Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7311 del 16/03/2021

Cassazione civile sez. trib., 16/03/2021, (ud. 29/09/2020, dep. 16/03/2021), n.7311

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BISOGNI Giacinto – Presidente –

Dott. NONNO Giacomo Maria – rel. Consigliere –

Dott. SUCCIO Roberto – Consigliere –

Dott. CASTORINA Rosaria Maria – Consigliere –

Dott. LEUZZI Salvatore – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 7487/2015 R.G. proposto da:

Agenzia delle entrate, in persona del Direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso

la quale è domiciliata in Roma, via dei Portoghesi n. 12;

– ricorrente –

contro

M.T., elettivamente domiciliato in Reggio Emilia, via

Manicardi n. 2/D, presso lo studio dell’avv. Giuseppe Bursi, giusta

procura speciale in calce al controricorso; domicilio in Roma, p.zza

Cavour, presso la Cancelleria della Corte di Cassazione;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale

dell’Emilia Romagna n. 1608/02/14, depositata il 24 settembre 2014.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 29 settembre

2019 dal Consigliere Giacomo Maria Nonno.

 

Fatto

RILEVATO

Che:

1. con la sentenza n. 1608/02/14 del 24/09/2014, la Commissione tributaria regionale dell’Emilia Romagna (di seguito CTR) accoglieva l’appello proposto da M.T. avverso la sentenza n. 253/02/13 della Commissione tributaria provinciale di Modena (di seguito CTP), che aveva respinto il ricorso proposto dal contribuente nei confronti di un avviso di accertamento per maggiori imposte IRPEF, IRAP e IVA relative all’anno d’imposta 2005;

1.1. come emerge anche dalla sentenza impugnata, l’avviso di accertamento era stato emesso in applicazione dello studio di settore relativo all’attività esercitata dal contribuente;

1.2. la CTR motivava l’accoglimento dell’appello del contribuente osservando che: a) l’Ufficio aveva legittimamente applicato il metodo di accertamento a mezzo studi di settore, ma non aveva ritenuto “di approfondire la conoscenza del contribuente con indagini finanziarie, contabili, patrimoniali, con la conseguenza che l’atto non è dotato di nessuna motivazione”; b) nel caso di accertamento induttivo ai sensi del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 39, comma 1, lett. d), l’accertamento poteva essere supportato anche da presunzioni semplici, purchè gravi, precise e concordanti, mentre “l’Ufficio si è fermato alla prima fase, cosiddetta informativa, ma non ha raccolto altri elementi utili all’indagine”;

2. l’Agenzia delle entrate impugnava la sentenza della CTR con ricorso per cassazione, affidato a due motivi;

3. M.T. resisteva con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

1. con il primo motivo di ricorso l’Agenzia delle entrate deduce, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e la falsa applicazione della L. 8 maggio 1998, n. 146, art. 10, comma 1, del D.L. 30 agosto 1993, n. 331, art. 62 sexies, comma 3, conv. con modif. nella L. 29 ottobre 1993, n. 427, del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 39, comma 1 e del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 54, evidenziando che lo studio di settore costituisce una presunzione semplice che si concretizza nel contraddittorio con il contribuente, senza che possa porsi un ulteriore onere probatorio a carico dell’Ufficio;

2. con il secondo motivo di ricorso si contesta, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, costituito dagli elementi indicati dall’Ufficio a sostegno dell’applicazione, in concreto, dello studio di settore;

3. i due motivi, che possono essere esaminati congiuntamente, sono complessivamente fondati;

3.1. gli accertamenti a mezzo studi di settore sono stati introdotti dal D.L. n. 331 del 1993, art. 62 sexies, comma 3, secondo il quale “gli accertamenti di cui al D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 39, comma 1, lett. d), (…) e del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 54, (…) possono essere fondati anche sull’esistenza di gravi incongruenze tra i ricavi, i compensi e i corrispettivi dichiarati e quelli fondatamente desumibili dalle caratteristiche e dalle condizioni di esercizio della specifica attività svolta, ovvero dagli studi di settore elaborati ai sensi del presente decreto, art. 62 bis”;

3.1.1. la menzionata disposizione autorizza, pertanto, l’Ufficio finanziario, allorchè ravvisi siffatte “gravi incongruenze”, a procedere all’accertamento induttivo anche fuori delle ipotesi previste dalla legge ed, in particolare, anche in presenza di una tenuta formalmente regolare della contabilità, e senza obbligo di ispezione dei luoghi, se non assolutamente necessaria (cfr. Cass. n. 5977 del 14/03/2007; Cass. n. 8643 del 06/04/2007; Cass. n. 3302 del 13/02/2014);

