Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7321 del 16/03/2021

Cassazione civile sez. trib., 16/03/2021, (ud. 24/11/2020, dep. 16/03/2021), n.7321

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PERRINO Angelina Maria – Presidente –

Dott. SUCCIO Roberto – Consigliere –

Dott. CASTORINA Rosaria Maria – rel. Consigliere –

Dott. GORI Pierpaolo – Consigliere –

Dott. LEUZZI Salvatore – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 3584/2013 R.G. proposto da:

Agenzia delle Entrate, rappresentata e difesa dall’Avvocatura

Generale dello Stato, presso la quale è domiciliata in Roma, via

dei Portoghesi n. 12;

– ricorrente –

Contro

Ex-T s.r.l., rappresentata e difesa dall’avv. Eugenio Briguglio e

dall’avv. Gianluca Boccalatte, elettivamente domiciliata presso lo

studio dell’avv. Ernesto Mocci, in Roma, via Germanico n. 146, per

procura speciale a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della

Lombardia n. 84/40/12, depositata il 8.6.2012.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 24.11.2020

dal Consigliere Rosaria Maria Castorina.

 

Fatto

RITENUTO IN FATTO

Con sentenza n. 84/40/2012, depositata in data 8.6.2012, non notificata, la Commissione tributaria regionale della Lombardia rigettava l’appello proposto dalla Agenzia delle Entrate nei confronti di EX-T s.r.l. avverso la sentenza n. 338/44/2010 della Commissione tributaria provinciale di Milano la quale aveva accolto il ricorso proposto dalla contribuente avverso una cartella di pagamento, emessa per il recupero del credito Iva per omesso/carente versamento e il tardivo versamento Irap per l’anno di imposta 2006, a seguito del controllo automatizzato operato dall’Ufficio bis del D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 36 e del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54 bis. La CTR riteneva illegittimo il recupero non essendo stata verificata l’esistenza del credito Iva, ritenuto non compensabile per avere la contribuente omesso la dichiarazione.

Avverso la sentenza del giudice di appello l’Agenzia delle Entrate ha proposte ricorso per cassazione affidando il suo mezzo a sei motivi.

La contribuente resiste con controricorso, illustrato con memoria.

Equitalia Nord s.p.a. già Equitalia Esatri s.p.a. non ha spiegato difese.

Il PG ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

Diritto

RITENUTO IN DIRITTO

1. Con il primo e il secondo motivo l’Agenzia deduce la nullità della sentenza, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4, per violazione dell’art. 112 c.p.c. e del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36.

Lamenta che la CTR non aveva pronunciato sul capo relativo alle sanzioni e agli interessi per tardivo versamento Irap.

Le censure sono fondate.

La cartella di pagamento, riprodotta in ossequio al principio di autosufficienza, reca l’iscrizione a ruolo di due pretese tributarie: una per tardivo versamento Irap e l’altra per omesso versamento Iva. La CTR non ha pronunciato sul capo relativo alle sanzioni ed interessi per tardivo versamento Irap, oggetto dell’appello proposte dall’ufficio.

2. Con il terzo motivo l’Agenzia delle Entrate deduce la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 633 del 1972, artt. 30, 54 bis, degli artt. 53 e 97 Cost. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3.

Deduce che erroneamente la CTR aveva ritenuto l’illegittimità del recupero di un tributo derivante dal disconoscimento del diritto di detrazione del credito Iva per omessa presentazione della dichiarazione dei redditi, la quale aveva comportato per la contribuente la perdita del diritto alla detrazione, salvo il diritto al rimborso.

3. Con il quarto motivo deduce la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 55, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3.

Lamenta che l’ufficio non aveva alcun obbligo di verificare l’esistenza del credito utilizzato in compensazione per emettere la cartella di pagamento.

4. Con il quinto motivo deduce la violazione e falsa applicazione – del D.Lgs. n. 241 del 1997, art. 17, c.p.c., n. 3.

Lamenta che la CTR aveva ritenuto erroneamente compensabile un credito Iva non risultante dalla dichiarazione.

5. Con il sesto motivo deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 2697,2727 e 2729 c.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3.

Lamenta che la CTR aveva riconosciuto l’esistenza del credito Iva, senza accertarlo, sebbene lo stesso fosse contestato nell’esistenza e nella quantificazione.

Le censure sono suscettibili di trattazione congiunta. Esse sono fondate per quanto di ragione.

E’ pacifico in atti che la contribuente non ha presentato la dichiarazione annuale IVA nel 2006 (anno di imposta 2005) portando il credito in detrazione nella successiva dichiarazione del 2007 (anno di imposta 2006).

