Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7316 del 30/03/2011

Cassazione civile sez. lav., 30/03/2011, (ud. 26/01/2011, dep. 30/03/2011), n.7316

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LAMORGESE Antonio – rel. Presidente –

Dott. STILE Paolo – Consigliere –

Dott. CURCURUTO Filippo – Consigliere –

Dott. MAMMONE Giovanni – Consigliere –

Dott. CURZIO Pietro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

P.M. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA,

VIA TARO 25, presso lo studio dell’avvocato MAGARAGGIA DEBORA,

rappresentato e difeso dall’avvocato PAPADIA FRANCESCO VINCENZO,

giusta mandato speciale in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

RETE FERROVIARIA ITALIANA SPA (OMISSIS), (già Ferrovie dello

Stato Spa – Società di Trasporti e Servizi), in persona

dell’institore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DI RIPETTA 22,

presso lo studio dell’avvocato VESCI GERARDO, che la rappresenta e

difende, giusta delega a margine del controricorso e ricorso

incidentale;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

– ricorrenti incidentali –

avverso la sentenza n. 4939/2008 della CORTE D’APPELLO di BARI del

27/11/08, depositata il 29/01/2009;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

26/01/2011 dal Presidente Relatore Dott. ANTONIO LAMORGESE;

udito l’Avvocato Papadia Francesco Vincenzo, difensore del ricorrente

che si riporta agli scritti;

udito l’Avvocato Di Giovanni Umberto (delega avvocato Giovanni

Vesci), difensore della controricorrente e ricorrente incidentale che

si riporta agli scritti; è presente il P.G. in persona del Dott.

CARLO DESTRO che nulla osserva.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

In parziale riforma della decisione del Tribunale di Bari che aveva dichiarato cessata la materia del contendere in ordine alla domanda di riconoscimento del diritto all’equo indennizzo proposta da P. M. nei confronti della Rete Ferroviaria Italiana s.p.a., ed aveva condannato la società al pagamento delle spese di giudizio, liquidate in complessivi Euro 100, la Corte di appello della stessa sede, con sentenza depositata il 27 novembre 2008, ha determinato tali spese in complessivi euro 1.000, compensando interamente quelle del grado e giustificando quest’ultima statuizione con l’accoglimento solo parziale dell’appello.

Per la cassazione della sentenza P.M. ha proposto ricorso.

La società intimata ha resistito con controricorso, contenente ricorso incidentale.

Ravvisati i presupposti per la decisione del ricorso in camera di consiglio, è stata redatta relazione ai sensi dell’art. 380 bis cod. proc. civ., poi ritualmente notificata ai difensori delle parti e comunicata al Procuratore Generale.

Alla relazione la società resistente ha replicato con memoria.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. I due ricorsi, principale e incidentale, ai sensi dell’art. 335 cod. proc. civ. vanno riuniti, in quanto proposti avverso la stessa sentenza.

2. Il ricorso principale è articolato in due motivi.

2.1 Il primo denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 91, 92 e 132 cod. proc. civ., dell’art. 118 disp. att. c.p.c., nonchè della L. 13 giugno 1942, n. 794, art. 24. Deduce l’errore in cui è incorso il giudice del gravame nell’affermare che l’accoglimento della domanda in appello era stato soltanto parziale, in quanto essa era stata accolta in toto, e di conseguenza la ragione addotta a giustificazione della compensazione delle spese di secondo grado è palesemente erronea.

Al termine del motivo è enunciato il quesito di diritto.

2.2 Il secondo motivo denuncia vizio di motivazione e critica la sentenza impugnata perchè l’affermazione circa il parziale accoglimento del gravame oltre ad essere errata, è priva di qualsiasi motivazione, non spiegando quale parte della domanda non era stata accolta; nè i giusti motivi, che avrebbero potuto giustificare la compensazione delle spese processuali, sono desumibili dalla sentenza.

Questo motivo si conclude con l’indicazione del fatto controverso e, con la formulazione di un secondo quesito.

3. L’unico motivo del ricorso incidentale denuncia violazione e falsa applicazione del R.D. 27 novembre 1933, n. 1578, art. 60, convertito nella L. 22 gennaio 1934, n. 36 e vizio di motivazione. Addebita al giudice del gravame di non aver considerato la declaratoria di cessazione della materia del contendere con cui si era concluso il giudizio di primo grado, conclusione evidenziando la facile trattazione della controversia giustifica la liquidazione inferiore ai minimi operata dal Tribunale. Aggiunge che la Corte territoriale ha determinato l’entità delle e spese processuali senza che la parte avesse allegato o indicato una quantificazione utile ad ancorare la liquidazione ad attività concretamente individuate.

4. Nella relazione ex art. 380 bis cod. proc. civ., con riferimento al ricorso principale, si è richiamato il seguente principio di diritto: “In tema di regolamento delle spese processuali, nel regime anteriore alla novella dell’art. 92 cod. proc. civ. recata dalla L. 28 dicembre 2005, n. 263, art. 2, comma 1, lett. a), rientra tra i poteri discrezionali del giudice di merito disporne la compensazione, in tutto o in parte, anche nel caso di soccombenza di una parte. Tale statuizione, ove il giudicante abbia fatto esplicito riferimento all’esistenza di giusti motivi, non necessita di alcuna esplicita motivazione e non è censurabile in cassazione, salvo che lo stesso giudice abbia specificamente indicato le ragioni della sua pronuncia, dovendosi, in tal caso, il sindacato di legittimità estendere alla verifica dell’idoneità in astratto dei motivi posti a giustificazione della pronuncia e dell’adeguatezza della relativa motivazione” (cfr. fra le tante Cass. 27 marzo 2009 n. 7523).

