiesto un’attività ulteriore (giudiziale
o extragiudiziale) ed il cui mancato espletamento da parte del
liquidatore può ragionevolmente essere interpretato come
un’univoca manifestazione di volontà di rinunciare a quel credito
(incerto o comunque illiquido). 1.2. Sotto il profilo processuale,
le SU di questa Corte, con la sentenza n. 15295 del 2014,

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D.Lgs. n. 6 del 2003, la cancellazione di una società di capitali

modificando il precedente indirizzo (secondo cui la
stabilizzazione processuale di un soggetto estinto non può
eccedere il grado di giudizio nel quale l’evento estintivo è

notificazione dell’evento interruttivo, ad opera di procuratore
costituito comporta, giusta la regola dell’ultrattività del mandato
alla lite, che lo stesso continui a rappresentare la parte come se
l’evento stesso non si fosse verificato, risultando così stabilizzata
la posizione giuridica della parte rappresentata (rispetto alle altre
parti ed al giudice) nella fase attiva del rapporto processuale,
nonché in quelle successive di sua quiescenza od eventuale
riattivazione dovuta alla proposizione dell’impugnazione. Tale
posizione è suscettibile di modificazione qualora, nella fase di
impugnazione, si costituiscano gli eredi della parte defunta o il
rappresentante legale di quella divenuta incapace, ovvero se il
suo procuratore, già munito di procura alla lite valida anche per
gli ulteriori gradi del processo, dichiari in udienza, o notifichi
alle altre parti, l’evento, o se, rimasta la medesima parte
contumace, esso sia documentato dall’altra parte o notificato o
certificato dall’ufficiale giudiziario ex art. 300, co 4, cpc. 1.3.
Nella specie, secondo i dati riportati dai ricorrenti, la Società,
cancellata dal Registro delle Imprese il 27.6.2003, si è estinta dal
1.1.2004, nel corso del giudizio di primo grado, mentre l’appello,
avverso la sentenza che lo ha definito, che si era limitata a
rigettare le pretese azionate in giudizio, con compensazione delle

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occorso) hanno affermato che l’omessa dichiarazione o

spese, risulta proposto con citazione del 7 luglio 2006 dalla
Società, a ministero del procuratore costituito, giusta mandato
conferitogli a margine della citazione introduttiva (cfr.

non è stata dichiarata nel corso del giudizio di merito, ed il
ricorso per cassazione è stato proposto dal liquidatore e dai soci
assegnatari di quote sociali.
1.4. Applicando i principi esposti ai precedenti punti 1.1. e
1.2., consegue che: a) la legittimazione attiva dalla compagine
sociale a proporre l’appello per conseguire un credito ancora sub
iudice della Società, e ciononostante estinta, è coperta da
giudicato, per la ritenuta infondatezza sotto altri profili della
relativa domanda senza che in parte qua sia stato proposto
ricorso; b) per effetto del principio dell’ultrattività del mandato,
l’appello risulta validamente proposto dal procuratore costituito;
c) altrettanto valido è il ricorso per cassazione proposto dagli ex
soci, i quali hanno, così, inteso modificare la pregressa
situazione processuale, hanno dichiarato di esser assegnatari di
quote del patrimonio sociale in sede di bilancio finale di
liquidazione e sono destinatari della statuizione di condanna al
pagamento delle spese processuali d’appello. 1.5. Il ricorso
proposto dal liquidatore della Società, da tempo estinta, va
dichiarato inammissibile.
2. Col primo motivo, si deduce la nullità della sentenza
d’appello per violazione dell’art. 112 cpc, per avere la Corte

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intestazione della sentenza d’appello). L’estinzione della Società

territoriale, in assenza di motivo d’impugnazione ex adverso,
condannato la Società soccombente al pagamento delle spese del
giudizio di primo grado, che erano state compensate dal

laconicità sul capo in esame, la sentenza ha liquidato in modo
unitario le spese di entrambi i gradi di giudizio, tenuto conto che
nel dispositivo ha testualmente statuito sulle “spese del processo
anche di questo grado”, e che l’uso della congiunzione “anche”,
di valore semantico aggiuntivo, depone univocamente in tal
senso. 2.2. Tale capo non è stato impugnato dalla parte
vittoriosa, non potendo valere al riguardo l’inciso “in ogni caso,
con vittoria di spese, diritti e onorari di entrambi i gradi del
giudizio”, inserito in sede di conclusioni con le quali la stessa ha
chiesto la conferma della decisione di primo grado, in quanto
accanto a tale petitum non risulta svolto alcun argomento
avverso la statuizione di compensazione, adottata in prime cure.
2.3. Secondo la giurisprudenza di questa Corte, il giudice di
appello che, come nella specie, rigetti il gravame nei suoi aspetti
di merito, confermando la sentenza di primo grado, non può, in
mancanza di uno specifico motivo di impugnazione, modificare
il contenuto della statuizione sulle spese processuali assunta dal
giudice di primo grado -che ancorchè a carattere accessorio resta
pur sempre autonoma-, in quanto la relativa decisione si
tradurrebbe in una violazione del giudicato. Per converso, in
caso di riforma in tutto o in parte della sentenza impugnata, il

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Tribunale. 2.1. Il motivo è fondato. Va premesso che, pur nella

giudice d’appello può procedere d’ufficio ad un nuovo
regolamento delle spese processuali, quale conseguenza della
pronunzia di merito adottata, dovendo il corrispondente onere

lite. (Cass. n. 23226 del 2013; 16308 del 2010; 10622 del 2010;
n. 24422 del 2009; n. 974 del 2007).
3. L’accoglimento del motivo assorbe l’esame degli altri,
esplicitamente dedotti in via subordinata.
4. L’impugnata sentenza va dunque cassata, e, non
essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa può
esser decisa nel merito, con l’annullamento della condanna al
pagamento delle spese del primo grado di giudizio, che restano
compensate secondo la decisione del Tribunale, e la liquidazione
delle spese del giudizio d’appello in favore dell’odierna
controricorrente, che, in relazione all’attività processuale dalla
stessa svolta, quale indicata nel ricorso e non contestata ex
adverso, va liquidata in complessivi € 15.614,00, di cui €
12.000,00, per onorari ed € 3.414,00 per diritti, oltre accessori,
come per legge.
5. Le spese del presente giudizio di legittimità vanno,
invece, interamente compensate tra tutte le parti, in
considerazione della vittoria in questa sede e dell’esito
complessivo della lite.
PQM

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essere attribuito e ripartito in ragione dell’esito complessivo della

La Corte dichiara inammissibile il ricorso proposto dal
Giovanni Fontana quale liquidatore della S.r.l. Venezia Santa
Lucia, accoglie il primo motivo del ricorso proposto in proprio

decidendo nel merito, dichiara compensate le spese del giudizio
di primo grado; liquida in complessivi € 15.614,00, le spese del
giudizio d’appello, oltre accessori; compensa interamente tra
tutte le parti le spese del presente giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, il 24 febbraio 2016.

dal predetto e dagli altri ricorrenti, assorbiti gli altri, cassa e,

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