Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7325 del 26/03/2010

Cassazione civile sez. trib., 26/03/2010, (ud. 03/02/2010, dep. 26/03/2010), n.7325

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MIANI CANEVARI Fabrizio – Presidente –

Dott. CARLEO Giovanni – rel. Consigliere –

Dott. MARIGLIANO Eugenia – Consigliere –

Dott. CAMPANILE Pietro – Consigliere –

Dott. GRECO Antonio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

T.D., elettivamente domiciliata in Roma via Caio

Mario 7 presso lo studio dell’avv. Giuseppe M. Cesario e

rappresentato e difeso giusta procura speciale a margine del ricorso

dall’avv. Amati Angelo e dall’avv. Maria Punzi;

– ricorrente –

contro

Comune di Martina Franca, in persona del Sindaco pro tempore, con

sede in Martina Franca presso la Casa comunale;

– intimato –

avverso la sentenza 180/28/04, depositata in data 16.11.04,

notificata il 17.12.04, della Commissione tributaria regionale della

Puglia;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

3.2.10 dal Consigliere Dott. Giovanni Carleo;

Udito il P.G. in persona del Dr. CICCOLO Pasquale Paolo Maria, che ha

concluso per il rigetto del primo motivo del ricorso, l’accoglimento

del secondo.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con avviso di accertamento notificato il 4.12.1996 il Comune di Martina Franca richiedeva a T.D., titolare della ditta New Collection, per l’anno 1995, la somma di L. 3.944.000 a titolo di tassa per la raccolta di rifiuti solidi urbani, soprattasse ed interessi moratori.

Il contribuente presentava ricorso alla Commissione tributaria provinciale di Taranto, la quale accoglieva il ricorso. Proponeva appello il Comune ribadendo le tesi esposte in primo grado. La Commissione tributaria regionale della Puglia accoglieva il gravame.

Avverso la detta sentenza il contribuente ha quindi proposto ricorso per Cassazione articolato in due motivi.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

La prima doglianza, svolta dal ricorrente, articolata sotto il profilo della violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 71, nonchè della motivazione omessa, insufficiente e contraddittoria, si fonda sulla considerazione che la C.T.R. avrebbe errato quando ha dichiarato nulla per difetto di motivazione la sentenza di primo grado per avere la CTP ritenuto l’illegittimità dell’accertamento. Ed invero, poichè il contribuente aveva in primo grado contestato il fatto che le rilevazioni delle superfici da tassare fossero state effettuate da soggetti non iscritti in albi professionali, la CTR avrebbe trascurato che competeva al Comune provare la professionalità del personale. In difetto di tale prova, la CTP aveva correttamente annullato l’accertamento.

La censura è infondata. Il del D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 71, comma 4, dispone che, ai fini dell’individuazione delle superfici in tutto o in parte sottratte a tassazione, il Comune, ove non sia in grado di provvedere autonomamente, può stipulare apposite convenzioni con soggetti privato o pubblici e che il relativo capitolo deve contenere l’indicazione dei criteri e delle modalità di rilevazione della materia imponibile nonchè dei requisiti di capacità ed affidabilità del personale impiegato dal contraente.

La disposizione, come risulta con tutta evidenza dalla lettura del dato normativo, non richiede affatto che il personale in parola debba essere munito di alcun titolo scolastico o accademico nè tanto meno postula l’iscrizione in alcun albo professionale. Inoltre – ed è ciò che più conta – l’art. 71, comma 4 citato non contempla assolutamente alcuna sanzione di invalidità dell’accertamento ove le rilevazioni siano effettuate da persone non iscritte in albi professionali: Ne deriva che la relativa deduzione avanzata dal ricorrente circa “la mancanza di un presupposto indefettibile al legittimo svolgimento dell’attività di rilevazione” si rivela disancorata da ogni espressa previsione normativa atta a supportarla.

Deve pertanto escludersi che la mancata iscrizione in albi professionali, da parte del personale addetto all’individuazione delle superfici sottratte alla tassazione, possa riflettersi sulla validità dell’avviso di accertamento, onde l’infondatezza della censura in esame.

Passando all’esame della seconda doglianza, articolata sotto il profilo della nullità della sentenza per omessa pronuncia sulle altre eccezioni formulate dal ricorrente – va rilevato che, ad avviso del ricorrente, la CTR avrebbe errato nell’accogliere l’appello del Comune e nel dichiarare la legittimità dell’avviso di accertamento senza pronunciarsi sulle altre eccezioni formulate dal contribuente in primo grado e riproposte in appello in ordine alla illegittimità della delibera tariffaria e del regolamento posti a base dell’accertamento. Ed invero, le tariffe non risultavano agganciate alla quantità media presunta dei rifiuti prodotti ma solo commisurate alla redditività economica dei locali; la delibera in contrasto con l’art. 14 del regolamento non indicava inoltre l’ammontare dei costi presunti per i servizi di smaltimento. Infine il Comune aveva irrogato pene pecuniarie non prescritte con modalità non corrette.

La seconda censura è fondata. Ed invero la CTR, come risulta dalla lettura della sentenza impugnata, ha effettivamente omesso di pronunciarsi sulle questioni sopra indicate, dedotte in via subordinata dal contribuente in primo grado (cfr pagg. 3 e 4 della sentenza impugnata) e riproposte correttamente nel giudizio di appello, nelle controdeduzioni (cfr pag. 5 della sentenza) in replica alla contestazione, operata dal Comune con l’atto di impugnazione, come risulta dagli atti del relativo procedimento.

A riguardo, giova sottolineare che questa Corte con indirizzo ormai consolidato ha avuto modo di affermare il principio secondo cui l’omessa pronuncia su una domanda o su specifiche eccezioni fatte valere da una parte integra invece un “error in procedendo”, in relazione al quale la Corte di Cassazione è anche giudice del fatto ed ha il potere – dovere di esaminare direttamente gli atti di causa e, in particolare, le istanze e le deduzioni delle parti. (Cass. n. 12721/2004, n. 12475/2004, n. 9471/2004, n. 11049/95, n. 8641/2000, n. 2113/95).

Ne consegue che in applicazione di questo principio il secondo motivo del ricorso per cassazione, siccome fondato, merita di essere condiviso. Il ricorso va quindi accolto e la sentenza impugnata deve essere cassata, nei limiti del motivo accolto. Con l’ulteriore conseguenza che, occorrendo un rinnovato esame da condursi nell’osservanza del principio richiamato, la causa va rinviata ad altra Sezione della CTR della Puglia, che provvederà anche in ordine al regolamento delle spese della presente fase di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il secondo motivo del ricorso, rigetta il primo, e cassa la sentenza impugnata nei limiti del motivo accolto con rinvio della causa ad altra Sezione della CTR Puglia, che provvederà anche in ordine al regolamento delle spese della presente fase di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 3 febbraio 2010.

Depositato in Cancelleria il 26 marzo 2010

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