Si è quindi evidenziata l’erroneità della ragione dell’accoglimento parziale dell’appello indicata dalla sentenza impugnata a supporto della compensazione delle spese del grado, e cioè che la statuizione era stata adottata “in considerazione dell’accoglimento solo parziale dell’appello”: infatti, il gravame censurava esclusivamente l’ammontare delle spese processuali liquidate dal giudice di primo grado, e la Corte territoriale ha giudicato fondata la censura, evidenziando che la somma liquidata dal Tribunale appariva “di gran lunga inferiore al minimo di legge”.

Nè le argomentazioni della relazione, integralmente condivise dal Collegio, sono adeguatamente contrastate dalle deduzioni svolte in memoria dalla società ricorrente. In particolare, il richiamo alla decisione delle Sezioni Unite di questa Corte n. 20598 del 30 luglio 2008 non può valere a far ritenere la congruità della motivazione del giudice del gravame sulla compensazione delle spese di appello.

Senza dubbio, infatti, è da condividere il principio elaborato dalla pronuncia ora citata delle Sezioni Unite, laddove evidenzia che al fine di ritenere adeguata la motivazione che deve supportare il provvedimento di compensazione parziale o totale delle spese “per giusti motivi”, anche nel regime anteriore a quello introdotto dalla L. 28 dicembre 2005, n. 263, art. 2, comma 1, lett. a), non è i necessaria l’enunciazione di ragioni specificamente riferite a detto provvedimento, sempre che quelle ragioni siano chiaramente e inequivocamente desumibili dal complesso della motivazione addotta a sostegno della statuizione di merito (o di rito), con la conseguenza che l’obbligo del giudice in proposito deve ritenersi assolto anche quando le argomentazioni svolte per la statuizione di merito (o di rito) contengano in sè considerazioni giuridiche o di fatto idonee a giustificare la regolazione delle spese adottata. Qui, invero, è esattamente il contrario, poichè le argomentazioni di merito svolte dal giudice del merito sono nel senso della fondatezza della censura circa l’ammontare estremamente scarso, tanto da apparire irrisorio, l’ammontare delle spese processuali liquidate in complessivi Euro cento, e perciò elevato dalla Corte territoriale ad Euro mille.

5. Quanto al ricorso incidentale, nella relazione ex art. 380 bis cod. proc. civ., si è osservato che trattandosi di impugnazione proposta contro una sentenza pubblicata il 18 dicembre 2008, si devono applicare le modifiche al processo di cassazione introdotte dal D.Lgs. 2 febbraio 2006 n. 40, e in particolare la disposizione dettata dall’art. 366 bis cod. proc. civ., alla stregua della quale l’illustrazione di ciascun motivo di ricorso, nei casi di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 1), 2), 3) e 4), deve concludersi, a pena di inammissibilità, con la formulazione di un quesito di diritto, e nel caso previsto dall’art. 360, comma 1, n. 5, l’illustrazione di ciascun motivo deve contenere, sempre a pena di inammissibilità, la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la rende inidonea a giustificare la decisione.

E si è quindi rimarcato che a tali prescrizioni non adempie l’unico complesso motivo nel quale è articolato il ricorso, in quanto con riferimento alla dedotta violazione di legge non è enunciato alcun quesito di diritto, ed in relazione al vizio riconducibile all’art. 360, n. 5, pure riportato nel motivo, non è specificato quale il fatto controverso in relazione al quale si assume l’insufficienza della motivazione.

6. In conclusione, il ricorso incidentale va dichiarato inammissibile e deve essere accolto quello principale.

Cassata la sentenza impugnata in relazione alle censure accolte, la causa, a norma dell’art. 384 cod. proc. civ., comma 2, può essere decisa nel merito, con la condanna della società al pagamento delle spese del giudizio di appello.

Le spese di questo giudizio seguono la soccombenza.

Le une e le altre, liquidate come in dispositivo, sono distratte in favore dell’avv. Francesco Vincenzo Papadia, per dichiarata anticipazione.

P.Q.M.

La Corte riunisce i ricorsi; accoglie il ricorso principale e dichiara inammissibile l’incidentale; cassa la sentenza impugnata in relazione alle censure accolte e decidendo nel merito, condanna la società Rete Ferroviaria Italiana al pagamento, in favore di P. M., delle spese del giudizio di appello, liquidate in complessivi Euro 750,00 (settecentocinquanta/00), di cui Euro 20,00 per esborsi, Euro 230,00 per diritti ed Euro 500,00 per onorari; condanna inoltre la predetta società al pagamento, in favore del ricorrente, delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in Euro 20,00 (venti/ 00) per esborsi ed in Euro 600,00 (seicento/00) per onorari; attribuisce tali somme, oltre spese generali, i.v.a. e c.p.a., direttamente all’avv. Francesco Vincenzo Papadia, per dichiarata anticipazione.

Così deciso in Roma, il 26 gennaio 2011.

Depositato in Cancelleria il 30 marzo 2011

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