Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7317 del 07/03/2022

Cassazione civile sez. trib., 07/03/2022, (ud. 09/02/2022, dep. 07/03/2022), n.7317

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SORRENTINO Federico – Presidente –

Dott. STALLA Giacomo Maria – Consigliere –

Dott. CRUCITTI Roberta – rel. Consigliere –

Dott. GUIDA Riccardo – Consigliere –

Dott. DI MARZIO Paolo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 11918/13 R.G. proposto da:

N.A., elettivamente domiciliato in Roma, presso la

Cancelleria della Corte Suprema di cassazione, e rappresentato e

difeso dall’Avv. Elvira Morea;

– ricorrente –

contro

AGENZIA delle ENTRATE, in persona del Direttore generale pro tempore,

elettivamente domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12, presso

gli Uffici dell’Avvocatura Generale dello Stato che la rappresenta e

difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 295/2/12 della Commissione tributaria

regionale della Campania, sezione staccata di Salerno, depositata il

6 novembre 2012.

Udita la relazione svolta nella Camera di consiglio del 9 febbraio

2022 dal Consigliere Dott.ssa Roberta Crucitti.

 

Fatto

RILEVATO

che:

N.A. ricorre, su tre motivi, nei confronti dell’Agenzia delle entrate, che resiste con controricorso, per la cassazione della sentenza, indicata in epigrafe, con cui la Commissione tributaria regionale della Campania, sezione staccata di Salerno (d’ora in poi C.T.R.), in controversia relativa all’impugnazione dell’avviso di accertamento per maggiori IRPEF, IRAP e IVA dell’anno 2004, aveva parzialmente riformato la prima decisione di annullamento dell’atto impositivo;

in particolare, la C.T.R., sul presupposto che l’attività esercitata dal contribuente (rivendita di servizi telefonici degli operatori nazionali) fosse inquadrabile negli studi di settore come attività connessa all’informatica, riteneva l’accertamento parzialmente fondato, attesi lo scostamento dai risultati degli studi di settore e l’antieconomicità della gestione imprenditoriale; il giudice di appello, però, riduceva l’importo accertato, in considerazione della novità dell’attività imprenditoriale, della giovane età dell’imprenditore e del fatto che, per i primi anni di attività, lo stesso aveva goduto di contributi statali;

il ricorrente, con istanza del 4 marzo 2019, ha chiesto, ai sensi del D.L. n. 119 del 2018, art. 6, comma 10, la sospensione del processo e il rinvio a nuovo ruolo della causa che è stato disposto da questa Corte, con ordinanza resa all’esito della pubblica udienza del 13 marzo 2019;

Il ricorso è stato, poi, avviato, ai sensi dell’art. 380 bis-1 c.p.c., alla trattazione in Camera di consiglio, in prossimità della quale il ricorrente ha depositato memoria insistendo nelle già rassegnate conclusioni.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. non risulta dato seguito all’intenzione di avvalersi della definizione agevolata, manifestata, con l’istanza di sospensione, dal ricorrente il quale, al contrario, ha depositato memoria con cui insiste in ricorso;

2. può procedersi, quindi, alla trattazione del ricorso. Con il primo motivo si censura la sentenza impugnata per violazione e falsa applicazione di legge (D.L. n. 331 del 1993, art. 62-sexies, in combinato disposto con il D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, e con il D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54; della L. n. 212 del 2000, art. 7, e dell’art. 53 Cost.; dell’art. art. 2697 c.c.) laddove la C.T.R. aveva ritenuto legittimo l’avviso di accertamento, attenendosi solo ed esclusivamente al risultato dell’applicazione automatica dello studio di settore, senza in alcun modo verificare e valutare la legittimità e attendibilità di tale metodo presuntivo in relazione alla situazione concreta del contribuente;

3. con il secondo motivo si deduce la violazione dell’art. 112 c.p.c., per omessa pronuncia sulle censure prospettate in appello, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4. In particolare, il ricorrente si duole che la C.T.R. abbia omesso di motivare della carenza di motivazione dell’avviso di accertamento;

4. con il terzo motivo, il ricorrente deduce, in rubrica, l’insufficienza e illogicità della motivazione su un punto decisivo della controversia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5. Nell’illustrazione del mezzo di impugnazione, invece, si lamenta il vizio di omessa motivazione, nella duplice veste di difetto assoluto o di motivazione apparente non comprendendosi le ragioni poste a fondamento della decisione che non avrebbe evidenziato gli elementi di fatto considerati. In particolare, si censura il passo della sentenza in cui il Giudice di appello avrebbe evidenziato un’antieconomicità della gestione di impresa, mai prospettata dall’Amministrazione finanziaria;

