Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7316 del 07/03/2022

Cassazione civile sez. trib., 07/03/2022, (ud. 09/02/2022, dep. 07/03/2022), n.7316

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SORRENTINO Federico – Presidente –

Dott. STALLA Giacomo – Consigliere –

Dott. CRUCITTI Roberta – rel. Consigliere –

Dott. GUIDA Riccardo – Consigliere –

Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 11714/13 R.G. proposto da:

AGENZIA delle ENTRATE, in persona del Direttore generale pro tempore,

elettivamente domiciliata in Roma, via dei Portoghesi 12 presso gli

Uffici dell’Avvocatura Generale dello Stato che la rappresenta e

difende;

– ricorrente –

contro

D.G.G. elettivamente domiciliato in Roma, Via Albalonga,

n. 7, presso lo studio dell’Avv. Padovani Aurelio, e rappresentato e

difeso per procura a margine del ricorso dall’Avv. Ottavio

Palazzolo.

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 88/16/12 della Commissione tributaria

regionale della Sicilia, depositata il 20 marzo 2012.

Udita la relazione svolta nella Camera di consiglio del 9 febbraio

2022 dal Consigliere Dott.ssa Roberta Crucitti.

 

Fatto

RILEVATO

che:

D.G.G. propose ricorso avverso l’avviso di accertamento con cui era stato rettificato, ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 38, il reddito dichiarato per l’anno 2004.

La Commissione tributaria provinciale accolse il ricorso e la decisione, appellata dall’Agenzia delle entrate, è stata confermata dalla Commissione tributaria regionale della Sicilia, sezione staccata di Siracusa (d’ora in poi C.T.R.), con la sentenza indicata in epigrafe.

In particolare, il Giudice di appello riteneva che la determinazione del reddito effettuata dall’Ufficio, dividendo per cinque l’importo risultante dalla sommatoria dei versamenti in conto capitale effettuati dal contribuente, in favore della società Parioli s.r.l., negli anni dal 2002 al 2006, fosse errata e in contrasto con quanto stabilito dal citato art. 38.

Avverso la sentenza l’Agenzia delle entrate ha proposto, affidandosi a cinque motivi, ricorso cui resiste, con controricorso, D.G.G..

Il controricorrente, con istanza depositata il (OMISSIS) ha chiesto sospendersi il processo, ai sensi del D.L. n. 118 del 2019, art. 6, comma 10, e ha allegato all’istanza copia della domanda di adesione alla definizione agevolata e del versamento della prima rata.

Il ricorso è stato avviato, ai sensi dell’art. 380 bis-1 c.p.c., alla trattazione in Camera di consiglio.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. La domanda di adesione alla definizione agevolata allegata all’istanza di sospensione del processo depositata in atti ha a oggetto diverso avviso di accertamento (per il quale pendeva altro ricorso innanzi a questa Corte) da quello oggetto del presente giudizio tant’e’ che risulta essere già stato emesso Decreto n. 25244 del 2021 di estinzione del processo ai sensi del D.L. n. 119 del 2018, art. 6, comma 13, convertito con modificazioni, dalla L. 17 dicembre 2018, 136;

può procedersi, pertanto, alla trattazione del ricorso non oggetto di definizione agevolata;

2. con il primo motivo di ricorso-rubricato: violazione e/o falsa applicazione di legge: art. 11 Cost., comma 6, art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, art. 118 disp. att. c.p.c., nonché del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 1, comma 2, art. 36, comma 2, nn. 2 e 4, e artt. 53 e 54 (in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 4) – l’Agenzia delle entrate censura il capo della sentenza con cui la C.T.R. aveva ritenuto errato e in contrasto con quanto stabilito dal D.P.R. n. 600 del 1973, art. 38, il procedimento di calcolo seguito dall’Ufficio, senza spiegare le ragioni per le quali tale determinazione del reddito fosse errato, ovvero quale fosse la corretta procedura da seguire, di fatto, rendendo impossibile ricostruire l’iter logico giuridico seguito per giungere a rigettare l’appello;

