Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7319 del 30/03/2011

Cassazione civile sez. lav., 30/03/2011, (ud. 26/01/2011, dep. 30/03/2011), n.7319

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LAMORGESE Antonio – Presidente –

Dott. STILE Paolo – Consigliere –

Dott. CURCURUTO Filippo – Consigliere –

Dott. MAMMONE Giovanni – rel. Consigliere –

Dott. CURZIO Pietro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

FERROVIE DEL SUD EST E SERVIZI AUTOMOBILISTICI S.R.L. in persona del

legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma,

via del Babuino 107, presso lo studio dell’Avv. Schiano Angelo, che

la rappresenta e difende assieme agli Avvocati Luciano Ancora e

Giovanni Portaluri, per procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

R.F., elettivamente domiciliato in Roma, via Achille

Vetturini n. 117, presso lo studio dell’Avv. Cosuccia Luigi, che lo

rappresenta e difende per procura a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 608/2009 della Corte d’appello di Lecce,

depositata in data 20.04.2009;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

giorno 26.01.2011 dal Consigliere dott. Giovanni Mammone;

udito l’Avv. Bruno Migliaccio per delega Schiano;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale dott.

DESTRO Carlo.

Fatto

RITENUTO IN FATTO E DIRITTO

La Corte d’appello di Lecce con sentenza n. 608 del 2009, pubblicata in data 20.4.09, rigettava l’impugnazione proposta contro la sentenza del locale Tribunale da Ferrovie del Sud Est e Servizi Automobilistici s.r.l., succeduta alla Gestione Commissariale Governativa Ferrovie del Sud Est, nei confronti di R. F., dipendente cessato dal servizio successivamente al 30.6.98, confermando la giurisdizione del giudice ordinario e l’accoglimento della domanda del lavoratore, avente ad oggetto il pagamento di differenze del trattamento di fine servizio per omesso computo di alcuni istituti retribuitivi.

La Corte territoriale osservava che ai sensi del D.Lgs. n. 80 del 1998, art. 45, comma 17, per un rapporto cessato dopo il 30.6.98 la giurisdizione appartiene al giudice ordinario. Nel merito, riteneva fondata la domanda di computo nell’indennita’ di buonuscita (calcolata al 31.5.82) e nel trattamento di fine rapporto (t.f.r.) di detti istituti, atteso il loro carattere retributivo, fisso e continuativo, ai sensi dell’art. 2121 c.c. nel testo anteriore alla L. n. 297 del 1982. Inoltre, rilevava che la continuita’ dell’erogazione degli emolumenti in questione era provata dai prospetti paga esibiti e che la natura retributiva dell’indennita’ di trasferta, della diaria e della diaria ridotta era confermata dalla finalita’ di compensare una prestazione effettuata con modalita’ recanti un aggiuntivo disagio psicofisico e materiale.

Avverso questa sentenza proponeva ricorso per cassazione la societa’ con due motivi, cui rispondeva R. con controricorso. Il consigliere relatore, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., depositava relazione, che, unitamente al decreto di convocazione dell’adunanza, era comunicato al Procuratore generale ed era notificato ai procuratori costituiti.

Il ricorso e’ infondato.

Con il primo motivo la ricorrente addebita al giudice di merito di avere dapprima affermato che a partire dal 30.6.98 il calcolo del t.f.r. deve essere compiuto secondo la disciplina di diritto privato, non applicabile all’indennita’ maturata nel periodo anteriore in cui vigeva la disciplina pubblicistica, e poi di avere sostenuto che “si deve procedere al calcolo del t.f.r. sin dall’inizio del rapporto attribuendo efficacia retroattiva al D.Lgs. n. 80 del 1998”, con violazione dell’art. 11 preleggi. Il motivo si conclude con il seguente quesito: dica la C.S. se la disciplina privatistica per il calcolo del t.f.r., dettata dagli artt. 2120 e 2121 c.c. puo’ essere applicata anche a questioni sorte antecedentemente all’entrata in vigore del D.Lgs. n. 80 del 1998, quando il rapporto di lavoro de quo era assoggettato alla precedente disciplina pubblicistica.

Il motivo e’ infondato.

Intatti, la Corte d’appello ha affermato che il calcolo della buonuscita degli auto ferrotramvieri, alla data del 31.5.82 e’ regolato dagli artt. 2120 e 2121, vecchio testo, c.c. mentre il t.f.r. spettante dall’1.6.82 va computato secondo il nuovo testo dell’art. 2120 c.c. Si tratta di giudizio giuridicamente corretto, adottato in conformita’ alla giurisprudenza di questa Corte (Cass. 27.6.96 n. 5935, 10.8.99 n. 8559, 13.12.07 n. 26096, quest’ultima specificamente riferita ad una fattispecie analoga a quella ora in esame).