Le sezioni unite di questa Corte (con sentenza 8 settembre 2016, n. 17758) hanno stabilito che, in fattispecie di omessa presentazione della dichiarazione annuale iva, è consentita l’iscrizione a ruolo dell’imposta detratta e la consequenziale emissione di cartella di pagamento. Ben può, difatti, il fisco operare, con procedure automatizzate, un controllo formale che non tocchi la posizione sostanziale della parte contribuente e sia scevro da profili valutativi e/o estimativi e da atti d’indagine diversi da mero raffronto con dati ed elementi, in possesso dell’anagrafe tributaria, ai sensi del D.P.R. n. 633 del 1972, artt. 54-bis e 60, (fatta salva, nel successivo giudizio d’impugnazione della cartella, l’eventuale dimostrazione a cura del contribuente che la detrazione d’imposta, eseguita entro il suddetto termine biennale, riguardi acquisti fatti da un soggetto passivo d’imposta, assoggettati a Iva e finalizzati a operazioni imponibili) (Cass. 4392/2018).

L’Ufficio correttamente, pertanto, ha proceduto alla iscrizione a ruolo.

Non è corretta, invece, la tesi dell’ufficio che la contribuente non potesse portare in compensazione il credito Iva, ove sussistente, per avere omesso la dichiarazione.

Deve essere, infatti, rilevato, come affermato dalle Sezioni Unite con le sentenze dell’8 settembre 2016, n. 17757 e 17758, che il rapporto di natura tributaria con il fisco scaturisce da un’operazione lecita ed effettiva e gli obblighi che ne derivano (dichiarazione, registrazione ecc.) hanno solamente una funzione illustrativa dei relativi dati al fine di consentire all’Agenzia delle Entrate di poter verificare agevolmente gli stessi onde procedere alla riscossione delle imposte. Pertanto ciò che conta ai fini della detraibilità è solo il carattere sostanziale ed effettivo del credito. Tale conclusione, discende dalla interpretazione della Dir. CE n. 77/388/CE, art. 18, il quale subordina il diritto alla detrazione dell’Iva solamente al possesso della fattura, compilata secondo le disposizioni a essa applicabili e garantisce il principio di neutralità dell’imposta in questione, quale principio fondamentale sul quale poggia l’intero impianto normativo dell’Iva (cfr Cass. 16 ottobre 2012 n. 17754; Cass. 22 febbraio 2013 n. 4539). La necessità di rispettare il citato principio di neutralità, infatti, deve essere garantito anche nel caso in cui il soggetto passivo non rispetti le formalità imposte da uno Stato membro, quale ad esempio la presentazione della dichiarazione annuale Iva. Questa Corte, con riferimento ai concetti espressi dalla Corte di Giustizia CE cause C-95/07 e C-96/07 del 8/5/2008, ha affermato che “ai sensi della sesta Dir. CE n. 77/388, art. 18, n. 1, lett. d) e art. 22, come modificata dalla direttiva 2000/17 il principio della neutralità fiscale impone che l’inosservanza da parte di un soggetto passivo delle formalità imposte da uno stato membro, in applicazione delle disposizioni comunitarie succitate, non può privarlo del suo diritto alla detrazione, mediante l’annotazione a credito nella dichiarazione di imposta, ferma restando l’eventuale sanzione per l’inosservanza di tali obblighi” (cfr. Corte Europea 12 maggio 2011, C 107/10 e Cass. 22/05/2006, n. 12012; Cass. 06/08/2008, n. 21202; Cass. 20/3/2013 n. 6925) ed ha affermato il seguente principio di diritto “il credito Iva maturato nell’anno in cui la dichiarazione annuale risulta omessa può comunque essere computato in detrazione, al più tardi, con la dichiarazione relativa al secondo anno successivo a quello in cui il diritto alla detrazione è sorto, fermo restando il potere/dovere dell’amministrazione finanziaria di accertare l’esistenza del credito ai sensi del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 55” (Cass. 20120/2018).

Pertanto, in forza dei principi di diritto affermati da questa Corte, l’omessa presentazione della dichiarazione Iva non fa perdere il diritto alla detrazione del credito maturato nel corso del medesimo anno, nell’ipotesi in cui lo stesso credito venga ripreso ed indicato nella dichiarazione Iva dell’anno successivo. Il diritto alla detrazione deve essere, infatti, esercitato entro la scadenza prevista per la presentazione della dichiarazione relativa al secondo anno successivo a quello in cui il diritto è sorto, ai sensi del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 19, non contrastante con la citata Direttiva.

4. La CTR, a fronte della contestazione dell’ufficio, avrebbe dovuto, nel giudizio di impugnazione della cartella, accertare l’esistenza del credito Iva e la sua corretta quantificazione.

A tanto provvederà il giudice di rinvio.

Il ricorso deve essere, pertanto, accolto e la sentenza cassata con rinvio alla CTR della Lombardia anche per le spese del presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso per quanto di ragione; cassa la sentenza impugnata e rinvia alla CTR della Lombardia anche per le spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 24 novembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 16 marzo 2021

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