3.1.2. ed infatti, la procedura di accertamento tributario standardizzato mediante l’applicazione dei parametri o degli studi di settore differisce dalla procedura di accertamento di cui al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, rispetto alla quale costituisce uno strumento alternativo disponibile per l’Amministrazione finanziaria, proprio in quanto – al contrario di questa – è del tutto indipendente dall’analisi dei risultati delle scritture contabili (Cass. n. 23096 del 14/12/2012; Cass. n. 20060 del 24/09/2014);

3.1.3. la modalità di una simile tipologia di accertamento è stata precisata dalle Sezioni Unite di questa Corte (Cass. S.U. n. 26635 del 18/12/2009), le quali hanno evidenziato che: a) l’applicazione degli studi di settore costituisce un sistema di presunzioni semplici, la cui gravità, precisione e concordanza non è ex lege determinata dallo scostamento del reddito dichiarato rispetto agli standards in sè considerati, ma nasce solo in esito al contraddittorio da attivare obbligatoriamente, pena la nullità dell’accertamento, con il contribuente; b) nell’ambito del contraddittorio, il contribuente ha l’onere di provare, senza limitazione alcuna di mezzi e di contenuto, la sussistenza di condizioni che giustificano l’esclusione dell’impresa dall’area dei soggetti cui possono essere applicati gli standards o la specifica realtà dell’attività economica nel periodo di tempo in esame; c) l’eventuale avviso di accertamento emesso all’esito del contraddittorio non può essere motivato unicamente sul rilievo dello scostamento, ma deve essere integrato con la dimostrazione dell’applicabilità in concreto dello standard prescelto e con le ragioni per le quali sono state disattese le contestazioni sollevate dal contribuente; d) in tal caso, è sempre necessario che lo scostamento del reddito dichiarato rispetto agli studi di settore testimoni una “grave incongruenza”; e) ove, invece, il contribuente non abbia preso parte al contraddittorio al quale sia stato regolarmente convocato, assume le conseguenze di questo suo comportamento, in quanto l’Ufficio può motivare l’accertamento sulla sola base dell’applicazione degli “standards”; f) in ogni caso (e, dunque, anche nel caso di mancata partecipazione al contraddittorio), il contribuente mantiene la più ampia facoltà di giustificare, in sede giudiziale, lo scostamento dagli standars (si veda, ex multis, anche Cass. n. 11633 del 15/05/2013; Cass. n. 17646 del 06/08/2014; Cass. n. 9484 del 12/04/2017; Cass. n. 21754 del 20/09/2017; Cass. n. 27617 del 30/10/2018; Cass. n. 16545 del 20/06/2019);

3.1.4. il sistema di accertamento a mezzo studi di settore è stato, altresì, ritenuto legittimo, sebbene con esclusivo riferimento all’IVA, da parte della Corte di giustizia della UE (CGUE 21 novembre 2018, in causa C-648/16, Fortunata);

3.2. nel caso di specie, a dispetto della confusione che fa la CTR (e, per il vero, anche la ricorrente) tra accertamento standardizzato e accertamento analitico-induttivo, è pacifico che l’Amministrazione finanziaria ha notificato l’avviso di accertamento procedendo previamente a costituire un regolare contraddittorio con il contribuente, secondo quanto disposto dalla esposta disciplina degli studi di settore;

3.3. il procedimento seguito dall’Amministrazione finanziaria è, dunque, pienamente legittimo, in quanto fondato sulla presunzione semplice di scostamento dallo studio di settore (non si fa, in ipotesi, questione dell’esistenza di gravi incongruenze), la cui applicazione in concreto non risulta essere contestata dal contribuente, e sul conseguente contraddittorio con quest’ultimo;

3.4. erroneamente, pertanto, la CTR ha contestato all’Ufficio il mancato rispetto del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 1, lett. d), che non viene in considerazione nel caso di specie; e ha richiesto un supplemento di indagine (finanziaria, contabile e patrimoniale) che non è affatto prevista dal procedimento, nel quale l’Amministrazione finanziaria prima e, quindi, il giudice tributario hanno unicamente l’obbligo di valutare le allegazioni delle parti al fine di verificare se lo scostamento dai parametri sia o meno giustificato;

3.5. sotto quest’ultimo profilo, la CTR ha omesso del tutto la motivazione concernente la predetta verifica;

4. in conclusione, la sentenza impugnata va cassata e rinviata alla CTR dell’Emilia Romagna, in diversa composizione, per nuovo esame e per le spese del presente giudizio.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione tributaria regionale dell’Emilia Romagna, in diversa composizione, anche per le spese del presente giudizio.

Così deciso in Roma, il 29 settembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 16 marzo 2021

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