5. per ragioni di ordine logico giuridico delle questioni rimesse all’esame di questa Corte va trattato, da primo, il secondo motivo di ricorso per dichiararne l’inammissibilità. Il mezzo, pur denunziando un’omessa pronuncia da parte del Giudice di appello, nell’illustrazione del motivo riporta, invece, una disamina del contenuto dell’avviso di accertamento per censurarne la motivazione di insufficienza, omettendo di riportare, anche per stralci idonei allo scopo, la specifica eccezione, svolta in sede di controdeduzioni all’appello proposto dall’Agenzia delle entrate, della quale si lamenta l’esame nonché il contenuto della sentenza di primo grado integralmente favorevole al contribuente. In ogni caso, per costante insegnamento di questa Corte (cfr. tra le tante, di recente, Cass. n. 24953 del 06/11/2020) “non ricorre il vizio di mancata pronuncia su una eccezione di merito sollevata in appello qualora essa, anche se non espressamente esaminata, risulti incompatibile con la statuizione di accoglimento della pretesa dell’attore, deponendo per l’implicita pronunzia di rigetto dell’eccezione medesima, sicché il relativo mancato esame può farsi valere non già quale omessa pronunzia, e, dunque, violazione di una norma sul procedimento (art. 112 c.p.c.), bensì come violazione di legge e difetto di motivazione, in modo da portare il controllo di legittimità sulla conformità a legge della decisione implicita e sulla decisività del punto non preso in considerazione” e, nel caso in esame, con l’ampio esame svolto dal Giudice di appello in ordine alla fondatezza della pretesa tributaria, l’eccezione può ritenersi implicitamente rigettata;

6. anche il terzo motivo è inammissibile. Essendo stata la sentenza impugnata depositata il 6 novembre 2012 al ricorso è applicabile il nuovo disposto dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, il quale, come autorevolmente interpretato dalle Sezioni Unite di questa Corte (sentenza n. 8053 del 7 aprile 2014), “introduce nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia). Ne consegue che, nel rigoroso rispetto delle previsioni dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, e dell’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, il ricorrente deve indicare il “fatto storico”, il cui esame sia stato omesso, il “dato”, testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il “come” e il “quando” tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua “decisività”, fermo restando che l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sé, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie” e ancora “La riformulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, disposta dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134, deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione. Pertanto, è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione”;

6.1 nel caso in esame -oltre a doversi escludere l’apparenza della motivazione la quale esiste non solo graficamente ma anche nei contenuti, avendo il Giudice di appello esplicitato in materia esaustiva i fatti e le ragioni anche in diritto poste a base del suo convincimento-il ricorrente non ha dedotto alcun fatto il cui esame sia stato omesso dalla Commissione tributaria regionale quanto, piuttosto, ha articolato una serie di argomentazioni con le quali, nella sostanza, si censura inammissibilmente e inidoneamente l’accertamento in fatto compiuto in sentenza;

7. il primo motivo di ricorso è inammissibile e infondato. Il mezzo di impugnazione, nei termini in cui è formulato, non si confronta con la motivazione della sentenza impugnata laddove la C.T.R. ha espressamente uniformato lo standard alla peculiare realtà economica del contribuente, dando atto della obiettiva novità dell’attività imprenditoriale, della giovane età del contribuente ed anche del fatto che questi, per i primi anni, si è avvalso di contributi dello Stato;

7.1 inoltre, secondo la consolidata giurisprudenza, in materia, di questa Corte (v. tra le altre, di recente, Cass., sez.5, n. 40936 del 21/12/2021, precedenti conformi: Cass. nn. 3415 del 2015 e 14981 del 2020) “in tema di accertamento tributario mediante studi di settore, ai fini del riparto degli oneri probatori, grava sul contribuente l’onere di allegare, ed anche di provare – ancorché senza limitazioni di mezzi e di contenuto – la sussistenza di circostanze di fatto tali da allontanare la sua attività dal modello normale al quale i parametri fanno riferimento, sì da giustificare un reddito inferiore a quello che sarebbe stato normale secondo la procedura di accertamento tributario standardizzato, mentre sull’ente impositore quello di dimostrare l’applicabilità dello standard prescelto al caso concreto oggetto di accertamento”. La sentenza impugnata si muove lungo il solco interpretativo tracciato da questa Corte, mentre il mezzo di impugnazione, pur formulato sotto l’egida della violazione di legge, tende inammissibilmente a censurare l’accertamento in fatto compiuto dal giudice di merito;

8. in conclusione, alla stregua delle considerazioni che precedono, il ricorso va dichiarato inammissibile;

9. le spese seguono la soccombenza e vanno liquidate come in dispositivo.

PQM

Dichiara il ricorso inammissibile.

Condanna il ricorrente alla refusione in favore dell’Agenzia delle entrate delle spese processuali liquidate in complessivi Euro 2.300,00 oltre spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 9 febbraio 2022.

Depositato in Cancelleria il 7 marzo 2022

 

 

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