Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7320 del 16/03/2021

Cassazione civile sez. trib., 16/03/2021, (ud. 29/10/2020, dep. 16/03/2021), n.7320

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIRGILIO Biagio – Presidente –

Dott. MANZON Enrico – Consigliere –

Dott. PUTATURO DONATI VISCIDO DI NOCERA M.G. – Consigliere –

Dott. GORI Pierpaolo – Consigliere –

Dott. CHIESI Gian A – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 11217/2012 R.G. proposto da:

Agenzia delle dogane, in persona del Direttore pro tempore,

domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi n. 12, presso l’Avvocatura

Generale dello Stato che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

EDISON spa, in persona del legale rappresentante pro tempore,

rappresentata e difesa dagli avv. Maurizio Logozzo e Giuseppe Maria

Cipolla, con domicilio eletto in Roma, via Giuseppe Mazzini n. 134,

presso lo studio di quest’ultimo;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della

Lombardia n. 53/38/11, depositata il 24 marzo 2011.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 29 ottobre

2020 dal Consigliere Enrico Manzon.

 

Fatto

RILEVATO

che:

Con sentenza n. 53/38/11, depositata il 24 marzo 2011, la Commissione tributaria regionale della Lombardia dichiarava inammissibile l’appello proposto dall’Agenzia delle dogane, Ufficio locale, avverso la sentenza n. 98/31/09 della Commissione provinciale tributaria di Milano che aveva accolto il ricorso della EDISON spa contro atti impositivi relativi ad accise sull’energia elettrica 2003/2007.

La CTR osservava in particolare che il gravame agenziale era stato notificato il 25 maggio 2010, quindi tardivamente, essendo stata la sentenza appellata depositata il 13 marzo 2009 e, non essendo stata notificata, scadendo quindi il termine per impugnarla c.d. “lungo” il 28 aprile 2010; rilevava inoltre che non poteva essere accolta l’istanza di rimessione in termini dell’agenzia, comunque anch’essa intempestiva poichè presentata dopo la notifica tardiva del gravame, invece che prima come d’obbligo, poichè la decadenza non era dipesa da causa non imputabile all’agenzia stessa, dato che la variazione del domicilio del difensore domiciliatario non era soggetta a denunzia da parte del medesimo, essendo la stessa necessaria solo in caso di domicilio eletto autonomamente dalla parte rappresentata ed essendo perciò necessario che la parte notificante si attivasse sollecitamente alla verifica del nuovo domicilio assunto dal difensore, mentre l’agenzia aveva proceduto alla prosecuzione della procedura notificatoria circa un mese dopo, affermando il giudice tributario di appello non congruo questo periodo di tempo.

Avverso la decisione ha proposto ricorso per cassazione l’Agenzia delle dogane deducendo un motivo unico.

Resiste con controricorso la società contribuente, che deposita memoria.

Diritto

CONSIDERATO

che:

Con l’unico motivo dedotto – ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 – l’agenzia fiscale ricorrente denuncia la nullità della sentenza impugnata per violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 17, dell’art. 330 c.p.c., poichè la CTR ha statuito l’inammissibilità del suo appello sulla base della affermazione che il medesimo fosse stato tardivamente proposto, ascrivendole un onere di verifica dell’esatto ed attuale indirizzo di recapito del difensore domiciliatario, con ciò appunto non applicando la disposizione processuale speciale che prevede che le variazioni di tale indirizzo debbano essere notificate alla segreteria della Commissione ed alle altre parti costituite, decorrendone l’efficacia dal decimo giorno da detta comunicazione, in ogni caso errando nella mancata considerazione della incolpevolezza della prima notifica effettuata presso il domicilio variato e quindi tardiva la seconda presso il nuovo domicilio.

In via preliminare va rilevato che è infondata l’eccezione della controricorrente di inammissibilità dell’unico motivo del ricorso, per carenza di specificità.

Non è affatto vero che l’agenzia fiscale ricorrente si limiti a censurare la sentenza impugnata sulla questione del luogo della notifica dell’appello, ma tale profilo è strettamente correlato alla questione principale posta, chiaramente, dalla ricorrente stessa ossia quello, che poi ne ha ingenerato la soccombenza sia pure in rito, della tardività del suo gravame.

In altri termini, nel ragionamento censorio dell’agenzia fiscale la questione del luogo della notificazione dell’impugnazione è solo il presupposto per sostenere, per un verso, la non imputabilità dell’esito negativo della prima, pacificamente tempestiva, notifica presso il mutato indirizzo del difensore domiciliatario, per altro verso quindi la tempestività, per così dire “sostanziale”, della seconda notifica, al nuovo indirizzo del domiciliatario medesimo.

Ciò posto, la censura è infondata.

Come pertinentemente ricorda la difesa della controricorrente, è principio fermo nella giurisprudenza di questa Corte che “Nel processo tributario, le variazioni del domicilio eletto o della residenza o della sede, a norma del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 17, comma 1, sono efficaci nei confronti delle controparti costituite dal decimo giorno successivo a quello in cui sia stata loro notificata la denuncia di variazione; tale onere è previsto per il domicilio autonomamente eletto dalla parte, mentre l’elezione del domicilio dalla medesima operata presso lo studio di qualsiasi difensore, del cit. D.Lgs., ex art. 12, ha la mera funzione di indicare la sede dello studio del procuratore medesimo. In tale caso, il difensore domiciliatario non ha a sua volta l’onere di comunicare il cambiamento di indirizzo del proprio studio ed è, invece, onere del notificante di effettuare apposite ricerche per individuare il nuovo luogo di notificazione, ove quello a sua conoscenza sia mutato, dovendo la notificazione essere effettuata al domicilio reale del procuratore anche se non vi sia stata rituale comunicazione del trasferimento alla controparte” (Cass., n. 28712 del 30/11/2017, Rv. 646231 – 01).

Volendo senz’altro dare seguito al principio di diritto di cui a tale arresto giurisprudenziale, ne deriva che, come correttamente osservato dal CTR Lombarda, l’Agenzia delle entrate, Ufficio locale, appellante -in tempo utile alla tempestiva notificazione dell’impugnazione- avrebbe dovuto accertare la persistenza del domicilio nel luogo indicato negli atti del procuratore domiciliatario. Tenuto conto che si trattava di un difensore iscritto ad un albo professionale (ordine degli avvocati) e che risulta incontestato che lo stesso avesse comunicato ritualmente la variazione domiciliare de qua, sicchè la medesima risultava dall’albo stesso al tempo della prima notifica del gravame, la verifica di tale variazione sarebbe stata di facile attuazione e quindi va ritenuta di comune diligenza. Pertanto risulta ineccepibile l’affermazione del giudice tributario di appello di nullità della prima notifica dell’appello agenziale, appunto in quanto eseguita in un luogo nel quale il procuratore della società contribuente non aveva più il proprio recapito professionale; così come quella dello stesso giudice tributario di appello della conseguente, peraltro anch’essa pacifica, tardività della successiva notificazione del gravame nel luogo ove il difensore aveva trasferito il proprio studio.

Sicchè, in ogni caso, non si sarebbe potuto rimetterne nei termini (per impugnare) l’Agenzia delle dogane.

In conclusione il ricorso va rigettato.

Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate come in dispositivo.

PQM

La Corte rigetta il ricorso; condanna l’agenzia fiscale ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio che liquida in Euro 3.000 oltre 15% per contributo spese generali ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 29 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 16 marzo 2021

 

 

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