Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 731 del 13/01/2017

Cassazione civile, sez. trib., 13/01/2017, (ud. 15/12/2016, dep.13/01/2017),  n. 731

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHINDEMI Domenico – Presidente –

Dott. DE MASI Oronzo – rel. Consigliere –

Dott. BRUSCHETTA Ernestino Luigi – Consigliere –

Dott. FASANO Anna Maria – Consigliere –

Dott. RICCARDI Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 15254-2012 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

E.G. EDITORE SPA;

– intimato –

Nonchè da:

E.G. EDITORE SPA in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA CRESCENZIO 91, presso

lo studio dell’avvocato CLAUDIO LUCISANO, che lo rappresenta e

difende unitamente all’avvocato MARIO GARAVOGLIA giusta delega a

margine;

– controricorrente incidentale –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE;

– intimato –

avverso la sentenza n. 30/2011 della COMM. TRIB. REG. di TORINO,

depositata il 23/05/2011;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

15/12/2016 dal Consigliere Dott. DE MASI ORONZO;

udito per il ricorrente l’Avvocato GENTILI che ha chiesto

l’accoglimento;

uditi per il controricorrente gli Avvocati LUCISANO e GARAVOGLIA che

hanno chiesto il rigetto;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

GIACALONE GIOVANNI che ha concluso per l’accoglimento del ricorso

principale e l’inammissibilità del ricorso incidentale.

Fatto

IN FATTO

Con sentenza n. 30/31/11, depositata il 23/5/2011, la CTR del Piemonte ha respinto l’appello dell’Agenzia delle Entrate avverso la sentenza della CTP di Torino che aveva accolto il ricorso proposto da E.G. Editore s.p.a. ed annullato gli avvisi di liquidazione della maggiore imposta di bollo, per le annualità 2005, 2006 e 2007, oltre sanzioni ed interessi, tutti fondati su verifica esperita nel corso del 2008 dalla Guardia di Finanza.

Ha motivato la decisione ritenendo che giustamente la contribuente avevano eccepito l’illegittimità dell’ azione della Guardia di Finanza atteso che la verifica, iniziata al solo scopo di controllare l’osservanza delle disposizioni nella materia delle II.DD., ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 33 e L. n. 4 del 1929, art. 35, giusta ordine di servizio datato 17/9/2007 del Comandante del reparto, Ten. Col. F., era stata estesa anche all’imposta di bollo ed ai profili tributari del credito al consumo, in relazione alla vendita ai clienti di prodotti editoriali con pagamento rateale, fattispecie secondo l’Ufficio integrante ad ogni effetto ipotesi di credito al consumo.

L’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per cassazione, affidato ad un motivo ed illustrato con memoria, cui la società contribuente ha resistito con controricorso e proponendo ricorso incidentale condizionato.

Il Collegio ha disposto, come da decreto del Primo Presidente in data 14/9/2016, che la motivazione della sentenza sia redatta in forma semplificata.

Diritto

IN DIRITTO

La ricorrente Agenzia deduce, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione della L. n. 52, n. 212 del 2000, art. 12, D.P.R. n. 633 del 1972, artt. 52 e 54, D.P.R. n. 600 del 1973, art. 33, D.P.R. n. 642 del 1972, art. 36, giacchè la CTR ha ritenuto l’illegittimità degli avvisi di liquidazione per il solo fatto che essi erano basati sulle risultanze dell’estensione della verifica fiscale eseguita dai militari della G.d.F. presso la sede della società E.G. Editore, attività accertativa non consentita dall’ ordine di servizio del Comandante del reparto, Ten. Col. F., che riguardava invece la posizione fiscale della contribuente relativamente alle sole imposte dirette.

La questione posta con il motivo di ricorso può essere agevolmente risolta alla luce della giurisprudenza di questa Corte secondo cui “le informazioni ed i dati raccolti nel corso di una verifica fiscale – sia essa mirata all’approfondimento in generale della posizione fiscale di un soggetto in relazione alla totalità dei tributi (verifica generale), oppure rivolta all’approfondimento della posizione fiscale del soggetto relativamente ad uno o più tributi in particolare (verifica parziale), od ancora riguardante singoli atti, oppure un complesso di atti di gestione (verifica speciale) – sono utilizzabili per quantificare e motivare il successivo accertamento anche oltre l’ambito oggettivo delineato dall’incarico di accesso, senza necessità di autorizzazione del capo dell’ufficio, avendo la verifica lo scopo di determinare complessivamente la capacità contributiva del soggetto verificato, nonchè di ricercare e reprimere le violazioni alle norme tributarie e finanziarie eventualmente commesse”; inoltre, “ai sensi della L. n. 4 del 1929, art. 35, la Guardia di Finanza, in quanto polizia tributaria, può sempre accedere negli esercizi pubblici e in ogni locale adibito ad azienda industriale o commerciale ed eseguirvi verificazioni e ricerche, per assicurarsi dell’adempimento delle prescrizioni imposte dalle leggi e dai regolamenti in materia finanziaria, non necessitando, a tal fine, di autorizzazione scritta, richiesta per il diverso caso di accesso effettuato dai dipendenti civili dell’Amministrazione finanziaria” (Cass. n. 16661/2011).

