Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7320 del 26/03/2010

Cassazione civile sez. trib., 26/03/2010, (ud. 21/01/2010, dep. 26/03/2010), n.7320

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PAPA Enrico – rel. Presidente –

Dott. CARLEO Giovanni – Consigliere –

Dott. PERSICO Mariaida – Consigliere –

Dott. D’ALESSANDRO Paolo – Consigliere –

Dott. TIRELLI Francesco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, AGENZIA DELLE ENTRATE, nelle

persone, rispettivamente, del Ministro e del Direttore pro tempore,

rappresentati e difesi per legge dalla Avvocatura Generale dello

Stato, domiciliataria in Roma, alla via dei Portoghesi 12;

– ricorrenti –

contro

P.L., domiciliata in (OMISSIS);

– intimata –

per la cassazione della sentenza della Commissione Tributaria

Regionale della Lombardia in data 19 novembre 2004, depositata col n.

30/50/04 il 1 dicembre 2004;

Viste le richieste scritte del P.M., in persona del Sostituto

Procuratore Generale dott. PRATIS Pierfelice, che ha concluso per

l’accoglimento del ricorso per manifesta fondatezza;

udita, in camera di consiglio, la relazione del dott. PAPA Enrico.

 

Fatto

PREMESSO IN FATTO

– che:

Il Ministero dell’economia e delle finanze e l’Agenzia delle entrate ricorrono, con tre motivi, avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Lombardia, indicata in epigrafe, che ha respinto il gravame dell’Agenzia delle entrate. Ufficio di Milano (OMISSIS), avverso la decisione con cui la Commissione tributaria provinciale aveva accolto il ricorso della contribuente P. L. – dottore commercialista – contro il silenzio rifiuto sulla istanza di rimborso dell’IRAP versata per l’anno 1998.

Denunciando “violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., L. n. 289 del 2002, art. 9, D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 46, in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 4”, censurano i ricorrenti la sentenza impugnata, per non aver tratto la conseguenza della perdita del diritto al rimborso da parte della contribuente, che aveva successivamente optato per la definizione automatica anche per l’annualita’ in questione; deducendo “violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 446 del 1997, artt. 2, 4 e 8, degli artt. 2222, 2229 c.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3”, muovono l’ulteriore critica di non avere indagato sulla esistenza di una autonoma organizzazione, idonea a produrre un valore aggiunto, avendo erroneamente privilegiato il ruolo essenziale del professionista nello svolgimento di attivita’ protette; esponendo, infine, “violazione e falsa applicazione Direttiva 388/77 CEE (sesta Direttiva IVA) in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3”, si dolgono che il giudice del gravame abbia aderito alla impostazione dell’Avvocato Generale davanti alla Corte di Giustizia, laddove, successivamente, la stessa Corte aveva emesso sentenza in favore della compatibilita’ del tributo con la Direttiva indicata.

La contribuente non svolge attivita’ difensiva.

Attivata la procedura ex art. 375 c.p.c., il P.M. ha concluso per l’accoglimento del ricorso per manifesta fondatezza.

Diritto

RITENUTO IN DIRITTO

– che:

Il ricorso del Ministero delle finanze e’ inammissibile, in presenza di un appello proposto (con ricorso depositato il 31 ottobre 2003) dopo il 1 gennaio 2001, direttamente dalla Agenzia delle entrate, Ufficio di Milano (OMISSIS); alla relativa declaratoria non conseguono statuizioni sulle spese, per mancanza di attivita’ difensiva dell’intimata.

Passando al ricorso dell’Agenzia delle entrate, il primo motivo – che, pure, sarebbe decisivo ai fini della risoluzione della controversia: Cass., 5^, 3682/2007 – si rivela inammissibile, per mancanza di autosufficienza, sorretto come appare, in assenza di riscontri nella sentenza, dalla mera assertiva essere “pacifico che il contribuente si era avvalso della definizione automatica”.

I restanti due motivi sono, per contro, manifestamente fondati.

E’ erronea, invero, l’impostazione di chiusura alla imponibilita’ in presenza di professioni protette. L’indirizzo consolidato di ordine generale di questa Corte (v., per tutte, Cass., 5^, 3677/2007) e’ nel senso che “in tema di IRAP, a norma del combinato disposto del D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 2, comma 1, primo periodo, e art. 3, comma 1, lett. c), l’esercizio delle attivita’ di lavoro autonomo di cui al D.P.R. n. 917 del 1986, art. 49, comma 1 (nella versione vigente fino al 31 dicembre 2003) e del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 53, comma 1, (nella versione vigente dal 1 gennaio 2004) e’ escluso dall’applicazione di imposta qualora si tratti di attivita’ non autonomamente organizzata. Il requisito dell’autonoma organizzazione, il cui accertamento spetta al giudice di merito ed e’ insindacabile in sede di legittimita’ se congruamente motivato, ricorre quando il contribuente:

a) sia, sotto qualsiasi forma, il responsabile della organizzazione, e non sia quindi inserito in strutture organizzative riferibili ad altrui responsabilita’ ed interesse;

b) impieghi beni strumentali eccedenti, secondo l’id quod plerumque accidit, il minimo indispensabile per l’esercizio dell’attivita’ in assenza di organizzazione, oppure si avvalga in modo non occasionale di lavoro altrui. Costituisce onere del contribuente che chieda il rimborso dell’imposta asseritamente non dovuta dare la prova dell’assenza delle predette condizioni”. Ne’ il criterio puo’ venire scalfito della connotazione di insostituibilita’ dell’apporto del titolare dell’organizzazione, quando si tratti di esercizio riservato alla iscrizione in appositi albi, come e’ stato, pure, ripetutamente affermato (v., fra le altre, Cass., 5^, ord. 3350 e 3351/2008, sent.

1848 e 1414/2008).

Tanto precisato in ordine al secondo motivo, sul terzo va appena ricordato che la Corte di Giustizia CE, con sentenza del 3 ottobre 2006, in causa C – 475/03, ha affermato che l’art. 33 della sesta direttiva “non osta al mantenimento di un prelievo fiscale avente le caratteristiche di cui si discute nella causa principale” (IRAP).

Ne consegue l’accoglimento del secondo e terzo motivo di ricorso – restando inammissibile il primo -, con la cassazione della sentenza impugnata ed il rinvio alla medesima Commissione regionale, per il nuovo esame, alla stregua dell’enunciato principio di diritto. Lo stesso giudice provvedera’, all’esito, anche alla liquidazione delle spese della presente fase.

P.Q.M.

LA CORTE Dichiara inammissibile il ricorso del Ministero delle finanze;

accoglie il secondo e terzo motivo del ricorso dell’Agenzia delle entrate e dichiara inammissibile il primo; cassa, in relazione ai motivi accolti, la sentenza impugnata, e rinvia ad altra Sezione della Commissione Tributaria Regionale della Lombardia, che provvedera’ anche sulle spese del giudizio di cassazione.

Cosi’ deciso in Roma, il 21 gennaio 2010.

Depositato in Cancelleria il 26 marzo 2010

 

 

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