Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7318 del 26/03/2010

Cassazione civile sez. trib., 26/03/2010, (ud. 21/01/2010, dep. 26/03/2010), n.7318

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PAPA Enrico – rel. Presidente –

Dott. CARLEO Giovanni – Consigliere –

Dott. PERSICO Mariaida – Consigliere –

Dott. D’ALESSANDRO Paolo – Consigliere –

Dott. TIRELLI Francesco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, AGENZIA DELLE ENTRATE, nelle

persone, rispettivamente, del Ministro e del Direttore pro tempore,

rappresentati e difesi per legge dalla Avvocatura Generale dello

Stato, domiciliataria in Roma, alla via dei Portoghesi 12;

– ricorrenti –

contro

S.O., domiciliato in

(OMISSIS);

– intimato –

per la cassazione della sentenza della Commissione Tributaria

Regionale della Lombardia in data 13 gennaio 2005, depositata col n.

5/22/05 il 18 febbraio 2005;

Viste le richieste scritte del P.M., in persona del Sostituto

Procuratore Generale dott. PRATIS Pierfelice, che ha concluso per

l’accoglimento del ricorso, per manifesta fondatezza;

udita, in Camera di consiglio, la relazione del dott. PAPA Enrico.

 

Fatto

PREMESSO IN FATTO

– che:

Il Ministero delle finanze e l’Agenzia delle entrate ricorrono, con tre motivi, avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Lombardia, indicata in epigrafe, che ha accolto l’appello avverso la sentenza della Commissione Provinciale di Milano (n. 274/33/03), di reiezione del ricorso dell’avvocato S.O. contro il silenzio rifiuto sulle istanze di rimborso dell’IRAP versata per gli anni 1998 – 2002, avendo ritenuto, in relazione alla attivita’ di lavoro autonomo svolta dal contribuente, la carenza del presupposto della autonoma organizzazione.

Deducono, i ricorrenti:

1) “violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 20, commi 1 e 2, art. 53, art. 54 e art. 56, art. 291 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4 “, per non avere il giudice a quo considerato che la mancata costituzione in appello dell’Ufficio era dipesa dalla mancata notifica per posta, in ordine alla quale non risultava in atti l’avviso di ricevimento da parte dell’Ufficio stesso;

2) “violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., L. n. 289 del 2002, art. 9 in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 4”, per non avere lo stesso giudice valutato l’incidenza sul processo del c.d. condono tombale di cui alla L. n. 289 del 2002, art. 9 – gia’ “dedotto dall’Ufficio nella memoria depositata in primo grado il 16.11.2003 senza contestazione da parte del contribuente” – che avrebbe dovuto comportare l’estinzione del giudizio, precludendo ogni possibilita’ di rimborso;

3) “violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 446 del 1997, artt. 2, 3, 4, 8, artt. 2222, 2229 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3 “, censurando, anche nel merito, la decisione impugnata, avuto riguardo alla intervenuta esclusione del presupposto dell’autonoma organizzazione in relazione alla attivita’ esercitata.

L’intimato non svolge attivita’ difensiva.

Attivata la procedura ex art. 375 c.p.c., il P.M. ha concluso per l’accoglimento del ricorso, per essere manifestamente fondato.

Diritto

RITENUTO IN DIRITTO

– che:

Il ricorso del Ministero delle finanze va dichiarato inammissibile, in presenza di un appello proposto (con ricorso depositato il 21 novembre 2003), dopo il 1 gennaio 2001, direttamente dall’Agenzia delle entrate, Ufficio di Milano (OMISSIS), nei cui confronti e’ stata dunque resa la sentenza impugnata.

Il primo motivo del ricorso dell’Agenzia delle entrate e’ fondato.

La censura deduce il difetto di contraddittorio in grado di appello, in quanto, essendo stata l’impugnazione proposta a mezzo del servizio postale, il contribuente non ha prodotto l’avviso di ricevimento – ed, in effetti, l’Ufficio non avrebbe mai avuto notizia del gravame, onde il giudice a quo (che si e’ limitato a constatare la mancata costituzione della parte erariale) avrebbe dovuto ordinare la rinnovazione della notifica. In realta’, nel fascicolo di parte inserito in quello di ufficio di secondo grado – attraverso una verifica richiesta dalla natura del vizio denunciato – risulta mancante l’avviso di ricevimento del quale si tratta.

Su tali premesse in fatto, la censura stessa finisce per travalicare lo stesso tenore della richiesta di parte – di rinvio al giudice a quo perche’ provveda ad ordinare l’indicata rinnovazione -, per effetto della sopravvenuta pronuncia delle Sezioni Unite, n. 627/2008, secondo cui “La produzione dell’avviso di ricevimento del piego raccomandato contenente la copia del ricorso per Cassazione spedita per la notificazione a mezzo del servizio postale ai sensi dell’art. 149 c.p.c., o della raccomandata con la quale l’ufficiale giudiziario da notizia al destinatario dell’avvenuto compimento delle formalita’ di cui all’art. 140 c.p.c., e’ richiesta dalla legge esclusivamente in funzione della prova dell’avvenuto perfezionamento del procedimento notificatorio e, dunque, dell’avvenuta instaurazione del contraddittorio. Ne consegue che l’avviso non allegato al ricorso e non depositato successivamente puo’ essere prodotto fino all’udienza di discussione di cui all’art. 319 c.p.c., ma prima che abbia inizio la relazione prevista dal comma 1 della citata disposizione, ovvero fino all’adunanza della corte in Camera di consiglio di cui all’art. 380 bis c.p.c., anche se non notificato alle altre parti ai sensi dell’art. 312 c.p.c., comma 2. In caso, pero’, di mancata produzione dell’avviso di ricevimento, ed in assenza di attivita’ difensiva da parte dell’intimato, il ricorso per Cassazione e’ inammissibile, non essendo consentita la concessione di un termine per il deposito e non ricorrendo i presupposti per la rinnovazione della notificazione ai sensi dell’art. 291 c.p.c.;

tuttavia, il difensore del ricorrente presente in udienza o all’adunanza della corte in Camera di consiglio puo’ domandare di essere rimesso in termini, ai sensi dell’art. 184 bis c.p.c., per il deposito dell’avviso che affermi di non aver ricevuto, offrendo la prova documentale di essersi tempestivamente attivato nel richiedere all’amministrazione postale un duplicato dell’avviso stesso, secondo quanto previsto dalla L. n. 890 del 1982, art 6, comma 1”.

Il collegio intende dare continuita’ a tale indirizzo, che si estende anche al giudizio di merito, e – come nel caso in esame – a quello di appello, secondo quanto gia’ ritenuto da Cass., 5^, 9769/2008.

Ne deriva che, pronunciando sul primo motivo di ricorso – assorbiti i restanti -, la sentenza impugnata va cassata, senza rinvio (art. 382 c.p.c.), perche’ il processo non avrebbe potuto proseguire, per inammissibilita’ dell’appello.

Le spese; del grado di appello e della presente fase possono restare compensate tra le parti, avuto riguardo alla anteriorita’ del ricorso rispetto alla formazione del principio di diritto qui applicato.

P.Q.M.

LA CORTE dichiara inammissibile il ricorso del Ministero delle finanze;

pronunciando sul primo motivo di ricorso della Agenzia delle entrate – assorbiti i restanti -, cassa senza rinvio la sentenza impugnata;

compensa tra le parti le spese dei giudizi di appello e di cassazione.

Cosi’ deciso in Roma, il 21 gennaio 2010.

Depositato in Cancelleria il 26 marzo 2010

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