Trattasi di indagini che hanno carattere amministrativo “con conseguente inapplicabilità dell’art. 24 Cost., in materia di inviolabilità del diritto di difesa, essendo applicabili, nella successiva ed eventuale procedura contenziosa, le garanzie proprie di questa – e vanno pertanto considerate distintamente dalle indagini, che la stessa guardia di finanza conduce in veste di polizia giudiziaria, dirette all’accertamento dei reati, con l’osservanza di tutte le prescrizioni dettate dal codice di procedura penale a tutela dei diritti inviolabili dell’indagato” e “la mancata osservanza di tali prescrizioni, rilevante al fine della possibilità di utilizzare in sede penale i risultati dell’indagine, non incide – purchè non siano violate le dette disposizioni del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 33, e del D.P.R. n. 633 del 1972, artt. 52 e 63, sul potere degli uffici finanziari e del Giudice tributario” (Cass. n. 18077/2010; n. 29385/2008; n. 8990/2007).

Il ricorso incidentale condizionato della contribuente va, invece, dichiarato inammissibile.

La società deduce, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, nullità della sentenza impugnata per omessa pronuncia in ordine alla illegittimità degli avvisi di liquidazione per violazione del combinato disposto degli artt. 7 e 12, comma 7, dello Statuto del Contribuente e del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 42, difettando in radice il presupposto per l’applicazione della imposta di bollo, in ragione della non riconducibilità degli ordini dei clienti rinvenuti dai verificatori alle ipotesi di cui all’art. 2, nota 2-bis, art. 24, nota 1, della Tariffa allegata sub A) al D.P.R. n. 642 del 1972.

Deduce, con il secondo motivo, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, nullità della sentenza impugnata per omessa pronuncia in ordine alla illegittimità degli avvisi di liquidazione per violazione dell’art. 121, comma 4, lett. d), T.U.B., e dell’art. 2, nota 2 bis, art. 24, nota 1, della Tariffa allegata sub A) al D.P.R. n. 642 del 1972, essendo la riconducibilità delle vendite rateali all’ipotesi di credito al consumo da escludere sotto una molteplicità di profili.

Deduce, con il terzo motivo, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, nullità della sentenza impugnata per l’illegittima interpretazione del combinato disposto dell’art. 2, nota 2-bis, e art. 24, nota 1, della Tariffa allegata sub A) al D.P.R. n. 642 del 1972, riportata anche nella Circolare n. 149/E del 10/8/1994, atteso che i contratti formalizzati sotto forma di corrispondenza sono soggetti all’imposta solo in caso d’uso, non essendo la forma scritta imposta dal codice civile a pena di nullità.

Deduce, con il quarto motivo, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, nullità della sentenza impugnata per omessa pronuncia in ordine alla parziale illegittimità degli avvisi di liquidazione per violazione dell’art. 121 T.U.B. dovendosi in ogni caso considerare imponibili soltanto gli ordini dei clienti collocabili nella categoria dei consumatori, ad esclusione quindi di professionisti, imprenditori, enti pubblici e privati.

E’ appena il caso di ricordare, per quanto qui rileva, il principio giurisprudenziale secondo cui “è inammissibile il ricorso incidentale, sia pure condizionato, con il quale la parte vittoriosa in sede di merito riproponga questioni su cui i giudici di appello non si sono pronunciati, avendole ritenute assorbite dalla statuizione adottata, in quanto tali questioni, nel caso di cassazione della sentenza, rimangono impregiudicate e possono essere dedotte davanti al giudice di rinvio” (Cass. n. 547/2016; n. 4130/2014).

Va, pertanto, accolto il ricorso principale e, dichiarato inammissibile quello incidentale condizionato, la sentenza impugnata va cassata con rinvio alla CTR del Piemonte, altra sezione, per nuovo esame.

Il giudice di rinvio provvederà anche alla liquidazione del giudizio di legittimità.

PQM

La Corte accoglie il ricorso principale, dichiara inammissibile il ricorso incidentale condizionato, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla CTR del Piemonte, altra sezione, anche per le spese del presente giudizio.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 15 dicembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 13 gennaio 2017

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