Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7319 del 22/03/2017

Cassazione civile, sez. II, 22/03/2017, (ud. 08/02/2017, dep.22/03/2017),  n. 7319

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MIGLIUCCI Emilio – Presidente –

Dott. BIANCHINI Bruno – Consigliere –

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Consigliere –

Dott. FEDERICO Guido – rel. Consigliere –

Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 24083-2013 proposto da:

L.G.V. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, PIAZZA PIO XI 13, presso lo studio dell’avvocato VINCENZO

CROCE, rappresentato e difeso dall’avvocato GLAUCO ARCAINI;

– ricorrente –

contro

A.C., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA UGO

BARTOLOMEI 23, presso lo studio dell’avvocato FRANCESCO SAVERIO

IVELLA, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato PAOLO

BENDINELLI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 841/2013 della CORTE D’APPELLO di BRESCIA,

depositata il 27/06/2013;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

08/02/2017 dal Consigliere Dott. FEDERICO GUIDO;

udito l’Avvocato ARCAINI Glauco, difensore del ricorrente che ha

chiesto l’accoglimento del ricorso; udito l’Avvocato IVELLA

Francesco, difensore della resistente che ha chiesto il rigetto del

ricorso;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

PEPE ALESSANDRO che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

ESPOSIZIONE DEL FATTO

Con atto di citazione notificato il 29 marzo 2002 L.G., proprietario del fondo distinto al mapp. n. (OMISSIS) convenne innanzi al tribunale di Bergamo A.C., proprietaria del fondo confinante, distinto al mapp. (OMISSIS), chiedendo l’accertamento del confine con apposizione di termini e la condanna della convenuta al rilascio dell’eventuale porzione di terreno occupata, oltre ad un importo a titolo di canone di occupazione, nonchè la condanna della convenuta al risarcimento dei danni, per danni cagionati ai teloni a protezione degli ortaggi coltivati nel fondo.

La convenuta aderì alla domanda di regolamento dei confini, mentre chiese il rigetto delle altre domande proposte dall’attore ed in caso di accertato sconfinamento, chiese, in via riconvenzionale, di essere riconosciuta proprietaria, per intervenuta usucapione, dell’eventuale porzione acquisita.

Il tribunale, espletata Ctu ed assunta prova testimoniale, dichiarò che il confine era quello indicato dal ctu nell’allegato C della relazione, ed ordinò alla convenuta di rilasciare la porzione di area rientrante nel mapp. (OMISSIS) di proprietà dell’attore.

La Corte di Appello di Brescia, con la sentenza n. 841/2013 pubblicata il 27 giugno 2013, in accoglimento dell’appello principale proposto dalla A., dichiarò invece che il confine tra mapp. (OMISSIS) era quello indicato nella linea congiungente il punto 101 ed il punto 17 nella planimetria costituente l’allegato F della relazione del ctu e per l’effetto respinse le domande dell’attore di rilascio di porzione di fondo e risarcimento dei danni, condannando l’appellante al pagamento delle spese processuali.

Avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione il L., sulla base di un solo motivo, illustrato da memoria ex art. 378 codice di rito.

La A. resiste con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

Con il primo motivo il ricorrente denunzia l’omesso esame di un fatto decisivo in relazione all’art. 360 codice di rito, n. 5), lamentando che la Corte abbia omesso di valutare la data approssimativa di apposizione dell’elemento lapideo a nord denominato “ciaega”, trascurando le valutazioni espresse al riguardo del Ctu.

Il motivo è inammissibile in quanto, nei termini in cui è formulato, non censura l’omesso esame di un fatto decisivo oggetto di discussione tra le parti, ma evidenzia, piuttosto, una insufficiente motivazione, non più censurabile alla luce del nuovo disposto del dell’art. 360 codice di rito, comma 1, n. 5), (Cass. Ss.Uu. n. 8053/2014).

L’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, nella formulazione risultante dalle modifiche introdotte dal D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, prevede l'”omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione”, come riferita ad “un fatto controverso e decisivo per il giudizio” ossia ad un preciso accadimento o una precisa circostanza in senso storico naturalistico, non assimilabile in alcun modo a “questioni” o “argomentazioni” che, pertanto, risultano irrilevanti, con conseguente inammissibilità delle censure irritualmente formulate.(Cass. 21152/14). Nel caso di specie la censura si riferisce ad una circostanza, la data di apposizione dell’elemento lapideo individuato come termine, che è stata invece specificamente presa in esame e valutata dalla sentenza impugnata laddove il “merito” di detta valutazione e la relativa adeguatezza motivazionale non è sindacabile nel presente giudizio, ed estraneo al perimetro individuato dall’art. 360 c.p.c., n. 5), nuova formulazione.

Con il secondo motivo si denunzia la violazione degli artt. 116 e 253 c.p.c., in riferimento all’art. 360 codice di rito, n. 3), lamentando la inadeguata valutazione delle deposizioni testimoniali, posto che sarebbero state valorizzate le sole dichiarazioni rese dai testi indotti dalla A. ignorando invece i testi dell’odierno ricorrente.

Pure tale motivo è inammissibile, in quanto concerne il merito della valutazione delle risultanze istruttorie, riservato, come già evidenziato, al giudice di merito.

Ed invero l’esame dei documenti esibiti e delle deposizioni dei testimoni, nonchè la valutazione delle risultanze istruttorie, il giudizio sull’attendibilità dei testi e sulla credibilità di alcuni invece che di altri, come la scelta, tra le varie risultanze probatorie, di quelle ritenute più idonee a sorreggere la motivazione, involgono apprezzamenti di fatto riservati al giudice del merito, il quale, nel porre a fondamento della propria decisione una fonte di prova con esclusione di altre, non incontra altro limite che quello di indicare le ragioni del proprio convincimento, senza essere tenuto a discutere ogni singolo elemento o a confutare tutte le deduzioni difensive, dovendo ritenersi implicitamente disattesi tutti i rilievi e circostanze che, sebbene non menzionati specificamente, sono logicamente incompatibili con la decisione adottata (Cass. 17097/2010).

Il ricorso va dunque respinto ed il ricorrente va condannato ala refusione delle spese del presente giudizio, in favore della resistente.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

PQM

La Corte respinge il ricorso.

Condanna il ricorrente alla rifusione delle spese di lite in favore di A.C., che liquida in 2.700,00 Euro di cui 200,00 Euro per rimborso spese vive, oltre a rimborso forfettario spese generali in misura del 15% ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Cosi deciso in Roma, il 8 febbraio 2017.

Depositato in Cancelleria il 22 marzo 2017

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