Con il secondo motivo la ricorrente sostiene che la disciplina dell’indennita’ di buonuscita e’ regolata per gli autoferrotramvieri dal R.D. n. 148 del 1931, il cui art. 1 rinvia alla contrattazione collettiva, nella specie costituita dal c.c.n.l. 23.7.76, il cui art. 24 esclude dal calcolo della buonuscita il lavoro straordinario e le vane indennita’ di trasferta, di diaria e diaria parziale, mentre l’esclusione dell’indennita’ di presenza e’ sancita dall’art. 4 dell’accordo nazionale 21.5.81. Peraltro, prosegue la societa’, la stessa L. n. 297 del 1982, art. 4, comma 6, fa salva la disciplina legislativa del t.f.r. dei dipendenti pubblici; ed e’ da escludere la nullita’ delle clausole dei contratti collettivi anteriori alla L. n. 297 del 1982 che derogano al principio di onnicomprensivita’.

La ricorrente sostiene, inoltre, che la L. n. 297 del 1982 in punto di t.f.r. non si applicherebbe agli autoferrotramvieri; che le voci appena indicate non rientrerebbero nella retribuzione normale fissata dall’art. 24 del c.c.n.l. 23.7.76; che sono voci saltuarie e variabili e pertanto non vanno computate.

L’illustrazione del motivo si conclude con il seguente quesito: dica la C.S. se alle ferrovie in concessione e’ applicabile la L. n. 297 del 1982, essendo tale categoria notoriamente assoggettata a disciplina pubblicistica speciale (R.D. n. 148 del 1931 e successive modifiche) e se inoltre gli emolumenti presi a base per il computo del t.f.r. vanno individuati in relazione al concetto di retribuzione normale fissato dall’art. 24 del c.c.n.l. 23.7.76, che tra i compensi da escludere, oltre a taluni nominati in modo specifico, indica anche tutti quelli corrisposti in modo saltuario e variabile.

Il motivo e’ manifestamente infondato, in quanto le censure in esso contenute si pongono in contrasto con consolidati principi affermati dalla giurisprudenza di questa Corte in materia di buonuscita degli autoferrotramvieri. Ed infatti, “il principio affermato dalla Corte Costituzionale con le sentenze 22.6.71 n. 140 e 28.5.75 n. 124, secondo il quale la retribuzione da prendere a base del calcolo dell’indennita’ di buonuscita del personale autoferrotramviario senza diritto a pensione (R.D. 8 gennaio 1931, n. 148, art. 26, all. A) deve intendersi in senso onnicomprensivo, secondo i criteri fissati per l’indennita’ di anzianita’ dagli art. 2120 e 2121 c.c., trova applicazione anche riguardo all’indennita’ di buonuscita prevista dalla contrattazione collettiva in favore del personale autoferrotramviario con diritto a pensione, con la conseguente nullita’ di clausole contrattuali che escludono la computabilita’ di emolumenti di natura retribuitiva (nella specie, indennita’ di L. trentamila mensili e cinquecentossettanta giornaliere previste dall’accordo del 21.5.81)” (Cass. 9.6.94 n. 5595, 1.3.95 n. 2391, 5.5.95 n. 4872, 27.6.96 n. 5935, 5.5.00 n. 5624, n. 26096/07 cit.; e, per quanto riguarda il t.f.r., Cass. 29.8.95 n. 9120, 5935/96 cit., 10.8.99 n. 8559, 16.6.05 n. 12863 e n. 26096/07 cit.).

Per quanto riguarda le singole voci retributive, le censure della ricorrente si rivolgono contro l’accertamento compiuto dal giudice di merito, per il quale la continuita’ della prestazione per lavoro straordinario feriale risultava dai prospetti paga mensili i quali rilevavano un compenso sempre presente e di importo tale da costituire consistente partita del trattamento retributivo.

Sull’indennita’ di trasferta, diaria e diaria parziale, lo stesso giudice ha spiegato che esse venivano corrisposte con continuita’, sicche’ era da ritenerne la natura retributiva ed assente la funzione di rimborso spese. Analogamente ha motivato in ordine all’indennita’ di presenza.

Il ricorso deve essere dunque rigettato.

Le spese di del giudizio di legittimita’, come liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

LA CORTE rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alle spese, che liquida in Euro 30,00 (trenta/00) per esborsi ed in Euro 2.000,00 (duemila/00) per onorari, oltre spese generali, Iva e Cpa.

Cosi’ deciso in Roma, il 26 gennaio 2011.

Depositato in Cancelleria il 30 marzo 2011

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