Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7306 del 30/03/2011

Cassazione civile sez. VI, 30/03/2011, (ud. 21/01/2011, dep. 30/03/2011), n.7306

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BATTIMIELLO Bruno – Presidente –

Dott. LA TERZA Maura – Consigliere –

Dott. TOFFOLI Saverio – rel. Consigliere –

Dott. BANDINI Gianfranco – Consigliere –

Dott. MAMMONE Giovanni – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

L.A. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in ROMA,

VIA ARCHIMEDE 120, presso lo studio dell’avvocato FABIO MICALI,

rappresentata e difesa dall’avvocato MICALI FRANCESCO giusta mandato

speciale a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE (OMISSIS), in

persona del Presidente e legale rappresentante pro-tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DELLA FREZZA 17, presso

l’AVVOCATURA CENTRALE DELL’ISTITUTO, rappresentato e difeso dagli

avvocati CLEMENTINA PULLI, NICOLA VALENTE, ALESSANDRO RICCIO, giusta

procura speciale in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 832/2009 della CORTE D’APPELLO di MESSINA

dell’11/6/09, depositata il 14/07/2009;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

21/01/2011 dal Consigliere Relatore Dott. SAVERIO TOFFOLI;

è presente il Procuratore Generale in persona del Dott. COSTANTINO

FUCCI.

Fatto

MOTIVI

1. La Corte pronuncia in camera di consiglio ex art. 375 c.p.c. a seguito di relazione ex art. 380 bis.

La Corte d’appello di Messina, in parziale accoglimento dell’appello proposto da A.L., riconosceva, nei confronti dell’Inps, il diritto della medesima all’assegno di invalidità civile con decorrenza dal 27.4.2007. La Corte, pur ritenendo sussistente il requisito sanitario fin dalla domanda amministrativa, in adesione alla c.t.u. espletata in appello, rilevato che l’interessata non aveva provato il requisito dell’incollocamento, accoglieva la domanda dalla data del compimento dei sessanta anni di età, ritenuto limite temporale per riscrizione.

2. La L. propone ricorso per cassazione, al quale l’Inps resiste con controricorso.

3. Il primo motivo, denunciando violazione e falsa applicazione di norme di diritto, in sostanza fa valere la tesi secondo cui, poichè gli invalidi ultracinquantacinquenni non possono essere iscritti nelle liste speciali del collocamento obbligatorio, in tal caso l’incollocamento deve essere inteso come stato di effettiva disoccupazione, che può essere provato anche mediante presunzioni.

Il secondo motivo, denunciando vizi di motivazione su punto decisivo, lamenta che non sia stata data ragione adeguata dello spostamento della decorrenza della prestazione rispetto all’epoca della domanda amministrativa del 18.7.2001.

4. Il ricorso è qualificabile come manifestamente infondato.

Premesso che la sentenza impugnata ha chiaramente indicato le ragioni della statuizione ora contestata, deve rilevarsi che il limite dei 55 anni per l’iscrizione nelle liste per il collocamento degli invalidi non è più operante, in quanto posto dalla L. n. 482 del 1968, art. 1, comma 2, abrogata per effetto dell’entrata in vigore della L. n. 68 del 1999, contenente la nuova disciplina per l’attuazione del diritto al lavoro dei disabili, legge che all’art. 1, comma 1, lett. a), fa riferimento “alle persone in età lavorativa”.

L’interpretazione della disposizione da ultimo citata, cui ha fatto seguito la norma regolamentare (D.P.R. n. 333 del 2000, art. 1, comma 1), che indica come limite il raggiungimento della “età pensionabile prevista dall’ordinamento rispettivamente per il settore pubblico e per il settore privato”, ha dato luogo ad incertezze, ma, nella giurisprudenza di questa Corte, solo nel senso che secondo un orientamento rileva appunto il limite dell’età pensionabile, prevista per le donne in 60 anni (e per gli uomini in 65) dal D.Lgs. n. 503 del 1992 (in questo senso Cass. 22113/2009), mentre secondo un altro orientamento, poichè la legge non fa riferimento all’età pensionabile, e quindi anche le donne disabili hanno diritto ad usufruire della possibilità di lavorare oltre i 60 anni, il requisito dell’incollocamento deve essere provato pare dagli invalidi civili di sesso femminile fino al compimento dei 65 anni (limite per la concessione dell’assegno di invalidità) mediante l’iscrizione nell’elenco dei disabili di cui alla L. n. 68 del 1999, art. 8 (o la presentazione della relativa domanda).

Tale limitato contrasto di giurisprudenza non ha rilevanza nella specie, poichè non è stato impugnata dall’Inps l’opzione operata dalla Corte d’appello per la soluzione più favorevole all’assistita.

Nè nella specie, visto che il diritto all’assegno è stato riconosciuto con decorrenza dal 27.4.2007, rileva l’ulteriore modifica normativa determinata dalla L. n. 247 del 2007, art. 1, comma 35, – disposizione vigente dall’1.1.2008, ex comma 94 del citato articolo -, che, sostituendo il testo della L. n. 118 del 1971, art. 13, ha sostituito il requisito dell’incollocazione con un requisito diverso (e di più semplice verificazione), e cioè quello del non svolgimento di attività lavorativa.

5. Il ricorso deve quindi essere rigettato.

Nulla per le spese, non essendo intervenuta attività difensiva della parte intimata.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; nulla per le spese.

Così deciso in Roma, il 21 gennaio 2011.

Depositato in Cancelleria il 30 marzo 2011

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