Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 732 del 13/01/2011

Cassazione civile sez. I, 13/01/2011, (ud. 13/12/2010, dep. 13/01/2011), n.732

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SALME’ Giuseppe – Presidente –

Dott. DI PALMA Salvatore – Consigliere –

Dott. ZANICHELLI Vittorio – Consigliere –

Dott. SCHIRO’ Stefano – Consigliere –

Dott. DIDONE Antonio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 15729/2009 proposto da:

D.M.L. ((OMISSIS)) elettivamente domiciliato in

ROMA, presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avv.

MARRA Alfonso Luigi, giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE in persona del Ministro pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e

difende, ope legis;

– controricorrente –

avverso il decreto V.G. 206/08 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI del

21.7.08, depositato il 20/10/2008;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

13/12/2010 dal Consigliere Relatore Dott. ANTONIO DIDONE.

E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott. COSTANTINO

FUCCI.

Fatto

RITENUTO IN FATTO E IN DIRITTO

p.1.- La relazione depositata ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., è del seguente tenore: “1.- Con decreto del 16.6.06 la Corte di appello di Napoli condannò la Presidenza del Consiglio dei Ministri al pagamento, in favore di D.M.L., della somma di Euro 2.500,00. Tanto in relazione alla lungaggine del processo introdotto dal D.M. davanti al TAR Campania con ricorso notificato il 6.10.97 al fine di ottenere, quale dipendente del Comune di Acerra, l’inclusione dell’i.i.s. nel t.f.r. dal preavviamento al lavoro sino all’inquadramento nei ruoli comunali, processo ancora pendente al momento dell’istanza ex L. n. 89 del 2001.

Con successiva istanza del 21.1.2008 il D.M., rappresentato che il processo innanzi al TAR Campania era stato definito con sentenza di rigetto del 27.6.07, ha richiesto l’indennizzo per l’ulteriore ritardo dal 16.6.06 (decisione del primo processo di equa riparazione) al 27.6.07 (data della pubblicazione della sentenza del TAR) nella misura di Euro 3.500,00 oltre ad un bonus di Euro 2.000,00 in relazione alla materia del contendere, agli interessi e alle spese giudiziali.

Con decreto depositato il 20.10.2008 la Corte di appello di Napoli ha condannato il Ministero dell’Economia e delle Finanze al pagamento in favore dell’istante della complessiva somma di Euro 500,00 per danno non patrimoniale, compensando le spese per il limitato accoglimento della domanda.

Contro tale ultimo decreto l’attore ha proposto ricorso per cassazione affidato a 12 motivi.

Resiste con controricorso il Ministero intimato.

2.- Con i primi dieci motivi di ricorso il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione di legge (L. n. 89 del 2001 e Convenzione europea per i diritti dell’uomo, come interpretata dalla Corte europea) e relativo vizio di motivazione, lamentando, in estrema sintesi, che la Corte di appello:

a) non ha ritenuto direttamente applicabile la C.E.D.U., sia erroneamente applicando la normativa italiana in contrasto con la C.E.D.U., dimenticando che la L. n. 89 del 2001, costituisce diretta applicazione della C.E.D.U. – specie art. 6 -, sia disattendendo la giurisprudenza europea e l’interpretazione, i parametri dalla stessa enunciati e la relativa elaborazione ermeneutica;

b) non si è attenuto ai parametri minimi sanciti dalla giurisprudenza di Strasburgo in tema di quantificazione dell’equo indennizzo che non può essere inferiore a Euro 1.000,00 – 1.500,00 per anno;

c) non ha tenuto conto che, una volta accertata la irragionevole durata, deve essere riconosciuto l’equo indennizzo per tutta la durata del processo e non il solo periodo eccedente la ragionevole durata (cioè il solo ritardo) – ha liquidato il danno solo per la parte eccedente la durata ragionevole (ritardo) e non già per l’intera durata del processo.

d) non ha tenuto conto del bonus dovuto in ipotesi di cause in materia di lavoro;

e) ha erroneamente valutato la modestia della posta in gioco.

2.1.- Con gli ultimi due motivi il ricorrente censura la disposta compensazione integrale delle spese. Denuncia violazione della L. n. 89 del 2001, art. 2, art. 6 CEDU, artt. 91 e 92 c.p.c. e formula il quesito: se è legittimo in ipotesi di accoglimento della domanda compensare le spese di giudizio ovvero alla condanna a favore della parte deve seguire la condanna alle spese di lite (11^ motivo) nonchè omessa motivazione della compensazione (12^ motivo).