3. con il secondo motivo, articolato in subordine, la ricorrente deduce il difetto assoluto di motivazione o la motivazione meramente apparente della sentenza impugnata;

4. in ulteriore subordine, con il terzo motivo si deduce l’insufficienza, illogicità e contraddittorietà della sentenza impugnata.;

5. con il quarto motivo di ricorso si deduce, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e/o falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 38, comma 5, perpetrata dalla C.T.R. laddove aveva ritenuta erronea la determinazione del reddito come effettuata dall’Ufficio il quale, invece, aveva determinato il reddito del contribuente per l’anno 2004, nel rispetto della norma invocata, attribuendo a ciascuno degli anni considerati (2004, 2005 e 2006) una quota di incremento patrimoniale pari a un quinto dei complessivi investimenti incrementativi, effettuati nel periodo considerato;

6. con il quinto motivo si deduce, infine, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4, la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 1, 2 e 7, e dell’art. 112 c.p.c., per avere la C.T.R. annullato integralmente l’atto impositivo; venendo meno all’onere incombente sul giudice tributario di esaminare nel merito la pretesa tributaria e, se del caso, rideterminarla;

7. ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 38, comma 5, nel testo applicabile ratione temporis: “qualora l’Ufficio determini sinteticamente il reddito complessivo netto in relazione alla spesa per incrementi patrimoniali, la stessa si presume sostenuta, salvo prova contraria, con redditi conseguiti, in quote costanti, nell’anno in cui è stata effettuata e nei quattro anni precedenti”. La legittimità di tale presunzione è stata ripetutamente affermata da questa Corte (v. Cass. n. 3403 del 06/02/2019: “In tema di accertamento con metodo cd. sintetico, è legittima l’applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 38, comma 5, (nel testo antecedente alla modifica apportata dal D.L. n. 78 del 2010, art. 22, conv. in L. n. 122 del 2010) il quale reca una presunzione “iuris tantum” di favore per il contribuente, secondo cui la spesa per incrementi patrimoniali rilevata dall’Ufficio si presume sostenuta con redditi conseguiti non solo nell’anno in cui è effettuata, ma già a partire dai cinque anni precedenti, in misura costante, ferma restando, peral4ro, la facoltà per il contribuente stesso di provare che il maggior reddito è costituito, in tutto o in parte, da redditi esenti o soggetti a ritenuta alla fonte a titolo d’imposta”, che richiama Cass. n. 1510 del 2017 e altre conformi);

8. così delineati i principi espressi in materia da questa Corte, va rilevato che, a fronte degli specifici motivi di appello (riproposti in ossequio al principio di autosufficienza in seno al ricorso), con i quali l’Ufficio ribadiva la legittimità del proprio operato, evidenziando la metodologia effettuata per la rideterminazione citi reddito attraverso la ripartizione di quote negli anni, la motivazione resa dalla C.T.R. appare, nella sua apoditticità, meramente apparente, non avendo il Giudice di appello esplicitato le ragioni logiche e giuridiche che lo hanno condotto alla decisione;

9. secondo la giurisprudenza consolidata di questa Corte (cfr., tra le altre, di recente; Cass. n. 13248 del 30/06/2020; id n. 9105 del 2017), infatti, “la motivazione del provvedimento impugnato con ricorso per cassazione deve ritenersi apparente quando pur se graficamente esistente ed, eventualmente sovrabbondante nella descrizione astratta delle norme che regolano la fattispecie dedotta in giudizio, non consente alcun controllo sull’esattezza e la logicità del ragionamento decisorio, così da non attingere la soglia del “minimo costituzionale” richiesto dall’art. 111 Cost., comma 6″;

10. ne consegue, in accoglimento del primo motivo, assorbiti i restanti, la cassazione della sentenza impugnata con rinvio alla C.T.R. della Sicilia, in diversa composizione, cui si demanda di provvedere anche alle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

Accoglie il primo motivo di ricorso, assorbiti i restanti.

Cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione tributaria regionale della Sicilia, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 9 febbraio 2022.

Depositato in Cancelleria il 7 marzo 2022

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