3. – Tutti i motivi di ricorso – là dove non sono inammissibili per genericità e per mancanza di autosufficienza delle censure – appaiono manifestamente infondati.

Infatti, quanto alle censure sub a), b) e c), a più riprese questa Corte ha affermato che la L. n. 89 del 2001, art. 2, espressamente stabilisce che il danno debba essere liquidato per il solo periodo eccedente la durata ragionevole (v., da ultimo, Sez. 1^, n. 28266 del 2008). Invero, ai fini della liquidazione dell’indennizzo del danno non patrimoniale conseguente alla violazione del diritto alla ragionevole durata del processo, ai sensi della L. 24 marzo 2001, n. 89, deve aversi riguardo al solo periodo eccedente il termine ragionevole di durata e non all’intero periodo di durata del processo presupposto. Nè rileva il contrario orientamento della giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo, poichè il giudice nazionale è tenuto ad applicare le norme dello Stato e, quindi, il disposto dell’art. 2, comma 3, lett. a) della citata legge; non può, infatti, ravvisarsi un obbligo di diretta applicazione dei criteri di determinazione della riparazione della Corte europea dei diritti dell’uomo, attraverso una disapplicazione della norma nazionale, avendo la Corte costituzionale chiarito, con le sentenze n. 348 e n. 34.9 del 2007, che la Convenzione europea dei diritti dell’uomo non crea un ordinamento giuridico sopranazionale e non produce quindi norme direttamente applicabili negli Stati contraenti, essendo piuttosto configurabile come trattato internazionale multilaterale, da cui derivano obblighi per gli Stati contraenti, ma non l’incorporazione dell’ordinamento giuridico italiano in un sistema più vasto, dai cui organi deliberativi possano promanare norme vincolanti, omisso medio, per tutte le autorità interne (Sez. 1^, Sentenza n. 14 del 03/01/2008).

Relativamente alla misura dell’equa riparazione per il danno non patrimoniale, appare evidente che il giudice del merito ha tenuto conto della già avvenuta liquidazione per il ritardo fino al 2006 e, liquidando la somma di Euro 500,00 per l’ulteriore ritardo di circa un anno, si è attenuta sostanzialmente alla più recente giurisprudenza di questa Sezione e ai criteri desumibili dalle decisioni della Corte di Strasburgo del 2010 sui ricorsi MARTINETTI ET CAVAZZUTI c. ITALIE e GHIROTTI ET BENASSI c. ITALIE per i giudizi contabili e amministrativi.

Quanto alla richiesta di bonus, va ricordato che ai fini della liquidazione dell’indennizzo del danno non patrimoniale conseguente alla violazione del diritto alla ragionevole durata del processo, ai sensi della L. 24 marzo 2001, n. 89, non può ravvisarsi un obbligo di diretta applicazione dell’orientamento della giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo, secondo cui va riconosciuta una somma forfetaria nel caso di violazione del termine nei giudizi aventi particolare importanza, fra cui anche la materia previdenziale; da tale principio, infatti, non può derivare automaticamente che tutte le controversie di tal genere debbano considerarsi di particolare importanza, spettando al giudice del merito valutare se, in concreto, la causa previdenziale abbia avuto una particolare incidenza sulla componente non patrimoniale del danno, con una valutazione discrezionale che non implica un obbligo di motivazione specifica, essendo sufficiente, nel caso di diniego di tale attribuzione, una motivazione implicita (Sez. 1^, n. 6898/2008).

3.1. – Quanto alle censure relative alle spese, va ricordato che secondo il consolidato orientamento di questa Corte, nel giudizio di equa riparazione, in materia di spese del processo sono applicabili le norme del codice di rito civile, non la disciplina prevista per il giudizio innanzi alla Corte EDU (Cass. n. 3812 e n. 3810 del 2009), con conseguente ammissibilità della compensazione delle stesse.

Talchè è manifestamente infondato l’undicesimo motivo di ricorso, così come è manifestamente infondato l’ultimo motivo, essendo congruamente motivata la predetta compensazione alla luce dell’enorme sproporzione tra quanto richiesto e quanto accordato in sede di merito.

Il ricorso, quindi, può essere deciso in Camera di consiglio”.

p.2.- Il Collegio condivide le conclusioni della relazione e le argomentazioni sulle quali esse si fondano e che conducono al rigetto del ricorso.

Il mutamento del quadro giurisprudenziale relativamente alla quantificazione dell’indennizzo giustifica la compensazione delle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e compensa le spese.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 13 dicembre 2010.

Depositato in Cancelleria il 13 gennaio 2011

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